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La VOCE 2012 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXIII N°4 | dicembre 2020 | PAGINA d - 28 |
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segue da pag.27: è morto robert fisk. dai troubles a sabra e shatila fino alle interviste con bin laden: se ne va il “reporter di guerra più famoso al mondo”.
è da lì che ha seguito, girando in lungo e in largo tutta la regione, la guerra civile libanese, testimone dei massacri, tra gli altri, di sabra e shatila, la rivoluzione iraniana degli ayatollah, l’invasione sovietica dell’afghanistan, la guerra iran-iraq, i conflitti del golfo e l’intervento occidentale per la lotta ad al-qaeda, prima, e quello contro saddam hussein, poi. quarant’anni di carriera fatti di scoop, reportage che gli sono valsi numerosi premi, libri che sono diventati testi sacri per chi si avvicina con interesse alla storia del medio oriente, ma anche di numerose critiche. tra tutte, quelle ripetute con i vari governi israeliani. le ricevette quando condannò l’operato dell’allora ministro della difesa, ariel sharon, colpevole di “aver lasciato entrare nei campi (le falangi libanesi, ndr) per ‘spazzare via i terroristi’”. lo colpirono anche durante le intifada, quando la sua penna si scagliò più volte contro le operazioni di rappresaglia militare messe in campo da tel aviv. racconti poi raccolti nei suoi due libri più celebri: il martirio di una nazione e cronache mediorientali.
della sua carriera si ricordano soprattutto le tre intervista fatte negli anni 90 a osama bin laden, leader di al-qaeda che in quegli anni stava progettando i primi attacchi contro obiettivi americani, come quelli del 1998 alle ambasciate di dar es salaamin tanzania e di nairobi in kenya. è stato lui il primo reporter occidentale a incontrare faccia a faccia e a raccontare in prima persona colui che di lì a poco sarebbe diventato per il pubblico internazionale lo sceicco del terrore.
cari primi interessati ad aiutare.
ho parlato con medical aid for palestine e loro sono in grado di spostare soldi e comprare ossigeno in tempi brevi, lo hanno gia iniziato a fare anche loro, quindi farei come gia altre volte e manderei a loro
questo dall'italia si puo fare o direttamente o spedendo a noi (e noi inoltriamo appena riceviamo un gruzzoletto o cmq tra una settimana. e vi mandiamo prova del versamento a map che poi ci manderà copia della ricevuta). o direttamente sul conto di map (ancor piu sotto)
in entrambe i casi specificare : ossigeno x gaza covid, cosi sappiamo come usare
1
iban it59y0501801400000011670924 intestato a:
nwrg (newweapons research group) onlus.
"mi ha puntato la pistola alla testa".
"difendo il mio territorio e per questo qualcuno mi ha puntato una pistola alla testa. mi volevano morta.
io resisto.
non possiamo lasciarci sopraffare dalla paura".
jani silva rappresenta la voce di centinaia di contadini (campesinos) minacciati da gruppi illegali, dall'esercito, dai trafficanti di droga e da multinazionali del petrolio.
per motivi di sicurezza è costretta a vivere in esilio forzato, ma continua a ricevere intimidazioni e minacce. la sua vita è in pericolo.
aiutaci a proteggerla.
l’incontro di netanyahu con mbs segna un nuovo fronte contro il ritorno all’accordo con l’iran da parte di biden.
l'incontro tra pompeo e mbs a neon in arabia saudita a cui si aggiungerà netanyahu.
philip weiss - 23 novembre 2020 – mondoweiss.
la grande notizia di questa notte è che pare che benjamin netanyahu sia volato nella città dell’arabia saudita di neom sul mar rosso per incontrare il principe saudita mohammed bin salman su richiesta del segretario di stato usa mike pompeo.
se confermato, questo sarebbe ovviamente un incontro di grande importanza storica – un leader israeliano non ha mai visitato l’arabia saudita. pompeo ha segnalato ciò con un tweet criptico:
“costruttivo incontro oggi con il principe ereditario mohammed bin salman a neom. gli stati uniti e l’arabia saudita hanno percorso un lungo cammino da quando il presidente franklin delano roosevelt e il re abdul aziz al saud hanno posto per la prima volta le basi per le nostre relazioni 75 anni fa.”
pompeo si riferisce ad un famoso incontro in cui il re disse a roosevelt che non ci doveva essere uno stato sionista nella vicina palestina e roosevelt gli promise che gli usa non avrebbero appoggiato una simile ipotesi. poi roosevelt morì e truman cambiò politica.
e guarda un po’, adesso anche i sauditi stanno cambiando idea sul sionismo, come va strombazzando la stampa israeliana.
consideriamo la valenza politica di questa visita. è una triplice vittoria per israele, arabia saudita e anche per pompeo. ma molti altri perdono!
sicuramente israele ne trae il maggior vantaggio. un altro accordo di normalizzazione con un vicino arabo è in vista. ancora una volta i palestinesi sono stati sacrificati; ehi, voi palestinesi dovete arrendervi. jared kushner [genero e consigliere di trump per il medio oriente, ndtr.] vi ha detto che siete un popolo sconfitto.
israele riesce a legare ancor di più le mani a joe biden riguardo alla ripresa dell’accordo con l’iran, che odia. ieri netanyahu ha detto a biden che non può rientrare nell’accordo prima di essere andato in arabia saudita. l’avvocato di israele dennis ross ha inviato questo messaggio in un tweet stamattina.
l’incontro netanyahu-mbs non è una mossa da poco in medio oriente. si può scommettere che la loro discussione si è fortemente incentrata su come rapportarsi all’amministrazione biden, con un occhio verso il coordinamento dei messaggi sull’iran.
il messaggio a biden, proprio mentre sta costituendo la sua squadra di esperti di washington sulla politica estera, è questo: dovrai usare tutte le tue capacità politiche per firmare un accordo con l’iran, perché israele con l’aiuto della casa bianca di trump ha appena alzato il prezzo. non ti conviene.
martin indyk, un lobbista filoisraeliano democratico di centro, capisce che il messaggio è questo e invita israele ad essere cortese con biden.
se l’incontro tra netanyahu e mbs è stato inteso come un tentativo di coordinare le posizioni contro ciò che entrambi potrebbero considerare una nuova minaccia comune da parte dell’entrante amministrazione biden, questo è un grosso errore. lavorare insieme a biden piuttosto che contro di lui porterà a risultati molto migliori per tutti.
bella mossa. ma ad israele non importa.
passiamo al punto di vista della monarchia saudita. nel 2015 l’arabia saudita non si era opposta all’accordo con l’iran (guadagnando così l’appoggio di obama nella guerra in yemen), ma ovviamente condivide alcuni degli interessi di israele nell’isolare l’iran. ora sta
svendendo i palestinesi, ma non è un gran prezzo da pagare quando si pensa a cosa ci guadagna. ora ha a washington l’ambasciatore più potente di tutti: la lobby israeliana e netanyahu, che aiuteranno a sostenere il regime corrotto e criminale nel momento in cui un’amministrazione democratica entra alla casa bianca parlando di diritti umani.
organizzazioni ebraiche di centro come la conferenza dei presidenti e l’aipac stanno per prendere le difese dell’arabia saudita e diranno a joe biden di lasciar perdere l’assassinio di jamal khashoggi – la pace in medio oriente è più importante.
scusate se ripeto uno vecchio discorso, ma l’arabia saudita sa che essere cortesi con israele apre le porte a washington. gli uomini più potenti del mondo, come putin, modi e obama, si sono tutti rivolti alla lobby israeliana per cercare di fare affari in campidoglio. obama nel 2008 ha concordato con la lobby la nomina del suo segretario di stato; poi nel 2015 ha dovuto combattere con la lobby di destra per raggiungere l’accordo con l’iran, ma almeno ha avuto al suo fianco i sionisti progressisti.
infine c’è pompeo. ha fatto tutto quel che poteva per israele negli ultimi giorni, alla fine dell’amministrazione trump. il bds è “un cancro”, ha detto quando è partito per le colonie illegali in cisgiordania. il principale donatore repubblicano, sheldon adelson, concorda in pieno. come ha detto nick schifrin [giornalista usa esperto di medio oriente, ndtr.] l’altra notte nel programma pbs news hour [programma televisivo usa di approfondimento della rete radiotelevisiva pubblica, ndtr.] , pompeo ha delle ottime carte per dimostrare la propria idoneità per una campagna presidenziale nel 2014. anche aaron david miller [analista e negoziatore usa in medio oriente, ndtr.] lo ha detto:
“le gite di pompeo all’azienda vitivinicola in cisgiordania e nel golan non hanno nulla a che fare con le ambizioni dell’america, bensì con le sue, in vista del 2024.”
socializzare con la destra israeliana è ancora una buona politica negli usa. durante le primarie democratiche bernie sanders e pete buttigieg hanno definito netanyahu un razzista che ha perso la testa, ma questa consapevolezza deve ancora farsi strada a washington.
vediamola in questo modo: joe biden sta cercando un ambasciatore in israele che vada bene a netanyahu. i nomi in gioco sono dan shapiro, michael adler e robert wexler, tutti ebrei e sionisti. l’idea che un ambasciatore usa in israele sia qualcuno che dia speranze ai palestinesi sotto apartheid è fuori questione. e pensate che netanyahu abbia voluto fare una cortesia a obama quando ha nominato michael oren e ron dermer come suoi ambasciatori a washington? neanche per un istante. ha messo una spina nel fianco di obama. *“se arrivasse un extraterrestre e vedesse i rapporti tra usa ed israele avrebbe ragione di pensare che gli usa sono uno stato vassallo di israele”, dice un esperto.
in sostanza, netanyahu esercita ancora un grande potere a washington. e l’arabia saudita lo ha al suo fianco. chiunque altro ha ulteriori motivi per preoccuparsi.
philip weiss è caporedattore di mondoweiss.net e ha creato il sito nel 2005-06.
(traduzione dall’inglese di cristiana cavagna).
*ndr.: quell'extraterrestre sono io, che l'ho affermato da sempre.
il 29 novembre, giornata onu per la palestina...
il 29 novembre 1947, come ricordano i palestinesi, è stato uno dei giorni più neri della storia palestinese, quando l'onu nel compiere il più grande torto nei confronti di un popolo sulla terra, votò il piano di spartizione della palestina storica in 2 stati: quello ebraico sul 56%, e quello arabo palestinese sul 43,4% lasciando fuori dalla spartizione gerusalemme dichiarata zona internazionale.
di fatto le nu favorirono la nakba, cioè l'espulsione del 75% dei palestinesi dalle loro case.
nel novembre 1974, yasser arafat presidente dell'olp, leader riconosciuto della lotta di liberazione nazionale del popolo palestinese, venne invitato a pronunciare il suo discorso dinanzi all'assemblea generale dell'onu, rappresentando nelle sedi internazionali le legittime aspirazioni dei palestinesi e proponendo la `questione palestinese' come nodo cruciale di interesse mondiale, con una sua specifica autonomia nel mosaico delle nazioni arabe disegnato dall'equilibrio delle grandi potenze nell'era post-coloniale.
arafat, in quell'occasione, dichiarava: "il diritto di tutte le parti coinvolte nel conflitto mediorientale a vivere in pace e sicurezza, compresi lo stato di palestina, israele e tutti" e aggiungeva: "sono venuto con un ramoscello d'ulivo in una mano e il fucile del combattente per la libertà nell'altra. non lasciate cadere il ramoscello d'ulivo dalla mia mano".
nel 1977 l'onu, dopo quel famoso discorso e come segnale di riconoscimento del torto commesso nei confronti del popolo palestinese per l'approvazione della risoluzione 181 del 29 novembre "47, consistente nell'ingiusto "piano di spartizione", trasformò quella triste data in una giornata da celebrare e da festeggiare, dandole un diverso colore e una speranza per una giusta pace. è la giornata che noi festeggiamo oggi. "giornata internazionale di solidarietà con la lotta del popolo palestinese" e, per l'occasione, anche il segretario generale è solito fare un suo discorso invitando il mondo a manifestare in solidarietà con la giusta causa palestinese.
ma dopo tutti questi anni di aperture, di trattative e di false aspettative e speranze, dove siamo e cosa facciamo?
grazie all’intransigenza e all’arroganza israeliana, e al silenzio e spesso alla complicità dei potenti della terra, campioni della democrazia e dei diritti umani, come piace loro ripetere in ogni occasione, siamo tornati indietro, siamo sotto zero.
oggi, quando si chiede a qualunque uomo politico o a qualsiasi governo, quale è la soluzione del conflitto mediorientale, tutti rispondono: 2 stati per 2 popoli, ma quando il presidente palestinese abu mazen, si presenta all’onu a rivendicare il riconoscimento dello stato che non c’è e del popolo che non esiste, gli usa e la maggior parte dell’europa votano: no.
in realtà è israele che non vuole la pace, ma vuole appropriarsi di tutta la terra palestinese e non, per questo può solo reprimere ed opprimere il popolo palestinese e cercare il consenso dei peggiori governi arabi, mantenere lo status de facto, né pace né guerra: reprimere, assassinare, distruggere…fino a quando?
fino a quando l’onu e la comunità internazionale potranno evitare di rispondere a questa domanda che noi facciamo? fino a quando saranno violati e negati i diritti umani del popolo palestinese?
il popolo palestinese, in palestina e in tutte le parti del mondo, continua la sua lotta e la sua eroica lresistenza. ringrazia i 141 stati nel mondo, che hanno mostrato sentimenti di giustizia e rispetto per il suo diritto all'esistenza, alla vita, alla libertà, alla giustizia e che hanno riconosciuto lo stato della palestina. grazie ai paesi dell'africa, dell'asia e dell'america latina.
chiediamo oggi all’italia, l’italia autrice della dichiarazione di venezia del 1980 e all’europa civile, chiediamo di compiere un passo importante ed essenziale per la realizzazione di una soluzione pacifica, giusta e durevole per il conflitto mediorientale, attraverso il suo ufficiale riconoscimento dello stato di palestina come atto di giustizia e di coerenza morale e politica.
oggi, rilanciando la campagna italiana ed europea di raccolta delle firme (un milione dall’italia e 15 dall’europa) ringraziamo tutte le organizzazioni politiche, sindacali, culturali, religiose e della società civile, italiane ed europee, che hanno deciso di marciare insieme a noi. lottiamo fianco a fianco per un mondo diverso, più giusto e più civile e per una libera e democratica palestina.
roma, 29 novembre 2020 - dr. yousef salman - presidente della comunità palestinese di roma e del lazio.
chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso من يناضل يمكن أن يخسر، ولكن من لا يناضل فقد خسر مسبقا
chi salva la vita di un bambino salva il mondo intero abbiamo bisogno di ponti e non di muri نحن بحاجة لجسور وليس لجدران
Segue da Pag.27: È morto Robert Fisk. Dai Troubles a Sabra e Shatila fino alle interviste con bin Laden: se ne va il “reporter di guerra più famoso al mondo”
È da lì che ha seguito, girando in lungo e in largo tutta la regione, la guerra civile libanese, testimone dei massacri, tra gli altri, di Sabra e Shatila, la rivoluzione iraniana degli ayatollah, l’invasione sovietica dell’Afghanistan, la guerra Iran-Iraq, i conflitti del Golfo e l’intervento occidentale per la lotta ad al-Qaeda, prima, e quello contro Saddam Hussein, poi. Quarant’anni di carriera fatti di scoop, reportage che gli sono valsi numerosi premi, libri che sono diventati testi sacri per chi si avvicina con interesse alla storia del Medio Oriente, ma anche di numerose critiche. Tra tutte, quelle ripetute con i vari governi israeliani. Le ricevette quando condannò l’operato dell’allora ministro della Difesa, Ariel Sharon, colpevole di “aver lasciato entrare nei campi (le Falangi libanesi, ndr) per ‘spazzare via i terroristi’”. Lo colpirono anche durante le Intifada, quando la sua penna si scagliò più volte contro le operazioni di rappresaglia militare messe in campo da Tel Aviv. Racconti poi raccolti nei suoi due libri più celebri: Il Martirio di una Nazione e Cronache Mediorientali. Della sua carriera si ricordano soprattutto le tre intervista fatte negli Anni 90 a Osama bin Laden, leader di al-Qaeda che in quegli anni stava progettando i primi attacchi contro obiettivi americani, come quelli del 1998 alle ambasciate di Dar es Salaamin Tanzania e di Nairobi in Kenya. È stato lui il primo reporter occidentale a incontrare faccia a faccia e a raccontare in prima persona colui che di lì a poco sarebbe diventato per il pubblico internazionale Lo Sceicco del Terrore. ho parlato con medical aid for Palestine e loro sono in grado di spostare soldi e comprare ossigeno in tempi brevi, lo hanno gia iniziato a fare anche loro, quindi farei come gia altre volte e manderei a loro questo dall'Italia si puo fare o direttamente o spedendo a noi (e noi inoltriamo appena riceviamo un gruzzoletto o cmq tra una settimana. e vi mandiamo prova del versamento a Map che poi ci manderà copia della ricevuta). O direttamente sul conto di MAP (ancor piu sotto) In entrambe i casi specificare : Ossigeno x Gaza covid, cosi sappiamo come usare 1 IBAN IT59Y0501801400000011670924 intestato a: NWRG (NewWeapons Research Group) ONLUS "Mi ha puntato la pistola alla testa"![]() Io resisto. Non possiamo lasciarci sopraffare dalla paura". Jani Silva rappresenta la voce di centinaia di contadini (campesinos) minacciati da gruppi illegali, dall'esercito, dai trafficanti di droga e da multinazionali del petrolio. Per motivi di sicurezza è costretta a vivere in esilio forzato, ma continua a ricevere intimidazioni e minacce. La sua vita è in pericolo. AIUTACI A PROTEGGERLA L’incontro di Netanyahu con MBS segna un nuovo fronte contro il ritorno all’accordo con l’Iran da parte di Biden![]() Philip Weiss - 23 novembre 2020 – Mondoweiss La grande notizia di questa notte è che pare che Benjamin Netanyahu sia volato nella città dell’Arabia Saudita di NEOM sul Mar Rosso per incontrare il principe saudita Mohammed bin Salman su richiesta del Segretario di Stato USA Mike Pompeo. Se confermato, questo sarebbe ovviamente un incontro di grande importanza storica – un leader israeliano non ha mai visitato l’Arabia Saudita. Pompeo ha segnalato ciò con un tweet criptico: “Costruttivo incontro oggi con il principe ereditario Mohammed bin Salman a NEOM. Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita hanno percorso un lungo cammino da quando il Presidente Franklin Delano Roosevelt e il Re Abdul Aziz Al Saud hanno posto per la prima volta le basi per le nostre relazioni 75 anni fa.” Pompeo si riferisce ad un famoso incontro in cui il re disse a Roosevelt che non ci doveva essere uno Stato sionista nella vicina Palestina e Roosevelt gli promise che gli USA non avrebbero appoggiato una simile ipotesi. Poi Roosevelt morì e Truman cambiò politica. E guarda un po’, adesso anche i sauditi stanno cambiando idea sul sionismo, come va strombazzando la stampa israeliana. Consideriamo la valenza politica di questa visita. È una triplice vittoria per Israele, Arabia Saudita e anche per Pompeo. Ma molti altri perdono! Sicuramente Israele ne trae il maggior vantaggio. Un altro accordo di normalizzazione con un vicino arabo è in vista. Ancora una volta i palestinesi sono stati sacrificati; ehi, voi palestinesi dovete arrendervi. Jared Kushner [genero e consigliere di Trump per il Medio Oriente, ndtr.] vi ha detto che siete un popolo sconfitto. Israele riesce a legare ancor di più le mani a Joe Biden riguardo alla ripresa dell’accordo con l’Iran, che odia. Ieri Netanyahu ha detto a Biden che non può rientrare nell’accordo prima di essere andato in Arabia Saudita. L’avvocato di Israele Dennis Ross ha inviato questo messaggio in un tweet stamattina. L’incontro Netanyahu-MbS non è una mossa da poco in Medio Oriente. Si può scommettere che la loro discussione si è fortemente incentrata su come rapportarsi all’amministrazione Biden, con un occhio verso il coordinamento dei messaggi sull’Iran. Il messaggio a Biden, proprio mentre sta costituendo la sua squadra di esperti di Washington sulla politica estera, è questo: dovrai usare tutte le tue capacità politiche per firmare un accordo con l’Iran, perché Israele con l’aiuto della Casa Bianca di Trump ha appena alzato il prezzo. Non ti conviene. Martin Indyk, un lobbista filoisraeliano democratico di centro, capisce che il messaggio è questo e invita Israele ad essere cortese con Biden. Se l’incontro tra Netanyahu e MbS è stato inteso come un tentativo di coordinare le posizioni contro ciò che entrambi potrebbero considerare una nuova minaccia comune da parte dell’entrante amministrazione Biden, questo è un grosso errore. Lavorare insieme a Biden piuttosto che contro di lui porterà a risultati molto migliori per tutti. Bella mossa. Ma ad Israele non importa. Passiamo al punto di vista della monarchia saudita. Nel 2015 l’Arabia Saudita non si era opposta all’accordo con l’Iran (guadagnando così l’appoggio di Obama nella guerra in Yemen), ma ovviamente condivide alcuni degli interessi di Israele nell’isolare l’Iran. Ora sta |
svendendo i palestinesi, ma non è un gran prezzo da pagare quando si pensa a cosa ci guadagna. Ora ha a Washington l’ambasciatore più potente di tutti: la lobby israeliana e Netanyahu, che aiuteranno a sostenere il regime corrotto e criminale nel momento in cui un’amministrazione democratica entra alla Casa Bianca parlando di diritti umani.
Organizzazioni ebraiche di centro come la Conferenza dei Presidenti e l’AIPAC stanno per prendere le difese dell’Arabia Saudita e diranno a Joe Biden di lasciar perdere l’assassinio di Jamal Khashoggi – la pace in Medio Oriente è più importante. Scusate se ripeto uno vecchio discorso, ma l’Arabia Saudita sa che essere cortesi con Israele apre le porte a Washington. Gli uomini più potenti del mondo, come Putin, Modi e Obama, si sono tutti rivolti alla lobby israeliana per cercare di fare affari in Campidoglio. Obama nel 2008 ha concordato con la lobby la nomina del suo segretario di Stato; poi nel 2015 ha dovuto combattere con la lobby di destra per raggiungere l’accordo con l’Iran, ma almeno ha avuto al suo fianco i sionisti progressisti. Infine c’è Pompeo. Ha fatto tutto quel che poteva per Israele negli ultimi giorni, alla fine dell’amministrazione Trump. Il BDS è “un cancro”, ha detto quando è partito per le colonie illegali in Cisgiordania. Il principale donatore repubblicano, Sheldon Adelson, concorda in pieno. Come ha detto Nick Schifrin [giornalista USA esperto di Medio Oriente, ndtr.] l’altra notte nel programma PBS News Hour [programma televisivo USA di approfondimento della rete radiotelevisiva pubblica, ndtr.] , Pompeo ha delle ottime carte per dimostrare la propria idoneità per una campagna presidenziale nel 2014. Anche Aaron David Miller [analista e negoziatore USA in Medio Oriente, ndtr.] lo ha detto: “Le gite di Pompeo all’azienda vitivinicola in Cisgiordania e nel Golan non hanno nulla a che fare con le ambizioni dell’America, bensì con le sue, in vista del 2024.” Socializzare con la destra israeliana è ancora una buona politica negli USA. Durante le primarie democratiche Bernie Sanders e Pete Buttigieg hanno definito Netanyahu un razzista che ha perso la testa, ma questa consapevolezza deve ancora farsi strada a Washington. Vediamola in questo modo: Joe Biden sta cercando un ambasciatore in Israele che vada bene a Netanyahu. I nomi in gioco sono Dan Shapiro, Michael Adler e Robert Wexler, tutti ebrei e sionisti. L’idea che un ambasciatore USA in Israele sia qualcuno che dia speranze ai palestinesi sotto apartheid è fuori questione. E pensate che Netanyahu abbia voluto fare una cortesia a Obama quando ha nominato Michael Oren e Ron Dermer come suoi ambasciatori a Washington? Neanche per un istante. Ha messo una spina nel fianco di Obama. *“Se arrivasse un extraterrestre e vedesse i rapporti tra USA ed Israele avrebbe ragione di pensare che gli USA sono uno Stato vassallo di Israele”, dice un esperto. In sostanza, Netanyahu esercita ancora un grande potere a Washington. E l’Arabia Saudita lo ha al suo fianco. Chiunque altro ha ulteriori motivi per preoccuparsi. Philip Weiss è caporedattore di Mondoweiss.net e ha creato il sito nel 2005-06. (Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna) *Ndr.: quell'extraterrestre sono io, che l'ho affermato da sempre. Il 29 Novembre, Giornata ONU per la Palestina...Di fatto le NU favorirono la Nakba, cioè l'espulsione del 75% dei palestinesi dalle loro case. Nel novembre 1974, Yasser Arafat Presidente dell'OLP, leader riconosciuto della lotta di liberazione nazionale del popolo palestinese, venne invitato a pronunciare il suo discorso dinanzi all'Assemblea Generale dell'ONU, rappresentando nelle sedi internazionali le legittime aspirazioni dei palestinesi e proponendo la `questione palestinese' come nodo cruciale di interesse mondiale, con una sua specifica autonomia nel mosaico delle nazioni arabe disegnato dall'equilibrio delle grandi potenze nell'era post-coloniale. Arafat, in quell'occasione, dichiarava: "Il diritto di tutte le parti coinvolte nel conflitto mediorientale a vivere in pace e sicurezza, compresi lo Stato di Palestina, Israele e tutti" e aggiungeva: "Sono venuto con un ramoscello d'ulivo in una mano e il fucile del combattente per la libertà nell'altra. Non lasciate cadere il ramoscello d'ulivo dalla mia mano". Nel 1977 l'ONU, dopo quel famoso discorso e come segnale di riconoscimento del torto commesso nei confronti del popolo palestinese per l'approvazione della risoluzione 181 del 29 novembre "47, consistente nell'ingiusto "Piano di Spartizione", trasformò quella triste data in una giornata da celebrare e da festeggiare, dandole un diverso colore e una speranza per una giusta pace. È la Giornata che noi festeggiamo oggi. "Giornata Internazionale di Solidarietà con la lotta del Popolo Palestinese" e, per l'occasione, anche il Segretario Generale è solito fare un suo discorso invitando il mondo a manifestare in solidarietà con la giusta causa palestinese. Ma dopo tutti questi anni di aperture, di trattative e di false aspettative e speranze, dove siamo e cosa facciamo? Grazie all’intransigenza e all’arroganza israeliana, e al silenzio e spesso alla complicità dei potenti della terra, campioni della democrazia e dei diritti umani, come piace loro ripetere in ogni occasione, siamo tornati indietro, siamo sotto zero. Oggi, quando si chiede a qualunque uomo politico o a qualsiasi governo, quale è la soluzione del conflitto mediorientale, tutti rispondono: 2 stati per 2 popoli, ma quando il Presidente palestinese Abu Mazen, si presenta all’ONU a rivendicare il riconoscimento dello stato che non c’è e del popolo che non esiste, gli USA e la maggior parte dell’Europa votano: NO. In realtà è Israele che non vuole la pace, ma vuole appropriarsi di tutta la terra palestinese e non, per questo può solo reprimere ed opprimere il popolo palestinese e cercare il consenso dei peggiori governi arabi, mantenere lo status de facto, né pace né guerra: reprimere, assassinare, distruggere…Fino a quando? Fino a quando l’ONU e la Comunità internazionale potranno evitare di rispondere a questa domanda che noi facciamo? fino a quando saranno violati e negati i diritti umani del popolo palestinese? Il popolo palestinese, in Palestina e in tutte le parti del mondo, continua la sua lotta e la sua eroica lResistenza. Ringrazia i 141 Stati nel mondo, che hanno mostrato sentimenti di giustizia e rispetto per il suo diritto all'esistenza, alla vita, alla libertà, alla giustizia e che hanno riconosciuto lo Stato della Palestina. GRAZIE ai paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina. Chiediamo oggi all’Italia, l’Italia autrice della Dichiarazione di Venezia del 1980 e all’Europa civile, chiediamo di compiere un passo importante ed essenziale per la realizzazione di una soluzione pacifica, giusta e durevole per il conflitto mediorientale, attraverso il suo ufficiale riconoscimento dello Stato di Palestina come atto di giustizia e di coerenza morale e politica. Oggi, rilanciando la Campagna italiana ed europea di raccolta delle firme (un milione dall’Italia e 15 dall’Europa) ringraziamo tutte le organizzazioni politiche, sindacali, culturali, religiose e della società civile, italiane ed europee, che hanno deciso di marciare insieme a noi. Lottiamo fianco a fianco per un mondo diverso, più giusto e più civile e per una libera e democratica Palestina. Roma, 29 novembre 2020 - Dr. Yousef Salman - Presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso من يناضل يمكن أن يخسر، ولكن من لا يناضل فقد خسر مسبقا Chi salva la vita di un bambino salva il mondo intero Abbiamo bisogno di ponti e non di muri نحن بحاجة لجسور وليس لجدران |
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