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La VOCE 2006 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXII N°10 | giugno 2020 | PAGINA 2 - 22 |
Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte. |
segue da pag.21: 28 anni fa gli assalti della via dobrovoljačka (sarajevo) e della brćanska malta (tuzla).
"jovan divjak, mitico generale serbo della difesa di sarajevo".
http://www.balcanicaucaso.org/.
jovan divjak incensato come autore di un libro su sarajevo.
http://www.balcanicaucaso.org/.
(7) http://www.balcanicaucaso.
paolo rumiz faziosissimo a favore di divjak:
http://www.balcanicaucaso.org/
osservatorio balcani caucaso esulta per la liberazione di divjak:
http://www.balcanicaucaso.org/
la "canonizzazione" di jovan divjak in italia continua ancora oggi; si veda il nostro comunicato di protesta nell'aprile 2019:
http://www.cnj.it/home/it/ .
(8) si vedano ad esempio:
2010: http://www.
2012: https://www.
=== uso e abuso della storia:
veltroni colpisce ancora. ovvero l’ignoranza della storia genera mostri.
di angelo d’orsi .
allora, il fatto è noto, almeno in cerchie dell’antifascismo. in un programma televisivo (“le parole”), il conduttore, massimo gramellini, giornalista, divenuto poi narratore di successo e anche intrattenitore del piccolo schermo, in occasione del 75esimo del xxv aprile, non trova di meglio che intervistare walter veltroni. a cui dopo l’introduzione di rito (perché è così difficile per una parte del paese accettare l’idea che la data della liberazione costituisca una ricorrenza condivisa, un punto fermo nella identità nazionale della repubblica) pone la domanda, ossia se non sembri all’illustre ospite (in collegamento…) che quella festa sia importante e che ogni cittadino di questa nazione dovrebbe sottoscriverla, senza polemiche fuori luogo. ebbene l’intervistato annuisce gravemente, come se stesse facendo una importante concessione all’intervistatore. e ammette, che sì, il 25 aprile 1945 va ricordato e festeggiato, dal popolo italiano, non dimenticando però “la tragedia delle foibe”, su cui come per il 25 aprile non c’è il necessario unanime consenso.
c’è da strabuzzare gli occhi, fregarsi le orecchie, cercare conforto in qualcuno che eventualmente stia assistendo al programma. ha detto proprio così. l’ex segretario dei ds e poi del pd, ha detto che per apprezzare il xxv aprile dobbiamo ricordarci delle foibe…, dell’altro “crimine orrendo”. dunque ha messo sullo stesso piano la liberazione d’italia dall’invasore e oppressore nazista, e dal fascismo suo complice-succube, con le “foibe”, un circoscritto episodio su cui dalla fine degli anni novanta si è montata una macchina di propaganda che in italia non ha l’eguale. una macchina che ha cercato nel corso del tempo una impossibile equiparazione tra foibe e campi di sterminio nazista, e ora arriva veltroni, il grande stratega, lo storico provetto, il politico progressista, a mettere sullo stesso piano quella vicenda con la più grande, la sola rivoluzione che si sia mai fatta in italia, vittoriosamente, quella culminata con la liberazione di milano, il 25 aprile 1945..
poco meno di un anno dopo quella data assurse a simbolo della nuova italia, sotto il governo de gasperi, esattamente il 22 aprile 1946, con un decreto “luogotenenziale” firmato dal principe umberto ii, allora “luogotenente del regno d’italia” (la repubblica sarebbe nata qualche settimana dopo): nel decreto si stabiliva «a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». tre anni più tardi quella giornata, il 25 aprile, entrò ufficialmente nel calendario civico dell’italia repubblicana, tra le festività nazionali, accanto al 2 giugno.
ma veltroni, opinionista, saggista, scrittore, regista (difficile decidere in quale ambito abbia dato il peggio, dopo aver detto più o meno addio alla politica attiva, ambito in cui aveva fatto sufficientemente danno), tutto questo sembra ignorarlo. come pare ignorare la speculazione politica sulle “foibe”, e si spinge all’ardito accoppiamento. gramellini, più accorto di lui, lascia correre, ma proseguendo nel suo ragionamento, relativo alla ovvietà del 25 aprile 1945 come data simbolo dell’italia che ha sconfitto il fascismo, cita l’esempio altissimo dei fratelli cervi, martiri del fascismo, e per sottolineare che la resistenza non era solo comunista, afferma che i cervi non lo erano. veltroni tace e acconsente, citando come protagonisti della lotta partigiana socialisti, liberali, cattolici, monarchici, militari… non fa la minima menzione del ruolo che il pci ebbe in quella lotta, dopo aver già costituito il nerbo dell’antifascismo clandestino e all’estero, nel ventennio. né il cenno lo fa gramellini. finisce lì, con veltroni che invitato ancora a spiegare il senso della liberazione se ne esce con un discorsetto grottesco relativo alla situazione determinata dalla pandemia. grazie, walter. ciao, massimo.
il giorno dopo maurizio acerbo, segretario del prc, ossia rifondazione comunista, con un intervento sul “manifesto” chiede le scuse di gramellini, precisando che i cervi erano comunisti, esprimendo sconcerto per l’atteggiamento di veltroni. e la settimana seguente gramellini, dando prova di correttezza a supplire la propria scarsa informazione storica, apre la puntata del suo programma con la precisazione: “i fratelli cervi provenivano da una famiglia cattolica ed erano comunisti”.
rimane l’agghiacciante silenzio di veltroni. e rimane l’amaro della deriva storica di una generazione, quella venuta dopo berlinguer, che non solo ha scientemente affossato il pci, ma ha cercato in ogni modo di cancellare il patrimonio ideale e politico che in quel partito si riassume. del resto, già parecchi anni or sono, nel 2011 (se non sbaglio) l’ex sfidante (trombato) di berlusconi, dichiarava di non essere mai stato comunista, sottolineando: “non ero ideologicamente comunista”.
in effetti, veltroni era probabilmente soltanto “veltroniano”, anche quando obbediva senza fiatare alle dirigenze del partito in cui militava, dopo una lunga carriera nella fgci, anche quando era dentro la cappa del “socialismo reale”, anche quando insomma “faceva il comunista senza esserlo”. né poteva essere comunista da segretario dei ds (democratici di sinistra) e men che meno da primo segretario del neonato pd (partito democratico, di cui fu uno degli inventori). certo il suo curriculum studiorum è modestissimo (“diploma di istituto professionale per la cinematografia e la televisione”), ma possibile che una militanza lunga e da leader nelle file di partiti “antifascisti” (dal pci ai ds al pd), non gli abbia insegnato neppure l’abc? e non prova vergogna a parlare dell’importanza della memoria da trasmettere ai “giovani”?
forse il punto sta proprio nella parola “memoria”. ancora una volta dobbiamo smettere di usare questo termina ambiguo e fallace, e parlare piuttosto di “storia”. e cominciare a studiarla. la memoria comprende l’oblio e l’errore, e in fondo consente a tutti una giustificazione. perciò rimane fondamentale lo studio della storia. accetti un buon consiglio, veltroni: la bibliografia su fascismo, antifascismo, resistenza, è molto estesa. e se non sa da che parte cominciare chieda consiglio. personalmente sono pronto a fornirle qualche utile indicazione. così eviterà in futuro figuracce come quella che ha compiuto proprio nella ricorrenza del 75esimo della liberazione. è proprio vero che l’ignoranza della storia genera mostri.
(5 maggio 2020 – fonte: http://temi.repubblica. ).
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"mio padre era comunista". il figlio di aldo cervi smentisce la bufala di gramellini e veltroni.
di francesco fustaneo per l'antidiplomatico.
30/04/2020.
https://www.lantidiplomatico.
giorno 25 aprile alla rai nel corso del programma condotto da massimo gramellini “aspettando le parole” con tema il 25 aprile dinnanzi all'ospite in collegamento esterno, walter veltroni, il primo affermava che i fratelli cervi non fossero comunisti, senza che veltroni con trascorsi politici nella f.g.c.i e da dirigente nel partito comunista si sentisse in dovere di smentirlo.
da anni nel nostro paese, parallelamente ad un processo revisionista, si assiste ad un tentativo mediatico di sminuire l'approccio comunista alla resistenza e alla causa antifascista in genere, ma anche il suo contributo alla nascita e alla maturazione di quello che è attualmente la repubblica italiana.
essendo venuto a mancare un contraddittorio televisivo in quello che appare quanto meno una forzatura (se non una falsificazione storica), ho contattato chi forse è tra i più titolati a potersi esprimere in merito: adelmo cervi, figlio di verina ed aldo cervi terzogenito dei sette fratelli cervi, fucilati dai fascisti al poligono di tiro di reggio emilia il 28 dicembre del 1943. adelmo all'epoca infante, aveva da poco compiuto 4 mesi.
attualmente adelmo si trova a celle ligure, ospite di un amico. prima che scoppiasse l'emergenza sanitaria era impegnato nella presentazione del suo libro “io che conosco il tuo cuore” scritto con giovanni zucca, un testo in cui si racconta la storia umana e politica del padre aldo, partigiano con i suoi sei fratelli nella banda cervi.
“dovevo partecipare alla trasmissione in questione- mi riferisce- ma per motivi tecnici poi mi hanno comunicato che non c'era spazio.”
- signor cervi che cosa ha pensato quando ha visto in t.v. gramellini affermare testualmente “che i fratelli cervi non erano neanche comunisti”?
in relazione alle affermazioni in questione sono rimasto stupito, lo dico in tono non polemico: vorrei sottolineare però il fatto che se non tutti i cervi erano comunisti mio padre lo era e i suoi fratelli lo appoggiavano pienamente. aggiungo che mio padre era considerato il capo politico dei fratelli cervi..
aldo cervi era convintamente comunista e ha lottato per la libertà e la giustizia. la mia famiglia era una famiglia contadini, mezzadri sfruttati, una famiglia di cattolici.
mio padre finisce in carcere nei primi anni '30 e finirà per incontrare tanti antifascisti, molti di ideologia comunista e finirà anche per lui per diventare un'antifascista comunista.
ha partecipato nei gruppi clandestini del partito comunista di lotta alla liberazione e ha combattuto orgogliosamente con tutti i suoi fratelli contro il nazifascismo.
spesso si dimentica che i comunisti sono quelli che hanno pagato il prezzo più importante nella resistenza.
dire questo non significare sminuire il fatto che nella resistenza contro il comune nemico fascista si unirono tante esperienze: comunisti, socialisti, democratici, ecc, i valori della resistenza sono fondamentali e tutt'oggi sono da portare avanti. divido il mondo in due categorie: gli sfruttati e gli sfruttatori. chi condivide certe idee non può che essere dalla parte dei primi e le battaglie grandi o piccole che siano vanno portate avanti nel quotidiano.
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il 9 maggio è l’ultimo campo di battaglia della seconda guerra mondiale.
di giacomo simoncelli (potere al popolo).
https://contropiano.org/news/.
chi desidera ma non agisce, alleva pestilenza»
william blake, il matrimonio del cielo e dell’inferno.
a tarda sera dell’8 maggio 1945 il capo dell’oberkommando der wehrmacht, ovvero delle forze armate tedesche, firmava la resa della germania di fronte al generale sovietico žukov, come poche ore prima un altro vertice delle truppe naziste, alfred jodl, aveva fatto a reims sul fronte occidentale della guerra.
a mosca era già il 9 maggio, e perciò tale data segna la conclusione effettiva della terribile tragedia della seconda guerra mondiale in europa, nonostante vi furono ancora strascichi e scontri fino a settembre.
l’eredità lasciata da una tale esperienza di morte e distruzione non poteva che essere quella di un forte anelito di pace e collaborazione, e come per ricollegarsi a questo desiderio il 9 maggio è celebrata nell’unione europa la festa dell’europa.
ma, come scriveva william blake, chi desidera ma non agisce, crea le condizioni per la diffusione di una malattia. anche le modalità della costruzione di una prospettiva di pace sono, in un certo senso, un campo di battaglia, e dove coloro che vogliono davvero raggiungere una pace reale e duratura arretrano prendono piede coloro per cui la pace è solo una parola da agitare a seconda della convenienza.
nell’europa stremata dalla guerra questo avvenne quasi subito. il 9 maggio del 1950 robert schuman, ministro degli esteri francese, tenne un discorso che prefigurava l’inizio del processo di integrazione europea, di cui il primo passo avvenne poco tempo dopo con la formazione della comunità europea del carbone e dell’acciaio (ceca).
ma questo processo era davvero dettato dalla volontà di cooperazione e pace? la spinta all’europa unita purtroppo nacque dalla peggiore consigliera della politica: la paura.
paura dei comunisti, dei sovietici che più di tutti avevano retto il peso militare della guerra con ingenti perdite materiali e umane, e contro cui bisognava costruire una “cintura di sicurezza”; paura del riaccendersi delle rivalità fra paesi, in primis francia e germania.
una rivalità che non venne risolta sul campo della crescita della coscienza civica, democratica e sociale dei paesi stessi, ma sul piano della progressiva integrazione delle economie, a partire dai settori strategicamente più importanti.
un tentativo velleitario di evitare la competizione fra stati attraverso la definizione di un’area di libero mercato capitalistico, il cui pilastro è la competizione stessa.
e in questo senso parlò giuseppe di vittorio, di cui riporto alcune parole pronunciate al parlamento nel 1952 in occasione della ratifica del trattato sull’istituzione della ceca:
«si dice che il piano schuman deve costituire la base economica della nuova federazione europea. possiamo discutere questa idea; ma, allo stato attuale, si tratta di una astrazione, priva di ogni contenuto concreto.
tutti sanno che, lungi dall’unire l’europa, tutta la politica che si ricollega a questo trattato, di cui discutiamo la ratifica, è una politica di divisione dell’europa e, peggio, anche una politica di divisione all’interno degli stessi popoli europei. per cui si tratta della divisione più nefasta e più nociva che si possa concepire per i popoli e per l’europa.
..segue ./.
Segue da Pag.21: 28 anni fa gli assalti della via Dobrovoljačka (Sarajevo) e della Brćanska Malta (Tuzla)
"Jovan
Divjak, mitico generale serbo della difesa di
Sarajevo" (7) http://www.balcanicaucaso. Paolo
Rumiz faziosissimo a favore di
Divjak: La "canonizzazione" di Jovan Divjak in Italia continua ancora oggi; si veda il nostro comunicato di protesta nell'aprile 2019: (8) Si vedano ad esempio: 2010: http://www.
=== USO E ABUSO DELLA STORIA:
Veltroni colpisce ancora. Ovvero l’ignoranza della storia genera mostri
di Angelo
d’Orsi
In
effetti, Veltroni era probabilmente soltanto “veltroniano”, anche
quando obbediva senza fiatare alle dirigenze del partito in cui
militava, dopo una lunga carriera nella FGCI, anche quando era dentro
la cappa del “socialismo reale”, anche quando insomma “faceva
il comunista senza esserlo”. Né poteva essere comunista da
segretario dei DS (Democratici di Sinistra) e men che meno da primo
segretario del neonato PD (Partito Democratico, di cui fu uno degli
inventori). Certo il suo curriculum
studiorum è
modestissimo (“diploma di istituto professionale per la
cinematografia e la televisione”), ma possibile che una militanza
lunga e da leader nelle file di partiti “antifascisti” (dal PCI
ai DS al PD), non gli abbia insegnato neppure l’abc? E non prova
vergogna a parlare dell’importanza della memoria da trasmettere ai
“giovani”?
(5 maggio 2020 – fonte: http://temi.repubblica. )
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"Mio padre era comunista". Il figlio di Aldo Cervi smentisce la bufala di Gramellini e Veltroni
Di Francesco Fustaneo per L'Antidiplomatico 30/04/2020
Giorno 25 Aprile alla Rai nel corso del programma condotto da Massimo Gramellini “Aspettando le Parole” con tema il 25 aprile dinnanzi all'ospite in collegamento esterno, Walter Veltroni, il primo affermava che i fratelli Cervi non fossero comunisti, senza che Veltroni con trascorsi politici nella F.g.c.i e da dirigente nel Partito Comunista si sentisse in dovere di smentirlo.
Da
anni nel nostro Paese, parallelamente ad un processo revisionista, si
assiste ad un tentativo mediatico di sminuire l'approccio comunista
alla Resistenza e alla causa antifascista in genere, ma anche il suo
contributo alla nascita e alla maturazione di quello che è
attualmente la Repubblica Italiana.
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Il 9 maggio è l’ultimo campo di battaglia della Seconda Guerra Mondiale di Giacomo Simoncelli (Potere Al Popolo) Chi desidera ma non agisce, alleva pestilenza» William Blake, Il matrimonio del Cielo e dell’Inferno A tarda sera dell’8 maggio 1945 il capo dell’Oberkommando der Wehrmacht, ovvero delle forze armate tedesche, firmava la resa della Germania di fronte al generale sovietico Žukov, come poche ore prima un altro vertice delle truppe naziste, Alfred Jodl, aveva fatto a Reims sul fronte occidentale della guerra. A Mosca era già il 9 maggio, e perciò tale data segna la conclusione effettiva della terribile tragedia della Seconda Guerra Mondiale in Europa, nonostante vi furono ancora strascichi e scontri fino a settembre. L’eredità lasciata da una tale esperienza di morte e distruzione non poteva che essere quella di un forte anelito di pace e collaborazione, e come per ricollegarsi a questo desiderio il 9 maggio è celebrata nell’Unione Europa la Festa dell’Europa. Ma, come scriveva William Blake, chi desidera ma non agisce, crea le condizioni per la diffusione di una malattia. Anche le modalità della costruzione di una prospettiva di pace sono, in un certo senso, un campo di battaglia, e dove coloro che vogliono davvero raggiungere una pace reale e duratura arretrano prendono piede coloro per cui la pace è solo una parola da agitare a seconda della convenienza. Nell’Europa stremata dalla guerra questo avvenne quasi subito. Il 9 maggio del 1950 Robert Schuman, ministro degli Esteri francese, tenne un discorso che prefigurava l’inizio del processo di integrazione europea, di cui il primo passo avvenne poco tempo dopo con la formazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Ma questo processo era davvero dettato dalla volontà di cooperazione e pace? La spinta all’Europa unita purtroppo nacque dalla peggiore consigliera della politica: la paura. Paura dei comunisti, dei sovietici che più di tutti avevano retto il peso militare della guerra con ingenti perdite materiali e umane, e contro cui bisognava costruire una “cintura di sicurezza”; paura del riaccendersi delle rivalità fra paesi, in primis Francia e Germania. Una rivalità che non venne risolta sul campo della crescita della coscienza civica, democratica e sociale dei paesi stessi, ma sul piano della progressiva integrazione delle economie, a partire dai settori strategicamente più importanti. Un tentativo velleitario di evitare la competizione fra Stati attraverso la definizione di un’area di libero mercato capitalistico, il cui pilastro è la competizione stessa. E in questo senso parlò Giuseppe Di Vittorio, di cui riporto alcune parole pronunciate al Parlamento nel 1952 in occasione della ratifica del trattato sull’istituzione della CECA: «Si dice che il piano Schuman deve costituire la base economica della nuova federazione europea. Possiamo discutere questa idea; ma, allo stato attuale, si tratta di una astrazione, priva di ogni contenuto concreto. Tutti sanno che, lungi dall’unire l’Europa, tutta la politica che si ricollega a questo trattato, di cui discutiamo la ratifica, è una politica di divisione dell’Europa e, peggio, anche una politica di divisione all’interno degli stessi popoli europei. Per cui si tratta della divisione più nefasta e più nociva che si possa concepire per i popoli e per l’Europa. ..segue ./.
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