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La VOCE ANNO XXII N°10

giugno 2020

PAGINA c         - 27

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segue da pag.26: palestina, unesco e protezione beni culturali secondo il diritto internazionale. genocidio culturale in palestina. sono quasi 4mila luoghi storici distrutti o al rischio di distruzione, a causa delle politiche israeliane per le costruzioni illegittime degli insediamenti e per la costruzione della barriera di separazione. un fattore che in qualche modo rappresenta un genocidio culturale e non è stato preso in considerazione. da più di un secolo il patrimonio e i beni culturali della palestina vengono saccheggiati da israele e altri stati complici. si può notare la distruzione dei luoghi sacri dei musulmani su larga scala. più di 400 villaggi palestinesi all’interno dei confini dei territori occupati sono stati distrutti nel corso della guerra nel 1948 e negli anni successivi. l’11 aprile 2002, il comitato dei beni culturali del mondo presso unesco ha espresso solamente il suo dispiacere nei confronti delle azioni illegali di israele contro i beni culturali della palestina. il relatore speciale della nazioni unite per i diritti umani nella sua relazione tratta la questione della possibilità di accesso ai luoghi sacri e conferma che nelle maggior parte dei casi l’estinzione delle società ha come scopo la distruzione dei luoghi sacri e i beni culturali. uno dei più devastanti aspetti del genocidio culturali dei palestinesi attraverso israele si è materializzato a gerusalemme. una città che viene considerata santa per tutte religioni monoteiste. inoltre, dal punto di vista storico e culturale è conosciuta come simbolo dell’identità per palestinesi come la torre eiffel per francesi, oppure le piramidi egizie per l’egitto. il consiglio di sicurezza delle nazioni unite ha approvato più di 20 risoluzioni senza ottenere nessun risultato per condannare israele e l’occupazione militare della cisgiordania e di gerusalemme. sono stati distrutti diversi luoghi di culto come le moschee, le chiese dall’inizio dell’occupazione israeliana. i pellegrini cristiani provenienti dal tutto il mondo possono visitare il santo sepolcro a gerusalemme tranne i cristiani palestinesi che vivono poco distanti da questi luoghi. israele cerca di eliminare l’identità culturale dei palestinesi sia cristiani che musulmani. unesco, palestina e il patrimonio culturale. nel 23 novembre 2011, la palestina approvando alcune convenzioni diventa un paese membro dell’unesco. questo riconoscimento ha dato l’avvio accelerato per riconoscerla come un stato indipendente confermato ripetutamente nell’assemblea generale delle nazioni unite. la richiesta presentato dalla palestina per diventare un paese membro nell’unesco è una delle soluzioni valide per la realizzazione dei diritti della palestina come un stato nell’ordine dei diritti internazionali. questa iniziativa nella risoluzione numero a/67/l25 dell’assemblea generale del 29 novembre 2012 è stata riconfermata in modo chiaro per promuovere la posizione sovranità della palestina. per quanto riguarda la commercializzazione del patrimonio culturale, il trattato del 1970 emette delle restrizioni e divieti, ma israele ancora non ha firmato questo trattato, ma continua a saccheggiare i beni culturali della palestina. la legge patrimoniale di israele nel 1978 riconosce il possesso delle opere di antiquariato eliminando attraverso una sanatoria tutti gli affari e commerci illegali stipulati prima del 1978. i documenti confermano che le etichette delle opere antiche saccheggiate vengono modificate per poter essere commercializzate con le opere simili e l’autorità giudiziaria di israele conferisce il consenso della compravendita delle opere antiche illegali. conclusione. 1 – i diritti dei cittadini per quanto concerne i beni culturali nell’ambito dei diritti internazionali contemporanei prende la forma senza conoscere i confini geografici e nazionali e diventa un patrimonio dell’umanità e gli stati hanno il dovere solamente di conservare e tutelare questo patrimonio. conservare e tutelare il patrimonio culturale nel periodo di occupazione o guerra è un dovere morale. ogni danno contro il patrimonio culturale è un danno contro l’umanità anche perché ogni danno contro il patrimonio, distrugge la conoscenza esatta e valida dalle civiltà antiche e istituisce un odio eterno e ostacola il processo della pace. inoltre, la restituzione delle opere è un processo lungo con i costi elevati e a volte impossibile. il regolamento internazionale per la tutela del patrimonio culturale nei conflitti armati è una procedura in via di sviluppo che non è stato ancora completato e conferisce il dovere di tutelare di beni culturali allo stato in cui il bene proviene e altri stati possono intervenire solo previa l’approvazione delle istituzioni internazionali come l’unesco e il consiglio di sicurezza delle nazioni unite. 2 – il regime israeliano con la distruzione dei luoghi sacri e di culto e facilitare il processo della commercializzazione dei beni culturali, prepara il terreno per poter continuare il processo della sua occupazione e sterminio culturale. questa politica continua il suo percorso nonostante le diverse risoluzioni approvate dal consiglio di sicurezza delle nazioni unite come la risoluzione numero 242 del 1967 e risoluzione numero 1544 del 2004. considerando i vari trattati e accordi internazionali che riconoscono la sovranità della palestina come accordi di camp david (1978), oslo (1991), cairo (1994) e washington (1995), le risoluzioni numero 242 e 338 a diventare la palestina come un stato membro presso l’organizzazione unesco, si può sensibilizzare i palestinesi alla tutela e conservazione dei loro beni culturali. in questo quadro l’unesco ha definito una soluzione efficace basata sugli standard internazionali attraverso la promozione della relazione dei palestinesi con il loro beni culturali per conferire il dovere di tutelare il loro patrimonio culturale. la palestina può approvare i documenti dell’unesco e altri trattati internazionali per completare il quadro presentato dall’ente per organizzare gli eventi, valorizzare e tutelare il suo patrimonio culturale, beneficiare della presenza degli esperti nella regione e attivare il meccanismo di interpol per difendere il suo patrimonio culturale. 3 – la tutela dei beni culturali non può essere un fattore secondario perché senza cultura nessuna società può esistere. di meysam hagh seresht e ali reza arash pour. eliminare regime sionista non significa eliminare ebrei. in un tweet pubblicato mercoledì, il leader della rivoluzione islamica dell’iran, l’ayatollah seyyed ali khamenei, ha affermato che eliminare il regime sionista non significa eliminare gli ebrei. “eliminare il regime sionista non significa eliminare gli ebrei. non siamo contro gli ebrei. significa abolire il regime imposto e consentire ai palestinesi musulmani, cristiani ed ebrei di eleggere il proprio governo ed espellere i criminali stranieri come netanyahu. questo significa ‘eliminare israele‘ e ciò accadrà”, ha scritto khamenei.
in un altro tweet, il leader iraniano ha dichiarato: “sosterremo e assisteremo qualsiasi nazione o gruppo in qualsiasi luogo che si opponga e combatta il regime sionista e non esitiamo a dirlo. le lotte globali della nazione palestinese – politiche, militari e culturali – dovranno continuare fino a quando gli usurpatori non si sottometteranno al referendum per la nazione palestinese”, ha aggiunto khamenei. l’ayatollah khamenei ha osservato: “questa nazione dovrebbe determinare quale sistema politico dovrebbe governare in quella terra. la lotta deve continuare fino ad allora. una proposta di referendum per scegliere il tipo di governo per il paese storico della palestina è stata registrata presso le nazioni unite dall’iran”. piano per contrastare le azioni ostili del regime sionista. l’iran ha deciso di istituire un’ambasciata virtuale iraniana in palestina entro sei mesi. nella sessione pubblica di questa settimana dell’assemblea islamica consultiva, durante la revisione del piano per contrastare le azioni ostili del regime sionista contro la pace e la sicurezza, è stato concordato l’articolo 2 del piano, secondo il quale l’ambasciata o il consolato virtuale della repubblica islamica dell’iran in palestina sarà istituita entro sei mesi. di redazione. bambini palestinesi torturati nelle carceri israeliane. il comitato pubblico contro la tortura in israele (pcati), organizzazione non governativa israeliana che si occupa di diritti umani, ha pubblicato un rapporto raccapricciante secondo il quale i bambini palestinesi sarebbero sottoposti a torture di vario genere. le torture comprendono “ingabbiamento pubblico”, minacce, atti di violenza sessuale e processi militari senza diritto alla difesa. nella pratica dell’”ingabbiamento pubblico”, i bambini detenuti vengono trasferiti dalle proprie celle in delle gabbie all’aperto, all’esterno del carcere e vi rimangono per lungo tempo. queste barbarie sono state scoperte in seguito a una visita degli avvocati dell’ufficio di pubblica difesa (dop) in un centro di detenzione a ramla, e si è anche potuto constatare che questa pratica era messa in atto da parecchi mesi e che altri funzionari ne erano a conoscenza, secondo quanto riporta the indipendent. fermate le torture sui bambini palestinesi. il pcati invita le autorità israeliane a fermare gli atti di tortura che i prigionieri palestinesi, anche minorenni, subiscono nelle carceri israeliane. il portavoce del comitato ha dichiarato che “la maggior parte dei minori palestinesi detenuti è accusata di lanci di pietre contro i soldati, e che più del 74% di essi ha subito violenza fisica durante l’arresto, il trasferimento o l’interrogatorio”. inoltre, ha aggiunto che: “israele è l’unico paese a perseguire sistematicamente i bambini nei suoi tribunali militari”. la società dei prigionieri palestinesi (pps) in un’accurata relazione ha reso noto che il regime israeliano detiene oltre 5mila palestinesi, di cui 200 donne e bambini, senza accuse formali né processo. ha aggiunto che israele continua a violare impunemente tutti gli accordi internazionali, compresa la quarta convenzione di ginevra, sottoponendo i detenuti a condizioni crudeli, torture e abusi. la società dei prigionieri palestinesi ha inoltre ribadito che quest’anno ha assistito ad alcune delle più gravi violazioni contro i detenuti, con i soldati israeliani che li hanno aggrediti nelle loro celle, soffocati con gas e trasferiti in isolamento senza alcun motivo, secondo quanto riporta press tv. è doveroso ricordare che tra questi detenuti ben 1.400 sono affetti da gravi patologie, quali cancro e diabete e vengono “curati” presso la clinica della prigione di ramla, sprovvista di forniture di base e di medici specializzati. nel 2013 quattro detenuti affetti da gravi patologie sono deceduti a causa della negligenza dei medici e delle autorità israeliane. la società ha invitato la comunità internazionale a ritenere il governo di tel aviv responsabile di questi crimini e a condannarlo per grave violazione dei diritti umani. di manuela comito. nam fa saltare piano annessione regime sionista. il movimento dei paesi non allineati (nam) ha condannato i piani del regime sionista di annettere gran parte della cisgiordania e di gerusalemme est ai territori palestinesi occupati. in una dichiarazione rilasciata dal movimento dei paesi non allineati, si descrivono le azioni del regime sionista come una chiara violazione del diritto internazionale, tra cui la carta delle nazioni unite e la quarta convenzione di ginevra, nonché numerose risoluzioni del consiglio di sicurezza e l’assemblea generale delle nazioni unite. il movimento dei paesi non allineati ha avvertito che la realizzazione dei piani sionisti avrebbe conseguenze devastanti a lungo termine nella regione, influenzando negativamente il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione e all’indipendenza e l’istituzione di uno stato palestinese indipendente. la dichiarazione ha inoltre ribadito il principio del sequestro proibito di terreni con la forza, chiedendo la cessazione immediata e completa di tutte le politiche e misure illegali. il nam ha invitato la comunità internazionale a prevenire le azioni illegali del regime israeliano e la sua ignoranza di trattati, risoluzioni delle nazioni unite e leggi internazionali. di redazione.
Segue da Pag.26: Palestina, Unesco e protezione Beni Culturali secondo il diritto internazionale

Genocidio Culturale in Palestina
Sono quasi 4mila luoghi storici distrutti o al rischio di distruzione, a causa delle politiche israeliane per le costruzioni illegittime degli insediamenti e per la costruzione della barriera di separazione.

Un fattore che in qualche modo rappresenta un genocidio culturale e non è stato preso in considerazione. Da più di un secolo il patrimonio e i beni culturali della Palestina vengono saccheggiati da Israele e altri Stati complici.

Si può notare la distruzione dei luoghi sacri dei musulmani su larga scala. Più di 400 villaggi palestinesi all’interno dei confini dei territori occupati sono stati distrutti nel corso della guerra nel 1948 e negli anni successivi.

L’11 aprile 2002, il comitato dei beni culturali del mondo presso Unesco ha espresso solamente il suo dispiacere nei confronti delle azioni illegali di Israele contro i beni culturali della Palestina. Il Relatore speciale della Nazioni Unite per i diritti umani nella sua relazione tratta la questione della possibilità di accesso ai luoghi sacri e conferma che nelle maggior parte dei casi l’estinzione delle società ha come scopo la distruzione dei luoghi sacri e i beni culturali.

Uno dei più devastanti aspetti del genocidio culturali dei palestinesi attraverso Israele si è materializzato a Gerusalemme. Una città che viene considerata santa per tutte religioni monoteiste. Inoltre, dal punto di vista storico e culturale è conosciuta come simbolo dell’Identità per palestinesi come la Torre Eiffel per francesi, oppure le Piramidi Egizie per l’Egitto. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato più di 20 risoluzioni senza ottenere nessun risultato per condannare Israele e l’occupazione militare della Cisgiordania e di Gerusalemme. Sono stati distrutti diversi luoghi di culto come le moschee, le chiese dall’inizio dell’occupazione israeliana.

I pellegrini cristiani provenienti dal tutto il mondo possono visitare il Santo Sepolcro a Gerusalemme tranne i cristiani palestinesi che vivono poco distanti da questi luoghi. Israele cerca di eliminare l’identità culturale dei palestinesi sia cristiani che musulmani.

Unesco, Palestina e il patrimonio culturale
Nel 23 novembre 2011, la Palestina approvando alcune convenzioni diventa un Paese membro dell’Unesco. Questo riconoscimento ha dato l’avvio accelerato per riconoscerla come un Stato indipendente confermato ripetutamente nell’assemblea generale delle Nazioni Unite.

La richiesta presentato dalla Palestina per diventare un Paese membro nell’Unesco è una delle soluzioni valide per la realizzazione dei diritti della Palestina come un Stato nell’ordine dei diritti internazionali. Questa iniziativa nella risoluzione numero A/67/L25 dell’Assemblea generale del 29 novembre 2012 è stata riconfermata in modo chiaro per promuovere la posizione sovranità della Palestina.

Per quanto riguarda la commercializzazione del patrimonio culturale, il trattato del 1970 emette delle restrizioni e divieti, ma Israele ancora non ha firmato questo trattato, ma continua a saccheggiare i beni culturali della Palestina.

La legge patrimoniale di Israele nel 1978 riconosce il possesso delle opere di antiquariato eliminando attraverso una sanatoria tutti gli affari e commerci illegali stipulati prima del 1978. I documenti confermano che le etichette delle opere antiche saccheggiate vengono modificate per poter essere commercializzate con le opere simili e l’autorità giudiziaria di Israele conferisce il consenso della compravendita delle opere antiche illegali.

Conclusione
1 – I diritti dei cittadini per quanto concerne i beni culturali nell’ambito dei diritti internazionali contemporanei prende la forma senza conoscere i confini geografici e nazionali e diventa un patrimonio dell’umanità e gli Stati hanno il dovere solamente di conservare e tutelare questo patrimonio. Conservare e tutelare il patrimonio culturale nel periodo di occupazione o guerra è un dovere morale.

Ogni danno contro il patrimonio culturale è un danno contro l’umanità anche perché ogni danno contro il patrimonio, distrugge la conoscenza esatta e valida dalle civiltà antiche e istituisce un odio eterno e ostacola il processo della pace. Inoltre, la restituzione delle opere è un processo lungo con i costi elevati e a volte impossibile.

Il regolamento internazionale per la tutela del patrimonio culturale nei conflitti armati è una procedura in via di sviluppo che non è stato ancora completato e conferisce il dovere di tutelare di beni culturali allo Stato in cui il bene proviene e altri stati possono intervenire solo previa l’approvazione delle istituzioni internazionali come l’Unesco e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

2 – Il regime israeliano con la distruzione dei luoghi sacri e di culto e facilitare il processo della commercializzazione dei beni culturali, prepara il terreno per poter continuare il processo della sua occupazione e sterminio culturale. Questa politica continua il suo percorso nonostante le diverse risoluzioni approvate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come la risoluzione numero 242 del 1967 e risoluzione numero 1544 del 2004.

Considerando i vari trattati e accordi internazionali che riconoscono la sovranità della Palestina come accordi di Camp David (1978), Oslo (1991), Cairo (1994) e Washington (1995), le risoluzioni numero 242 e 338 a diventare la Palestina come un Stato membro presso l’Organizzazione Unesco, si può sensibilizzare i palestinesi alla tutela e conservazione dei loro beni culturali.

In questo quadro l’Unesco ha definito una soluzione efficace basata sugli standard internazionali attraverso la promozione della relazione dei palestinesi con il loro beni culturali per conferire il dovere di tutelare il loro patrimonio culturale.

La Palestina può approvare i documenti dell’Unesco e altri trattati internazionali per completare il quadro presentato dall’Ente per organizzare gli eventi, valorizzare e tutelare il suo patrimonio culturale, beneficiare della presenza degli esperti nella regione e attivare il meccanismo di Interpol per difendere il suo patrimonio culturale.

3 – La tutela dei beni culturali non può essere un fattore secondario perché senza cultura nessuna società può esistere.

di Meysam Hagh Seresht e Ali Reza Arash Pour

Eliminare regime sionista non significa eliminare ebrei



In un tweet pubblicato mercoledì, il leader della Rivoluzione Islamica dell’Iran, l’Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, ha affermato che eliminare il regime sionista non significa eliminare gli ebrei.

“Eliminare il regime sionista non significa eliminare gli ebrei. Non siamo contro gli ebrei. Significa abolire il regime imposto e consentire ai palestinesi musulmani, cristiani ed ebrei di eleggere il proprio governo ed espellere i criminali stranieri come Netanyahu. Questo significa ‘Eliminare Israele‘ e ciò accadrà”, ha scritto Khamenei.

In un altro tweet, il leader iraniano ha dichiarato: “Sosterremo e assisteremo qualsiasi nazione o gruppo in qualsiasi luogo che si opponga e combatta il regime sionista e non esitiamo a dirlo. Le lotte globali della nazione palestinese – politiche, militari e culturali – dovranno continuare fino a quando gli usurpatori non si sottometteranno al referendum per la nazione palestinese”, ha aggiunto Khamenei.

L’Ayatollah Khamenei ha osservato: “Questa nazione dovrebbe determinare quale sistema politico dovrebbe governare in quella terra. La lotta deve continuare fino ad allora. Una proposta di referendum per scegliere il tipo di governo per il Paese storico della Palestina è stata registrata presso le Nazioni Unite dall’Iran”.

Piano per contrastare le azioni ostili del regime sionista
L’Iran ha deciso di istituire un’ambasciata virtuale iraniana in Palestina entro sei mesi. Nella sessione pubblica di questa settimana dell’Assemblea islamica consultiva, durante la revisione del piano per contrastare le azioni ostili del regime sionista contro la pace e la sicurezza, è stato concordato l’articolo 2 del piano, secondo il quale l’ambasciata o il consolato virtuale della Repubblica Islamica dell’Iran in Palestina sarà istituita entro sei mesi.

di Redazione

Bambini palestinesi torturati nelle carceri israeliane



Il Comitato Pubblico Contro la Tortura in Israele (Pcati), organizzazione non governativa israeliana che si occupa di Diritti Umani, ha pubblicato un rapporto raccapricciante secondo il quale i bambini palestinesi sarebbero sottoposti a torture di vario genere. Le torture comprendono “ingabbiamento pubblico”, minacce, atti di violenza sessuale e processi militari senza diritto alla difesa. Nella pratica dell’”ingabbiamento pubblico”, i bambini detenuti vengono trasferiti dalle proprie celle in delle gabbie all’aperto, all’esterno del carcere e vi rimangono per lungo tempo.

Queste barbarie sono state scoperte in seguito a una visita degli avvocati dell’Ufficio di Pubblica Difesa (Dop) in un centro di detenzione a Ramla, e si è anche potuto constatare che questa pratica era messa in atto da parecchi mesi e che altri funzionari ne erano a conoscenza, secondo quanto riporta The Indipendent.

Fermate le torture sui bambini palestinesi
Il Pcati invita le autorità israeliane a fermare gli atti di tortura che i prigionieri palestinesi, anche minorenni, subiscono nelle carceri israeliane. Il portavoce del Comitato ha dichiarato che “la maggior parte dei minori palestinesi detenuti è accusata di lanci di pietre contro i soldati, e che più del 74% di essi ha subito violenza fisica durante l’arresto, il trasferimento o l’interrogatorio”. Inoltre, ha aggiunto che: “Israele è l’unico Paese a perseguire sistematicamente i bambini nei suoi tribunali militari”.

La Società dei Prigionieri Palestinesi (Pps) in un’accurata relazione ha reso noto che il regime israeliano detiene oltre 5mila palestinesi, di cui 200 donne e bambini, senza accuse formali né processo. Ha aggiunto che Israele continua a violare impunemente tutti gli accordi internazionali, compresa la Quarta Convenzione di Ginevra, sottoponendo i detenuti a condizioni crudeli, torture e abusi.

La Società dei Prigionieri Palestinesi ha inoltre ribadito che quest’anno ha assistito ad alcune delle più gravi violazioni contro i detenuti, con i soldati israeliani che li hanno aggrediti nelle loro celle, soffocati con gas e trasferiti in isolamento senza alcun motivo, secondo quanto riporta Press Tv. È doveroso ricordare che tra questi detenuti ben 1.400 sono affetti da gravi patologie, quali cancro e diabete e vengono “curati” presso la clinica della prigione di Ramla, sprovvista di forniture di base e di medici specializzati. Nel 2013 quattro detenuti affetti da gravi patologie sono deceduti a causa della negligenza dei medici e delle autorità israeliane. La società ha invitato la Comunità Internazionale a ritenere il governo di Tel Aviv responsabile di questi crimini e a condannarlo per grave violazione dei Diritti Umani.

di Manuela Comito

Nam fa saltare piano annessione regime sionista



Il Movimento dei Paesi non allineati (Nam) ha condannato i piani del regime sionista di annettere gran parte della Cisgiordania e di Gerusalemme Est ai Territori palestinesi occupati.

In una dichiarazione rilasciata dal Movimento dei Paesi non allineati, si descrivono le azioni del regime sionista come una chiara violazione del diritto internazionale, tra cui la Carta delle Nazioni Unite e la Quarta Convenzione di Ginevra, nonché numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Il Movimento dei Paesi non allineati ha avvertito che la realizzazione dei piani sionisti avrebbe conseguenze devastanti a lungo termine nella regione, influenzando negativamente il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione e all’indipendenza e l’istituzione di uno Stato palestinese indipendente.

La dichiarazione ha inoltre ribadito il principio del sequestro proibito di terreni con la forza, chiedendo la cessazione immediata e completa di tutte le politiche e misure illegali.

Il Nam ha invitato la comunità internazionale a prevenire le azioni illegali del regime israeliano e la sua ignoranza di trattati, risoluzioni delle Nazioni Unite e leggi internazionali.

di Redazione

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

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La VOCE 2006

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