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LA VOCE 1609 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XIX N°1 | settembre 2016 | PAGINA 7 |
Segue da pag. 7: Legge elettorale. a meno che non decida di stare a casa, ma il risultato non cambia): in ogni caso uno di essi vincerà le elezioni, si aggiudicherà il premio di maggioranza e potrà governare da solo. Quindi il paese sarà governato da un partito scelto, di base, dal 25% dei votanti ma —visto lalto tasso di astensionismo— anche da una percentuale ancora più bassa degli aventi diritto al voto. Per capire quanto la regola democratica del governo della maggioranza possa venire profondamente lesa, si aggiunga che i partiti, che decidono le candidature, sono spesso in mano a gruppi ristretti. La regola democratica di base La prima regola democratica è quella per cui: <««il voto è personale ed eguale, libero e segreto»» (art. 48 Cost.), diretta espressione del fondamentale principio di eguaglianza sancito dallart. 3 della Costituzione. è ciò che si è tradotto con lespressione "una testa, un voto". Ne discende che tutti i voti hanno uguale peso (voto eguale) e che vince le elezioni e governa chi ha più voti (visto che tutti i voti sono uguali). Viceversa, con il sistema elettorale Italicum può governare chi ha ottenuto solo il 25% (o anche meno), senza curarsi del 75% dei cittadini che hanno scelto diversamente, il cui voto varrà 3 o 4 volte meno del voto degli elettori del partito che conquista il "premio". Unaltra regola democratica è quella per cui si dovrebbe poter votare per un partito di cui si ha fiducia: con il ballottaggio si istituzionalizza la regola del votare "il meno peggio". Le candidature dei capilista Anche in questo senso vi è una profonda lesione democratica. Solo apparentemente si reintroducono le preferenze, nella realtà il sistema dei capilista bloccati significa che prevalentemente verranno eletti questi, e solo pochi posti resteranno per i candidati più votati. I capilista sono scelti dai capi dei partiti: in questo modo si realizza il passaggio da una democrazia rappresentativa ad una democrazia dellinvestitura. La lesione del ruolo parlamentare Il Parlamento, nella tradizione democratica, è il luogo della rappresentanza, là dove lintero popolo è rappresentato. è il luogo del confronto pubblico e trasparente, mentre il governo è, soprattutto, il luogo dellattuazione dellindirizzo elaborato nel dibattito parlamentare. Il Governo ha bisogno della fiducia del Parlamento per governare, non per un vuoto formalismo o per un rito, ma perché il Parlamento, per quanto possibile, è lo specchio del Paese. Se il Governo gode della fiducia del Parlamento significa che è sostenuto dalla maggioranza dei rappresentanti dei cittadini, e dunque, almeno in astratto, dalla maggioranza del popolo. è solo in questo che trova la legittimazione per governare e, se necessario, per imporre sacrifici al Paese. Il Governo, in tal modo, deve cercare il consenso (almeno) della maggioranza popolare e non di una semplice minoranza organizzata. La centralità del Parlamento —posta da madri e padri costituenti a presidio delle libertà dei cittadini— con queste due riforme verrebbe oggi drasticamente ridimensionata e il Parlamento ridotto alla sola funzione di ratifica dei provvedimenti del Governo, nel quadro di una generale compressione del pluralismo e del ruolo delle autonomie regionali e locali. ![]() Il giudizio negativo La Costituzione del 1948 è il punto culminante della storia civile del nostro Paese. Essa è il frutto della resistenza e dellincontro delle tre culture che vi diedero vita: cattolica, liberale e social-comunista. La Carta Fondamentale nasce dalla consapevolezza che in una democrazia solida le regole fondamentali devono essere condivise, non possono essere create o modificate a colpi di maggioranza. Un assunto fondamentale che è oggi dimenticato. A tappe forzate lattuale maggioranza, frutto di unelezione masata su una legge dichiarata incostituzionale a gennaio 2014, sta apportando modifiche sostanziali alla Costituzione: questo parlamento non è legittimato a modificare lintera Seconda parte della nostra Carta fondamentale. Si ridimensiona la centralità del Parlamento quale istituzione rappresentativa della sovranità popolare; si alterano le garanzie del bilanciamento dei poteri; si realizza una inusitata concentrazione di poteri nelle mani dellEsecutivo con un contestuale soffocamento delle autonomie regionali e locali: si tratta di uno stravolgimento dei canoni della democrazia costituzionale. Se è vero che spetta al Governo sollecitare e indirizzare il processo legislativo, ciò deve avvenire attraverso il confronto con un Parlamento autorevole, unico luogo direttamente rappresentativo del popolo italiano. Lattività legislativa, nel nostro impianto costituzionale, deve avvenire nel luogo della rappresentanza di tutto lelettorato, dove sono ascoltate anche le voci della minoranza e delle opposizioni. Nellattuale congiuntura politica, lascolto delle istanze altrui viene vissuto come fastidio e perdita di tempo: ciò forse rende più veloce il processo, ma non certo migliori le leggi. La legge dovrebbe durare oltre lo spazio di una legislatura e dovrebbe comporre e tenere presenti gli interessi di tutti: soltanto attraverso un attento confronto tra le diverse parti sociali e politiche, nella sede naturale del Parlamento, la legge —meglio ponderata— diviene espressione della sovranità popolare. Una democrazia non si giudica dai poteri che attribuisce al governo, ma dalla tutela del pluralismo e dalla rilevanza data ai diritti sociali ed alla voce delle minoranze. Si pensi a unestemporanea vittoria elettorale di partiti autoritari. Abbiamo già vissuto anni difficili sotto il berlusconismo: per questo è |
veramente irresponsabile
attribuire al prossimo governo poteri quasi illimitati![]() Riproduciamo di seguito alcuni significativi interventi pubblicati di recente, ad opera del Prof. Pace, del Prof. Volpi, del Sen. Tocci, della Prof.ssa Carlassare e del Prof. Zagrebesky Le ragioni del No Alessandro Pace (stralci dalla Lettera ai parlamentari del 21.11.15) I principi supremi che vengono esplicitamente violati dal d.d.dl. Renzi-Boschi sono, in primo luogo, il principio della sovranità popolare di cui allart. ϭ Cost. ;ritenuto ineliminamile dalle sentenze nn. 18 del 1982, 609 del 1988, 309 del 1999, 390 del 1999 e, da ultimo, dalla sent. n. 1 del 2014, secondo la ruale ««la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto (...) costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare»»). In secondo luogo il principio di eguaglianza e di razionalità di cui allart. 3 Cost. costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare»»). In secondo luogo il principio di eguaglianza e di razionalità di cui all’art. 3 Cost. (sentenze nn. 18 del 1982, 388 del 1991, 62 del 1992 e 15 del 1996) Il principio secondo il quale ««la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto (…) costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare»») è violato dal snuovo” art. 57, commi 2 e 5, il quale, con una formulazione criptica indegna di una Costituzione, da un lato, esclude comunque che i senatori-sindaci non vengano eletti dai cittadini nemmeno in via indiretta, dall’altro prevede che la scelta dei senatori-consiglieri regionali avvenga da parte dei consiglieri regionali, che dovrebbero però conformarsi al risultato delle elezioni regionali. Per cui, delle due l’una: o l’elezione dei senatori-consiglieri si conformerà integralmente al risultato delle elezioni regionali e allora ne costituirà un inutile duplicato oppure se ne distaccherà e allora viola il principio dell’elettività diretta del Senato sancito dall’art. 1 della Costituzione Si badi bene: l’esigenza dell’elettività diretta del Senato non è fine a se stessa, essa consegue da ciò, che, anche a seguito della riforma Renzi-Boschi, il Senato eserciterebbe sia la funzione legislativa sia la funzione di revisione costituzionale che, per definizione, costituiscono il più alto esercizio della sovranità popolare. Di qui l’ineludibilità del voto dei cittadini che, della sovranità popolare, ««costituisce il principale strumento di manifestazione»». Senza poi dimenticare che solo l’elezione popolare diretta consentirebbe di svincolare l’elezione del Senato dalle beghe esistenti nei micro-sistemi politici regionali, come è stato sottolineato, tra gli altri, dal Presidente emerito della Corte costituzionale Gaetano Silvestri. Il che, detto più ruvidamente, sta a significare che l’elezione diretta sottrarrebbe, almeno in via di principio, le elezioni dei senatori dal tessuto di scandali che contraddistingue la politica locale italiana. Passando alle violazioni del principio supremo di eguaglianza e razionalità (art. 3), la prima e più evidente consiste nella macroscopica differenza numerica dei deputati rispetto ai senatori, che rende praticamente irrilevante - nelle riunioni del Parlamento in seduta comune per l’elezione del Presidente della Repubblica e dei componenti laici del CSM - la presenza del Senato a fronte della soverchiante rappresentanza della Camera. Sotto un diverso profilo, la competenza dei 100 senatori ad eleggere due giudici costituzionali mentre i 630 deputati ne eleggerebbero solo tre, solleva sia un problema di proporzionalità a svantaggio della Camera, sia un problema di inadeguatezza tecnica dei senatori nella scelta dei giudici costituzionali, che finirebbe per essere effettuata dalle segreterie nazionali dei partiti politici. ![]() Né si può sottacere che, secondo la riforma Renzi-Boschi, i 95 senatori eletti dai consigli regionali continuerebbero ad esercitare part time la funzione di consigliere regionale o di sindaco, per cui è facile prevedere che eserciterebbero in maniera del tutto insufficiente le funzioni senatoriali. Con un’ulteriore evidente violazione del principio di eguaglianza-razionalità Nel sistema federale tedesco - che alcuni parlamentari erroneamente ritengono di aver introdotto in Italia (sic!) - il Bundesrat, l’equivalente tedesco del nostro Senato (operante però sin dalla Costituzione imperiale del 1870, tranne la parentesi hitleriana), è costituito dalle sole rappresentanze dei singoli Länder che, a seconda dell’importanza del Land, hanno a disposizione da 3 a 6 voti per ogni deliberazione. Ebbene, a parte l’ovvia considerazione, anch’essa ignorata, che i cittadini dei singoli Länder eleggono bensì il Governo del Land, me non, indirettamente, il Bundesrat, ciò che deve essere sottolineato è che nel Bundesrat sono presenti i singoli Governi del Länder, con tutto il loro peso politico, nei confronti del Governo federale, derivante dall’elezione popolare. Ci si deve allora realisticamente chiedere quale mai forza possa avere il Senato della Repubblica – privo di effettiva politicità (v. ancora G. Silvestri) -, sia nei confronti dello Stato centrale, sia dei Governatori delle singole Regioni, in quanto composto da soli 100 senatori part time consiglieri o sindaci. Di minore importanza pratica è il problema, che però testimonia la trascuratezza e superficialità del disegno costituzionale del Governo Renzi, della nomina presidenziale dei cinque senatori che durerebbero in carica per sette anni, quanto quindi il Presidente che li ha nominati. |
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