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La VOCE ANNO XIX N°9

maggio 2017

PAGINA 5

Dall’Italia l’attacco USA alla Siria

di Manlio Dinucci

il manifesto, 11 aprile 2017

Dopo l’attacco missilistico Usa alla Siria, il ministro degli esteri Alfano ha dichiarato che l’Italia è preoccupata della «sicurezza e stabilità della regione mediterranea». In che modo vi contribuisce lo dimostrano i fatti.

Le due navi da guerra statunitensi, la USS Porter e la USS Ross, che hanno attaccato la base siriana di Shayrat, fanno parte della Sesta Flotta la cui base principale è a Gaeta in Lazio. La Sesta Flotta dipende dal Comando delle forze navali Usa in Europa, il cui quartier generale è a Napoli-Capodichino.

Il Comando, che ha diretto da Napoli l’attacco deciso dal presidente Trump, è agli ordini dell’ammiraglia Michelle Howard, la quale comanda allo stesso tempo la Forza congiunta della Nato con quartier generale a Lago Patria (Napoli).

L’operazione bellica è stata appoggiata dalle basi Usa in Sicilia: quella aeronavale di Sigonella e la stazione di Niscemi del sistema Muos di trasmissioni navali, affiancate dalla base di Augusta dove le navi della Sesta Flotta e quelle Nato vengono rifornite di carburante e munizioni, compresi missili da crociera Tomahawk, gli stessi usati contro la Siria.

La USS Porter e la USS Ross sono dotate di lanciatori verticali Aegis con missili intercettori, installati anche nella base terrestre di Deveselu in Romania e in un’altra che si sta costruendo in Polonia. Fanno parte del cosiddetto «scudo antimissili» schierato dagli Usa in Europa in funzione anti-Russia. Ma i lanciatori Aegis – documenta la stessa Lockheed Martin che li costruisce – possono lanciare «missili per tutte le missioni, tra cui missili da crociera Tomahawk». Questi possono essere armati anche di testate nucleari.

Le quattro navi lanciamissili Aegis, dislocate nella base spagnola di Rota sull’Atlantico, vengono inviate a rotazione dal Comando di Napoli nel Baltico e Mar Nero a ridosso della Russia. La USS Porter aveva partecipato a una esercitazione nel Mar Nero, prima dell’attacco alla Siria. Il ministro Alfano l’ha definito «azione militare proporzionata nei tempi e nei modi, quale deterrenza verso ulteriori impieghi di armi chimiche da parte di Assad».

Ha quindi convocato oggi a Lucca, collateralmente al G7 esteri, «una riunione speciale per rilanciare il processo politico sulla Siria, allargata ai ministri degli esteri di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar, Turchia e Giordania», ossia quei paesi che, nel quadro di una rete internazionale organizzata dalla Cia, hanno fornito miliardi di dollari, armi, basi di addestramento e vie di transito ai gruppi terroristi, compreso l’Isis, che da anni attaccano la Siria dall’interno.

Proprio mentre stava fallendo tale operazione, cui l’Italia partecipa tramite gli «Amici della Siria», e si stava per aprire un negoziato per mettere fine alla guerra, il governo siriano sostenuto dalla Russia è stato accusato di aver fatto strage di civili, compresi molti bambini, con un deliberato attacco chimico.

Un’ampia documentazione – riportata dal Prof. Michel Chossudovsky nel sito GlobalResearch – dimostra invece che è stato il Pentagono, a partire dal 2012, a fornire tramite contractor armi chimiche e relativo addestramento a gruppi terroristi in Siria. Questi le hanno usate, come ha provato nel 2013 la Commissione d’inchiesta Onu guidata da Carla Del Ponte.

Prove ignorate dall’Italia che, per «rilanciare il processo politico sulla Siria», convoca coloro che sono più impegnati a demolire lo Stato siriano attaccandolo dall’interno.

Mentre l’ammiraglia Howard, dopo aver diretto dal quartier generale di Napoli – ponte di comando della portaerei Italia – l’attacco missilistico alla Siria, lo definisce «esempio della nostra forza e capacità di proiettare potenza in tutto il globo».

Addio al regime di non proliferazione nucleare?

di Angelo Baracca

Storia sintetica del regime di non proliferazione
Fino agli anni Ottanta
Nel 1970 con la firma del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (NPT) venne istituito il cosiddetto regime di non proliferazione nucleare, che pur facendo acqua da tutte le parti (la consistenza degli arsenali aumentò da 40.000 testate al livello ancora più demenziale di circa 70.000 verso il 1985; il numero di Stati nucleari proliferò da 6, includendo Israele, a 7 con il Sudafrica che poi smantellò il proprio arsenale, poi a 9 nel 1998, con India e Pakistan; il numero di stati in grado di sviluppare la bomba atomica aumentò), è diventato un punto di riferimento, o meglio l’unico riferimento esistente; e dopo il crollo dell’URSS ha portato a trattati che, per quanto insufficienti, hanno posto un tetto condiviso da Stati Uniti e Russia alla consistenza degli arsenali. Ma oggi quel regime fa acqua da tutte le parti, viene di fatto violato nella sostanza (anche quando ne venga conservata la forma), proprio mentre gli armamenti nucleari entrano sempre più a far parte dell’armamentario bellico utilizzabile, mettendo in soffitta il concetto che essi avessero una funzione di sola deterrenza e che il loro utilizzo effettivo fosse un’evenienza fuori dal mondo.


Il numero totale di testate comprende quelle schierate operative, più quelle negli arsenali di riserva, che non sono mantenute nello stato operativo ma sono conservate intatte (mantenere le testate nello stato operativo comporta operazioni estremamente complesse e costose). In più vanno
contati gli arsenali nucleari degli altri stati, che ammontano oggi a quasi 1.000, dopo lo sviluppo degli arsenali di India e Pakistan.
Prima di vedere come e perché questo regime sta per crollare, con conseguenze incontrollabili, riassumiamone brevemente i termini, perché temiamo che molte persone non li conoscano (vi sono tuttavia numerosissimi aspetti rilevanti che qui non ci sembra il caso di approfondire).
Il primo trattato di effettiva riduzione degli armamenti nucleari si ebbe nel 1987 con il Trattato sulle Forze Nucleari Intermedie (INF) firmato da Reagan e Gorbachev, che pose fine alla “crisi degli Euromissili” (durante la quale le lancette del Doomsday Clock vennero avvicinate nel 1984 ad appena 3 minuti dalla Mezzanotte) imponendo il ritiro di tutte le testate nucleari statunitensi e sovietiche schierate in Europa su missili a medio e corto raggio (nel 1988 il Doomsday Clock fu riportato a 6 minuti). Il trattato costituì il primo credito di fiducia tra le due super-potenze (stabilì per la prima volta verifiche reciproche in situ) e aprì la strada ai trattati successivi.
Il trattato INF comunque non risolse i problemi, giacché: rimasero, e rimangono tuttora, le testate statunitensi a caduta trasportate da aerei (che oggi gli USA stanno ammodernando, v. oltre); corrispondentemente le testate sovietiche vennero rimosse ma, almeno in gran parte, non smantellate, e poiché nessun trattato successivo ha considerato le testate tattiche, esse rimangono un’incognita e un’ipoteca sui successivi trattati START (vi ritorneremo).
Gli anni Novanta
Nel 1991 venne stipulato il primo Trattato di Riduzione delle Armi Nucleari Strategiche (START-I), che poneva un tetto di 6.000 testate strategiche schierate a testa per USA e URSS (vi erano al mondo in totale quasi 60.000 testate, delle quali circa 29.000 sovietiche e 19.000 statunitensi schierate). L’URSS crollò 5 mesi dopo, e nel 1993 venne siglato da USA e Russia il trattato START-II, che imponeva riduzioni fino a un tetto massimo di 3000-3500 testate per parte entro il 2003 (poi prolungato al 2007), e il divieto di schierare testate multiple (MIRV) sui missili intercontinentali basati a testa.
Assolutamente degno di nota l’autorevole (ma non vincolante) parere emesso dalla Corte Internazionale di Giustizia nel 1996, su richiesta dell’Assemblea Generale dell’ONU, sulla illegalità dell’uso, ma anche della minaccia (quindi in sostanza della deterrenza), delle armi nucleari2.
Verso l’anno 2000 gli arsenali nucleari mondiali ammontavano a un totale di circa 35.000 testate, mentre USA e Russia avevano ridotto gli arsenali operativi a poco più di 10.000 testate ciascuno.
Il nuovo millennio: si riaccendono le tensioni internazionali
Ma proprio alla fine degli anni Novanta le tensioni internazionali si acuirono nuovamente. Inoltre riprese la proliferazione nucleare: nel 1998 vi furono i test nucleari del Pakistan e dell’India, che oggi hanno arsenali di circa 120 testate ciascuno. La somma degli arsenali nucleari di Gran Bretagna, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord ammonta a quasi 1.000 testate.
Con l’aumento delle tensioni anche le riduzioni degli arsenali degli USA e Russia rallentò (v. figura), i negoziati per un trattato START-III si arenarono, e alla scadenza dello START-II, nel 2006, si generò un vuoto nel regime di proliferazione.
Nel 2002 George Bush Jr. e Putin presero una scorciatoia, firmando il trattato SORT (Strategic Offensive Reductions Treaty), detto anche Trattato di Mosca, che limitava a 1700-2200 il numero di testate operative per ciascuna parte entro il 31 dicembre 2012, e proibiva l’uso di testate multiple.
Barak Obama inaugurò la sua presidenza nel 2009 con vari discorsi visionari, in uno dei quali, a Praga nell’aprile 2009, vagheggiava un mondo libero da armi nucleari: ma trascorse un anno di negoziati per giungere al Nuovo START, che ad una seria analisi risulta piuttosto deludente. Infatti esso fissa, in sintesi, un limite di 1.550 testate strategiche operative per parte, e di 700 vettori nucleari operativi (missili balistici intercontinentali basati a terra e su sommergibili, e bombardieri), ma . . . per l’anno 2017! (Scadrà nel 2021) Salta agli occhi il netto arretramento, per lo meno temporale, rispetto al SORT. Inoltre il nuovo trattato conta ogni bombardiere come una testata, mentre ne può portare da 6 a 20, aumentando significativamente il numero di armi nucleari a disposizione dei due paesi. Il punto cruciale è che il trattato non limita il numero di testate effettivo, ma solo quelle strategiche operative, lasciando indeterminato il numero delle testate a disposizione nelle riserve (conservate, in caso di nuove crisi). Ma soprattutto il trattato non ha modificato lo stato di allerta in cui continuano ad essere mantenuti i missili nucleari, pronti al lancio su allarme (launch on warning), come se la Guerra Fredda non fosse finita: condizione che mantiene un rischio altissimo di una risposta, e quindi di una guerra nucleare, per errore!
Un aspetto positivo del trattato era comunque che segnava una ripresa della collaborazione tra 1 Negli anni Ottanta vi furono solo trattati di Limitazione delle Armi Strategiche (SALT). Comunque, come si è detto, sia i trattati SALT che START riguardavano solo le testate strategiche schierate di USA e URSS, oggi Russia.
2 Legality of the Threat or Use of Nuclear Weapons, Advisory Opinion of 8 July 1996, International Court of Justice, 10 5 ( 2) F.

Una lettera ai giornali di Ireo Bono: bombardamento missilistico statunitense irresponsabile ed illegale. Un pericolo per la pace mondiale

A: lettere@ilfattoquotidiano.it, lettere@ilsecoloxix.it, lettere@lastampa.it, lettere@corriere.it, lettere@avvenire.it, larepubblica@repubblica.it, direzionefc@stpauls.it, ornet@ossrom.va

Sig. Direttore,
questa mattina ho appreso, con grande preoccupazione, che nella notte é partito un attacco missilistico statunitense contro la Siria, contro l’esercito di Assad.
A me pare che questa azione militare sia irresponsabile, molto pericolosa perché sul terreno siriano ci sono basi russe ed illegale perché attuata scavalcando l’Onu, al di fuori delle regole internazionali, come se gli Stati Uniti avessero la delega di guardiani del mondo.
Gli Stati Uniti, i principali responsabili della crescita dell’Isis e dell’attuale situazione disastrosa del Medio-oriente ed Africa del Nord, con le guerre della Nato contro l’Iraq e la Libia ed il sostegno ai ribelli con "Gli amici della Siria, ora con questo intervento militare, giustificato con il pretesto dell’ uso di gas tossici da parte di Assad che mi ricorda quello della strage di Racak per l’intervento contro la Serbia, riportano nel caos una situazione che con l’intervento della Russia e la liberazione di Aleppo sembrava offrire possibilità di pace.
Il Presidente Trump aggiunge guerra alla guerra, aggravando la situazione siriana con il rischio di un confronto con la Russia, e se a ciò si aggiunge la minaccia di un intervento militare contro la Corea Nord c’é veramente da preoccuparsi per la pace mondiale.
Spero che il sistema dell’informazione ed il governo italiano prendano le distanze dal folle ed illegale intervento statunitense che se appoggiato dalla Nato potrebbe trascinare l’Italia ed il mondo nella terza guerra mondiale.
Cordiali saluti
Ireo Bono-Sv

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