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P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XIX N°9 | maggio 2017 | PAGINA d - 32 |
ATTENZIONE Gli USA mobilitano 150 mila riservisti![]() Sta per iniziare una vera guerra? I segnali che giungono in queste ore sono molto allarmanti di Marcello Foa Sta per iniziare una vera guerra? I segnali che giungono in queste ore sono molto allarmanti. L’esercito americano sta inviando in queste ore a 150 mila riservisti delle lettere con un preavviso di mobilitazione. L’annuncio ufficiale del ministero della Difesa verrà dato a breve, ma alcuni riservisti che hanno già ricevuto la missiva lo stanno raccontando ad amici e parenti, i quali iniziano a far circolare le notizia. Secondo queste indiscrezioni, provenienti dagli Stati Uniti, l’obiettivo del Pentagono sarebbe di poter disporre di questa forza entro un paio di settimane. Centocinquantamila riservisti: per fare cosa? Un attacco in grande stile alla Siria? Colpire prima Damasco e poi Teheran? In Corea del Nord? Purtroppo la sciagurata svolta di Donald Trump – che si è arreso ai neoconservatori facendo propria l’agenda strategica che in campagna elettorale aveva promesso di combattere – autorizza qualunque ipotesi. Anche quella più drammatica e sconvolgente di una guerra alla Russia di Putin. E non è un caso che Assad, il governo iraniano e il Cremlino in queste ore abbiano dichiarato che “l’attacco americano alla base siriana ha superato molte linee rosse che da adesso in avanti “risponderemo con la forza a qualunque aggressione”. Questo significa che Putin ha perso ogni speranza di raggiungere un accordo con Washington. E che si prepara agli scenari peggiori. Attenzione e mi angoscia molto scriverlo, ma da diversi decenni la pace nel mondo non è mai stata così a rischio. Fonte: Corriere del Ticino Si rafforza la presenza militare giordana al confine con Siria e IraqLa presenza di una nave da trasporto militare americana fa ipotizzare lo scarico di veicoli destinati al “Free Syrian Army” con notizie di un’imminente apertura di un fronte nel sud della Siria al confine con la Giordania. ![]() La nave, capace di trasportare centinaia di veicoli militari, fa parte della Sesta flotta americana basata nel Mediterraneo e non esegue mai parate dimostrative, si muove esclusivamente per compiere missioni ben precise. Di grande portata (stazza 58107 tonnellate) è arrivata contemporaneamente all’attaco aereo americano contro la Siria ed è rimasta per 40 ore ferma in Giordania prima di salpare domenica scorsa in direzione di Jedda in Arabia Saudita. Dal Pentagono non è trapelata alcuna informazione sulla missione della nave militare in Giordania, ma dalle pagine dei social media degli oppositori al presidente siriano Assad si parla dello scarico in Giordania di molti veicoli militari destinati al “Free Syrian Army” con notizie di un’imminente apertura di un fronte nel sud della Siria al confine con la Giordania, con la supervisione delle truppe americane, in qualcosa di simile a quanto avvenuto nel nord della Siria con l’operazione “scudo dell’Eufrate” lanciata dalla Turchia. Tutti gli analisti militari specializzati sul Medio Oriente sostengono che gli Stati Uniti interverrebbero militarmente in Siria soltanto se la Giordania fosse stata minacciata direttamente o indirettamente. Or bene il sovrano giordano ha espresso timori nel corso della sua ultima visita negli Stati Uniti rilasciando al Washington Post dichiarazioni di preoccupazione sulla “continuità geografica fra l’Iran, l’Iraq, la Siria e Heizbollah” enfatizzando sulle presenza delle “Guardie della Rivoluzione (iraniana) stanziate ormai a 70 Km di distanza dai confini con la Giordania”. Queste due dichiarazioni sono sufficenti per intuire la natura dei colloqui avvenuti nella Casa Bianca fra il sovrano giordano ed il Presidente americano che non erano certamente di mera visita di cortesia e complimenti come usano essere di solito la magior parte delle visite ufficiali dei capi di Stati arabi. Testimoni oculari parlano di rafforzamento di presenza militare giordana al confine triangolare che separa la Giordania dalla Siria e dall’Iraq. Mentre tutti i cambiamenti avvenuti recentemente all’interno del Paese, come ad esempio l’allontanamento del Capo dell’Intelligence militare giordana Faisal |
Al Shawbaki poche ore dopo la fine del summit dei Paesi arabi membri della Lega araba e dell’incontro con il re saudita, sostituito da Adnan Al Gindi dimostrano un cambiamento di rotta e una disponibilità giordana ad avere un ruolo più attivo nella guerra in corso nella vicina Siria. L’avvicinamento della Giordania alla Russia aveva permesso al confine siro giordano di conoscere una fase di relativa pace, Daesh era sparito dalla Badiya Al Hammad e da ampie zone della Sueida orientale nel sud della Siria, sostituiti da forze leali alla Giordania anche se questa politica aveva creato tensioni con l’Arabia Saudita. La riappacificazione fra Amman e Riadh indica che qualcosa sta per cambiare anche fra i rapporti della Giordania con la Russia spratutto per quanto concerne il fascicolo siriano.Nuove basi USA in Siria![]() Un nutrito gruppo di ingegneri delle forze armate statunitensi stanno lavorando forsennatamente giorno e notte, alla costruzione di una nuova base aerea nel nord della Siria e per l’allargamento di altre quattro già operative. Secondo fonti militari da noi consultate, questi stazionerebbero a ridosso del confine siriano con l’Iraq. La coincidenza tra il bombardamento della base di Shayrat in risposta all’uso delle armi chimiche – ancora da dimostrare – e la corsa contro il tempo nella costruzione della nuova base aerea, non è passata inosservata a diversi senatori ed analisti a Washington, i quali hanno visto glissare o celarsi in risposte evasive le loro domande a riguardo da parte della Casa Bianca. Nonostante le incalzanti richieste a riguardo, l’amministrazione Trump si preparava ad un’altra operazione connessa alla precedente e cioè il trasferimento di tutte le sue forze di stanza dal 2002 nella base di Incirlik nel sud della Turchia. Queste forze erano già da tempo pronte in un trasferimento di massa verso le basi siriane già sottoposte ai lavori di espansione per permettere la piena operatività ai velivoli statunitensi. L’hub principale per le nuove us army forces è la città di Tabqa a soli 40 km ad ovest da Raqqa – capitale dello Stato islamico in Siria. Taqba inoltre è stata scelta come centro di assembramento per le forze kurde e arabe tribali in arrivo, coordinate dagli americani, pronte a sferrare un attacco di ampia scala su Raqqa – come anticipato qualche giorno fa in un precedente articolo. Una volta ultimati i lavori anche nelle altre basi, (Hajar, Qamishli e Kobani ), gli americani saranno nelle condizioni logistiche ottimali per poter raddoppiare il loro potenziale aereo sul campo in modo da eguagliare l’attuale potenziale russo-siriano. La località di Taqba era stata conquistata alla fine di marzo dalle truppe del cosiddetto esercito democratico siriano ( milizie kurdo-arabe), le quali erano state paracadutate li dall’ US Air Force’s Air Mobility Command. I piani della Casa Bianca prevedono anche il trasferimento di un contingente di terra di 2,500 unità attualmente ospitate nella base di Incirlik. Anche le forze della Bundeswehr tedesca come gli americani, stanno cercando basi alternative tra Cipro e la Giordania in modo da lasciare Incirlik, a cause delle relazioni non del tutto idilliache con Ankara. Le manovre in uscita dalla Turchia in maniera cosí rapida da parte di Washington sarebbero dovute alla necessità esigenza di raffreddare le relazioni con Erdogan e il suo stato maggiore il quale si sarebbe rivelato negli ultimi tempi alleato sempre meno stabile e leale. Ma le cinque nuove basi sarebbero il fulcro della nuova strategia trilaterale di Trump la quale mira sostanzialmente: a combattere in maniera più decisa il terrorismo islamico (anche se l’attacco di Shayrat dimostra il contrario); bloccare l’avanzata aerea e di terra delle milizie Iraniane sul suolo Siriano; garantire un nuovo enclave protetto da uno scudo missilistico contro l’esercito turco alle Syrian Kurdish-PYD-YPG. Ovviamente se cosi fosse la confusione e il gioco di azione e reazione sul terreno siriano potranno andare solo a vantaggio dello Stato Islamico il quale potrebbe trarre vantaggio in termini di tempo per riorganizzare le forze sul campo. di Vincent Ligorio L’incrociatore lanciamissili russo Varjag arriva in Corea prima degli statunitensi![]() L’ammiraglia della Flotta del Pacifico, l’incrociatore lanciamissili Varjag, arrivava nel porto di Busan in Corea del Sud prima della portaerei statunitense Carl Vinson, improvvisamente dirottata verso la Corea dalla rotta per l’Australia. L’arrivo delle navi russe veniva annunciato dalla marina coreana. L’incrociatore Varjag e la petroliera Pechenga arrivavano a Busan per una visita in vista di una serie di esercitazioni congiunte tra Marine russa e sudcoreana, e per discutere i piani per un’ulteriore cooperazione. Le navi rimarranno a Busan fino al 14 aprile, per poi continuare il viaggio oceanico verso sette porti stranieri. L’obiettivo principale della visita è mostrare la bandiera di S. Andrea nell’Asia-Pacifico, veniva spiegato presso il comando della Flotta del Pacifico. A gennaio Busan fu visitata dal grande nave antisommergibile della Flotta del Pacifico Admiral Tributs e dalla petroliera Boris Butoma. Il 9 aprile la portaerei nucleare Carl Vinson riceveva a Singapore l’ordine di annullare la prevista visita in Australia e dirigersi con urgenza nel nord del Pacifico, verso la penisola coreana. Il Pentagono ha spiegato il cambiamento di programma con la necessità di una dimostrazione di forza dopo i test missilistici della Corea democratica. |
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