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P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XVIII N°3 | novembre 2015 | PAGINA f - 34 |
heimer accusato di essere comunista e di attività antiamericane. L’11 aprile del 1955, pochi giorni prima di morire, insieme al filosofo Bertrand Russell, firmò un manifesto per la messa al bando delle armi nucleari. Ma Einstein non abbandonò mai la fisica. Anche nella piccola e snob Princeton, dove la vita scorreva tranquilla e monotona tra concerti e gite in barca, trovò ilmodo e il tempo di dedicarsi alla riflessione suimetodi e i principi della meccanica quantistica le cui basi furono poste fin dal 1905 dalla sua celebre memoria che gli valse il premio Nobel. Ma non abbandonò mai neanche la filosofia che coltivò fin dagli studi liceali e, che tanta parte ha avuto sia nella distruzione di inveterati pregiudizi, che nella costruzione di una nuova visione del mondo. Memorabili sono state le sue discussioni-confronti con Niels Bohr, in rapporto al principio di causalità, sul dualismo onda-corpuscolo e sul principio di indeterminazione di Heisenberg. Una lotta teorica tra due posizioni filosofiche opposte: quella idealistica di Bohr e quella realistica-materialistica di Einstein. Materialistica perché Einstein non ha avuto mai dubbi sull’esistenza del mondo esterno indipendente dall’osservatore o, se si vuole, sull’esistenza di una realtà oggettiva indipendente dalle condizioni sperimentali;mentre Bohr si era sempre opposto al concetto di realtà oggettiva. Per quanto Einstein fosse stato uno dei principali creatori della meccanica quantistica, tutt’ora riconosciuta come una teoria ricca e feconda, tuttavia i suoi concetti di probabilità, il carattere statistico delle sue leggi e il principio di indeterminazione che escludeva il principio di causalità, restavano per Einstein concetti transitori se non oscuri. Già nel 1927, in una conferenza tenuta a Berlino, disse:«Ciò che la natura esige da noi non è una teoria quantistica o una teoria ondulatoria, ma piuttosto una sintesi di questi due punti di vista, che fin’ora è stata al di là delle possibilità mentali dei fisici», enel 1935, opponendosi al principio di complementarità di Bohr, fissò un canone epistemologico che mise in subbuglio il mondo dei fisici:«Se,senza turbare in alcun modo un sistema, si può prevedere con accuratezza (cioè con probabilità uguale a 1) il valore di una grandezza fisica, allora esiste un elemento della realtà fisica che corrisponde a tale grandezza.». Negli ultimi trent’anni della sua vita (Einstein morì il 19 aprile 1955) lavorò intensamente, con determinazione giovanile, alla realizzazione della sua grande idea della teoria unificata del campo,rigorosamente causale, nel tentativo di unificare la teoria del campo gravitazionale dello spazio-tempo curvo, con la teoria del campo elettromagnetico, convinto com’era che la meccanica quantistica fosse una teoria incompleta e che occorresse, quindi, indagare più a fondo la realtà. Non ci riuscì, lasciando ai posteri questa grande eredità. Agli inizi degli anni cinquanta,in piena guerra fredda, Einstein era quasi solo a sostenere queste posizioni filosofiche, come egli stesso ammise in una lettera in una lettera al suo carissimo amico ingegnere Michele Besso:«Agli occhi dei miei colleghi sono divenuto un eretico cocciuto….. Il successo momentaneo riesce, più che non le riflessioni sui principi, a convincere la maggior parte delle persone».Ea Max Born scrisse:«Sono considerato come una specie di fossile, reso cieco e sordo dagli anni. Non trovo affatto sgradevole questo ruolo, tanto più che corrisponde abbastanza bene al mio temperamento».E più tardi, ancora a Born scrisse:«Le nostre aspettative scientifiche sono ormai agli antipodi. Tu credi in un Dio che gioca a dadi, e io in leggi perfette che regolano il mondo delle cose esistenti come oggetti reali, e che cerco ansiosamente di afferrare con metodo speculativo». Al momento opportuno però sapeva essere molto caustico. Una volta disse che Bohr pensava con molta chiarezza,scriveva in modo oscuro e si considerava un profeta;mentre in un’altra occasione lo accusò di essere un mistico. Il suo sarcasmo difronte a posizioni idealistiche che sostengono il principio che essere significhi essere percepito, ce lo racconta il suo più grande biografo e amico,il fisico Abraham Pais nel suo libro Einstein, La scienza e la vita: «Deve essere stato attorno al 1950.Camminavamo, io e Einstein, lungo la strada che dall’Istituto for Advanced Study conduceva alla sua abitazione, quando ad un tratto egli si fermò. “Veramente è convinto – mi chiese- che la Luna esista solo se la si guardi?». |
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