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La VOCE 2004 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXII N°8 | aprile 2020 | PAGINA - 42 |
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di uguale spessore, si è ipotizzato che una delle tre corde fungesse da nota base, quasi una sorta di bordone, e che le altre due fossero accordate all’unisono e suonate insieme come una sorta di mandolino. l’arpa appare fin dall’antico regno ed è rappresentata innumerevoli volte nei bassorilievi. gli studiosi pensano che gli arpisti accompagnassero i canti con accordi formati generalmente da note lungamente tenute o ripetute ritmicamente.
misurando la lunghezza delle corde e osservando la posizione delle mani sullo strumento sono stati calcolati gli intervalli più frequenti: la quinta e l’ottava.
una testimonianza musicale di notevole importanza proviene dalla famosa mastaba di ptah-hotep a saqqara, in quanto il chironomo raffigurato esegue due movimenti diversi contemporaneamente: la mano sinistra, che ha il pollice e l’indice che si toccano, indica la fondamentale e la mano destra, con le dita tese, la quinta. questo documento indica chiaramente l’uso nella musica egizia di suoni simultanei e quindi l’esistenza di un’armonia. è presumibile che la melodia eseguita dalla voce o da uno strumento, o da entrambi, fosse accompagnata da accordi di quarta, quinta e ottava, ossia da quegli intervalli considerati naturalmente consonanti.
la musica in grecia.
come già accennato la storia della musica occidentale si differenzia da quella orientale fin da quando pitagolra l'ha codificata. si narra che pitagora passando vicino alla fucina di un fabbro che martellava il ferro da sagomare con martelli di peso diverso si accorse che il fabbro produceva suoni che erano gradevoli (consonanti) quando i pesi dei martelli erano in un rapporto intero tra loro, e sgradevoli in caso contrario.
analogamente si racconta che pitagora giunse a considerazioni analoghe percuotendo delle anfore variamente riempite d'acqua.
comunque sia, pitagora, non ancora rimasto folgorato dai numeri irrazionali, considerava l'armonia come il principio fondante della matematica e della filosofia, quindi armonia in senso etico e matematico, che ora si confermava principio fondamentale nella musica.
la musica pitagorica è al tempo stesso l'inizio della scienza dell'ordine, del numero, della misura e insieme la nascita di quella virtù politica che la filosofia vuole insegnare all'essere umano.
così attraverso la scoperta delle consonanze l'armonia diventa la capacità di parlare e cantare bene: armonia è musica come arte della parola, della poesia, della danza, del suono.
pitagora basò la sua dottrina sui numeri interi, specie quelli dall'1 al 4 in quanto la loro somma, la cosiddetta tetraktys, corrispondeva al numero perfetto per eccellenza, il 10.
per approfondire la sua intuizione .
si servì di un monocordo, uno strumento musicale dotato di una sola corda tesa fra due estremi fissi, al di sotto della quale scorreva liberamente un ponticello mobile che divideva la corda in due segmenti di lunghezza variabile.
ponendo il ponticello ad una estremità e poi in mezzo si ottenevano due suoni molto consonanti (in quanto la frequenza risultava esattamente doppia con il ponticello messo a metà della corda).
le note intermedie si ricavavano quando il rapporto delle due parti della corda era rappresentato da numeri interi: ne risultavano 8 divisioni e per questo l'ottava nota fu battezzata come la prima, ma di un'ottava più alta.
a 2/3 della corda si ottiene un intervallo di quinta giusta, cioè sia ascendente che discendente (vedremo poi cosa significa questa annotazione).
a 3/4 un intervallo di quarta.
riuscirono poi a ricavare esattamente anche le altre note avendo scoperto che il rapporto di 1/3 della corda rispetto alla fondamentale con il ponticello in fondo generava una distanza di quinta, ma in una ottava superiore.
così come invece in un rapporto di 3/2 si generavano quinte, ma di un'ottava inferiore alla fondamentale presa in considerazione.
per spiegarci meglio se la corda intera avesse fornito la nota do (naturalmente il nome della nota do risale all'xi secolo dell'era volgare ad opera di guido d'arezzo e quindi qui sarebbe un anacronismo, ma lo usiamo solo per far comprendere meglio l'esempio: così pure il nome delle note che seguono), un rapporto di 2/3 avrebbe generato il sol successivo, mentre il rapporto di un 1/3 il sol dell'ottava superiore. similmente il rapporto di 3/2 con la fondamentale avrebbe generato una quinta, ma nell'ottava inferiore.
così per le quinte superiori si procedeva in tal modo: per riportare tali frequenze nell'ambito dell'ottava di partenza si divideva la frequenza così ottenuta per 2n, dove n era il numero di ottave che si erano 'percorse'.
mentre per le quinte delle ottave inferiori si moltiplicava la frequenza ottenuta per 2n.
esiste una formula matematica per rappresentare tutto questo:
zk=(3/2)k=2nrk dove rk rappresenta la nota ottenuta attraverso il procedimento per quinte (ascendenti o discendenti), n il numero di ottave che distano da quella di partenza e zk la nota ottenuta riportata nell'ottava di partenza. se k è positivo si sta applicando il procedimento per quinte ascendenti, se è negativo quello per quinte discendenti.
un modo più semplice per capirlo è riferendosi allo schema della pagina seguente.
A sostegno dell’ipotesi che gli Egiziani conoscessero l’armonia, vengono in aiuto alcuni strumenti musicali tra i quali il liuto, l’arpa e il doppio clarinetto. Attraverso lo studio di un liuto proveniente dalla tomba di Harmose a Tebe, del quale sono stati trovati i frammenti di tre corde
di uguale spessore, si è ipotizzato che una delle tre corde fungesse da nota base, quasi una sorta di bordone, e che le
altre due fossero accordate all’unisono e suonate insieme come una sorta di mandolino. L’arpa appare fin dall’antico regno ed è rappresentata innumerevoli volte nei bassorilievi. Gli studiosi pensano che gli arpisti accompagnassero i canti con accordi formati generalmente da note lungamente tenute o ripetute ritmicamente.
Misurando la lunghezza delle corde e osservando la posizione delle mani sullo strumento sono stati calcolati gli intervalli più frequenti: la quinta e l’ottava. Una testimonianza musicale di notevole importanza proviene dalla famosa mastaba di Ptah-hotep a Saqqara, in quanto il chironomo raffigurato esegue due movimenti diversi contemporaneamente: la mano sinistra, che ha il pollice e l’indice che si toccano, indica la fondamentale e la mano destra, con le dita tese, la quinta. Questo documento indica chiaramente l’uso nella musica egizia di suoni simultanei e quindi l’esistenza di un’armonia. È presumibile che la melodia eseguita dalla voce o da uno strumento, o da entrambi, fosse accompagnata da accordi di quarta, quinta e ottava, ossia da quegli intervalli considerati naturalmente consonanti. La musica in Grecia. Come già accennato la storia della musica occidentale si differenzia da quella orientale fin da quando Pitagolra l'ha codificata. Si narra che Pitagora passando vicino alla fucina di un fabbro che martellava il ferro da sagomare con martelli di peso diverso si accorse che il fabbro produceva suoni che erano gradevoli (consonanti) quando i pesi dei martelli erano in un rapporto intero tra loro, e sgradevoli in caso contrario. Analogamente si racconta che Pitagora giunse a considerazioni analoghe percuotendo delle anfore variamente riempite d'acqua. Comunque sia, Pitagora, non ancora rimasto folgorato dai numeri irrazionali, considerava l'armonia come il principio fondante della matematica e della filosofia, quindi armonia in senso etico e matematico, che ora si confermava principio fondamentale nella musica. La musica pitagorica è al tempo stesso l'inizio della scienza dell'ordine, del numero, della misura e insieme la nascita di quella virtù politica che la filosofia vuole insegnare all'essere umano. Così attraverso la scoperta delle consonanze l'armonia diventa la capacità di parlare e cantare bene: armonia è musica come arte della parola, della poesia, della danza, del suono. Pitagora basò la sua dottrina sui numeri interi, specie quelli dall'1 al 4 in quanto la loro somma, la cosiddetta tetraktys, corrispondeva al numero perfetto |
per eccellenza, il 10.
![]() Ponendo il ponticello ad una estremità e poi in mezzo si ottenevano due suoni molto consonanti (in quanto la frequenza risultava esattamente doppia con il ponticello messo a metà della corda). Le note intermedie si ricavavano quando il rapporto delle due parti della corda era rappresentato da numeri interi: ne risultavano 8 divisioni e per questo l'ottava nota fu battezzata come la prima, ma di un'ottava più alta. A 2/3 della corda si ottiene un intervallo di quinta giusta, cioè sia ascendente che discendente (vedremo poi cosa significa questa annotazione). A 3/4 un intervallo di quarta. Riuscirono poi a ricavare esattamente anche le altre note avendo scoperto che il rapporto di 1/3 della corda rispetto alla fondamentale con il ponticello in fondo generava una distanza di quinta, ma in una ottava superiore. Così come invece in un rapporto di 3/2 si generavano quinte, ma di un'ottava inferiore alla fondamentale presa in considerazione. Per spiegarci meglio se la corda intera avesse fornito la nota Do (naturalmente il nome della nota Do risale all'XI secolo dell'era volgare ad opera di Guido d'Arezzo e quindi qui sarebbe un anacronismo, ma lo usiamo solo per far comprendere meglio l'esempio: così pure il nome delle note che seguono), un rapporto di 2/3 avrebbe generato il sol successivo, mentre il rapporto di un 1/3 il Sol dell'ottava superiore. Similmente il rapporto di 3/2 con la fondamentale avrebbe generato una quinta, ma nell'ottava inferiore. Così per le quinte superiori si procedeva in tal modo: per riportare tali frequenze nell'ambito dell'ottava di partenza si divideva la frequenza così ottenuta per 2n, dove n era il numero di ottave che si erano 'percorse'. Mentre per le quinte delle ottave inferiori si moltiplicava la frequenza ottenuta per 2n. Esiste una formula matematica per rappresentare tutto questo: zk=(3/2)k=2nrk dove rk rappresenta la nota ottenuta attraverso il procedimento per quinte (ascendenti o discendenti), n il numero di ottave che distano da quella di partenza e zk la nota ottenuta riportata nell'ottava di partenza. Se k è positivo si sta applicando il procedimento per quinte ascendenti, se è negativo quello per quinte discendenti. Un modo più semplice per capirlo è riferendosi allo schema della pagina seguente. |
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