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La VOCE 2002

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La VOCE ANNO XXII N°6

febbraio 2020

PAGINA 3         - 19

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segue da pag.18: uno sguardo alla “cubanità”: perché è tanto imprescindibile josè martì? (1895-1898), che cercava di materializzare quello che non ha potuto raggiungere –nonostante l'eroismo di tutto un popolo - una “guerra grande” (1868-1878) od una “guerra chiquita” (1879-1880). cuba è stato il primo ed il più grande amore di martì, che ha avvicinato la sua vita ed opera alla creazione di uno stato-nazione sovrana sull'isola. nel contesto di questo grande compito di fondare un popolo nuovo, l'apostolo non solo ha organizzato la rivoluzione del ‘95, ma ha anche difeso un dover essere del cubano affinché si costituisca nel cittadino modello di una sognata repubblica cordiale. ed è che precisamente questa nozione -quella di repubblica cordiale – che risulta essere una delle grandi contribuzioni al processo di fucina dell'identità nazionale, perché da lei emana un modo inclusivo ed originale di assumere la “cubanità”. ciò resta evidente nelle pagine del periodico patria, vertice intellettuale del martì patriota, rivoluzionario, giornalista e politico. attraverso questo mezzo di comunicazione, l'apostolo abbozza l'ideale di una repubblica che -senza esclusioni di razza o di classe -, si basi sul diritto riconosciuto ed il beneficio equo per tutti i suoi abitanti. si tratta della visione di martì di “fondare sull'isola (…) un paese lavoratore, equo e duraturo” che sradichi per sempre il modo di vita della colonia, dunque “il pericolo della nostra società sarebbe quello di concedere troppo all'ostinato spirito coloniale che rimarrà grufolando nelle radici stesse della repubblica”. in tali termini, l'apostolo ricorda che la bandiera della rivoluzione di energia e concordia “proclama il bene di tutto il popolo, e non il bene esclusivo di una sola classe”, atteggiamento che indica la partecipazione nella vita repubblicana di tutti i gruppi e stati sociali, inclusi quelli meno favoriti e tradizionalmente più oppressi. in effetti, la rivoluzione che promuove martì è “per il beneficio equo di tutte le classi”. in questo senso, afferma che la guerra contro il sistema coloniale cerca tra le altre mete per il paese “l'uguaglianza inevitabile dei diritti dei suoi figli”, allusione che deduce l'uguaglianza del cubano, sia quale sia la sua origine, davanti alla legge. inoltre, contro l'indegna esclusione derivata dalla discriminazione razziale ed anche a favore dell'integrazione nella nazionalità cubana della popolazione sia di origine africana come spagnola, martì dice che “per tutti i cubani, sia che procedano dal continente dove si calcina la pelle, sia che vengano da paesi con una luce più mite, sarà altrettanto giusta la rivoluzione in cui saranno caduti, senza distinguersi i colori, tutti sono cubani”. d'altra parte, l'apostolo sviluppa nel concetto di “patria”, uno dei pilastri più importanti che lasceranno un’impronta profonda nel processo di conformazione dell'identità nazionale: l'antirazzismo. al rispetto, un testo midollare come “mi raza” costituisce un'energica condanna eterna a qualsiasi atto di segregazione basato nel colore della pelle. per la posterità, rimarrà inculcata nella coscienza nazionale che “l'uomo non ha nessun diritto speciale perché appartenga ad una razza od ad un'altra: dicesi uomo, e già si dicono tutti i diritti. uomo è più che bianco, più che mulatto, più che nero, cubano è più che bianco, più che mulatto, più che nero”. secondo l'apostolo, bisogna considerare come cubani quegli stranieri non spagnoli - vincolati con la causa libertaria dell'isola come il polacco carlos roloff o il colombiano josè rogelio del castillo, dunque “chi ha aiutato a fare un popolo, è padrone di tutte le sue case”. allo stesso modo, questa visione accetta la nozione che un cittadino straniero possa essere “cubano per adozione”. cioè, può essere cubano non solo per il luogo di nascita, perché anche senza nascere sull'isola, seguendo questa logica, si può essere cubano per i meriti, il sacrificio ed il sangue brindato nella difesa della patria di accoglienza, che si sente come propria e nella quale si mettono radici. il dominicano massimo gomez (1836-1905) è magari il più grande esempio dei tanti che hanno avuto le gesta indipendentiste di cuba nel xix secolo. parlando del dibattito ideologico che si sviluppa come parte del processo di fucina dell'identità nazionale, martì appoggerà sempre la via legittima che rappresenta l'indipendentismo come espressione piena della “cubanità”, mentre combatterà coraggiosamente contro forme di “cubanità” castrate, personificate in quelli che nonostante siano nati a cuba non credono in un progetto di nazione sovrana, ed appoggiano quella “tendenza suicida e materialista” che cerca l'annessione agli stati uniti, o la “politica insufficiente” del “autonomismo”, che pretendeva perpetuare il legame subordinato dell'isola alla spagna. inoltre, nel piano continentale, la concezione della “cubanità” pensata da josè martì rimane ubicata nel contesto della sua appartenenza alla “latinoamericanità” ed in opposizione all'imperialismo statunitense, che per la sua espansione e per il suo carattere rapace, già a quell'epoca, rappresentava un grave pericolo per le terre al sud del rio bravo fino alla patagonia. in questa congiuntura, la lotta per l'indipendenza di cuba e portorico si rappresenta in una cornice che trascende la sfera regionale, dunque “è un mondo che stiamo equilibrando: non sono solo due isole quelle che andiamo a liberare”, afferma l'apostolo, che cerca di “evitare, con la vita libera delle antille prospere, il conflitto non necessario tra un paese tiranno dell'america (gli stati uniti) ed il mondo coalizzato contro la sua ambizione”. così, di fronte alla storia, il progetto di martì di “cubanità” si rivela, per eccellenza, indipendentista, repubblicano, democratico, anti-annesionista, anti-autonomista, antirazzista, antimperialista e latinoamericanista. la “cubanità”, vista da martì, è amore ed integrazione, non prescrive discriminazione xenofoba, né di razza né di classe sociale, né di nessun altro tipo, è completamente una nazionalità inclusiva, dove tutti possiamo entrare. la condizione indispensabile è: amare cuba, lavorare e sentire per lei. è, come dice l'antropologo ed etnologo fernando ortiz (1881-1969), mettere nella coscienza le radici di essere cubano e soprattutto, la volontà di volerlo essere. è senza dubbio, l'ideale perenne di una repubblica “con tutti e per il bene di tutti”. jorge hernandez alvarez, editore di prensa latina. blocco degli usa colpisce i bambini ed i malati in siria. damasco, 27 gen (prensa latina) il vice cancelliere siriano faisal mekdad ha denunciato oggi l'effetto negativo del blocco imposto dal governo degli stati uniti e dai suoi alleati occidentali sulla popolazione di questo stato arabo. le sanzioni e le misure economiche coercitive unilaterali colpiscono i bambini ed i malati; e per washington gli alimenti e le medicine devono essere un sogno difficile da raggiungere per il cittadino siriano, ha denunciato il diplomatico siriano in dichiarazioni concesse alla stampa in un incontro per il giorno nazionale dell'india. d'altra parte, ha detto che siria si sta rimettendo ed ha cominciato la fase di ricostruzione.
in cui, secondo lui, parteciperanno solo gli amici che aderiscono nella lotta contro il terrorismo. nuova delhi ha manifestato il suo desiderio di sfidare tutte le misure inumane imposte dall’occidente per isolare siria, e già le compagnie indiane hanno iniziato alcuni progetti di ampliamento delle centrali elettriche nel paese, ha affermato il vice cancelliere. in quanto agli attuali operativi militari ad idleb ed ad aleppo, mekdad ha commentato che l'esercito siriano sta compiendo il suo dovere costituzionale di proteggere e salvare i cittadini dagli artigli del terrorismo. ig/fm. il cancelliere cubano ha denunciato «l’accordo del secolo» come un falso piano di pace che consacra l’occupazione israeliana il ministro cubano delle relazioni estere, bruno rodríguez parrilla, ha scritto nell’ account nella rete sociale twitter la sua condanna del chiamato “accordo del secolo”, esposto dal presidente nordamericano donald trump, che ha come asse portante l’appoggio all’intervento israeliano in territorio palestinese. autore: granma | internet@granma.cu. 31 gennaio 2020 09:01:46. occupazione israeliana. foto:* acn. il diplomatico ha scritto che questo piano costituisce un’altra violazione del legittimo diritto del popolo palestinese alla sua sovranità e al suo sviluppo dentro uno stato libero, compreso nelle frontiere precedenti al 1967, con gerusalemme orientale come sua capitale. «ripudio tagliente dell’ingannatore piano di pace de #usa che consacra l’occupazione israeliana e ignora i diritto inalienabile dei palestinesi d’avere un proprio stato nelle frontiere precedenti il 1967 con gerusalemme orientale come capitale e il ritorno dei rifugiati», ha scritto rodríguez parrilla nel suo tuit. il presidente statunitense ha appena proposto la creazione di uno «stato palestinese» con la sua capitale in gerusalemme orientale e il riconoscimento dei territori occupati da israele come parte de suo atteso piano di pace per il medio oriente. ugualmente, ha aggiunto che il suo paese riconoscerà i territori occupati da israele, considerati illegali dalla comunità internazionale e che sono stati parte delle tensioni tra le parti per anni. durante l’annuncio nella casa bianca, accompagnato dal suo pari israeliano, benjamín netanyahu, il mandatario ha indicato che la sua visione per la risoluzione del conflitto era «una soluzione di due stati», che apporterebbe la vittoria israeliana indiscutibile nel detto conflitto. dopo l’annuncio il presidente palestinese mahmoud abbas, ha definito il piano di pace per il medio oriente di trump «una cospirazione» e ha detto che i diritti del suo popolo «non sono in vendita». ( acn/ gm – granma int.). russia, auschwitz e la necessità di non dimenticare. nel 75º anniversario della liberazione del campo di auschwitz da parte dell'esercito rosso, la frase che non possiamo dimenticare è valida sia per gli orrori del fascismo come per il valore dei sovietici per vincerlo. il 27 gennaio 1945, le truppe sovietiche del primo fronte ucraino hanno scoperto una costruzione fortificata, attraversando una zona boscosa, che non appariva nelle mappe: era la “fabbrica della morte”, che è cominciata a funzionare il 20 maggio 1940. i tedeschi avevano evacuato poco prima 60 mila prigionieri da un campo, comandato dalle ss naziste, con tre installazioni principali, una di queste di sterminio, ed altre 45 di appoggio, dove si calcola sono stati eliminati quasi due milioni di persone. l'esercito rosso è riuscito a liberare ad oltre 6500 prigionieri, la maggioranza incapaci di muoversi e quasi moribondi, testimoni dello sterminio quotidiano di migliaia di persone in camere a gas, esperimenti farmacologici, fucilati o morti per inanizione. l'installazione, creata a partire da baracche di un quartiere dell'esercito polacco ed un'area per domare cavalli, si situa ad oswiecim, a circa 33 chilometri di cracovia; ha fatto parte del sistema dei campi di concentrazione e dei ghetti ebrei che erano più di 20 mila in europa. circa sei milioni di ebrei sono stati sterminati tra il 1939 ed il 1945 in europa (60% del totale), tra loro, tre milioni in polonia, circa un milione e mezzo in ucraina, 800 mila in bielorussia, 140 mila in lituania e 70 mila in lettonia, dichiara l'enciclopedia dell'olocausto. chiama l'attenzione che, precisamente polonia, ucraina, lettonia e lituania dirigono il movimento in europa che non solo nega il ruolo dell'esercito rosso per liberare queste nazioni, ma promuove l'auge e la glorificazione dei collaborazionisti col regime fascista. varsavia sta spingendo ora una forte campagna orientata non solo a negare il ruolo dell'unione sovietica nella sconfitta del fascismo tedesco, ma bensì per situare l'urss come la causa dell'inizio della ii guerra mondiale e nega che l'esercito rosso abbia liberato il territorio polacco. recentemente, il mandatario russo, vladimir putin, ha denunciato che polonia pretende dimenticare o cancellare l'azione dell'esercito rosso per liberare questo paese, dove hanno lottato 2.600.000 soldati, dei quali 600 mila sono morti in quell'operazione bellica. tuttavia, le attuali autorità polacche, alla ricerca di servire ambizioni politiche congiunturali, come denuncia putin, mettono in pratica un programma di “facke news” che include l'eliminazione di decine di monumenti dedicati ai liberatori sovietici. il governo polacco, sottolinea il quotidiano vzgliad, mette in pratica un sistema di educazione ..segue ./.
Segue da Pag.18: Uno sguardo alla “cubanità”: Perché è tanto imprescindibile Josè Martì?

(1895-1898), che cercava di materializzare quello che non ha potuto raggiungere –nonostante l'eroismo di tutto un popolo - una “Guerra Grande” (1868-1878) od una “Guerra Chiquita” (1879-1880).

Cuba è stato il primo ed il più grande amore di Martì, che ha avvicinato la sua vita ed opera alla creazione di uno Stato-Nazione Sovrana sull'isola.

Nel contesto di questo grande compito di fondare un popolo nuovo, l'Apostolo non solo ha organizzato la Rivoluzione del ‘95, ma ha anche difeso un dover essere del cubano affinché si costituisca nel cittadino modello di una sognata Repubblica Cordiale.

Ed è che precisamente questa nozione -quella di Repubblica Cordiale – che risulta essere una delle grandi contribuzioni al processo di fucina dell'identità nazionale, perché da lei emana un modo inclusivo ed originale di assumere la “cubanità”.

Ciò resta evidente nelle pagine del periodico Patria, vertice intellettuale del Martì patriota, rivoluzionario, giornalista e politico. Attraverso questo mezzo di comunicazione, l'Apostolo abbozza l'ideale di una Repubblica che -senza esclusioni di razza o di classe -, si basi sul diritto riconosciuto ed il beneficio equo per tutti i suoi abitanti.

Si tratta della visione di Martì di “fondare sull'isola (…) un paese lavoratore, equo e duraturo” che sradichi per sempre il modo di vita della Colonia, dunque “il pericolo della nostra società sarebbe quello di concedere troppo all'ostinato spirito coloniale che rimarrà grufolando nelle radici stesse della Repubblica”.

In tali termini, l'Apostolo ricorda che la bandiera della Rivoluzione di energia e concordia “proclama il bene di tutto il popolo, e non il bene esclusivo di una sola classe”, atteggiamento che indica la partecipazione nella vita repubblicana di tutti i gruppi e stati sociali, inclusi quelli meno favoriti e tradizionalmente più oppressi. In effetti, la Rivoluzione che promuove Martì è “per il beneficio equo di tutte le classi”.

In questo senso, afferma che la guerra contro il sistema coloniale cerca tra le altre mete per il paese “l'uguaglianza inevitabile dei diritti dei suoi figli”, allusione che deduce l'uguaglianza del cubano, sia quale sia la sua origine, davanti alla legge.

Inoltre, contro l'indegna esclusione derivata dalla discriminazione razziale ed anche a favore dell'integrazione nella nazionalità cubana della popolazione sia di origine africana come spagnola, Martì dice che “per tutti i cubani, sia che procedano dal continente dove si calcina la pelle, sia che vengano da paesi con una luce più mite, sarà altrettanto giusta la Rivoluzione in cui saranno caduti, senza distinguersi i colori, tutti sono cubani”.

D'altra parte, l'Apostolo sviluppa nel concetto di “Patria”, uno dei pilastri più importanti che lasceranno un’impronta profonda nel processo di conformazione dell'identità nazionale: l'antirazzismo. Al rispetto, un testo midollare come “Mi raza” costituisce un'energica condanna eterna a qualsiasi atto di segregazione basato nel colore della pelle.

Per la posterità, rimarrà inculcata nella coscienza nazionale che “l'uomo non ha nessun diritto speciale perché appartenga ad una razza od ad un'altra: dicesi uomo, e già si dicono tutti i diritti. Uomo è più che bianco, più che mulatto, più che nero, cubano è più che bianco, più che mulatto, più che nero”.

Secondo l'Apostolo, bisogna considerare come cubani quegli stranieri non spagnoli - vincolati con la causa libertaria dell'isola come il polacco Carlos Roloff o il colombiano Josè Rogelio del Castillo, dunque “chi ha aiutato a fare un popolo, è padrone di tutte le sue case”.

Allo stesso modo, questa visione accetta la nozione che un cittadino straniero possa essere “cubano per adozione”.

Cioè, può essere cubano non solo per il luogo di nascita, perché anche senza nascere sull'isola, seguendo questa logica, si può essere cubano per i meriti, il sacrificio ed il sangue brindato nella difesa della patria di accoglienza, che si sente come propria e nella quale si mettono radici.

Il dominicano Massimo Gomez (1836-1905) è magari il più grande esempio dei tanti che hanno avuto le gesta indipendentiste di Cuba nel XIX secolo.

Parlando del dibattito ideologico che si sviluppa come parte del processo di fucina dell'identità nazionale, Martì appoggerà sempre la via legittima che rappresenta l'indipendentismo come espressione piena della “cubanità”, mentre combatterà coraggiosamente contro forme di “cubanità” castrate, personificate in quelli che nonostante siano nati a Cuba non credono in un progetto di nazione sovrana, ed appoggiano quella “tendenza suicida e materialista” che cerca l'annessione agli Stati Uniti, o la “politica insufficiente” del “autonomismo”, che pretendeva perpetuare il legame subordinato dell'isola alla Spagna.

Inoltre, nel piano continentale, la concezione della “cubanità” pensata da Josè Martì rimane ubicata nel contesto della sua appartenenza alla “latinoamericanità” ed in opposizione all'imperialismo statunitense, che per la sua espansione e per il suo carattere rapace, già a quell'epoca, rappresentava un grave pericolo per le terre al sud del Rio Bravo fino alla Patagonia.

In questa congiuntura, la lotta per l'indipendenza di Cuba e Portorico si rappresenta in una cornice che trascende la sfera regionale, dunque “è un mondo che stiamo equilibrando: non sono solo due isole quelle che andiamo a liberare”, afferma l'Apostolo, che cerca di “evitare, con la vita libera delle Antille prospere, il conflitto non necessario tra un paese tiranno dell'America (gli Stati Uniti) ed il mondo coalizzato contro la sua ambizione”.

Così, di fronte alla storia, il progetto di Martì di “cubanità” si rivela, per eccellenza, indipendentista, repubblicano, democratico, anti-annesionista, anti-autonomista, antirazzista, antimperialista e latinoamericanista.

La “cubanità”, vista da Martì, è amore ed integrazione, non prescrive discriminazione xenofoba, né di razza né di classe sociale, né di nessun altro tipo, è completamente una nazionalità inclusiva, dove tutti possiamo entrare.

La condizione indispensabile è: amare Cuba, lavorare e sentire per lei. È, come dice l'antropologo ed etnologo Fernando Ortiz (1881-1969), mettere nella coscienza le radici di essere cubano e soprattutto, la volontà di volerlo essere. È senza dubbio, l'ideale perenne di una Repubblica “con tutti e per il bene di tutti”.

Jorge Hernandez Alvarez, editore di Prensa Latina

Blocco degli USA colpisce i bambini ed i malati in Siria

Damasco, 27 gen (Prensa Latina) Il vice cancelliere siriano Faisal Mekdad ha denunciato oggi l'effetto negativo del blocco imposto dal governo degli Stati Uniti e dai suoi alleati occidentali sulla popolazione di questo Stato arabo

Le sanzioni e le misure economiche coercitive unilaterali colpiscono i bambini ed i malati; e per Washington gli alimenti e le medicine devono essere un sogno difficile da raggiungere per il cittadino siriano, ha denunciato il diplomatico siriano in dichiarazioni concesse alla stampa in un incontro per il Giorno Nazionale dell'India.

D'altra parte, ha detto che Siria si sta rimettendo ed ha cominciato la fase di ricostruzione
in cui, secondo lui, parteciperanno solo gli amici che aderiscono nella lotta contro il terrorismo.

Nuova Delhi ha manifestato il suo desiderio di sfidare tutte le misure inumane imposte dall’Occidente per isolare Siria, e già le compagnie indiane hanno iniziato alcuni progetti di ampliamento delle centrali elettriche nel paese, ha affermato il vice cancelliere.

In quanto agli attuali operativi militari ad Idleb ed ad Aleppo, Mekdad ha commentato che l'esercito siriano sta compiendo il suo dovere costituzionale di proteggere e salvare i cittadini dagli artigli del terrorismo.

Ig/fm

Il Cancelliere cubano ha denunciato «l’accordo del secolo» come un falso piano di pace che consacra l’occupazione israeliana

Il ministro cubano delle Relazioni Estere, Bruno Rodríguez Parrilla, ha scritto nell’ account nella rete sociale Twitter la sua condanna del chiamato “accordo del secolo”, esposto dal presidente nordamericano Donald Trump, che ha come asse portante l’appoggio all’intervento israeliano in territorio palestinese.

Autore: Granma | internet@granma.cu

31 gennaio 2020 09:01:46



Occupazione israeliana. Foto:* ACN
Il diplomatico ha scritto che questo piano costituisce un’altra violazione del legittimo diritto del popolo palestinese alla sua sovranità e al suo sviluppo dentro uno stato libero, compreso nelle frontiere precedenti al 1967, con Gerusalemme orientale come sua capitale.
«Ripudio tagliente dell’ingannatore piano di pace de #USA che consacra l’occupazione israeliana e ignora i diritto inalienabile dei palestinesi d’avere un proprio Stato nelle frontiere precedenti il 1967 con Gerusalemme Orientale come capitale e il ritorno dei rifugiati», ha scritto Rodríguez Parrilla nel suo tuit.
Il presidente statunitense ha appena proposto la creazione di uno «Stato Palestinese» con la sua capitale in Gerusalemme Orientale e il riconoscimento dei territori occupati da Israele come parte de suo atteso piano di pace per il Medio Oriente.
Ugualmente, ha aggiunto che il suo paese riconoscerà i territori occupati da Israele, considerati illegali dalla comunità internazionale e che sono stati parte delle tensioni tra le parti per anni.
Durante l’annuncio nella Casa Bianca, accompagnato dal suo pari israeliano, Benjamín Netanyahu, il mandatario ha indicato che la sua visione per la risoluzione del conflitto era «una soluzione di due Stati», che apporterebbe la vittoria israeliana indiscutibile nel detto conflitto.
Dopo l’annuncio il presidente palestinese Mahmoud Abbas, ha definito il piano di pace per il Medio Oriente di Trump «una cospirazione» e ha detto che i diritti del suo popolo «non sono in vendita». ( ACN/ GM – Granma Int.)

Russia, Auschwitz e la necessità di non dimenticare

Nel 75º anniversario della liberazione del campo di Auschwitz da parte dell'Esercito Rosso, la frase che non possiamo dimenticare è valida sia per gli orrori del fascismo come per il valore dei sovietici per vincerlo.

Il 27 gennaio 1945, le truppe sovietiche del Primo Fronte Ucraino hanno scoperto una costruzione fortificata, attraversando una zona boscosa, che non appariva nelle mappe: era la “fabbrica della morte”, che è cominciata a funzionare il 20 maggio 1940.

I tedeschi avevano evacuato poco prima 60 mila prigionieri da un campo, comandato dalle SS naziste, con tre installazioni principali, una di queste di sterminio, ed altre 45 di appoggio, dove si calcola sono stati eliminati quasi due milioni di persone.

L'Esercito Rosso è riuscito a liberare ad oltre 6500 prigionieri, la maggioranza incapaci di muoversi e quasi moribondi, testimoni dello sterminio quotidiano di migliaia di persone in camere a gas, esperimenti farmacologici, fucilati o morti per inanizione.

L'installazione, creata a partire da baracche di un quartiere dell'esercito polacco ed un'area per domare cavalli, si situa ad Oswiecim, a circa 33 chilometri di Cracovia; ha fatto parte del sistema dei campi di concentrazione e dei ghetti ebrei che erano più di 20 mila in Europa.

Circa sei milioni di ebrei sono stati sterminati tra il 1939 ed il 1945 in Europa (60% del totale), tra loro, tre milioni in Polonia, circa un milione e mezzo in Ucraina, 800 mila in Bielorussia, 140 mila in Lituania e 70 mila in Lettonia, dichiara l'Enciclopedia dell'Olocausto.

Chiama l'attenzione che, precisamente Polonia, Ucraina, Lettonia e Lituania dirigono il movimento in Europa che non solo nega il ruolo dell'Esercito Rosso per liberare queste nazioni, ma promuove l'auge e la glorificazione dei collaborazionisti col regime fascista.

Varsavia sta spingendo ora una forte campagna orientata non solo a negare il ruolo dell'Unione Sovietica nella sconfitta del fascismo tedesco, ma bensì per situare l'URSS come la causa dell'inizio della II Guerra Mondiale e nega che l'Esercito Rosso abbia liberato il territorio polacco.

Recentemente, il mandatario russo, Vladimir Putin, ha denunciato che Polonia pretende dimenticare o cancellare l'azione dell'Esercito Rosso per liberare questo paese, dove hanno lottato 2.600.000 soldati, dei quali 600 mila sono morti in quell'operazione bellica.

Tuttavia, le attuali autorità polacche, alla ricerca di servire ambizioni politiche congiunturali, come denuncia Putin, mettono in pratica un programma di “facke news” che include l'eliminazione di decine di monumenti dedicati ai liberatori sovietici.

Il governo polacco, sottolinea il quotidiano Vzgliad, mette in pratica un sistema di educazione
..segue ./.

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