La VOCE | COREA | CUBA | JUGOSLAVIA | PALESTINA | RUSSIA | SCIENZA | ARTE |
Stampa pagina |
Stampa inserto |
La VOCE 2010 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXIII N°2 | ottobre 2020 | PAGINA 9 |
Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte. |
“fare chiarezza sul mes”. lettera aperta di 35 economisti al ministro gualtieri.
molti commentatori e molti rappresentanti politici sostengono che il ricorso al fondo mes per combattere le conseguenze dell’epidemia in corso non comporta condizioni oltre a quella del divieto dell’uso per altri scopi delle somme ottenute. in particolare, in audizione in parlamento il commissario europeo gentiloni ha dichiarato espressamente che "le condizionalità macroeconomiche che hanno caratterizzato la crisi precedente sono state eliminate per queste linee di credito straordinarie destinate alla sanità" (come riportato dal sole-24 ore del 1° settembre).
tuttavia questo è vero per l'accesso al prestito, mentre per quanto riguarda il periodo successivo i rinvii alla legislazione europea (e in particolare al regolamento 472/2013) comportano per il debitore il regime di “sorveglianza rafforzata”, in base al quale può essere richiesto di "adottare misure correttive volte a evitare ogni problema futuro riguardante il finanziamento sul mercato”. inoltre l’art.14 del trattato del mes stabilisce che “il suo consiglio di amministrazione adotterà direttive particolareggiate inerenti alla modalità di applicazione” dopo che la domanda sia stata avanzata, e che il paese debitore sarà sottoposto a sorveglianza post-programma sui suoi conti pubblici sino alla restituzione del 75% dell'importo dovuto.
nella lettera del vice presidente della commissione dombrovskis e del commissario gentiloni si afferma che – per l'accesso al prestito – non vi saranno altre condizionalità che quella sulla destinazione della somma ottenuta, affermazione poi ripresa in una dichiarazione dell'eurogruppo. ma nessuna decisione è stata assunta in modo formale sulla non applicazione delle altre norme richiamate, il cui rispetto qualunque stato membro può pretendere in qualsiasi momento.
è possibile che esistano altre decisioni formali di cui i firmatari di questa lettera non sono a conoscenza. chiediamo pertanto al ministro gualtieri di volere cortesemente indicare se esistono atti giuridicamente vincolanti idonei a modificare l’assetto normativo dei prestiti mes, e nel caso di indicarceli.
nicola acocella, università di roma “la sapienza”.
giuseppe amari, fondazione matteotti, roma.
lucio baccaro, max plank institute for the study of societies, colonia.
annaflavia bianchi, economista, bologna.
maria luisa bianco, università del piemonte orientale.
paolo borioni, università di roma “la sapienza”.
sergio bruno, università di roma “la sapienza”.
rorita canale, università di napoli “parthenope”.
sergio cesaratto, università di siena.
carlo clericetti, giornalista.
marco dani, università di trento.
massimo d’antoni, università di siena.
giovanni dosi, scuola superiore s. anna, pisa.
enrico grazzini, giornalista e saggista.
andrea guazzarotti, università di ferrara.
riccardo leoni, università di bergamo.
enrico sergio levrero, università roma 3.
stefano lucarelli, università di bergamo.
ugo marani, università di napoli “l’orientale”.
massimiliano mazzanti università di ferrara.
guido ortona, università del piemonte orientale.
gabriele pastrello, università di trieste.
anna pettini, università di firenze.
paolo piacentini, università di roma “la sapienza”.
paolo pini, università di ferrara.
felice roberto pizzuti, università di roma “la sapienza”.
riccardo realfonzo, università del sannio.
simonetta renga, università di ferrara.
robero schiattarella, università di camerino.
alessandro somma, università di roma “la sapienza”.
antonella stirati, università roma 3.
giuseppe tattara, università di venezia.
mario tiberi, università di roma “la sapienza”.
leonello tronti, università roma 3.
andrea ventura, università di firenze.
gennaro zezza, università di cassino e del lazio meridionale.
(16 settembre 2020).
per non dimenticare sabra e chatila.
settembre 2020.
"...l'assedio è attesa... soli siamo a bere l'amaro calice... una donna ha detto alla nuvola: copri il mio amato, perché ho le vesti grondanti del suo sangue. se non sei pioggia amore mio, sii albero... colmo di fertilità…" (m. darwish).
dall'introduzione di stefano chiarini al libro di amnon kapeliouk, sabra e chatila. inchiesta su un massacro (2002, edizioni c.r.t).
il massacro del settembre 1982 nei campi profughi palestinesi di sabra e chatila è riemerso dalle nebbie del tempo come una fitta lancinante che è sempre lì a ricordarci quelle 2000, e forse ancor di più, vittime dimenticate e senza giustizia rimaste laggiù nelle fosse senza nome alla periferia meridionale di beirut, non lontane dall'aeroporto.
sabra e chatila è sempre lì per i profughi dei campi in libano sempre lontani dalla loro patria, costretti a vivere in condizioni disumane in un paese dove non possono neppure lavorare o possedere alcuna proprietà, sempre più dimenticati da tutti, quasi fosse possibile raggiungere una vera pace senza il riconoscimento dei diritti di 4,5 milioni di persone, la maggioranza del popolo palestinese, esuli dalla propria terra.
e' sempre lì per i mandanti del massacro, il premier israeliano ariel sharon e i suoi generali considerati ormai da milioni di persone in tutto il mondo, anche se non ancora dai tribunali internazionali, dei criminali di guerra, per di più recidivi come sembrerebbe dimostrare in massacro di jenin.
e' sempre lì anche per la manovalanza locale libanese della macelleria nei campi, dirigenti e gregari delle forze libanesi (le forze della destra falangista cristiano-maronita) che eseguirono gli ordini di sharon insieme alle forze del libano meridionale (le milizie guidate dal maggiore haddad costruite dagli israeliani per controllare il libano meridionale che avevano generalmente ufficiali delle destre cristiane ma anche soldati semplici di religione musulmana sunnita ma soprattutto sciita) spazzate via dalla resistenza palestinese nel maggio del 2000, al momento del ritiro delle forze israeliane dopo 22 anni di occupazione e oltre 1000 morti tra le file dei soldati dello stato ebraico.
e' sempre lì per la coscienza democratica di tanti in occidente, intellettuali, giuristi, avvocati, ricercatori, che non hanno mai smesso di lottare perché venga fatta giustizia nella certezza, purtroppo confermata dai fatti, che l'incriminazione e il processo a sharon e ai suoi complici se fosse stato seguito dai media e preso in considerazione dai governi avrebbe potuto limitare, se non impedire, il massacro in corso in questi mesi nei territori occupati.
e' sempre lì anche per noi del "comitato per non dimenticare sabra e chatila" che da tre anni, nell'anniversario del massacro, andiamo a beirut a portare un fiore su quelle tombe.
senza nome, a chiedere che venga data una degna sepoltura alle vittime dell'eccidio nella fossa comune all'entrata di chatila, tanto dimenticata da essere ridotta fino a tre anni fa a mondezzaio di un vicino mercato, a chiedere che vengano rivelate e scoperte le altre fosse comuni dove sono stati portati molti corpi delle vittime della strage, che si onorino i morti e si rispettino i vivi dando ai profughi palestinesi una vita degna di essere vissuta.
sabra e chatila è sempre lì per molti di quei medici e infermieri stranieri volontari che furono testimoni dell'inferno (…)
e' sempre lì alcuni coraggiosi registi palestinesi e libanesi come mai masri e jean chamoun che hanno portati i ragazzi di chatila, i figli e i nipoti delle vittime e dei sopravvissuti, sugli schemi di tutto il mondo coi i loro due film children of chatila e frontiers of dreams and fears (…)
e' sempre lì per alcuni coraggiosi storici e sociologi come bayan el hout che da allora non ha mai smesso di cercare fatti, nomi, testimonianze che permettessero di stabilire l'esatto numero delle vittime e come sono andati realmente quei tragici fatti, o come rosemary sayegh che ha tenuto in vita il ricordo di quella tragedia e della realtà di quei campi fino al 1982 cuore della resistenza palestinese.
e' sempre lì per alcuni giornalisti entrati in quella mattina del 18 settembre nell'orrore del campo dove i bulldozer avevano appena finito di distruggere le case per nascondervi sotto le macerie i cadaveri delle vittime o di scavare improvvisate fosse comuni - che il governo libanese del tempo, alleato di israele, si rifiutò di individuare e scavare - come robert fisk, del giornale britannico the indipendent che non ha mai smesso di cercare sempre ulteriori barlumi di verità (…)
sabra e chatila sono sempre lì, come una macchia indelebile, sulla moralità della comunità internazionale. furono infatti gli stati uniti, e in via subordinata francia e italia, a convincere arafat e la leadership dell'olp a far partire i combattenti palestinesi che si trovavano a beirut ovest assicurando loro che i campi profughi, rimasti senza difesa, sarebbero stati protetti da una forza multinazionale composta dai tre paesi. il tutto sulla base di un impegno preso da ariel sharon e dal governo israeliano con l'inviato del presidente reagan,philip habib, sulla base del quale tel aviv si era impegnata a non entrare in beirut ovest. invece il 12 settembre, con quindici giorni d'anticipo, l'ultimo soldato delle forze multinazionali partì da beirut lasciando campo libero a sharon e ai carri armati israeliani. gli usa avevano fretta perché sapevano bene che sharon non avrebbe mantenuto la sua promessa e che insieme alle forze falangiste di bechir gemayel (capo delle forze libanesi e neoeletto presidente all'ombra delle baionette israeliane, colui che poche settimane prima aveva sostenuto di voler trasformare sabra in un parcheggio e chatila in uno zoo) avrebbero "ripulito" i campi profughi dai "terroristi" che secondo lui si sarebbero annidati nella baraccopoli alla periferia sud di beirut e non avevano alcuna intenzione di fermarlo, salvo poi condannare la strage una volta avvenuta. del resto colpire l'olp, distruggere i campi profughi, testimonianza vivente dell'ingiustizia storica fatta al popolo palestinese e cuore della resistenza all'occupazione israeliana, colpire la siria alleata dell'"impero del male" sovietico per instaurare un libano falangista cristiano alleato di israele erano tutti obiettivi comuni tra washington e tel aviv.
l'operazione di pulizia etnica contro i capi palestinesi allo scopo di provocare un nuovo esodo dei profughi verso la giordania e la siria sarebbe stata concordata tra lo stesso bechir gemayel e ariel sharon (che aveva annunciato un piano in questo senso il precedente 9 luglio) in un incontro avvenuto proprio il 12 settembre a bikfaya, roccaforte della famiglia gemayel. poche ore dopo bechir gemayel veniva ucciso, era il 14 settembre, in un attentato, e sharon, cogliendo l'occasione, mandava i suoi carri armati a beirut ovest e circondava i campi dando poi via libera, aiuti e sostegno logistico all'incursione e al macello nei campi profughi di sabra e chatila ad opera delle milizie falangiste coordinate dai "consiglieri" israeliani e guidate da elie hobeika capo dei sevizi della falange.(...)
eppure la realtà di quell'orrore è riuscita a farsi faticosamente largo tra le nebbie seminate da tutti e ovunque sin dalle prime ore successive al massacro, per cancellare il crimine perpetrato da sharon che si aggiungeva alla sistematica distruzione con bombe di ogni tipo, anche al fosforo, dei campi profughi palestinesi nel sud del libano attorno a tiro e sidone ma anche alla periferia di beirut come burj el barajneh, sabra e chatila, ai bombardamenti contro la capitale libanese assediata, senza cibo, senza acqua, per tutta l'estate , alle violenze contro la popolazione civile, alle torture, al fenomeno dei desaparecidos. (…)
(…) nel mondo cresce la domanda che venga finalmente resa giustizia alle migliaia di vittime di quel tragico e afoso settembre del 1982. una indelebile fitta nella memoria che sentiamo, e sentiremo ogni anno, all'inizio dell'autunno.
per non dimenticare sabra e chatila.
nkpj: gerusalemme non è capitale d'israele
nuovo partito comunista di jugoslavia (nkpj) | solidnet.org.
traduzione per resistenze.org a cura del centro di cultura e documentazione popolare -belgrado, 07/09/2020.
dichiarazione della segreteria del comitato centrale del nuovo partito comunista di jugoslavia sull'annuncio del possibile trasferimento dell'ambasciata della serbia da tel aviv a gerusalemme.
gerusalemme non è capitale d'israele.
in risposta al vergognoso annuncio e accordo firmato dal presidente della serbia, aleksander vučić, insieme al presidente degli usa donald trump e al presidente del cosiddetto stato del kosovo, avdullah hoti, sull'intenzione di trasferire la sua ambasciata da tel aviv a gerusalemme, il nuovo partito comunista di jugoslavia (nkpj) vuole sottolineare alcuni fatti per dimostrare perché questa intenzione non debba esser attuata in nessuna circostanza.
prima di ogni altra cosa, dobbiamo affermare che israele ha compiuto e continua a portare avanti, sotto gli occhi del mondo intero, la sua occupazione delle terre palestinesi, commettendo innumerevoli crimini impuniti contro il popolo palestinese. azioni militari vengono condotte sui civili palestinesi con l'uso della violenza di vario grado, spesso omicidi, non risparmiando nemmeno i bambini. oltre a migliaia di prigionieri politici, israele detiene anche minorenni, cioè bambini, nelle sue prigioni. ha murato la cisgiordania, isolandola completamente come se fosse un unico grande campo di concentramento dove non vengono consegnati né medicine, né carburante, né cibo o altri beni indispensabili per una vita normale delle persone in questa regione. le politiche razziste sioniste di israele hanno portato all'occupazione e al successivo esilio di milioni di palestinesi dalle loro secolari terre native, con il cruciale sostegno dell'imperialismo occidentale - imperialismo statunitense in primo luogo. per fare un esempio, più di 500 case israeliane sono attualmente in fase di costruzione nelle parti confiscate di gerusalemme est, anch'esse separate dai muri. elementi di destra, clericali e ultraconservatori negli usa sono stati e continuano a essere i principali sostenitori di questi atti perpetrati da israele, così come sono stati fermamente favorevoli al trasferimento dell'ambasciata degli usa a gerusalemme, trasferimentoportato a termine dall'amministrazione trump.
questo atto fa parte delle politiche aggressive e pericolose capeggiate dagli usa in medio oriente, che costituisce un'importante zona geostrategica di grande valore per gli imperialisti statunitensi. israele è uno dei principali fattori di destabilizzazione e militarizzazione della regione, dove tutti i tentativi di trovare una soluzione sostenibile per la coesistenza in palestina - per la pace e il rispetto dei diritti di tutti - si disintegrano costantemente a causa delle brutali e ricattatorie condizioni imposte da israele con il decisivo sostegno degli usa. si tenta così, con l'atto di trasferire l'ambasciata, di eliminare completamente la soluzione di riconoscere lo stato palestinese con gerusalemme est come sua capitale.
l'annuncio del trasferimento dell'ambasciata serba da tel aviv a gerusalemme, attraverso il quale la serbia darebbe de facto legittimità a israele e alle sue intenzioni aggressive e razziste presenti, passate e future di occupazione, a discapito della pace, innesca anche una serie di conseguenze negative di portata internazionale.
tale atto comporterebbe prima di tutto il tradimento del popolo palestinese, che nella sua ardua ma giusta lotta ha sempre contato sull'appoggio del nostro popolo, che ha sempre ricevuto. i legami indissolubili della nostra solidarietà e amicizia verrebbero svenduti - sarebbe come pugnalare il popolo palestinese non alle spalle, ma al cuore.
inoltre, è fuori discussione che questa mossa contribuisca alla revoca da parte di israele del riconoscimento del kosovo - ma al contrario, lo stesso documento include il riconoscimento reciproco del kosovo e di israele come una naturale forma di cooperazione tra due regimi del tutto filo-imperialisti sotto il patrocinio degli usa.
israele sta compiendo mosse illegali per promuovere la sua agenda di occupazione in contrasto con il diritto internazionale, in particolare nel caso della città di gerusalemme, che ha uno status speciale riconosciuto a livello internazionale, confermato dall'onu, secondo il quale non può essere considerata la capitale di israele. il trasferimento dell'ambasciata serba sarebbe quindi un atto in collisione con il diritto internazionale, la stessa legge a cui si appella la serbia in difesa dei propri interessi sulla questione del kosovo, che confonderebbe inutilmente la posizione del nostro paese nella difesa del suo vitale interesse nazionale.
..segue ./.
“Fare chiarezza sul MES”. Lettera aperta di 35 economisti al ministro Gualtieri![]() Molti commentatori e molti rappresentanti politici sostengono che il ricorso al fondo MES per combattere le conseguenze dell’epidemia in corso non comporta condizioni oltre a quella del divieto dell’uso per altri scopi delle somme ottenute. In particolare, in audizione in Parlamento il commissario europeo Gentiloni ha dichiarato espressamente che "le condizionalità macroeconomiche che hanno caratterizzato la crisi precedente sono state eliminate per queste linee di credito straordinarie destinate alla sanità" (come riportato dal Sole-24 ore del 1° settembre). Tuttavia questo è vero per l'accesso al prestito, mentre per quanto riguarda il periodo successivo i rinvii alla legislazione europea (e in particolare al Regolamento 472/2013) comportano per il debitore il regime di “Sorveglianza rafforzata”, in base al quale può essere richiesto di "adottare misure correttive volte a evitare ogni problema futuro riguardante il finanziamento sul mercato”. Inoltre l’art.14 del trattato del MES stabilisce che “il suo Consiglio di Amministrazione adotterà direttive particolareggiate inerenti alla modalità di applicazione” dopo che la domanda sia stata avanzata, e che il paese debitore sarà sottoposto a sorveglianza post-programma sui suoi conti pubblici sino alla restituzione del 75% dell'importo dovuto. Nella lettera del vice presidente della Commissione Dombrovskis e del Commissario Gentiloni si afferma che – per l'accesso al prestito – non vi saranno altre condizionalità che quella sulla destinazione della somma ottenuta, affermazione poi ripresa in una dichiarazione dell'Eurogruppo. Ma nessuna decisione è stata assunta in modo formale sulla non applicazione delle altre norme richiamate, il cui rispetto qualunque Stato membro può pretendere in qualsiasi momento. È possibile che esistano altre decisioni formali di cui i firmatari di questa lettera non sono a conoscenza. Chiediamo pertanto al ministro Gualtieri di volere cortesemente indicare se esistono atti giuridicamente vincolanti idonei a modificare l’assetto normativo dei prestiti MES, e nel caso di indicarceli. Nicola Acocella, Università di Roma “La Sapienza” Giuseppe Amari, Fondazione Matteotti, Roma Lucio Baccaro, Max Plank Institute for the Study of Societies, Colonia Annaflavia Bianchi, Economista, Bologna Maria Luisa Bianco, Università del Piemonte Orientale Paolo Borioni, Università di Roma “La Sapienza” Sergio Bruno, Università di Roma “La Sapienza” Rorita Canale, Università di Napoli “Parthenope” Sergio Cesaratto, Università di Siena Carlo Clericetti, giornalista Marco Dani, Università di Trento Massimo D’Antoni, Università di Siena Giovanni Dosi, Scuola Superiore S. Anna, Pisa Enrico Grazzini, giornalista e saggista Andrea Guazzarotti, Università di Ferrara Riccardo Leoni, Università di Bergamo Enrico Sergio Levrero, Università Roma 3 Stefano Lucarelli, Università di Bergamo Ugo Marani, Università di Napoli “L’Orientale” Massimiliano Mazzanti Università di Ferrara Guido Ortona, Università del Piemonte Orientale Gabriele Pastrello, Università di Trieste Anna Pettini, Università di Firenze Paolo Piacentini, Università di Roma “La Sapienza” Paolo Pini, Università di Ferrara Felice Roberto Pizzuti, Università di Roma “La Sapienza” Riccardo Realfonzo, Università del Sannio Simonetta Renga, Università di Ferrara Robero Schiattarella, Università di Camerino Alessandro Somma, Università di Roma “La Sapienza” Antonella Stirati, Università Roma 3 Giuseppe Tattara, Università di Venezia Mario Tiberi, Università di Roma “La Sapienza” Leonello Tronti, Università Roma 3 Andrea Ventura, Università di Firenze Gennaro Zezza, Università di Cassino e del Lazio Meridionale (16 settembre 2020) Per non dimenticare Sabra e Chatila"...l'assedio è attesa... soli siamo a bere l'amaro calice... Una donna ha detto alla nuvola: copri il mio amato, perché ho le vesti grondanti del suo sangue. Se non sei pioggia amore mio, sii albero... colmo di fertilità…" (M. Darwish) Dall'Introduzione di Stefano Chiarini al libro di Amnon Kapeliouk, Sabra e Chatila. Inchiesta su un massacro (2002, edizioni C.R.T) Il massacro del settembre 1982 nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila è riemerso dalle nebbie del tempo come una fitta lancinante che è sempre lì a ricordarci quelle 2000, e forse ancor di più, vittime dimenticate e senza giustizia rimaste laggiù nelle fosse senza nome alla periferia meridionale di Beirut, non lontane dall'aeroporto. Sabra e Chatila è sempre lì per i profughi dei campi in libano sempre lontani dalla loro patria, costretti a vivere in condizioni disumane in un paese dove non possono neppure lavorare o possedere alcuna proprietà, sempre più dimenticati da tutti, quasi fosse possibile raggiungere una vera pace senza il riconoscimento dei diritti di 4,5 milioni di persone, la maggioranza del popolo palestinese, esuli dalla propria terra. E' sempre lì per i mandanti del massacro, il premier israeliano Ariel Sharon e i suoi generali considerati ormai da milioni di persone in tutto il mondo, anche se non ancora dai tribunali internazionali, dei criminali di guerra, per di più recidivi come sembrerebbe dimostrare in massacro di Jenin. E' sempre lì anche per la manovalanza locale libanese della macelleria nei campi, dirigenti e gregari delle Forze libanesi (le forze della destra falangista cristiano-maronita) che eseguirono gli ordini di Sharon insieme alle Forze del Libano meridionale (le milizie guidate dal maggiore Haddad costruite dagli israeliani per controllare il Libano meridionale che avevano generalmente ufficiali delle destre cristiane ma anche soldati semplici di religione musulmana sunnita ma soprattutto sciita) spazzate via dalla resistenza palestinese nel maggio del 2000, al momento del ritiro delle forze israeliane dopo 22 anni di occupazione e oltre 1000 morti tra le file dei soldati dello stato ebraico. E' sempre lì per la coscienza democratica di tanti in Occidente, intellettuali, giuristi, avvocati, ricercatori, che non hanno mai smesso di lottare perché venga fatta giustizia nella certezza, purtroppo confermata dai fatti, che l'incriminazione e il processo a Sharon e ai suoi complici se fosse stato seguito dai media e preso in considerazione dai governi avrebbe potuto limitare, se non impedire, il massacro in corso in questi mesi nei territori occupati. E' sempre lì anche per noi del "Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila" che da tre anni, nell'anniversario del massacro, andiamo a Beirut a portare un fiore su quelle tombe |
senza nome, a chiedere che venga data una degna sepoltura alle vittime dell'eccidio nella fossa comune all'entrata di Chatila, tanto dimenticata da essere ridotta fino a tre anni fa a mondezzaio di un vicino mercato, a chiedere che vengano rivelate e scoperte le altre fosse comuni dove sono stati portati molti corpi delle vittime della strage, che si onorino i morti e si rispettino i vivi dando ai profughi palestinesi una vita degna di essere vissuta.
Sabra e Chatila è sempre lì per molti di quei medici e infermieri stranieri volontari che furono testimoni dell'inferno (…) E' sempre lì alcuni coraggiosi registi palestinesi e libanesi come Mai Masri e Jean Chamoun che hanno portati i ragazzi di Chatila, i figli e i nipoti delle vittime e dei sopravvissuti, sugli schemi di tutto il mondo coi i loro due film Children of Chatila e Frontiers of Dreams and Fears (…) E' sempre lì per alcuni coraggiosi storici e sociologi come Bayan el Hout che da allora non ha mai smesso di cercare fatti, nomi, testimonianze che permettessero di stabilire l'esatto numero delle vittime e come sono andati realmente quei tragici fatti, o come Rosemary Sayegh che ha tenuto in vita il ricordo di quella tragedia e della realtà di quei campi fino al 1982 cuore della resistenza palestinese. E' sempre lì per alcuni giornalisti entrati in quella mattina del 18 settembre nell'orrore del campo dove i bulldozer avevano appena finito di distruggere le case per nascondervi sotto le macerie i cadaveri delle vittime o di scavare improvvisate fosse comuni - che il governo libanese del tempo, alleato di Israele, si rifiutò di individuare e scavare - come Robert Fisk, del giornale britannico The Indipendent che non ha mai smesso di cercare sempre ulteriori barlumi di verità (…) Sabra e Chatila sono sempre lì, come una macchia indelebile, sulla moralità della comunità internazionale. Furono infatti gli Stati Uniti, e in via subordinata Francia e Italia, a convincere Arafat e la leadership dell'Olp a far partire i combattenti palestinesi che si trovavano a Beirut Ovest assicurando loro che i campi profughi, rimasti senza difesa, sarebbero stati protetti da una forza multinazionale composta dai tre paesi. Il tutto sulla base di un impegno preso da Ariel Sharon e dal governo israeliano con l'inviato del presidente Reagan,Philip Habib, sulla base del quale Tel Aviv si era impegnata a non entrare in Beirut ovest. Invece il 12 settembre, con quindici giorni d'anticipo, l'ultimo soldato delle forze multinazionali partì da Beirut lasciando campo libero a Sharon e ai carri armati israeliani. Gli Usa avevano fretta perché sapevano bene che Sharon non avrebbe mantenuto la sua promessa e che insieme alle forze falangiste di Bechir Gemayel (capo delle Forze libanesi e neoeletto presidente all'ombra delle baionette israeliane, colui che poche settimane prima aveva sostenuto di voler trasformare Sabra in un parcheggio e Chatila in uno zoo) avrebbero "ripulito" i campi profughi dai "terroristi" che secondo lui si sarebbero annidati nella baraccopoli alla periferia sud di Beirut e non avevano alcuna intenzione di fermarlo, salvo poi condannare la strage una volta avvenuta. Del resto colpire l'Olp, distruggere i campi profughi, testimonianza vivente dell'ingiustizia storica fatta al popolo palestinese e cuore della resistenza all'occupazione israeliana, colpire la Siria alleata dell'"impero del male" sovietico per instaurare un Libano falangista cristiano alleato di Israele erano tutti obiettivi comuni tra Washington e Tel Aviv. L'operazione di pulizia etnica contro i capi palestinesi allo scopo di provocare un nuovo esodo dei profughi verso la Giordania e la Siria sarebbe stata concordata tra lo stesso Bechir Gemayel e Ariel Sharon (che aveva annunciato un piano in questo senso il precedente 9 luglio) in un incontro avvenuto proprio il 12 settembre a Bikfaya, roccaforte della famiglia Gemayel. Poche ore dopo Bechir Gemayel veniva ucciso, era il 14 settembre, in un attentato, e Sharon, cogliendo l'occasione, mandava i suoi carri armati a Beirut ovest e circondava i campi dando poi via libera, aiuti e sostegno logistico all'incursione e al macello nei campi profughi di Sabra e Chatila ad opera delle milizie falangiste coordinate dai "consiglieri" israeliani e guidate da Elie Hobeika capo dei sevizi della falange.(...) Eppure la realtà di quell'orrore è riuscita a farsi faticosamente largo tra le nebbie seminate da tutti e ovunque sin dalle prime ore successive al massacro, per cancellare il crimine perpetrato da Sharon che si aggiungeva alla sistematica distruzione con bombe di ogni tipo, anche al fosforo, dei campi profughi palestinesi nel sud del Libano attorno a Tiro e Sidone ma anche alla periferia di Beirut come Burj el Barajneh, Sabra e Chatila, ai bombardamenti contro la capitale libanese assediata, senza cibo, senza acqua, per tutta l'estate , alle violenze contro la popolazione civile, alle torture, al fenomeno dei desaparecidos. (…) (…) nel mondo cresce la domanda che venga finalmente resa giustizia alle migliaia di vittime di quel tragico e afoso settembre del 1982. Una indelebile fitta nella memoria che sentiamo, e sentiremo ogni anno, all'inizio dell'autunno. Per non dimenticare Sabra e Chatila. NKPJ: Gerusalemme non è capitale d'IsraeleTraduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare -Belgrado, 07/09/2020 Dichiarazione della Segreteria del Comitato Centrale del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia sull'annuncio del possibile trasferimento dell'ambasciata della Serbia da Tel Aviv a Gerusalemme. Gerusalemme non è capitale d'Israele In risposta al vergognoso annuncio e accordo firmato dal presidente della Serbia, Aleksander Vučić, insieme al presidente degli USA Donald Trump e al presidente del cosiddetto stato del Kosovo, Avdullah Hoti, sull'intenzione di trasferire la sua ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, il Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ) vuole sottolineare alcuni fatti per dimostrare perché questa intenzione non debba esser attuata in nessuna circostanza. Prima di ogni altra cosa, dobbiamo affermare che Israele ha compiuto e continua a portare avanti, sotto gli occhi del mondo intero, la sua occupazione delle terre palestinesi, commettendo innumerevoli crimini impuniti contro il popolo palestinese. Azioni militari vengono condotte sui civili palestinesi con l'uso della violenza di vario grado, spesso omicidi, non risparmiando nemmeno i bambini. Oltre a migliaia di prigionieri politici, Israele detiene anche minorenni, cioè bambini, nelle sue prigioni. Ha murato la Cisgiordania, isolandola completamente come se fosse un unico grande campo di concentramento dove non vengono consegnati né medicine, né carburante, né cibo o altri beni indispensabili per una vita normale delle persone in questa regione. Le politiche razziste sioniste di Israele hanno portato all'occupazione e al successivo esilio di milioni di palestinesi dalle loro secolari terre native, con il cruciale sostegno dell'imperialismo occidentale - imperialismo statunitense in primo luogo. Per fare un esempio, più di 500 case israeliane sono attualmente in fase di costruzione nelle parti confiscate di Gerusalemme Est, anch'esse separate dai muri. Elementi di destra, clericali e ultraconservatori negli USA sono stati e continuano a essere i principali sostenitori di questi atti perpetrati da Israele, così come sono stati fermamente favorevoli al trasferimento dell'ambasciata degli USA a Gerusalemme, trasferimentoportato a termine dall'amministrazione Trump. Questo atto fa parte delle politiche aggressive e pericolose capeggiate dagli USA in Medio Oriente, che costituisce un'importante zona geostrategica di grande valore per gli imperialisti statunitensi. Israele è uno dei principali fattori di destabilizzazione e militarizzazione della regione, dove tutti i tentativi di trovare una soluzione sostenibile per la coesistenza in Palestina - per la pace e il rispetto dei diritti di tutti - si disintegrano costantemente a causa delle brutali e ricattatorie condizioni imposte da Israele con il decisivo sostegno degli USA. Si tenta così, con l'atto di trasferire l'ambasciata, di eliminare completamente la soluzione di riconoscere lo Stato palestinese con Gerusalemme Est come sua capitale. L'annuncio del trasferimento dell'ambasciata serba da Tel Aviv a Gerusalemme, attraverso il quale la Serbia darebbe de facto legittimità a Israele e alle sue intenzioni aggressive e razziste presenti, passate e future di occupazione, a discapito della pace, innesca anche una serie di conseguenze negative di portata internazionale. Tale atto comporterebbe prima di tutto il tradimento del popolo palestinese, che nella sua ardua ma giusta lotta ha sempre contato sull'appoggio del nostro popolo, che ha sempre ricevuto. I legami indissolubili della nostra solidarietà e amicizia verrebbero svenduti - sarebbe come pugnalare il popolo palestinese non alle spalle, ma al cuore. Inoltre, è fuori discussione che questa mossa contribuisca alla revoca da parte di Israele del riconoscimento del Kosovo - ma al contrario, lo stesso documento include il riconoscimento reciproco del Kosovo e di Israele come una naturale forma di cooperazione tra due regimi del tutto filo-imperialisti sotto il patrocinio degli USA. Israele sta compiendo mosse illegali per promuovere la sua agenda di occupazione in contrasto con il diritto internazionale, in particolare nel caso della città di Gerusalemme, che ha uno status speciale riconosciuto a livello internazionale, confermato dall'ONU, secondo il quale non può essere considerata la capitale di Israele. Il trasferimento dell'ambasciata serba sarebbe quindi un atto in collisione con il diritto internazionale, la stessa legge a cui si appella la Serbia in difesa dei propri interessi sulla questione del Kosovo, che confonderebbe inutilmente la posizione del nostro Paese nella difesa del suo vitale interesse nazionale. ..segue ./.
|
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
Stampa pagina | Stampa inserto | La VOCE 2010 |
La VOCE | COREA | CUBA | JUGOSLAVIA | PALESTINA | RUSSIA | SCIENZA | ARTE |