Last name:

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 2005

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XXII N°9

maggio 2020

PAGINA G         - 39

Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
il 3 febbraio 2020 alle 16.46 brandienzo@libero.it ha scritto: il 13 marzo l'associazione pacifista statunitense sanctionskill lancia una giornata mondiale di lotta contro le sanzioni che opprimono e colpiscono decine di paesi che non si allineano ai voleri dell'imperialismo (come siria, iran, russia, ecc ….). la proposta che dovrebbe coinvolgere tutti i sinceri pacifisti è quella di lanciare anche in italia un'iniziativa per chiedere la cessazione di tutte le sanzioni senza se e senza ma, cioe' senza ambigui distinguo e condizioni. la manifestazioni contro le guerre del 25 gennaio scorso in piazza esquilino a roma, ma anche a pisa ed altri luoghi, hanno creato divisioni e polemiche legate ai contenuti ambigui dell'appello lanciato dal solito "carrozzone" delle organizzazioni, ong e sindacati legati al pd ed ai cattolici legati al pd. queste divisioni continuano a suscitare commenti: vedi l'articolo di città futura segnalato da patrick: https://www.lacittafutura.it/esteri/25-gennaio-2020-giornata-internazionale-contro-la-guerra vediamoci ed organizziamoci nella chiarezza e nella trasparenza degli obiettivi per la giornata del 13 marzo. vincenzo brandi (no war, g.a.ma.di., lista no nato, comitato con la palestina nel cuore). donald trump fa esplodere tombe dei nativi americani in un’area protetta dall’unesco per costruire il muro al confine col messico. mondo. i lavori interessano la riserva naturale dell'organ pipe cactus national monument, in arizona. il presidente americano ha invocato motivazioni di sicurezza nazionale, potendo così aggirare le leggi a tutela dei beni culturali e paesaggistici. esplosioni all’interno della riserva naturale dell’organ pipe cactus national monument, protetta dall’unesco, in arizona, che colpiscono anche antichi siti di sepoltura dei nativi americani. ad autorizzarlo è stata l’amministrazione guidata da donald trump allo scopo di costruire quasi 70 chilometri del muro di separazione tra stati uniti e messico, fortemente voluto dal presidente americano. dopo la denuncia delle comunità locali e delle associazioni, anche le autorità hanno confermato che “esplosioni controllate” sono già iniziate nella zona. niente hanno potuto le leggi a tutela dei beni culturali e paesaggistici, visto che il tycoon ha invocato motivazioni di sicurezza nazionale. vedi anche 'muro al confine col messico, i lavori nella riserva naturale protetta dall’unesco: esplosioni nelle tombe dei nativi'. a esporsi per primo contro la decisione dell’amministrazione è stato raul grijalva, deputato democratico dell’arizona a capo del comitato sulle risorse naturali della camera, che ha parlato di un atto “sacrilego”, spiegando che le autorità non si sono nemmeno preoccupate di avvertire la tribù locale tohono o’odham. è proprio in questi luoghi, ha poi spiegato, che i nativi americani locali seppellivano i corpi dei rivali apache, in segno di rispetto. ed è sempre in quell’area che sono stati ritrovati manufatti risalenti a 10mila anni fa. a preoccupare i movimenti ambientalisti, però, non sono solo i danni ai siti di sepoltura, ma anche quelli alle falde acquifere e le conseguenze sulle specie selvatiche che popolano la zona desertica, diventata famosa perché esempio di ecosistema intatto tipico del deserto del sonora. e ad essere distrutti, hanno riferito i locali, sono stati anche degli antichi cactus che caratterizzano l’area e che per i nativi rappresentano la reincarnazione dei propri avi. un funesto silenzio. di tanto in tanto qualcuno si ricorda di persone che tanto hanno dato al mondo intero e tanto è stato loro tolto. si rinnovano così appelli in favore di assange, snowden ed altri. guaio è che si tratta di appelli che, a fronte della provata intelligenza di coloro che si vorrebbe aiutare, sono totalmente privi di questa stupenda qualità dell'essere umano. sì, perché, se si desidera far tornare liberi assange, snowden e tutti coloro che denunciano le malefatte degli stati, l'unica azione collettiva da perorare è l'esigere il licenziamento in tronco degli statali, dei carrieristi pubblici, dei burocrati, di ogni assunto nello stato, nel pubblico impiego. tragica verità è che i "moderni" stati non sono democratici: non hanno ancora i loro poteri, i loro ruoli, i pubblici impieghi, periodicamente restituiti a popoli ch'eppure si vogliono sovrani. gli stati sono tutti ancora una proprietà dei carrieristi pubblici, dei burocrati, degli assunti a vita nel finto pubblico, letteralmente una cosa loro. non una res publica bensì delle vere e proprie monarchie che si sono perpetuate causa il funesto silenzio di detti popoli che, pur costretti, sottomessi e vessati in continuazione, non sono riusciti a trovare uno straccio di filosolo che li risvegliasse dicendo loro: licenziamoli tuttiii! licenziamoli oraaa! per il bene di tutti, a maggior ragione di persone come assange, si rendano dunque democratici gli stati, a partire dal proprio. li si rendano accessibili, come esige democrazia, alla partecipazione a tempo determinato di cittadini aventi tutti i requisiti necessari al ruolo. di sicuro non vi sarà più necessità di denunciare alcun comportamento illecito perché non ve ne saranno più. non vi saranno più attaccamento al posto fisso e brama di carriera/potere a far tacere le coscienze, a permettere malefatte e pilotare gli eventi. alziamoci tutti in piedi ed esigiamo degli stati aperti, dinamici, fluidi, osmotici, partecipati, vissuti: liberi dai tiranni, i cui impieghi/poteri/redditi siano concessi rigorosamente a tempo determinato. smettiamola di focalizzarci sulla politica, di incolpare i governanti. costoro, senza i carrieristi pubblici ma con esseri umani nudi e puri intorno a loro, si comporterebbero correttamente. concentriamoci dunque sui carrieristi pubblici e licenziamoli tutti. esigiamo indietro le nostre res publica, tenendo presente che licenziare periodicamente chi detiene un pubblico ruolo è pratica pacifista per eccellenza: perché evita irregolari ma prevedibili rivoluzioni sanguinose. con tutti 'sti intellettuali dissidenti, con tutti 'sti po' po' di think tank, qualcuno potrebbe pur dirlo. danilo d'antonio e monti d'abruzzo - civilmente, legalmente, pacificamente, facciamo evolvere l'italia e la ue! - uno stato è democratico se è concesso rigorosamente a tempo determinato! oggi, anniversario della morte di gramsci, dopo 11 anni di carcere. 27 aprile 1937: muore antonio gramsci ucciso dal carcere del ventennio fascista. piccolo e malmesso fisicamente … intellettualmente, politicamente e moralmente, un gigante dello scorso secolo. condannato a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni. la pubblica accusa: “dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare per i prossimi 20 anni”. alla domanda del presidente del tribunale che lo condannò, “cosa avete da dire a vostra discolpa?”, gramsci rispose: “confermo le mie dichiarazioni rese alla polizia. sono stato arrestato malgrado fossi deputato in carica. sono comunista e la mia attività politica è nota per averla esplicitata pubblicamente come deputato e come scrittore de 'l'unità'. non ho svolto attività clandestina di sorta perché, ove avessi voluto, questo mi sarebbe stato impossibile. già da anni ho sempre avuto vicino sei agenti, con il compito dichiarato di accompagnarmi fuori o di sostare a casa mia. non fui, così, mai lasciato solo e, con il pretesto della protezione, fu esercitata nei miei confronti una sorveglianza che diviene oggi la mia migliore difesa. chiedo che vengano sentiti come testi a deporre su questa circostanza il prefetto ed il questore di torino. se d'altronde, l'essere comunista comporta responsabilità, le accetto”.
ricordiamo la figura e l’opera di antonio gramsci, facendo nostre le sue parole: “la classe operaia non ha che una via: lottare fino alla vittoria se vuol salvare se stessa e l’umanità intera dalla rovina”. 27 aprile 2020 cct - coordinamento comunista toscano - ccl – coordinamento comunista lombardia - piattaforma comunista – per il partito comunista del proletariato d’italia. il 25 aprile è la festa nazionale perché antifascista. di paolo flores d’arcais. il 25 aprile è la festa nazionale (dunque di tutti coloro che si riconoscono nell’italia come loro patria), festa di cui quasi tutti i democratici hanno purtroppo perduto il senso e l’origine. è perciò essenziale richiamarlo. il 22 aprile del 1946 il governo provvisorio presieduto da alcide de gasperi stabilisce che ogni anno il 25 aprile sarà festa nazionale. perché? perché il 24 aprile del 1945 il comitato di liberazione alta italia, cioè il vertice della resistenza in armi, attraverso radio londra e ogni altra e più piccola emittente clandestina, dirama il seguente comunicato: “a tutti i comandi zona. comunicasi il seguente telegramma: aldo dice 26 x 1 stop nemico in crisi finale stop applicate piano e 27 stop capi nemici et dirigenti fascisti in fuga stop fermate tutte macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette stop comandi zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità forze alleate su strade genova-torino et piacenza-torino stop 24 aprile 1945”. con questo comunicato veniva impartito l’ordine di insurrezione generale alle formazioni partigiane delle montagne e ai nuclei clandestini già presenti nelle città, per il 25 aprile all’una di notte (o una di mattina del 26, volendo), di modo che le truppe alleate che avanzavano trovassero le città già liberate dai partigiani, che in tal modo avrebbero conquistato la legittimità di nominare sindaci e prefetti, come in realtà avvenne nei giorni della liberazione. dunque: il 25 aprile è festa nazionale perché si celebra la liberazione dal fascismo, la sconfitta del fascismo, e una sconfitta che vede la resistenza con la sua significativa presenza non solo militare, ma anche e soprattutto politica, accanto agli eserciti alleati (americani, inglesi, russi, francesi del governo in esilio). senza l’ordine di insurrezione, che portava a compimento due inverni di resistenza in armi e di inauditi sacrifici di morti, torturati, imprigionati, esiliati, la liberazione ad opera degli alleati avrebbe significato solo occupazione da parte delle truppe alleate. fu solo grazie alla resistenza se gli eserciti alleati si trovarono invece di fronte a istituzioni che traevano da quei due anni di lotta armata la loro legittimità, e con cui dovevano fare i conti e riconoscere. dunque, origine e senso del decreto del governo de gasperi sono chiari: il 25 aprile è festa nazionale perché sconfitta dei fascisti e vittoria della resistenza. questo significa due cose. primo: la resistenza è la fonte di legittimità delle istituzioni provvisorie, da cui, attraverso un referendum e la costituente, nascerà la costituzione repubblicana. secondo: il 25 aprile è la festa di tutti perché è la festa dell’antifascismo che vince e del fascismo che viene sconfitto. l’antifascismo è perciò il fondamento del patriottismo. la festa è nazionale, di tutti, perché è antifascista, e chi non la riconosce si pone al di fuori della nazione, al di fuori e/o contro la comune patria. hans kelsen, il più grande giurista del secolo scorso, ha spiegato con adamantina logica come lo stato sia un ordinamento giuridico nel quale ogni norma trova la sua legittimità e fonte in una norma di livello superiore, fino alla costituzione, che non può a sua volta dipendere da una norma, ma trova la sua fonte di legittimità in una grundnorm, o norma fondamentale, che non è una norma ma un fatto storico, il fatto fondativo. questo fatto fondativo è dunque il fondamento di legittimità dell’interno edificio. la grundnorm dello stato italiano, il fatto storico che legittima tutto l’edificio, è esattamente la resistenza antifascista, i due anni di lotta armata. e non a caso il governo de gasperi stabilisce, prima ancora della promulgazione della costituzione, che il 25 aprile, giorno dell’insurrezione vittoriosa e della sconfitta del fascismo, sia la festa nazionale. dovrebbe essere tutto chiaro. e invece tutto questo viene dimenticato, rimosso, calpestato, contraddetto, o nel meno peggiore dei casi comunque messo tra parentesi, senza rendersi conto di cosa ciò comporti. e infatti. poiché l’antifascismo è la grundnorm, il factum storicamente ineludibile, su cui poggia la legittimità costituzionale e quella di tutta la stratificazione gerarchica delle norme che costituiscono lo stato, il venir meno dell’antifascismo comporta il venir meno della legittimità di tutto il nostro ordinamento democratico. i democratici, più o meno coerenti, se ne rendono sempre meno conto, mentre ne sono perfettamente consapevoli le destre eversive e l’ampio alone su cui esercitano la loro egemonia, i tanti “detestatori” (o anche apoti, che “non se la bevono”) della costituzione repubblicana (nata dalla resistenza antifascista, appunto). che infatti ripropongono continuamente la trasformazione del significato del 25 aprile nelle fogge più pretestuose e invereconde. “detestatori” è brutto come nomen, ma sempre meno brutto della res di cui costituisce la consequentia. naturalmente l’aggressione contro la grundnorm antifascista, e del resto contro l’applicazione effettiva della costituzione stessa, si può dire sia cominciata immediatamente dopo la promulgazione della costituzione, e certamente dopo che le elezioni del 1948 segnano la schiacciante vittoria della democrazia cristiana. ma ha continuato ad essere accompagnata dal riconoscimento della costituzione e dell’antifascismo come sua grundnorm, arrampicandosi sugli specchi per spiegare che in realtà erano valori che non si volevano affatto negare nella pratica, tanto è vero che fu promulgata la legge scelba, vanificata dalle sentenze della magistratura, in tradimento evidente della costituzione, e più recentemente la legge mancino. un caso da manuale di ipocrisia come omaggio che il vizio paga alla virtù. un colpo più recente e particolarmente micidiale è avvenuto quando berlusconi nel 1993 appoggiò esplicitamente gianfranco fini come sindaco di roma, cioè il capo de neofascismo che solo un anno prima aveva celebrato i settant’anni della marcia su roma a piazza venezia con l’intero armamentario di gagliardetti fascisti, saluti romani e eiaeiaalalà. fu in tale occasione che a critica dei tanti democratici che denunciavano l’ovvio, cioè l’alleanza che berlusconi stabiliva con i fascisti (neo, post, ex, come si preferisce), massimo d’alema sibilò che si trattava di estremisti, mentre berlusconi non andava demonizzato. il dna del post-pci aveva con ciò realizzato la sua mutazione di inciucio. quando un fondamento di legittimità viene meno si apre in una convivenza politica la più grave delle crisi, una crisi catastrofica, anche quando strisciante e dunque facile da non vedere, per chi manchi degli evangeli occhi, perché al vanificarsi della legittimazione storico/etico/politica si sostituisce la legittimazione dei meri rapporti di forza, cioè del più forte come nomos, che tuttavia non vincola nessuno. un collasso in fieri. se molti non se ne rendono conto in buonafede, bisognerà ricordare che per i politici e gli uomini di cultura la buonafede, in questi casi, è un’aggravante, perché significa cecità. buon 25 aprile di coerenza, perciò, a tutti i democratici che vogliono che l’italia resti (o torni più pienamente ad essere) una democrazia. (24 aprile 2020).
Il 3 febbraio 2020 alle 16.46 brandienzo@libero.it ha scritto:

Il 13 marzo l'associazione pacifista statunitense Sanctionskill lancia una giornata mondiale di lotta contro le sanzioni che opprimono e colpiscono decine di paesi che non si allineano ai voleri dell'imperialismo (come Siria, Iran, Russia, ecc ….). La proposta che dovrebbe coinvolgere tutti i sinceri pacifisti è quella di lanciare anche in Italia un'iniziativa per CHIEDERE LA CESSAZIONE DI TUTTE LE SANZIONI SENZA SE E SENZA MA, CIOE' SENZA AMBIGUI DISTINGUO E CONDIZIONI.

La manifestazioni contro le guerre del 25 gennaio scorso in piazza Esquilino a Roma, ma anche a Pisa ed altri luoghi, hanno creato divisioni e polemiche legate ai contenuti ambigui dell'appello lanciato dal solito "carrozzone" delle organizzazioni, ONG e sindacati legati al PD ed ai Cattolici legati al PD. Queste divisioni continuano a suscitare commenti: vedi l'articolo di Città Futura segnalato da Patrick: https://www.lacittafutura.it/esteri/25-gennaio-2020-giornata-internazionale-contro-la-guerra

Vediamoci ed organizziamoci nella chiarezza e nella trasparenza degli obiettivi per la giornata del 13 marzo.

Vincenzo Brandi (NO War, G.A.MA.DI., Lista NO NATO, Comitato con la Palestina nel Cuore)

Donald Trump fa esplodere tombe dei nativi americani in un’area protetta dall’Unesco per costruire il muro al confine col Messico

MONDO
I lavori interessano la riserva naturale dell'Organ Pipe Cactus National Monument, in Arizona. Il presidente americano ha invocato motivazioni di sicurezza nazionale, potendo così aggirare le leggi a tutela dei beni culturali e paesaggistici

Esplosioni all’interno della riserva naturale dell’Organ Pipe Cactus National Monument, protetta dall’Unesco, in Arizona, che colpiscono anche antichi siti di sepoltura dei nativi americani. Ad autorizzarlo è stata l’amministrazione guidata da Donald Trump allo scopo di costruire quasi 70 chilometri del muro di separazione tra Stati Uniti e Messico, fortemente voluto dal presidente americano. Dopo la denuncia delle comunità locali e delle associazioni, anche le autorità hanno confermato che “esplosioni controllate” sono già iniziate nella zona. Niente hanno potuto le leggi a tutela dei beni culturali e paesaggistici, visto che il tycoon ha invocato motivazioni di sicurezza nazionale.

Vedi anche 'Muro al confine col Messico, i lavori nella riserva naturale protetta dall’Unesco: esplosioni nelle tombe dei nativi'

A esporsi per primo contro la decisione dell’amministrazione è stato Raul Grijalva, Deputato democratico dell’Arizona a capo del Comitato sulle risorse naturali della Camera, che ha parlato di un atto “sacrilego”, spiegando che le autorità non si sono nemmeno preoccupate di avvertire la tribù locale Tohono O’odham. È proprio in questi luoghi, ha poi spiegato, che i nativi americani locali seppellivano i corpi dei rivali Apache, in segno di rispetto. Ed è sempre in quell’area che sono stati ritrovati manufatti risalenti a 10mila anni fa.

A preoccupare i movimenti ambientalisti, però, non sono solo i danni ai siti di sepoltura, ma anche quelli alle falde acquifere e le conseguenze sulle specie selvatiche che popolano la zona desertica, diventata famosa perché esempio di ecosistema intatto tipico del deserto del Sonora. E ad essere distrutti, hanno riferito i locali, sono stati anche degli antichi cactus che caratterizzano l’area e che per i nativi rappresentano la reincarnazione dei propri avi.

UN FUNESTO SILENZIO

Di tanto in tanto qualcuno si ricorda di persone che tanto hanno dato al mondo intero e tanto è stato loro tolto. Si rinnovano così appelli in favore di Assange, Snowden ed altri. Guaio è che si tratta di appelli che, a fronte della provata intelligenza di coloro che si vorrebbe aiutare, sono totalmente privi di questa stupenda qualità dell'essere umano. Sì, perché, se si desidera far tornare liberi Assange, Snowden e tutti coloro che denunciano le malefatte degli Stati, l'unica azione collettiva da perorare è l'esigere il licenziamento in tronco degli statali, dei carrieristi pubblici, dei burocrati, di ogni assunto nello Stato, nel pubblico impiego.

Tragica verità è che i "moderni" Stati non sono democratici: non hanno ancora i loro poteri, i loro ruoli, i pubblici impieghi, periodicamente restituiti a Popoli ch'eppure si vogliono Sovrani. Gli Stati sono tutti ancora una proprietà dei carrieristi pubblici, dei burocrati, degli assunti a vita nel finto pubblico, letteralmente una Cosa Loro. Non una Res Publica bensì delle vere e proprie monarchie che si sono perpetuate causa il funesto silenzio di detti popoli che, pur costretti, sottomessi e vessati in continuazione, non sono riusciti a trovare uno straccio di filosolo che li risvegliasse dicendo loro: licenziamoli tuttiii! licenziamoli oraaa!

Per il bene di tutti, a maggior ragione di persone come Assange, si rendano dunque democratici gli Stati, a partire dal proprio. Li si rendano accessibili, come esige Democrazia, alla partecipazione a tempo determinato di cittadini aventi tutti i requisiti necessari al ruolo. Di sicuro non vi sarà più necessità di denunciare alcun comportamento illecito perché non ve ne saranno più. Non vi saranno più attaccamento al posto fisso e brama di carriera/potere a far tacere le coscienze, a permettere malefatte e pilotare gli eventi. Alziamoci tutti in piedi ed esigiamo degli Stati aperti, dinamici, fluidi, osmotici, partecipati, vissuti: liberi dai tiranni, i cui impieghi/poteri/redditi siano concessi rigorosamente a tempo determinato. Smettiamola di focalizzarci sulla politica, di incolpare i governanti. Costoro, senza i carrieristi pubblici ma con esseri umani nudi e puri intorno a loro, si comporterebbero correttamente. Concentriamoci dunque sui carrieristi pubblici e licenziamoli tutti. Esigiamo indietro le nostre Res Publica, tenendo presente che licenziare periodicamente chi detiene un pubblico ruolo è pratica pacifista per eccellenza: perché evita irregolari ma prevedibili rivoluzioni sanguinose. Con tutti 'sti intellettuali dissidenti, con tutti 'sti po' po' di think tank, qualcuno potrebbe pur dirlo.

Danilo D'Antonio e Monti d'Abruzzo - Civilmente, legalmente, pacificamente, facciamo evolvere l'Italia e la UE! - Uno Stato è democratico se è concesso rigorosamente a tempo determinato!

Oggi, anniversario della morte di Gramsci, dopo 11 anni di carcere

27 aprile 1937: muore Antonio Gramsci ucciso dal carcere del ventennio fascista.

Piccolo e malmesso fisicamente … intellettualmente, politicamente e moralmente, un gigante dello scorso secolo.

Condannato a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni. La pubblica accusa: “Dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare per i prossimi 20 anni”.

Alla domanda del presidente del Tribunale che lo condannò, “Cosa avete da dire a vostra discolpa?”, Gramsci rispose:
“Confermo le mie dichiarazioni rese alla polizia. Sono stato arrestato malgrado fossi deputato in carica. Sono comunista e la mia attività politica è nota per averla esplicitata pubblicamente come deputato e come scrittore de 'L'Unità'. Non ho svolto attività clandestina di sorta perché, ove avessi voluto, questo mi sarebbe stato impossibile. Già da anni ho sempre avuto vicino sei agenti, con il compito dichiarato di accompagnarmi fuori o di sostare a casa mia. Non fui, così, mai lasciato solo e, con il pretesto della protezione, fu esercitata nei miei confronti una sorveglianza che diviene oggi la mia migliore difesa. Chiedo che vengano sentiti come testi a deporre su questa circostanza il prefetto ed il questore di Torino. Se d'altronde, l'essere comunista comporta responsabilità, le accetto”.

Ricordiamo la figura e l’opera di Antonio Gramsci, facendo nostre le sue parole: “La classe operaia non ha che una via: lottare fino alla vittoria se vuol salvare se stessa e l’umanità intera dalla rovina”.

27 aprile 2020 CCT - Coordinamento Comunista Toscano - CCL – Coordinamento Comunista Lombardia - Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Il 25 aprile è la festa nazionale perché antifascista



di Paolo Flores d’Arcais

Il 25 aprile è la festa nazionale (dunque di tutti coloro che si riconoscono nell’Italia come loro patria), festa di cui quasi tutti i democratici hanno purtroppo perduto il senso e l’origine. È perciò essenziale richiamarlo.

Il 22 aprile del 1946 il governo provvisorio presieduto da Alcide De Gasperi stabilisce che ogni anno il 25 aprile sarà festa nazionale. Perché?

Perché il 24 aprile del 1945 il Comitato di Liberazione Alta Italia, cioè il vertice della Resistenza in armi, attraverso Radio Londra e ogni altra e più piccola emittente clandestina, dirama il seguente comunicato: “A tutti i comandi zona. Comunicasi il seguente telegramma: ALDO DICE 26 x 1 Stop Nemico in crisi finale Stop Applicate piano E 27 Stop Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga Stop Fermate tutte macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette Stop Comandi zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità forze alleate su strade Genova-Torino et Piacenza-Torino Stop 24 aprile 1945”.

Con questo comunicato veniva impartito l’ordine di insurrezione generale alle formazioni partigiane delle montagne e ai nuclei clandestini già presenti nelle città, per il 25 aprile all’una di notte (o una di mattina del 26, volendo), di modo che le truppe alleate che avanzavano trovassero le città già liberate dai partigiani, che in tal modo avrebbero conquistato la legittimità di nominare sindaci e prefetti, come in realtà avvenne nei giorni della Liberazione.

Dunque: il 25 aprile è festa nazionale perché si celebra la liberazione dal fascismo, la sconfitta del fascismo, e una sconfitta che vede la Resistenza con la sua significativa presenza non solo militare, ma anche e soprattutto politica, accanto agli eserciti alleati (americani, inglesi, russi, francesi del governo in esilio). Senza l’ordine di insurrezione, che portava a compimento due inverni di resistenza in armi e di inauditi sacrifici di morti, torturati, imprigionati, esiliati, la liberazione ad opera degli alleati avrebbe significato solo occupazione da parte delle truppe alleate. Fu solo grazie alla Resistenza se gli eserciti alleati si trovarono invece di fronte a istituzioni che traevano da quei due anni di lotta armata la loro legittimità, e con cui dovevano fare i conti e riconoscere.

Dunque, origine e senso del decreto del governo De Gasperi sono chiari: il 25 aprile è festa nazionale perché sconfitta dei fascisti e vittoria della Resistenza. Questo significa due cose.

Primo: la Resistenza è la fonte di legittimità delle istituzioni provvisorie, da cui, attraverso un referendum e la Costituente, nascerà la Costituzione repubblicana.

Secondo: il 25 aprile è la festa di tutti perché è la festa dell’antifascismo che vince e del fascismo che viene sconfitto. L’antifascismo è perciò il fondamento del patriottismo. La festa è nazionale, di tutti, perché è antifascista, e chi non la riconosce si pone al di fuori della nazione, al di fuori e/o contro la comune patria.

Hans Kelsen, il più grande giurista del secolo scorso, ha spiegato con adamantina logica come lo Stato sia un ordinamento giuridico nel quale ogni norma trova la sua legittimità e fonte in una norma di livello superiore, fino alla Costituzione, che non può a sua volta dipendere da una norma, ma trova la sua fonte di legittimità in una Grundnorm, o norma fondamentale, che non è una norma ma un fatto storico, il fatto fondativo. Questo fatto fondativo è dunque il fondamento di legittimità dell’interno edificio.

La Grundnorm dello Stato italiano, il fatto storico che legittima tutto l’edificio, è esattamente la Resistenza antifascista, i due anni di lotta armata. E non a caso il governo De Gasperi stabilisce, prima ancora della promulgazione della Costituzione, che il 25 aprile, giorno dell’insurrezione vittoriosa e della sconfitta del fascismo, sia la festa nazionale.

Dovrebbe essere tutto chiaro. E invece tutto questo viene dimenticato, rimosso, calpestato, contraddetto, o nel meno peggiore dei casi comunque messo tra parentesi, senza rendersi conto di cosa ciò comporti.

E infatti. Poiché l’antifascismo è la Grundnorm, il factum storicamente ineludibile, su cui poggia la legittimità costituzionale e quella di tutta la stratificazione gerarchica delle norme che costituiscono lo Stato, il venir meno dell’antifascismo comporta il venir meno della legittimità di tutto il nostro ordinamento democratico. I democratici, più o meno coerenti, se ne rendono sempre meno conto, mentre ne sono perfettamente consapevoli le destre eversive e l’ampio alone su cui esercitano la loro egemonia, i tanti “detestatori” (o anche apoti, che “non se la bevono”) della Costituzione repubblicana (nata dalla Resistenza antifascista, appunto). Che infatti ripropongono continuamente la trasformazione del significato del 25 aprile nelle fogge più pretestuose e invereconde. “Detestatori” è brutto come nomen, ma sempre meno brutto della res di cui costituisce la consequentia.

Naturalmente l’aggressione contro la Grundnorm antifascista, e del resto contro l’applicazione effettiva della Costituzione stessa, si può dire sia cominciata immediatamente dopo la promulgazione della Costituzione, e certamente dopo che le elezioni del 1948 segnano la schiacciante vittoria della Democrazia Cristiana. Ma ha continuato ad essere accompagnata dal riconoscimento della Costituzione e dell’antifascismo come sua Grundnorm, arrampicandosi sugli specchi per spiegare che in realtà erano valori che non si volevano affatto negare nella pratica, tanto è vero che fu promulgata la legge Scelba, vanificata dalle sentenze della magistratura, in tradimento evidente della Costituzione, e più recentemente la legge Mancino. Un caso da manuale di ipocrisia come omaggio che il vizio paga alla virtù.

Un colpo più recente e particolarmente micidiale è avvenuto quando Berlusconi nel 1993 appoggiò esplicitamente Gianfranco Fini come sindaco di Roma, cioè il capo de neofascismo che solo un anno prima aveva celebrato i settant’anni della marcia su Roma a piazza Venezia con l’intero armamentario di gagliardetti fascisti, saluti romani e eiaeiaalalà. Fu in tale occasione che a critica dei tanti democratici che denunciavano l’ovvio, cioè l’alleanza che Berlusconi stabiliva con i fascisti (neo, post, ex, come si preferisce), Massimo D’Alema sibilò che si trattava di estremisti, mentre Berlusconi non andava demonizzato. Il DNA del post-Pci aveva con ciò realizzato la sua mutazione di inciucio.

Quando un fondamento di legittimità viene meno si apre in una convivenza politica la più grave delle crisi, una crisi catastrofica, anche quando strisciante e dunque facile da non vedere, per chi manchi degli evangeli occhi, perché al vanificarsi della legittimazione storico/etico/politica si sostituisce la legittimazione dei meri rapporti di forza, cioè del più forte come nomos, che tuttavia non vincola nessuno. Un collasso in fieri. Se molti non se ne rendono conto in buonafede, bisognerà ricordare che per i politici e gli uomini di cultura la buonafede, in questi casi, è un’aggravante, perché significa cecità.

Buon 25 aprile di coerenza, perciò, a tutti i democratici che vogliono che l’Italia resti (o torni più pienamente ad essere) una democrazia. (24 aprile 2020)

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 2005

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 
.

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.