DIFFUSIONE COMUNICATO STAMPA ON LINE E ALLE TESTATE
Aderisco sia personalmente che come associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese e Comunità Palestinese di Roma e del Lazio.
Raffaella Violano - Yousef Salman
Car* amic*,
Vi mando il c.s. elaborato dal Coordinamento lombardo Palestina in risposta agli attacchi sionisti contro qualunque organizzazione o persona che si schieri per la difesa dei diritti umani dei palestinesi.
Molti di noi, tra cui la sottoscritta, sono stati vittime di questi attacchi conditi dallinfame e falso appellativo di essere antisemiti.
In molti casi (ultimo Torino) abbiamo preferito ignorare e proseguire nel nostro lavoro, ma gli ultimi attacchi a singole persone trattate come delinquenti e al movimento Bds trattato quasi alla pari di un organizzazione terroristica ci costringono a reagire applicando il nostro diritto "ancora" garantito dallart.21 della Costituzione.
Pertanto stiamo raccogliendo le adesioni al c.s. col quale comunichiamo anche la partecipazione (che vorrebbero vietare) del movimento BDS alla manifestazione del 25 aprile. Se dopo aver letto il c.s. siete daccordo per dare la vostra adesione, vi prego di scrivere semplicemente "aderisco al c.s." rispondendo a questa email, oppure indirizzando direttamente a raffaella65@yahoo.it che sta curando il c.s. e le adesioni.
I "titoli" che vedete nelle prime adesioni al comunicato allegato verranno rimossi, inseriremo solo i nomi in ordine alfabetico o in ordine cronologico di adesione, quindi non è necessario comunicarli.
Vi preghiamo di non sottovalutare quanto sta succedendo perché ne va del diritto di tutti.
Grazie e, con loccasione, buona festa di primavera o di pasqua se preferite. Insomma auguri a tutt* qualunque sia o non sia il vostro credo.
Patrizia Cecconi
ps. le adesioni possono essere date sia come associazioni che a livello personale
19 Aprile Giovedi - Roma ore 17-19 Largo Argentina
Con i prigionieri palestinesi in sciopero della fame per la dignità e la libertà
Le parole di Marwan Barghouthi dalla prigione di Hadarim, pubblicate dal NY Times il giorno 16.4.2017
"Dopo aver trascorso gli ultimi 15 anni in una prigione israeliana, sono stato sia un testimone, sia vittima, del sistema illegale di Israele di arresti arbitrari di massa e maltrattamenti di prigionieri palestinesi. Dopo aver esaurito tutte le altre opzioni, ho deciso che non cera altra scelta che resistere a questi abusi cominciando uno sciopero della fame.
Circa 1.000 prigionieri palestinesi hanno deciso di prendere parte a questo sciopero, che inizia oggi, giorno che qui celebriamo come Giorno dei prigionieri. Lo sciopero della fame è la forma più pacifica di resistenza a disposizione. Esso infligge dolore esclusivamente a coloro che vi partecipano e ai loro cari, nella speranza che gli stomaci vuoti e il sacrificio aiutino il messaggio a risuonare al di là dei confini delle buie celle.
Decenni di esperienza hanno dimostrato che il sistema inumano di occupazione coloniale e militare israeliana punta a sfibrare lo spirito dei prigionieri e della nazione a cui appartengono, infliggendo sofferenze sui loro corpi, separandoli dalle loro famiglie e comunità, utilizzando misure umilianti per costringere alla sottomissione. A dispetto di tale trattamento, non ci arrenderemo ad esso.
Israele, la potenza occupante, ha violato il diritto internazionale in molti modi per quasi 70 anni, ma gli è stata garantita impunità per le proprie azioni. Ha commesso gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra contro il popolo palestinese; i prigionieri, tra cui uomini, donne e bambini, non fanno eccezione.
Avevo solo 15 anni quando sono stato imprigionato per la prima volta. Avevo appena 18 anni quando un ufficiale israeliano mi ha costretto a divaricare le gambe mentre mi trovavo nudo nella stanza degli interrogatori, prima di colpire i miei genitali. Sono svenuto dal dolore, e la caduta conseguente ha lasciato una grande cicatrice che da allora segna la mia fronte. L’ufficiale mi prese in giro, dicendo che non avrei mai potuto procreare, perché dalla gente come me nascono solo terroristi e assassini.
Pochi anni dopo, ero di nuovo in una prigione israeliana, conducendo uno sciopero della fame, quando nacque il mio primo figlio. Invece dei dolci che di solito distribuiamo per celebrare simili eventi, ho distribuito agli altri prigionieri del sale. Quando aveva appena 18 anni, mio figlio a sua volta è stato arrestato e ha trascorso quattro anni nelle prigioni israeliane.
Il più anziano dei miei quattro figli è ora un uomo di 31. Eppure, io sono ancora qui, continuando questa lotta per la libertà insieme a migliaia di prigionieri, milioni di palestinesi e il sostegno di così tanti in tutto il mondo. Larroganza dell‘occupante oppressore e dei suoi sostenitori li rende sordi a questa semplice verità: prima che riescano a spezzare noi, saranno le nostre catene ad essere spezzate, perché è nella natura umana rispondere al richiamo della libertà a qualsiasi costo.
Israele ha costruito quasi tutte le sue carceri allinterno dei propri confini, piuttosto che nel territorio occupato. In tal modo, ha illegalmente e forzatamente trasferito civili palestinesi in cattività, usando questa situazione per limitare le visite dei familiari e per infliggere sofferenze attraverso lunghi trasferimenti in condizioni crudeli. I diritti fondamentali che dovrebbero essere garantiti dal diritto internazionale - tra cui alcuni dolorosamente guadagnati attraverso precedenti scioperi della fame – sono stati trasformati in privilegi che l’amministrazione penitenziaria può decidere di concedere o sottrarre.
I prigionieri e detenuti palestinesi hanno subito torture, trattamenti inumani e degradanti e negligenza medica. Alcuni sono stati uccisi durante la detenzione. Secondo gli ultimi dati, circa 200 prigionieri palestinesi sono morti dal 1967 a causa di tali azioni. I prigionieri palestinesi e le loro famiglie rimangono anche un obiettivo primario della politica di Israele di imposizione di punizioni collettive.
Nel corso degli ultimi cinque decenni, secondo l’organizzazione per i diritti umani Addameer, più di 800.000 palestinesi sono stati imprigionati da Israele - pari a circa il 40 per cento della popolazione maschile del territorio palestinese. Oggi, circa 6.500 sono ancora in carcere, tra i quali alcuni che detengono il triste primato dei più lunghi periodi di detenzione dei prigionieri politici al mondo. È difficile trovare una sola famiglia in Palestina che non abbia patito la detenzione di uno o più dei suoi componenti.
Come dar conto di questo assurdo stato di cose?
Israele ha stabilito un regime giuridico duale, una forma di apartheid giudiziaria, che garantisce potenziale impunità per gli israeliani che commettono crimini contro i palestinesi, mentre criminalizza la presenza e la resistenza palestinese. I tribunali di Israele sono una parodia della giustizia, palesi strumenti di occupazione coloniale e militare. Secondo il Dipartimento di Stato, il tasso di condanna per i palestinesi nei tribunali militari è del 90 per cento circa.
Tra le centinaia di migliaia di palestinesi che Israele ha arrestato, ci sono bambini, donne, parlamentari, attivisti, giornalisti, difensori dei diritti umani, accademici, esponenti politici, militanti e familiari dei detenuti. Tutto con un unico obiettivo: seppellire le legittime aspirazioni di unintera nazione.
Al contrario, le prigioni di Israele sono diventate la culla di un duraturo movimento per lautodeterminazione palestinese. Questo nuovo sciopero della fame dimostrerà ancora una volta che il movimento dei prigionieri è la bussola che guida la nostra lotta, la lotta per la Libertà e la Dignità, il nome che abbiamo scelto per questo nuovo passo nel nostro lungo cammino verso la libertà.
Le autorità israeliane e il servizio carcerario hanno trasformato i diritti fondamentali che dovrebbero essere garantiti dal diritto internazionale in privilegi da concedere o sottrarre discrezionalmente. Israele ha provato ad etichettare tutti noi come terroristi per legittimare le sue violazioni, tra cui gli arresti di massa arbitrari, le torture, le misure punitive e le rigide restrizioni. Come parte dello sforzo di Israele di minare la lotta palestinese per la libertà, un tribunale israeliano mi ha condannato a cinque ergastoli e 40 anni di carcere in un processo farsa che è stato denunciato dagli osservatori internazionali.
Israele non è la prima potenza occupante o coloniale a ricorrere a tali espedienti. Ogni movimento di liberazione nazionale nella storia ricorda pratiche simili. Questo è il motivo per cui così tante persone che hanno lottato contro loppressione, il colonialismo e lapartheid sono dalla nostra parte. La campagna internazionale per la liberazione di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri palestinesi che licona anti-apartheid Ahmed Kathrada e mia moglie, Fadwa, hanno lanciato nel 2013 dalla ex cella di Nelson Mandela a Robben Island ha avuto il sostegno di otto vincitori del Premio Nobel per la Pace, 120 governi e centinaia di dirigenti, parlamentari, artisti e accademici di tutto il mondo.
La loro solidarietà smaschera il fallimento morale e politico di Israele. I diritti non sono elargiti da un oppressore. La libertà e la dignità sono diritti universali che sono connaturali all’umanità e devono essere goduti da ogni nazione e da tutti gli esseri umani. I Palestinesi non saranno uneccezione. Solo porre fine all’occupazione potrà cessare questa ingiustizia e segnare la nascita della pace".
Marwan Barghouti, 16 aprile 2017
(da https://www.nytimes.com/…/palestinian-hunger-strik-prisoner…)
Grazie a Luigi Daniele per la traduzione
Il Centro Documentazione Palestinese, in collaborazione con Al Ard Doc Film Festival, invita a partecipare alla proiezione del documentario «Sogni reclusi». Il documento tratta la questione degli arresti e della detenzione dei minori palestinesi da parte dell’occupazione sionista.
Collegamento con Nisrin Silmi, regista e corrispondente dell’emittente Al-Mayadeen, e con rappresentanti del Centro Handala per i Prigionieri Palestinesi e dell’associazione Addameer: ci aggiorneranno sugli ultimi sviluppi dello sciopero della fame attualmente in corso e in merito alle istanze del movimento dei prigionieri.
Sabato 29 APR 2017 – H17:30
Via dei Savorgnan 40 – Roma