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La VOCE 1705

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La VOCE ANNO XIX N°9

maggio 2017

PAGINA 2         - 18

Segue da Pag.17: Un tributo a Fidel Castro

Una giuria presieduta da Ana Sanz Magallón ha assegnato il Coral alla sceneggiatura a Andrés Duprat (*El ciudadano ilustre*, Argentina) ed ha concesso a Woodkid, per *Desierto* del Messico), il Coral alla Musica Originale.

Il premio alla migliore attrice lo ha avuto la brasiliana Sonia Braga in

*Aquarius*, e al miglior attore il cubano Luis Alberto García in *Ya no es antes* che ha vinto anche il Corel del Pubblico.

Il film brasiliano diretto da Kleber Mendoca, ha avuto il premio Signis e quello Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica (Fipresci). Sonia, per il suo gruppo, è andata tre volte sul palcoscenico.

Opere prime: per questo settore la Giuria presieduta dal documentarista inglese

Michael Chanan ha considerato che la migliore è *El invierno* (Emiliano Torres, Argentina) e ha consegnato il Premio Speciale della Giuria a *Rara* (Pepa San Martín, Chile), e il Coral al Contributo Artistico a Pablo Lamar

(La última tierra), una coproduzione di Paraguay, Olanda, Cile e Qatar).

*Madre* (Simón Mesa, Colombia-Svezia) ha ottenuto il Coral al miglior

Cortometraggio di fiction. In animazione, il Premio Speciale è andato a

*Alto el juego* (Walter Turner, Uruguay) e il Coral del corto di Animazione

a *Corp* (Pablo Polledri, Argentina e al lungometraggio *Cuando los días

eran eternos *(Marcus Vinícius, Brasil).

In documentari il Coral al miglio corto è stato assegnato a *Caribbean Fantasy* (Johanné Gómez, República Dominicana) e *El viento sabe que vuelvo a casa* (José Luis Torres Leiva, Cile) ha ricevuto il Coral per il miglior documentario lumgo. Il Coral al miglior manifesto lo ha ottenuto Gabriel Mars (Brasile), per

*Rosinha* .

*The real thing*, del cubano Eduardo del Llano ha meritato il Coral per la sceneggiatura inedita, e il Coral di postproduzione Nuestra América Primo taglio lo ha avuto *Fili­berto*, di Freddy Marrero (Puerto Rico).

Incontro dell’Unione Internazionale della Marionetta

A Matanzas hanno partecipato all’evento i presidenti e i rappresentanti delle istituzioni internazionali, provenienti da Canada, Stati Uniti, Messico, Repubblica Dominicana, Martinica, Costa Rica, Nicaragua, Venezuela, Perù, Cile, Bolivia, Brasil e del paese anfitrione.

Granma 9 – 12 - 2016

Con il proposito di offrire rappresentazioni, informazioni, appoggio e assistenza al movimento delle marionette della regione, si è svolto a Matanzas l’Incontro Intercontinentale dell’Unione Internazionale della Marionetta (Unima 3 Américas).

Hanno partecipato i presidenti e i rappresentanti delle istituzioni internazionali, provenienti da Canada, Stati Uniti, Messico, Repubblica Dominicana, Martinica, Costa Rica, Nicaragua, Venezuela, Perù, Cile, Bolivia, Brasil e del paese anfitrione.

Il portoricano Manuel Morán, presidente della Commissione Unima 3 America e vicepresidente di Unima Internacional, ha commentato a Prensa Latina che il Forum è stato un momento storico per questa entità con otto decenni di esistenza.

“Dalla sua creazione questa è la prima volta che ci siamo riuniti come regione. In altri incontri ci siamo visti e abbiamo scambiato esperienze, ma mai prima in forma continentale”, ha indicato.

Morán ha spiegato che si vuole rinforzare la rete e propiziare progetti regionali. Poi ha aggiunto : “ Abbiamo conversato su come possiamo aiutarci e tutto è stato molto importante per intavolare una miglior comunicazione , per incentivare lo scambio e promuovere la formazione”, ha spiegato.

René Fernández, presidente di Unima-Cuba, ha dato il benvenuto ed ha segnalato che oggi è necessaria l’unità nel mondo delle marionette, per rinforzare il lavoro della Unima.

Queste sessioni hanno permesso un dialogo aperto in accordo con i differenti contesti culturali per concertare aiuti nell’arte delle marionette.

Rubén Darío Salazar, del gruppo gestore dell’ appuntamento , ha aggiunto che questa prima riunione convocata da Unima nella geografia intercontinentale delle Americhe, ha dato inizio ai lavori di una nuova commissione eletta nell’ultimo Congresso .

L’incontro ha avuto un preambolo con la proiezione dei documentari

*Corazón de títere*, del regista Aliesky Pérez e *Títeres en el Caribe Hispano*, materiale realizzato dallo stesso Morán.

Un concerto del quintetto di metalli Atenas Brass Ensemble, nella Sala dei Concerti José White, nel centro storico della città di trecento anni, ha chiuso il programma auspicato dal Centro Cubano della Unima, il Consiglio Nazionale delle Arti di Scena, il Consiglio Provinciale di questa entità, la commissione Unima 3 Americhe, e Unima Internacional.

( Traduzione GM - Granma Int.)

Chi ha detto che Fidel se n’è andato?

Fidel è nel sorriso dei bambini, nel pianto delle mie figlie, della mia vicina e anche nel mio.

Ángel Freddy Pérez Cabrera 26 – 11 - 2016

Santa Clara – Ascolto la radio e mi sorprende la notizia. Non è vero. Dev’essere che sto sognando. Mi rigiro nel letto e non riesco a conciliare il sonno.

Vado al PC. Mi connetto e disconnetto varie volte.

Chiamo per telefono gli amici. Sì, Fidel è morto, la notizia è vera. Mi fa male, e molto. Cerco di scrivere e non mi concentro. Mi aspettavo la sua morte, ma poi per la sua nessuno era preparato… che dolore, coño.

E adesso che fare quando ci assalta un dubbio, abbiamo un problema o la Patria è in pericolo. Non può essere. Fidel è vivo. Preferisco ricordarlo vitale e lucido come’è sempre stato. Ci lascia il suo legato.

Lui è nel sorriso dei bambini, nel pianto delle mie figlie, della mia vicina e anche nel mio. È nella bandiera che sventola vittoriosa, nella medaglia dei nostri atleti, in tutti quelli che lottano, non importa dove, nel medici cubani che curano bambini e salvano vite nei più oscuri angoli del pianeta, nel rispetto che ci professa l’impero. È in Raúl, nella fiducia nella Rivoluzione di coloro che hanno perso tutto, a Baracoa a Maisí.

Che ha detto che Fidel se n’è andato.

Non vengano a cercare di confonderci di nuovo dicendo che Fidel è morto. Fidel non morirà mai. Il suo cuore stanco si è fermato, ma restano le sue idee e sino a quando esiteranno ci sarà Rivoluzione.

( Traduzione GM – Granma int.)

A sessant’anni dall’assassinio di Juan Manuel Márquez
Il secondo capo della spedizione del Granma

Juan Manuel Márquez Rodríguez, il secondo capo della spedizione dello yacht Granma, era un uomo di pensiero e azione, che dedicò tutta la sua vita alla lotta per un futuro migliore per Cuba. Perse la vita il 15 dicembre del 1956, mentre tentava di raggiungere le alture della Sierra Maestra.

Acela Caner Román – foto archivio 15 - 1 2 - 2016

Juan Manuel Márquez Rodríguez, il secondo capo della spedizione dello yascht Granma perse la vita il 15 dicembre del 1956, mentre tentava di raggiungere le alture della Sierra Maestra. Sin da ragazzo, nella sua natale Marianao, Juan Manuel si era fatto notare per la sua grande intelligenza naturale e l’onestà senza limiti posta al servizio della nazione. Uomo di pensiero e d’azione, dedicò tutta la sua vita alla lotta per un futuro migliore per Cuba.

Dopo la navigazione di sette giorni e quattro ore per le agitate acque del mare dei Caraibi, che in quell’occasione avevano raggiunto forza 6, il 2 dicembre del 1956 all’alba, lo yacht Granma restò incagliato in un luogo noto come Los Cayuelos, a circa due chilometri dal luogo dove era stato previsto lo sbarco.

In un’intervista concessa dal Comandante in Capo, Fidel Castro a un giornalista venezuelano, spiegando quanto fu difficile la traversata per i ribelli che navigavano su quel piccolo yacht, raccontò che non fu meno difficile sbarcare ed avanzare per 60 metri di pantano, con l’acqua alla cintura, per poi attraversare l’intricata boscaglia formata dalle mangrovie e le loro radici.

Fidel terminando di parlare riaffermò che, come diceva Juan Manuel Márquez: “Quello non fu uno sbarco, fu un naufragio”.

Dopo una lunga camminata, il 5 dicembre, estenuati e affamati, i partecipanti alla spedizione giunsero in un piccolo bosco vicino a una fattoria dove si coltivavano le canne da zucchero, ad Alegría de Pío, dove presero la decisione di riposare per recuperare le forze e continuare poi la marcia verso la Sierra Maestra.

Fiduciosi per l’apparente tranquillità del luogo, la maggioranza dei combattenti si tolse gli stivali per curare i piedi piagati. Alcuni riposavano mentre calmavano la fame nel campo di canne da zucchero, vicino alla collina.

A metà del pomeriggio, inaspettatamente li sorprese una compagnia rinforzata con più di cento soldati dell’esercito batistiano.

I ribelli risposero con le loro armi e iniziò il combattimento; nel fragore della lotta si sforzarono di obbedire agli ordini di fare una ritirata organizzata, ma le condizioni del terreno cospiravano contro di loro.

Le forze della tirannia diedero fuoco al campo di canne per forzarli ad uscire allo scoperto. I partecipanti alla spedizione cominciarono a ritirarsi in piccoli gruppi. Tutti sapevano che dovevano incamminarsi verso le montagne della Sierra Maestra.

Su quello che avvenne in quei momenti, Universo Sánchez riportò:

“Juan Manuel convinse Fidel che ci dovevamo ritirare come la nostra gente, e cominciammo a marciare parallelamente ai soldati verso un’altura vicina.

Fidel camminava o correva, faceva cinque o sei metri, poi seguivamo Juan Manuel ed io. Così ci ritirammo verso il secondo monte, sino a che una volta Juan Manuel non giunse dove stavano noi e Fidel diede l’ordine di tornare a cercarlo. Io lo feci trascinandomi e retrocedendo sino all’ultimo posto dove lo avevo visto. Lo chiamai diverse volte, ma non lo incontrai. Ritornai e informai Fidel. Il combattimento di Alegría de Pío costò le vite di tre dei nostri: Humberto Lamothe, Israel Cabrera e Oscar Rodríguez Delgado.

NOI SIAMO VENUTI A DIFENDERE UNA CAUSA

Perseguitati con ferocia dalle forze della dittatura, i ribelli cercavano di rompere l’assedio nemico sempre più stretto e schivare l’attacco dell’aviazione.

Venerdì 7 dicembre, assassinarono Miguel Saavedra Pérez.

Il giorno dopo ci fu un vero bagno di sangue e furono vilmente uccisi Antonio, (Ñico) López; Armando Mestre; José Ramón Martínez, René Bedia, Santiago Hirsel, José Smith Comas, Miguel Cabañas, Tomás David Royo, Cándido González Morales, René Reiné García, Raúl Suárez Martínez, Noelio Capote, Andrés Luján, Félix Elmusa, Luis Antonio Arcos e Eduardo Reyes Canto.

Il terreno risultò avverso ai granmisti: era molto difficile trovare acqua e alimenti per sopravvivere e non fu facile nemmeno proteggersi dalle imboscate e dagli aerei che sorvolavano l’area.

Il secondo capo della spedizione era stato catturato il 15 dicembre del 1956, quando sfinito dalla fame e dalla sete camminava per difficili paraggi alla ricerca di un sentiero che lo portasse alla Sierra Maestra.

Il contadino che lo tradì, aveva trovato Juan Manuel sdraiato bocconi nel sentiero e non si fermò ad aiutarlo, ma andò a cercare il sergente Eugenio Montero per denunciarlo. I due lo portarono in una casa vicina al luogo. Nonostante le sue condizioni, con l’uniforme a pezzi, la debolezza e le labbra spaccate, Juan Manuel Márquez conservava tutta la sua dignità e fermezza. Il testimone Lorenzo Matamoros, figlio dei padroni della casa dove portarono Juan Manuel lo ha dichiarato:

“La guardia e il delatore lo portarono qui (…) non mangiava e quasi non beveva da dieci giorni. Beveva la rugiada dalle foglie delle canne e da qualche pianta di cupey. Lo fecero sedere in questo portale e mia madre lo portò dentro, perché si lavasse e mangiasse qualcosa. Gli diedero patate dolci bollite e carne, ma non poteva mangiare perché aveva la bocca tagliata dalla sete (…)

Il sergente Moreno gli chiese: “Cosa sei venuto a fare qui”?

Lui rispose: “Noi siamo venuti a difendere una causa”.

Dopo l’interrogatorio, Juan Manuel fu messo in un veicolo e a un confine della fattoria La Norma, vicino allo zuccherificio San Ramón, a Campechuela, il ribelle fu brutalmente picchiato e lasciato per morto.

Nella notte i soldati andarono a seppellirlo, ma era ancora vivo e allora uno di loro lo finì con due spari.

In quei drammatici giorni, tra gli 82 partecipanti ala spedizione del Granma, 21 persero la vita, e Juan Manuel Márquez fu l’ultimo tra loro.

Altri 21 combattenti furono fatti prigionieri e condannati.

Grazie ai casi della vita, 13 riuscirono ad evadere l’assedio e sfuggirono agli artigli dell’esercito di Batista.

Durante la lotta 27 tra loro riuscirono a raggiungere le falde della Sierra Maestra e incorporarsi all’Esercito Ribelle che, comandato da Fidel Castro Ruz, conquistò la definitiva libertà di Cuba.

UN COMPAGNO CHE DOBBIAMO RICORDARE

In un’intervista concessa nel 40º anniversario dello sbarco del Granma, in poche parole Fidel sintetizzò la vita del suo indimenticabile compagno di lotta, quando disse:

..segue ./.

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