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P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XIX N°1 | settembre 2016 | PAGINA b - 26 |
![]() Nuovo articolo su http://invictapalestina.wordpress.com ![]() Il sindaco israeliano che non vuole arabi nelle sue piscine non è un estremista – E’ nel mainstreamby InvictaPalestina Lepisodio razzista riportato dallaffermazione di Moti Dotan è alimentato da una leadership che ha fatto dellesclusione e dellisolamento dei cittadini arabi di questo paese la spina dorsale del patriottismo israeliano. Haaretz editoriale 31 luglio 2016 ![]() Nel dire "Io non odio gli arabi, ma non li voglio nelle mie piscine," Moti Dotan, capo del Consiglio della Bassa Galilea, esprime lessenza di quella forma radicata di razzismo - il genere non mascherato come qualcosaltro o offuscato dal political correctness. Giovedì, durante una sua intervista con una stazione radio israeliana, Dotan non ha invocato lespulsione per gli arabi dal paese o lincendio delle loro moschee del villaggio. Non è un membro di La Familia, gruppo di tifosi di calcio del Beitar Gerusalemme, e non gridava "Morte agli arabi!". Il capo del Consiglio bassa Galilea ha effettivamente espresso ciò che molti ebrei - se non la maggioranza della popolazione ebraica in Israele - pensa. "Nella cultura araba, non in quella ebraica, si va in piscina indossando i vestiti, cercando di imporre tutti i tipi di abbigliamento, e questo è il motivo per cui non ci si addice. La cultura della pulizia non è la stessa come la nostra", ha dichiarato, sottolineando nello stesso momento che ha amici arabi. Nella gerarchia del razzismo, la posizione di Dotan può essere aggiunto a quello dei buttafuori delle discoteche che rifiutano lingresso agli israeliani di origine etiope o di chiunque la cui cultura "non è caratterizzata da mia cultura nei luoghi di svago, come una piscina", come asserito da Dotan. In seguito ha ritrattato la scelta delle parole nel modo in cui si è pronunciato oggi, quando è scivolato sui termini razzisti della lingua: "E possibile che sono stato frainteso". Ma in realtà è questa la "sua" cultura, quella che ha nutrito questo razzismo ignorante per anni mantenendo rapporti di inimicizia con la minoranza araba, come parte di quella forma di identità culturale nazionale della società israeliana. Questa cultura razzista è alimentata da una leadership che ha fatto dellesclusione e lisolamento dei cittadini arabi del paese la spina dorsale del patriottismo israeliano. E la stessa leadership che ha escluso il poeta palestinese Mahmoud Darwish dai programmi scolastici e dal discorso pubblico; che ha paura del termine "Nakba"; che perseguita i teatri arabi ed ebrei che osano evidenziare la narrazione palestinese; e che cerca di distruggere luso della lingua araba nel paese. Moti Dotan, consente inoltre, anche se non formalmente, di stabilire le proprie regole "culturali" per espellere i cittadini arabi dalle piscine nella regione meridionale della Galilea. I ricorsi presentati dai membri della Knesset al ministro dellInterno Arye Dery e al procuratore generale Avichai Mendelblit chiedono di esaminare la correttezza e se questo costituisca incitamento, ma non è abbastanza. Se il primo ministro Benjamin Netanyahu è veramente convinto nella sua intenzione di cambiare il modo di rapportarsi con i cittadini arabi di Israele - come ha dichiarato nel suo discorso in un video indirizzato a loro la settimana scorsa ( "Thrive in droves") - è opportuno che la sua voce sullargomento sia ascoltata e chiarisca che gli arabi sono voluti ovunque in tutto il paese, proprio come gli altri cittadini di Israele. Perché israele distrugge le case dei palestinesi?Dal 1° Agosto sono state distrutte 684 strutture di proprietà palestinese, 990 i residenti espulsi. |
I checkpoint complicano la vita a HebronLa Rabbia di Moni OvadiaDa Tel Aviv nuove regole dingaggio contro lIntifadaMichele Giorgio, Il Manifesto | nena-news.it - 08/07/2016 Il centro Adalah per i diritti umani rivela che sono in vigore delle nuove norme che permettono alle forze di sicurezza di sparare munizioni vere su individui «in procinto» di lanciare bottiglie molotov e petardi o che si preparano ad usare una fionda per scagliare sassi Gerusalemme - Le immagini girate martedì a una fermata degli autobus nei pressi della colonia ebraica di Ariel mostrano due soldati israeliani che sparano e feriscono gravemente una adolescente palestinese che stringe un coltello in una mano. La ragazza, Jamileh Jaber, di 17 anni di al-Zawiya (Salfit), non ha colpito i militari. Con movimenti goffi agita la sua arma provando ad avvicinarsi a loro. Ma è distante, non in grado di raggiungerli. Loro però sparano subito, la colpiscono alladdome e non alle gambe che avrebbero potuto fare. Una scena vista tante volte nei nove mesi della nuova Intifada, che in Israele chiamano l"Intifada dei coltelli" in riferimento agli assalti allarma bianca tentati o compiuti (e in qualche caso mai avvenuti, affermano i palestinesi) da ragazzini. Le forze di sicurezza negano lesistenza di ordini che permetterebbero a poliziotti, soldati e anche ai coloni israeliani di fare fuoco per uccidere. I numeri tuttavia dicono che molti degli attentatori palestinesi veri e presunti sono stati "neutralizzati" subito, quelli sopravvissuti sono un numero esiguo. Uccisioni che i palestinesi denunciano come "esecuzioni extragiudiziali", figlie di nuove norme che consentirebbero ai militari israeliani di aprire il fuoco con munizioni vere su chi compie o tenta attacchi e anche su chi partecipa a manifestazioni di protesta contro loccupazione. Il centro Adalah per i diritti umani rivela che sono in vigore delle nuove regole dingaggio che permettono alle forze di sicurezza di sparare munizioni vere su individui «in procinto» di lanciare bottiglie molotov e petardi o che si preparano ad usare una fionda per scagliare sassi, una scena abituale da decenni durante manifestazioni e scontri nei Territori occupati. Uno degli avvocati di Adalah, Mohammad Bassam, avverte che i nuovi regolamenti consentono alla polizia di agire in «maniera incontrollata e criminale». «Queste norme – spiega Bassam – si adattano a un scenario di guerra perché considerano le azioni (dei palestinesi) come atti di guerra. Inoltre non si riferiscono a tutti i lanciatori di pietre. Sono state decise in riferimento solo ai giovani palestinesi che scagliano sassi contro gli israeliani e non anche a quelli israeliani che fanno lo stesso contro i palestinesi». Non tutte le nuove regole dingaggio sono note e Adalah chiede che la magistratura imponga ai comandi militari di renderle pubbliche. Lanno scorso il premier Netanyahu, dopo luccisione di un israeliano sulla strada tra Betlemme e Gerusalemme, causata dal lancio di pietre contro la sua automobile da parte di alcuni palestinesi, invocò a vantaggio delle forze di polizia e dellesercito un allentamento delle restrizioni alluso di armi letali per meglio rispondere, disse, alla minaccia del terrorismo. Intanto in Israele continua a riempire le pagine dei giornali il processo al sergente Elor Azaria che lo scorso marzo uccise a sangue freddo un attentatore palestinese ad Hebron, Abdel Fatah al Sharif, ferito gravemente, a terra e non in grado di nuocere. La sua azione fu filmata da un abitante del quartiere di Tel Rumeida ed attivista del centro per i diritti umani BTselem. Le immagini fecero il giro della rete e, di fatto, costrinsero i comandi militari e lex ministro della difesa Moshe Yaalon ad ordinare larresto immediato di Azaria. Un altro filmato diffuso qualche settimana fa, mostra un infermiere israeliano che sposta con un calcio un coltello vicino al corpo del palestinese ferito allo scopo di accreditare la tesi di Azaria di una situazione di «pericolo imminente». Il sergente invece continua a sostenere di aver sparato per impedire che il palestinese potesse azionare una cintura esplosiva (inesistente). Ad inchiodarlo sono anche le testimonianze dei suoi superiori che hanno negato lesistenza di pericoli per i militari che erano intorno al palestinese ferito. Per gran parte degli israeliani Azaria comunque resta è un eroe che ha fatto la cosa giusta. |
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