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La VOCE 2201

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La VOCE ANNO XXVI N°5

gennaio 2022

PAGINA B         - 34

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103.EINSTEIN E GLI SVILUPPI DELLA COSMOLOGIA. FRIEDMANN, LEMAÎTRE , HUBBLE E L’UNIVERSO IN ESPANSIONE, ENERGIA E MATERIA OSCURA, BUCHI NERI. LA QUESTIONE DELLA BOMBA ATOMICA

(questo articolo è un capitolo del libro di V. Brandi: “Conoscenza, scienza e filosofia”, 2020)
nel numero precedente abbiamo visto come albert einstein (1879-1955) abbia elaborato nel giro di 10 anni, dal 1905 al 1915, alcune delle più importanti teorie del secolo xx (effetto fotoelettrico, moti browniani, equivalenza tra massa ed energia, relatività ristretta e generale) vincendo lo scetticismo dei fisici più tradizionali e la concorrenza di grandi matematici come hilbert. nel 1917 il grande scienziato cominciò ad interessarsi del problema di applicare la teoria della relatività generale ai problemi cosmologici. egli ipotizzò che l’universo fosse isotropo (cioè dello stesso tipo in tutte le direzioni) ed omogeneo. suppose anche che fosse statico, cioè, né in fase di espansione né di contrazione. per assicurare da un punto di vista matematico una condizione di staticità, che evitasse il collasso dell’universo su sé stesso a causa della gravità, einstein ritenne – in un secondo tempo - di dovere inserire al primo membro dell’equazione fondamentale della relatività generale un termine correttivo detto costante cosmologica, che secondo lui sarebbe dipesa dalle proprietà intrinseche dello spazio curvo(1)(2)(3)(4)(5)(6). in realtà già nel 1916 il fisico olandese de sitter aveva previsto da un punto di vista matematico teorico un universo in espansione. nel 1922 il valente fisico sovietico alexandr friedmann (1888-1925) – maestro di fisici di grande levatura come gamow e fock di cui ci interesseremo nei prossimi numeri - aveva dimostrato che le equazioni di einstein relative alla relatività generale ed al campo gravitazionale permettevano soluzioni corrispondenti sia ad espansioni che contrazioni dell’universo; ma la sua morte prematura nel 1925 interruppe il proficuo confronto che aveva iniziato con einstein, che aveva dovuto riconoscere la correttezza delle argomentazioni di friedmann. nel 1927 il giovane prete gesuita e fisico belga george lemaître (1894-1966) espresse anch’egli un parere analogo, considerando un universo in espansione a partire da un nucleo molto concentrato (teoria dell’atomo primigenio o dell’uovo cosmico), anche se la fisica quantistica nega che si possa comprimere l’universo oltre un certo limite(6). tra il 1929 ed 1931 il grande astronomo statunitense edwin hubble (1889-1953) dimostrò – tramite lo spostamento verso il rosso per effetto doppler delle radiazioni provenienti dalle galassie più lontane - che lo spazio si espande e che le galassie più lontane si allontanano più velocemente di quelle più vicine, ad una velocità proporzionale alla distanza cui si trovano. questa legge, attribuita ad hubble, è chiamata dal 2018 legge di hubble-lemaître in quanto già anticipata dal giovane fisico belga. l’altro grande astronomo, l’inglese arthur eddington (1882-1944), dimostrò nel 1930 che un universo statico sarebbe stato in realtà instabile. a causa di queste critiche, einstein voleva eliminare la costante cosmologica, ma lemaître (divenuto ricercatore a cambridge, poi al massachussets technology institute, ed infine professore all’università di lovanio) fece notare che invece era utile mantenerla dandole altri significati; ed in effetti i fisici l’hanno mantenuta dandole il significato di una misteriosa “energia oscura” (che sarebbe legata ad una densità energetica intrinseca dello spazio vuoto) che spingerebbe l’universo ad espandersi, soprattutto dopo che nel 1998 è stato dimostrato che l’espansione sta accelerando. per spiegare la formazione delle galassie, il movimento delle stelle periferiche delle galassie, che non seguono le leggi di keplero, e le deviazioni della luce anche in assenza apparente di masse, i cosmologi hanno dovuto ipotizzare anche l’esistenza di una “materia oscura”, cioè non rilevabile dalle radiazioni elettromagnetiche. le forme di materia e di energia che noi rileviamo sarebbero – quindi - solo una percentuale minima (meno del 5%) dell’energia e della materia cosmologica complessiva. oggi si dà per scontato che l’universo sia in espansione a partire da una condizione iniziale di grande concentrazione, secondo la teoria definita nel 1949 ironicamente da fred
hoyle del “big-bang“. questa teoria sarebbe provata dalla cosiddetta “radiazione cosmica di fondo” cmb (“cosmic microwave background“) che si sarebbe prodotta negli istanti iniziali dell’espansione, e su cui torneremo in prossimi articoli (2)(9). un’altra previsione teorica fatta di einstein, che poi è stata effettivamente verificata nei decenni successivi del secolo scorso, è quella relativa ai “buchi neri”, zone dell’universo a così alto valore della gravità da impedire l’uscita di qualsiasi oggetto vi cada dentro, compresa la radiazione luminosa. il termine “buchi neri” fu formulato per la prima volta nel 1967 dal noto ricercatore john wheeler, secondo il quale essi derivano dal collasso di ammassi stellari. in prossimità di queste particolari zone dell’universo gli oggetti in movimento rallentano fino a valori bassissimi di velocità. mentre era impegnato in dibattiti sulle leggi della cosmologia, einstein dette importanti contributi anche in altri settori. nel 1917 fece esatte previsioni su un possibile meccanismo di emissione stimolata di radiazioni (sed: stimulated emission of radiation), basato sul “salto” di un elettrone opportunamente “eccitato” da un livello energetico ad un livello energetico inferiore grazie all’azione di un fotone (ovvero di un quanto di luce) di energia pari alla differenza tra i due livelli energetici. in questo salto si sarebbe generata una coppia di fotoni diretti nella stessa direzione. questo meccanismo è stato verificato e, con l’aiuto di una successiva amplificazione della luce (la: light amplification), è alla base del funzionamento dei moderni laser. nel 1924 einstein ricevette un articolo spedito da un giovane fisico indiano, allievo di planck, satyendra nath bose (1894-1974), in cui il comportamento dei fotoni veniva esaminato dal punto di vista di una distribuzione statistica di energia, fatto che permetteva una riformulazione della legge della radiazione del corpo nero già effettuata da planck con un modello basato sulla presenza di oscillatori che producevano onde elettromagnetiche (n. 101). partendo dall’idea di bose einstein sviluppò una teoria quantistica ed un modello in cui i fotoni o altre particelle, ed anche atomi, formano come un gas di particelle indistinte. tutte le particelle che si comportano in questo modo sono dette “bosoni” perché seguono il comportamento statistico sviluppato da bose ed einstein, mentre altre particelle elementari (come elettroni, protoni, neutroni) sono dette “fermioni” perché seguono una diversa statistica studiata da fermi e dirac dove mantengono la loro individualità energetica (seguendo il principio di esclusione di pauli per cui ogni particella occupa da sola una ben determinata casella energetica, adottando uno “spin” semi-intero, come vedremo in prossimi numeri). queste considerazioni, ben lungi da essere meramente teoriche, sono alla base della teoria sul comportamento dei metalli di sommerfeld ed in seguito della teoria dei semiconduttori e dei moderni transistor. einstein ipotizzò anche che, mentre per alte temperature e basse densità tutte le particelle hanno un comportamento simile ed una distribuzione energetica del tipo di quella ipotizzata da maxwel e boltzmann per i gas, a temperature prossime allo zero assoluto, non solo le particelle bosoniche, ma anche atomi con comportamento bosonico (come l’elio-4 superfluido), formerebbero una massa “condensata” indistinta cui si dà il nome di bec (bose-einstein condensate). la recente esperienza del 1995 condotta su un gas di rubidio a bassissime temperature molto prossime allo zero assoluto dagli statunitensi eric cornell e carl wieman (premi nobel nel 2001 per quest’esperienza, insieme al tedesco wolfgang ketterle) hanno pienamente confermato le previsioni del grande fisico tedesco. torneremo sull’argomento in prossimi numeri. ..segue ./.

Nel numero precedente abbiamo visto come Albert Einstein (1879-1955) abbia elaborato nel giro di 10 anni, dal 1905 al 1915, alcune delle più importanti teorie del secolo XX (effetto fotoelettrico, moti browniani, equivalenza tra massa ed energia, relatività ristretta e generale) vincendo lo scetticismo dei fisici più tradizionali e la concorrenza di grandi matematici come Hilbert. Nel 1917 il grande scienziato cominciò ad interessarsi del problema di applicare la teoria della relatività generale ai problemi cosmologici. Egli ipotizzò che l’Universo fosse isotropo (cioè dello stesso tipo in tutte le direzioni) ed omogeneo. Suppose anche che fosse statico, cioè, né in fase di espansione né di contrazione. Per assicurare da un punto di vista matematico una condizione di staticità, che evitasse il collasso dell’Universo su sé stesso a causa della gravità, Einstein ritenne – in un secondo tempo - di dovere inserire al primo membro dell’equazione fondamentale della relatività generale un termine correttivo detto Costante Cosmologica, che secondo lui sarebbe dipesa dalle proprietà intrinseche dello spazio curvo(1)(2)(3)(4)(5)(6).

In realtà già nel 1916 il fisico olandese De Sitter aveva previsto da un punto di vista matematico teorico un Universo in espansione. Nel 1922 il valente fisico sovietico Alexandr Friedmann (1888-1925) – maestro di fisici di grande levatura come Gamow e Fock di cui ci interesseremo nei prossimi numeri - aveva dimostrato che le equazioni di Einstein relative alla relatività generale ed al campo gravitazionale permettevano soluzioni corrispondenti sia ad espansioni che contrazioni dell’Universo; ma la sua morte prematura nel 1925 interruppe il proficuo confronto che aveva iniziato con Einstein, che aveva dovuto riconoscere la correttezza delle argomentazioni di Friedmann.

Nel 1927 il giovane prete gesuita e fisico belga George Lemaître (1894-1966) espresse anch’egli un parere analogo, considerando un Universo in espansione a partire da un nucleo molto concentrato (Teoria dell’Atomo Primigenio o dell’Uovo Cosmico), anche se la Fisica Quantistica nega che si possa comprimere l’Universo oltre un certo limite(6). Tra il 1929 ed 1931 il grande astronomo statunitense Edwin Hubble (1889-1953) dimostrò – tramite lo spostamento verso il rosso per effetto Doppler delle radiazioni provenienti dalle galassie più lontane - che lo spazio si espande e che le galassie più lontane si allontanano più velocemente di quelle più vicine, ad una velocità proporzionale alla distanza cui si trovano. Questa legge, attribuita ad Hubble, è chiamata dal 2018 Legge di Hubble-Lemaître in quanto già anticipata dal giovane fisico belga. L’altro grande astronomo, l’inglese Arthur Eddington (1882-1944), dimostrò nel 1930 che un Universo statico sarebbe stato in realtà instabile.

A causa di queste critiche, Einstein voleva eliminare la Costante Cosmologica, ma Lemaître (divenuto ricercatore a Cambridge, poi al Massachussets Technology Institute, ed infine professore all’Università di Lovanio) fece notare che invece era utile mantenerla dandole altri significati; ed in effetti i fisici l’hanno mantenuta dandole il significato di una misteriosa “Energia Oscura” (che sarebbe legata ad una densità energetica intrinseca dello spazio vuoto) che spingerebbe l’Universo ad espandersi, soprattutto dopo che nel 1998 è stato dimostrato che l’espansione sta accelerando.

Per spiegare la formazione delle galassie, il movimento delle stelle periferiche delle galassie, che non seguono le leggi di Keplero, e le deviazioni della luce anche in assenza apparente di masse, i cosmologi hanno dovuto ipotizzare anche l’esistenza di una “materia oscura”, cioè non rilevabile dalle radiazioni elettromagnetiche. Le forme di materia e di energia che noi rileviamo sarebbero – quindi - solo una percentuale minima (meno del 5%) dell’energia e della materia cosmologica complessiva.

Oggi si dà per scontato che l’Universo sia in espansione a partire da una condizione iniziale di grande concentrazione, secondo la Teoria definita nel 1949 ironicamente da Fred

Hoyle del “Big-Bang“. Questa teoria sarebbe provata dalla cosiddetta “Radiazione Cosmica di FondoCMB (“Cosmic Microwave Background“) che si sarebbe prodotta negli istanti iniziali dell’espansione, e su cui torneremo in prossimi articoli (2)(9).

Un’altra previsione teorica fatta di Einstein, che poi è stata effettivamente verificata nei decenni successivi del secolo scorso, è quella relativa ai “Buchi Neri”, zone dell’Universo a così alto valore della gravità da impedire l’uscita di qualsiasi oggetto vi cada dentro, compresa la radiazione luminosa. Il termine “buchi neri” fu formulato per la prima volta nel 1967 dal noto ricercatore John Wheeler, secondo il quale essi derivano dal collasso di ammassi stellari. In prossimità di queste particolari zone dell’Universo gli oggetti in movimento rallentano fino a valori bassissimi di velocità.

Mentre era impegnato in dibattiti sulle leggi della Cosmologia, Einstein dette importanti contributi anche in altri settori. Nel 1917 fece esatte previsioni su un possibile meccanismo di emissione stimolata di radiazioni (SED: Stimulated Emission of Radiation), basato sul “salto” di un elettrone opportunamente “eccitato” da un livello energetico ad un livello energetico inferiore grazie all’azione di un fotone (ovvero di un quanto di luce) di energia pari alla differenza tra i due livelli energetici. In questo salto si sarebbe generata una coppia di fotoni diretti nella stessa direzione. Questo meccanismo è stato verificato e, con l’aiuto di una successiva amplificazione della luce (LA: Light Amplification), è alla base del funzionamento dei moderni Laser.

Nel 1924 Einstein ricevette un articolo spedito da un giovane fisico indiano, allievo di Planck, Satyendra Nath Bose (1894-1974), in cui il comportamento dei fotoni veniva esaminato dal punto di vista di una distribuzione statistica di energia, fatto che permetteva una riformulazione della legge della radiazione del Corpo Nero già effettuata da Planck con un modello basato sulla presenza di oscillatori che producevano onde elettromagnetiche (N. 101). Partendo dall’idea di Bose Einstein sviluppò una teoria quantistica ed un modello in cui i fotoni o altre particelle, ed anche atomi, formano come un gas di particelle indistinte. Tutte le particelle che si comportano in questo modo sono dette “Bosoni” perché seguono il comportamento statistico sviluppato da Bose ed Einstein, mentre altre particelle elementari (come elettroni, protoni, neutroni) sono dette “Fermioni” perché seguono una diversa statistica studiata da Fermi e Dirac dove mantengono la loro individualità energetica (seguendo il principio di Esclusione di Pauli per cui ogni particella occupa da sola una ben determinata casella energetica, adottando uno “spin” semi-intero, come vedremo in prossimi numeri).

Queste considerazioni, ben lungi da essere meramente teoriche, sono alla base della teoria sul comportamento dei metalli di Sommerfeld ed in seguito della teoria dei semiconduttori e dei moderni transistor. Einstein ipotizzò anche che, mentre per alte temperature e basse densità tutte le particelle hanno un comportamento simile ed una distribuzione energetica del tipo di quella ipotizzata da Maxwel e Boltzmann per i gas, a temperature prossime allo zero assoluto, non solo le particelle bosoniche, ma anche atomi con comportamento bosonico (come l’Elio-4 superfluido), formerebbero una massa “condensata” indistinta cui si dà il nome di BEC (Bose-Einstein Condensate). La recente esperienza del 1995 condotta su un gas di Rubidio a bassissime temperature molto prossime allo zero assoluto dagli statunitensi Eric Cornell e Carl Wieman (premi Nobel nel 2001 per quest’esperienza, insieme al tedesco Wolfgang Ketterle) hanno pienamente confermato le previsioni del grande fisico tedesco. Torneremo sull’argomento in prossimi numeri.

..segue ./.

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