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La VOCE 2005 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXII N°9 | maggio 2020 | PAGINA 8 |
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i terrapiattisti di confindustria e lega.
durante il processo per eresia, galileo tentò invano di far osservare il cielo ai dotti al servizio dell’inquisizione cattolica. essi si rifiutarono fermamente di guardare lo spazio da quel piccolo strumento, perché, affermarono, la teoria era sufficiente a dimostrare che galileo sbagliava. il metodo sperimentale dello scienziato, perseguitato dalla chiesa, alla fine si affermò nella cultura e nella società, e per secoli la borghesia si è servita di esso per costruire la sua affermazione sociale politica.
ora invece nel capitalismo globalizzato dominato dalla finanza, assistiamo ad una crescente divaricazione tra esperienza scientifica e mondo degli affari. un mondo che ovviamente esige la totale sottomissione delle tecnologie ai propri interessi, ma rifiuta ogni scoperta che metta in discussione i tassi di profitto. il fatto più clamoroso è il cambiamento climatico, sperimentalmente dimostrato dagli scienziati e negato da trump esplicitamente, dal capitalismo globale implicitamente, con il suo continuare nell’avvelenamento del pianeta. e i negazionisti, come il presidente usa o quello brasiliano, a volte si avvalgono di cialtroni travestiti da studiosi, i quali, come i persecutori di galileo, negano la realtà e costruiscono teorie sulla base della manipolazione delle teorie e dei dati.
in italia con l’epidemia del covid19 questi terrapiattisti per affari, dopo un momento di pausa si sono di nuovo scatenati, per sostenere che la chiusura delle fabbriche e delle attività economiche sia un danno più grave del contagio.
il presidente designato della confindustria, il finanziere bocconiano bonomi, dopo aver chiesto soldi pubblici per le imprese private intimando al governo di non fare nuove iri, dopo aver protestato contro il pregiudizio anti industriale rinato nel paese, dopo aver preteso la riapertura di tutte le fabbriche, se l’è presa con gli “esperti”. una volta la confindustria li esaltava, ora invece li accantona ed esalta il ruolo dei politici, che dovrebbero decidere a prescindere da essi. naturalmente gli esperti di borsa, finanza, mercati sono sempre ben accetti, quelli che invece proprio non piacciono sono gli scienziati della natura ed i medici. questi dovrebbero stare al posto loro, non fare come walter ricciardi che afferma che in lombardia e piemonte non si possa passare alla fase 2, perché si è ancora in piena fase 1. così salvini ha subito chiesto il licenziamento di questo consulente del governo, che ha tra l’altro il torto di far parte di quella organizzazione mondiale della sanità, cui trump ha tagliato i fondi.
con l’accusa, mossa assieme a macron e ai terrapiattisti della cia, di aver nascosto i misfatti della cina, compresa la mirabilante produzione in laboratorio del virus.
da noi invece si usano le inefficienze e i colpevoli ritardi delle autorità nel fare tamponi e registrare i morti, con la conseguente scarsa credibilità dei numeri ufficiali, per produrre manipolazioni statistiche che hanno tutte lo stesso scopo: sostenere le richieste della confindustria.
eppure un solo dato, seppure parziale e sottostimato, basterebbe per istruire una vera analisi della realtà. il belgio è considerato il paese europeo nel quale il virus è sinora stato più letale, con circa 6000 morti su 12 milioni di abitanti. in quel paese ora ci si interroga sulle ragioni della strage.
ebbene nella lombardia di bonomi, salvini, fontana e sala, i morti ufficiali sono oltre 12000, su circa 10 milioni di residenti. come si sa i medici, sulla base della propria esperienza e per questo “esperti”, affermano che i deceduti per il virus siano molti di più, almeno il doppio. ma anche con i numeri ufficiali il dato è sconvolgente, il peggiore nel mondo. se in tutta italia ci fosse la stessa percentuale, ripeto sottostimata, di vittime della lombardia noi avremmo già 70000 morti di covid.
per fortuna non tutto il paese ha avuto la malasanità e la catastrofe organizzativa della sua regione più ricca, dove il blocco totale non c’è mai stato e migliaia di aziende, seguendo le indicazioni di bonomi e della sua assolombarda, hanno continuato a far lavorare ammassate centinaia di migliaia di persone, mentre i vigli urbani multavano di centinaia di euro chi consegnava le pizze.
la lombardia dovrebbe essere considerata il modello negativo del paese, altro che farla ripartire. la sua catastrofe umanitaria dovrebbe essere al centro di ogni ricerca e indagine scientifica, di ogni analisi e scelta politica. invece solo la magistratura inevitabilmente si muove per il massacro degli anziani. e state sicuri che tra breve ci saranno politici e imprenditori che lamenteranno le ingerenze dei giudici.
una classe politica compromessa con gli affari da trent’anni di liberismo, non riesce a mandare nell’inferno della loro ignoranza e malafede i bonomi e tutti coloro che mettono i mali degli affari davanti a quelli della salute. e come nel medio evo il dominio della religione colpiva la sperimentazione scientifica, così oggi il dominio del mercato fa lo stesso.
così rischiamo che per colpa dei terrapiattisti di confindustria e lega, il contagio continui, anche se poi il potere cercherà di dimostrarci che stiamo tutti bene.
giorgio cremaschi (20 aprile 2020).
una nuova prospettiva per la preparazione e la mitigazione delle pandemie.
in un ospedale di bergamo stravolto dalla pandemia di covid-19 medici messi a dura prova riflettono su come prepararsi per una nuova esplosione epidemica.
mirco nacoti et al. 19/04/2020.
durante una pandemia l’approccio terapeutico centrato sul singolo paziente si è rivelato inadeguato e dev’essere sostituito da un approccio orientato alla comunità. servono soluzioni al covid-19 per l’intera popolazione, non solo per gli ospedali. il dispiegarsi della catastrofe nella ricca lombardia potrebbe verificarsi in qualsiasi altra regione. i medici che si sono trovati nell’occhio del ciclone richiamano l’attenzione su una strategia a lungo termine per affrontare le future pandemie.
noi lavoriamo all’ospedale giovanni xxiii, in un reparto con 48 letti di terapia intensiva, un servizio nuovo allestito in occasione del focolaio di covid-19 che si è sviluppato in una città di medie dimensioni qual è bergamo. si tratta di uno dei focolai dell’epidemia italiana che al 20 marzo 2020 faceva registrare 4.305 casi, il più alto numero verificatosi a quella data in italia. la lombardia è tra le regioni più densamente popolate e con livelli economico-sociali più alti in europa, e attualmente la regione italiana più colpita dall’infezione provocata dal nuovo coronavirus. l’oms riportava in data 18 marzo 2020 in europa un numero di casi confermati in laboratorio pari a 74.346, di cui 35.713 nella sola italia.
il nostro stesso ospedale è altamente contaminato e siamo ben oltre il punto di non ritorno. 300 dei 900 posti letto totali sono occupati da pazienti affetti dal coronavirus attuale. un buon 70% dei letti di terapia intensiva del nostro presidio sono riservati ai pazienti critici affetti da
covid-19, con una ragionevole speranza di sopravvivenza. la situazione qui è sconfortante e ci troviamo ad operare molto al di sotto del nostro standard normale di cura. i tempi di attesa per accedere ai letti di terapia intensiva sono eccessivi. non riusciamo più a garantire la rianimazione ai pazienti più anziani che di fatto vengono lasciati morire da soli e senza le appropriate cure palliative. la notizia della morte di un paziente viene comunicata ai parenti per telefono da qualcuno di noi medici che si assume questo ingrato compito al termine di giornate faticose che ci svuotano emotivamente, e per lo più la notizia la dà un sanitario che non aveva avuto precedenti contatti con i familiari.
la situazione sul territorio è persino peggiore: la maggior parte degli ospedali nella provincia di bergamo sono sovraffollati e prossimi al collasso operativo, dal momento che non sono disponibili farmaci, ventilatori meccanici, ossigeno e dispositivi di protezione individuali in quantità sufficiente. abbiamo dovuto ricoverare pazienti su materassi sistemati sui pavimenti. il sistema sanitario sta lottando per garantire servizi ospedalieri regolari – anche quelli legati al parto e alla gravidanza, ma nel frattempo i cimiteri vanno riempiendosi con il rischio che si creino altri problemi di igiene pubblica.
dentro l’ospedale i medici, gli infermieri e il personale ausiliario combattono da soli per mantenere il sistema in funzione. fuori dell’ospedale le comunità locali sono state dimenticate e ad esempio programmi di vaccinazione e altri servizi di base sono in stand-by. in questo frangente le prigioni sono diventate una polveriera pronta a esplodere dal momento che il sovraffollamento rende impraticabile un adeguato distanziamento sociale fra i detenuti. siamo stati dichiarati in stato di quarantena dal 10 marzo scorso. sfortunatamente il mondo là fuori sembra inconsapevole che a bergamo questo focolaio è andato fuori controllo.
i sistemi sanitari di tipo occidentale sono stati costruiti attorno al concetto di assistenza centrata sul paziente, ma un'epidemia richiede un cambiamento di prospettiva verso un concetto di assistenza centrata sulla comunità. quello che stiamo imparando dolorosamente a nostre spese è che ci servono esperti di salute pubblica ed epidemiologia, ma questo non è ancora un elemento messo a fuoco dai decisori delle politiche sanitarie, sia a livello nazionale, sia regionale, sia di chi ha la responsabilità di gestire gli ospedali.
ci mancano le competenze e le conoscenze specifiche sulle situazioni di epidemia, che ci orientino nell’adottare buone pratiche per ridurre comportamenti che impattano in senso negativo sulla diffusione dell’epidemia. per esempio, stiamo imparando che gli ambienti ospedalieri possono essere i maggiori vettori del covid-19, nel momento in cui si riempiono di pazienti infetti, facilitando la trasmissione a pazienti non infetti. il trasporto dei pazienti viene garantito dal nostro sistema regionale, ma anche questa fase contribuisce a diffondere la malattia dal momento che le ambulanze si contaminano e il personale si infetta velocemente trasformandosi in vettore del covid-19. di fatto gli operatori sanitari che si infettano diventano portatori asintomatici o malati non posti sotto sorveglianza; alcuni di loro poi corrono il rischio reale di morire, compresi medici e infermieri giovani d’età, il che aumenta lo stress di quelli che sono in prima linea.
sono necessarie soluzioni alla pandemia per l'intera popolazione, non solo per gli ospedali. questo disastro potrebbe essere evitato solo da un massiccio dispiegamento di servizi sanitari di tipo mobile e dislocati sul territorio e al domicilio del paziente. le cure a domicilio e le unità cliniche mobili evitano movimenti inutili e possono convenientemente servire a ridurre la pressione sugli ospedali.
l'ossigenoterapia precoce, l’impiego di saturimetri che rilevino l’ossigenazione del paziente e la nutrizione possono essere erogati nelle case dei pazienti affetti da forme cliniche leggere di covid-19 e ai convalescenti, istituendo un ampio sistema di sorveglianza con adeguato isolamento e sfruttando gli strumenti innovativi della telemedicina. questo approccio avrebbe l’obiettivo di limitare il ricovero in ospedale ai casi clinici gravi della malattia, riducendo così il contagio, proteggendo i pazienti e gli operatori sanitari e minimizzando il consumo di dispositivi di protezione.
negli ospedali, la protezione del personale medico dovrebbe essere prioritaria. nessun compromesso dovrebbe essere fatto sui protocolli e l'attrezzatura deve essere disponibile in quantità adeguata. le misure per prevenire l'infezione devono essere attuate in modo massiccio, in tutte le località e compresi i veicoli e i mezzi di trasporto pubblico e privato. abbiamo bisogno di reparti e operatori ospedalieri covid-19 dedicati e da tenere separati dai reparti e dalle aree libere da virus.
questo focolaio è più di un’evenienza di terapia intensiva, piuttosto è una crisi di salute pubblica e umanitaria. richiede l’intervento e le competenze multidisciplinari di sociologi, epidemiologi, esperti di logistica, psicologi che assistano pazienti e personale sanitario e operatori sociali. abbiamo urgentemente bisogno di agenzie umanitarie che riconoscano l'importanza dell'impegno locale.
l'oms ha espresso profonda preoccupazione per la diffusione e la gravità della pandemia e per i livelli allarmanti di inazione. tuttavia, sono necessarie misure audaci per rallentare l'infezione. il blocco è fondamentale, come si è visto che il distanziamento
..segue ./.
I terrapiattisti di Confindustria e Lega![]() Ora invece nel capitalismo globalizzato dominato dalla finanza, assistiamo ad una crescente divaricazione tra esperienza scientifica e mondo degli affari. Un mondo che ovviamente esige la totale sottomissione delle tecnologie ai propri interessi, ma rifiuta ogni scoperta che metta in discussione i tassi di profitto. Il fatto più clamoroso è il cambiamento climatico, sperimentalmente dimostrato dagli scienziati e negato da Trump esplicitamente, dal capitalismo globale implicitamente, con il suo continuare nell’avvelenamento del pianeta. E i negazionisti, come il presidente USA o quello brasiliano, a volte si avvalgono di cialtroni travestiti da studiosi, i quali, come i persecutori di Galileo, negano la realtà e costruiscono teorie sulla base della manipolazione delle teorie e dei dati. In Italia con l’epidemia del Covid19 questi terrapiattisti per affari, dopo un momento di pausa si sono di nuovo scatenati, per sostenere che la chiusura delle fabbriche e delle attività economiche sia un danno più grave del contagio. Il presidente designato della Confindustria, il finanziere bocconiano Bonomi, dopo aver chiesto soldi pubblici per le imprese private intimando al governo di non fare nuove IRI, dopo aver protestato contro il pregiudizio anti industriale rinato nel paese, dopo aver preteso la riapertura di tutte le fabbriche, se l’è presa con gli “esperti”. Una volta la Confindustria li esaltava, ora invece li accantona ed esalta il ruolo dei politici, che dovrebbero decidere a prescindere da essi. Naturalmente gli esperti di Borsa, finanza, mercati sono sempre ben accetti, quelli che invece proprio non piacciono sono gli scienziati della natura ed i medici. Questi dovrebbero stare al posto loro, non fare come Walter Ricciardi che afferma che in Lombardia e Piemonte non si possa passare alla Fase 2, perché si è ancora in piena Fase 1. Così Salvini ha subito chiesto il licenziamento di questo consulente del governo, che ha tra l’altro il torto di far parte di quella Organizzazione Mondiale della Sanità, cui Trump ha tagliato i fondi. Con l’accusa, mossa assieme a Macron e ai terrapiattisti della CIA, di aver nascosto i misfatti della Cina, compresa la mirabilante produzione in laboratorio del virus. Da noi invece si usano le inefficienze e i colpevoli ritardi delle autorità nel fare tamponi e registrare i morti, con la conseguente scarsa credibilità dei numeri ufficiali, per produrre manipolazioni statistiche che hanno tutte lo stesso scopo: sostenere le richieste della Confindustria. Eppure un solo dato, seppure parziale e sottostimato, basterebbe per istruire una vera analisi della realtà. Il Belgio è considerato il paese europeo nel quale il virus è sinora stato più letale, con circa 6000 morti su 12 milioni di abitanti. In quel paese ora ci si interroga sulle ragioni della strage. Ebbene nella Lombardia di Bonomi, Salvini, Fontana e Sala, i morti ufficiali sono oltre 12000, su circa 10 milioni di residenti. Come si sa i medici, sulla base della propria esperienza e per questo “esperti”, affermano che i deceduti per il virus siano molti di più, almeno il doppio. Ma anche con i numeri ufficiali il dato è sconvolgente, il peggiore nel mondo. Se in tutta Italia ci fosse la stessa percentuale, ripeto sottostimata, di vittime della Lombardia noi avremmo già 70000 morti di Covid. Per fortuna non tutto il paese ha avuto la malasanità e la catastrofe organizzativa della sua regione più ricca, dove il blocco totale non c’è mai stato e migliaia di aziende, seguendo le indicazioni di Bonomi e della sua Assolombarda, hanno continuato a far lavorare ammassate centinaia di migliaia di persone, mentre i vigli urbani multavano di centinaia di euro chi consegnava le pizze. La Lombardia dovrebbe essere considerata il modello negativo del paese, altro che farla ripartire. La sua catastrofe umanitaria dovrebbe essere al centro di ogni ricerca e indagine scientifica, di ogni analisi e scelta politica. Invece solo la magistratura inevitabilmente si muove per il massacro degli anziani. E state sicuri che tra breve ci saranno politici e imprenditori che lamenteranno le ingerenze dei giudici. Una classe politica compromessa con gli affari da trent’anni di liberismo, non riesce a mandare nell’inferno della loro ignoranza e malafede i Bonomi e tutti coloro che mettono i mali degli affari davanti a quelli della salute. E come nel Medio Evo il dominio della religione colpiva la sperimentazione scientifica, così oggi il dominio del mercato fa lo stesso. Così rischiamo che per colpa dei terrapiattisti di Confindustria e Lega, il contagio continui, anche se poi il potere cercherà di dimostrarci che stiamo tutti bene. Giorgio Cremaschi (20 aprile 2020) Una nuova prospettiva per la preparazione e la mitigazione delle pandemieMirco Nacoti et al. 19/04/2020 ![]()
Durante
una pandemia l’approccio
terapeutico centrato sul singolo paziente si è rivelato inadeguato e
dev’essere sostituito da un approccio orientato alla comunità.
Servono soluzioni al Covid-19 per l’intera popolazione, non solo
per gli ospedali. Il dispiegarsi della catastrofe nella ricca
Lombardia potrebbe verificarsi in qualsiasi altra regione. I medici
che si sono trovati nell’occhio del ciclone richiamano l’attenzione
su una strategia
a lungo termine per
affrontare le future pandemie. |
Covid-19, con una ragionevole speranza di sopravvivenza. La
situazione qui è sconfortante e ci troviamo ad operare molto al di
sotto del nostro standard normale di cura. I tempi di attesa per
accedere ai letti di terapia intensiva sono eccessivi. Non riusciamo
più a garantire la rianimazione ai pazienti più anziani che di
fatto vengono lasciati morire da soli e senza le appropriate cure
palliative.
La notizia della morte di un paziente viene comunicata ai parenti per
telefono da qualcuno di noi medici che si assume questo ingrato
compito al termine di giornate faticose che ci svuotano emotivamente,
e per lo più la notizia la dà un sanitario che non aveva avuto
precedenti contatti con i familiari.
La situazione sul territorio è persino peggiore: la maggior parte degli ospedali nella Provincia di Bergamo sono sovraffollati e prossimi al collasso operativo, dal momento che non sono disponibili farmaci, ventilatori meccanici, ossigeno e dispositivi di protezione individuali in quantità sufficiente. Abbiamo dovuto ricoverare pazienti su materassi sistemati sui pavimenti. Il sistema sanitario sta lottando per garantire servizi ospedalieri regolari – anche quelli legati al parto e alla gravidanza, ma nel frattempo i cimiteri vanno riempiendosi con il rischio che si creino altri problemi di igiene pubblica. Dentro l’ospedale i medici, gli infermieri e il personale ausiliario combattono da soli per mantenere il sistema in funzione. Fuori dell’ospedale le comunità locali sono state dimenticate e ad esempio programmi di vaccinazione e altri servizi di base sono in stand-by. In questo frangente le prigioni sono diventate una polveriera pronta a esplodere dal momento che il sovraffollamento rende impraticabile un adeguato distanziamento sociale fra I detenuti. Siamo stati dichiarati in stato di quarantena dal 10 marzo scorso. Sfortunatamente il mondo là fuori sembra inconsapevole che a Bergamo questo focolaio è andato fuori controllo. I sistemi sanitari di tipo occidentale sono stati costruiti attorno al concetto di assistenza centrata sul paziente, ma un'epidemia richiede un cambiamento di prospettiva verso un concetto di assistenza centrata sulla comunità. Quello che stiamo imparando dolorosamente a nostre spese è che ci servono esperti di Salute Pubblica ed epidemiologia, ma questo non è ancora un elemento messo a fuoco dai decisori delle politiche sanitarie, sia a livello nazionale, sia regionale, sia di chi ha la responsabilità di gestire gli ospedali. Ci mancano le competenze e le conoscenze specifiche sulle situazioni di epidemia, che ci orientino nell’adottare buone pratiche per ridurre comportamenti che impattano in senso negativo sulla diffusione dell’epidemia. Per esempio, stiamo imparando che gli ambienti ospedalieri possono essere i maggiori vettori del Covid-19, nel momento in cui si riempiono di pazienti infetti, facilitando la trasmissione a pazienti non infetti. Il trasporto dei pazienti viene garantito dal nostro sistema regionale, ma anche questa fase contribuisce a diffondere la malattia dal momento che le ambulanze si contaminano e il personale si infetta velocemente trasformandosi in vettore del Covid-19. Di fatto gli operatori sanitari che si infettano diventano portatori asintomatici o malati non posti sotto sorveglianza; alcuni di loro poi corrono il rischio reale di morire, compresi medici e infermieri giovani d’età, il che aumenta lo stress di quelli che sono in prima linea. Sono necessarie soluzioni alla pandemia per l'intera popolazione, non solo per gli ospedali. Questo disastro potrebbe essere evitato solo da un massiccio dispiegamento di servizi sanitari di tipo mobile e dislocati sul territorio e al domicilio del paziente. Le cure a domicilio e le unità cliniche mobili evitano movimenti inutili e possono convenientemente servire a ridurre la pressione sugli ospedali.
L'ossigenoterapia
precoce, l’impiego di saturimetri che rilevino l’ossigenazione
del paziente e la nutrizione possono essere erogati nelle case dei
pazienti affetti da forme cliniche leggere di Covid-19 e ai
convalescenti, istituendo un ampio sistema di sorveglianza con
adeguato isolamento e sfruttando gli strumenti innovativi della
telemedicina. Questo approccio avrebbe l’obiettivo di limitare il
ricovero in ospedale ai casi clinici gravi della malattia, riducendo
così il contagio, proteggendo i pazienti e gli operatori sanitari e
minimizzando il consumo di dispositivi di protezione. |
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