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La VOCE ANNO XIX N°9

maggio 2017

PAGINA c         - 27

EDWARD SAID - Framed The Politics of Stereotypes in News

Pubblicato il 04 apr 2017
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Identity Card – Mahmoud Darwish – Yossi Zabari

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Janna giovane Reporter

Pubblicato il 20 mar 2017
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Marwan Barghouti infiamma le strade palestinesi

di Michele Giorgio

Migliaia ieri in strada a manifestare sostegno di detenuti palestinesi in sciopero della fame. Il leader di Fatah conferma il suo carisma anche se in carcere da 15 anni. Israele intanto annuncia l’intenzione di costruire molte migliaia di case per i coloni nella zona araba di Gerusalemme.

Ai posti di blocco israeliani intorno alle città palestinesi e a Gerusalemme est, i manifestanti ieri hanno trovato soldati in assetto antisommossa, pronti a rispondere al “Giorno della rabbia” proclamato dal partito Fatah a sostegno dello sciopero della fame che da 12 giorni osservano oltre 1500 palestinesi nelle carceri israeliane. I feriti tra i dimostranti sono stati decine, alcuni da proiettili veri. Gli scontri più seri sono divampati davanti alla prigione di Ofer, a Betlemme, Betunia, Qalandiya, a Silwad, Tequa, Nablus, Hebron e altre località della Cisgiordania. Spiccavano i poster con l’immagine di Marwan Barghouti, il segretario generale di Fatah, incarcerato con cinque ergastoli in Israele e messo in isolamento perché promotore dello sciopero della fame.

Contro le previsioni di molti, in Israele e anche tra i palestinesi, lo sciopero della fame va avanti. Accusato da non pochi nel suo partito di cercare, attraverso questa protesta, visibilità e potere, boicottato dal movimento islamico Hamas che ha ordinato ai suoi militanti in carcere di non aderire allo sciopero organizzato dai rivali di Fatah, descritto come un “terrorista sanguinario” da Israele, Barghouti ha dimostrato di poter ancora accendere le strade della Cisgiordania. Proprio come fu in grado di fare prima e durante la Seconda Intifada (2000), quando a capo di Tandhim, l’organizzazione di base di Fatah, guidò la protesta palestinese contro gli accordi di Oslo, Israele e anche l’Anp. È la prima volta dai giorni della Seconda Intifada che Fatah rivolge un appello alla popolazione a «cercare lo scontro» con i soldati. Una novità che ha messo in allarme i comandi militari israeliani e spinto l’Autorità nazionale palestinese (Anp) a schierare centinaia di agenti di polizia nei punti più caldi per impedire l’escalation degli scontri.

Quella di ieri è stata una prova generale dell’iniziativa popolare che le correnti di Fatah legate a Barghouti stanno organizzando per il prossimo 3 maggio in Piazza Mandela a Ramallah, proprio nel giorno in cui il presidente dell’Anp Abu Mazen incontrerà alla Casa Bianca Donald Trump. Un raduno, si prevede, di migliaia di palestinesi che potrebbe mettere in imbarazzo un Abu Mazen che vuole presentarsi da Trump come un leader che controlla della situazione e implacabile con dissidenti e avversari
politici come dimostra il braccio di ferro che ha avviato con il movimento islamico Hamas a Gaza.

Ambizioni velleitarie quelle del presidente palestinese. Abu Mazen resta un leader debole non in grado di influenzare in alcun modo le decisioni di Israele. Il governo Netanyahu fa ciò che vuole. Ha appena fatto sapere, attraverso il ministro dell’edilizia Yoav Galant, di voler costruire 15.000 nuove case a Gerusalemme est, il settore palestinese della città che Israele ha occupato 50 anni fa. «Costruiremo 10mila unità a Gerusalemme (Ovest, la zona ebraica) e circa 15mila nei confini municipali della città (a Est)», ha spiegato Galant. L’annuncio potrebbe essere fatto nel “Giorno di Gerusalemme”, il 24 maggio, due giorni dopo l’arrivo di Trump in Israele.

( Fonte: NenaNews )

25 aprile 2017: i faziosi e i falsi

di Dirar Tafeche

Sono un profugo palestinese tanto amareggiato nel vedere e leggere il cinismo in quasi tutti gli organi d’informazione, riguardo a quei palestinesi che hanno offeso e fischiato le Brigate Ebraiche al loro passaggio nel corteo del 25 aprile a Milano.

Ho marciato dietro allo striscione della Comunità Palestinese e a fianco del Movimento del BDS. In questo mio scritto, lancio una sfida ai faziosi ed ai corrotti autori di testate giornalistiche a presentare un solo documento di contestazione fatto dal mio gruppo.

Inoltre, accuso questo tipo di giornalismo di fare penosamente di tutta l’erba un fascio, con la finalità di delegittimare la lotta del popolo palestinese per la liberazione delle terre dall’occupazione israeliana. In questo senso, la presenza pacata dei palestinesi e del BDS al corteo, è in coerenza con lo Statuto dell’ANPI e insita nel concetto universale che il diritto alla lotta per la libertà non ha confini geografici.

Purtroppo, in questi ultimi tempi, l’ascesa della destra xenofoba si è scagliata contro emigrati e musulmani. Questi deplorevoli atti sono anche accompagnati, come leggo quotidianamente sui giornali israeliani, da manifestazioni di antisemitismo ancora albergate nelle viscere della destra nazifascista.

In questo scenario, è comprensibile la sofferenza di tutti, ebrei compresi, ma distorcere gli eventi, come ha fatto ieri la Comunità Ebraica di Roma, per attaccare i palestinesi e i suoi sostenitori, è una calunnia volta a manipolare la reale Storia di Palestina.

Il Primo Ministro Netanyahu ha affermato che Hitler voleva solo espellere gli ebrei dalla Germania, invece il Genocidio è stato un istigazione del Mufti Amin al Husaini.
Non c’è una cosa più vile che falsificare il passato e spogliarlo del contesto della verità. Nonostante la forte opposizione della maggior parte dei Partiti politici palestinesi, il Mufti si rivolse alla Germania unicamente come potenza anti Gran Bretagna che, all’epoca, occupava la Palestina. D’altronde, questo episodio, non è differente da quello che Valdimir Jabotinsky ha osato fare: allearsi con Mussolini per realizzare i propri progetti militaristi e sconfiggere gli inglesi in Palestina per la creazione dello Stato di Israele.

Poi, che dire dell’accordo Ha’avara, quando i sionisti barattarono la partenza degli ebrei dalla Germania con l’acquisto di materiale di fabbricazione del III Reich per occupare la terra di un altro popolo che lì ci viveva? È amaro ammettere che gli ebrei, al loro arrivo in Palestina, trovarono dimora nelle case dei palestinesi cacciati via e che Israele, a tutt’oggi, considera “Assenti”.

Signori delle Comunità ebraiche, è mai esistito un popolo dichiarato Giuridicamente assente?

Ecco, Edward Said ha scritto che ebrei e palestinesi sono ambedue vittime dell’intolleranza occidentale e io confermo che i sionisti e il Mufti, erano costretti, malgrado tutto, a scendere a patti con il diavolo per salvare se stessi e raggiungere l’aspirazione dell’indipendenza dall’occupante.

Invece, oggi, i governanti di Israele e la Comunità ebraica di Roma, qualificando i palestinesi e il BDS come “eredi del Mufti”, hanno inteso macchiarli dell’infamia dell’antisemitismo. E’ un uso strumentale misero e meschino, che distorce la storia e altera la realtà.

Le menzogne e la falsificazione della storia di Palestina, non è una novità. Israele nasce sulla terra di Palestina, propagandata “terra senza popolo”, proprio quando era in atto la Pulizia Etnica e l’espulsione di ottocentomila palestinesi dichiarati “Assenti”. Di seguito, non li fece mai più ritornare nelle loro case.

Oggi, dopo cinquant’anni d’occupazione, oppressione e punizioni collettive, abbiamo il diritto di gridare la nostra aspirazione di voler anche per il popolo palestinese un “solenne 25 aprile”.

A maggior ragione, in questa lotta, non siamo soli. Siamo sostenuti e appoggiati da eminenti personaggi della letteratura, della religione, sommi scienziati, premi Nobel per la Pace, istituzioni, personalità politiche, ONG oltre a tanti cittadini ebrei ed israeliani che vi partecipano attivamente, dentro e fuori Israele.

Non siamo provocatori, non è nella nostra cultura. Le nostre ragioni non sono nella diffamazione degli altri. Al contrario, il nostro slogan è inserito nell’invito agli italiani a visitare la Palestina, dicendo loro “se non vedi, non ci credi”.

Quanto alla nostra partecipazione nella manifestazione per la celebrazione della liberazione dell’Italia dal Nazifascismo, siamo noi palestinesi che avevamo il diritto di non sfilare con la nostra bandiera dell’occupato, a fianco della bandiera dell’occupante. Non lo abbiamo fatto perché, prima di tutto, siamo convinti della giustezza delle nostre rivendicazioni e siamo in coerenza con il principio che la libertà non è esclusiva dell’uno a scapito dell’altro. In secondo luogo, partecipiamo perché abbiamo solo la nostra voce per diffondere nell’opinione pubblica italiana un messaggio di pressione sul Governo, affinché applichi le proprie dichiarazioni nei fatti riguardo alle colonie israeliane nei territori occupati palestinesi.

Infine, nell’occasione della Festa per la Liberazione, mi appello all’Autorità Nazionale Palestinese chiedendo l’annullamento del processo di Oslo e il ritiro del riconoscimento di Israele finché questo non avvenga tra due stati indipendenti.
Solo allora si potrà vedere la luce della pace.

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