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La VOCE ANNO XX N°5

gennaio 2018

PAGINA d         - 28

16/12/2017 DI INVICTA PALESTINA

Lettera di artisti su Trump e Gerusalemme

Nel riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, Donald Trump cerca di ottenere attraverso una dichiarazione quello che Israele ha cercato di fare per cinquanta anni con la forza delle armi

11 dicembre 2017

Oltre cento artisti scrivono su Trump e Gerusalemme

The Guardian riporta (10 dicembre) il commento del presidente Macron secondo il quale le recenti mosse statunitensi sullo status di Gerusalemme sono una minaccia per la pace. Sono molto di più.

Nel riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, Donald Trump cerca di ottenere attraverso una dichiarazione quello che Israele ha cercato di fare per cinquanta anni con la forza delle armi: cancellare i palestinesi, come presenza politica e culturale, dalla vita della propria città.

Il popolo palestinese di Gerusalemme è già soggetto a discriminazione municipale a tutti i livelli e ad un processo strisciante di pulizia etnica. Oltre alla perdurante politica di demolizione delle case, negli ultimi quindici anni almeno trentacinque istituzioni pubbliche palestinesi e ONG nella Gerusalemme Est occupata sono state chiuse permanentemente o temporaneamente dalle forze di occupazione. Le istituzioni culturali sono state un obiettivo speciale.

Allo stesso tempo, autorità e imprenditori israeliani hanno speso milioni per sfollare gli abitanti dei quartieri palestinesi per dare vita a progetti “patrimonio” che promuovano un mito di identità urbana mono-etnica, che si dice risalga a 3000 anni fa.

Rifiutiamo la collusione di Trump con tale manipolazione razzista e il suo disprezzo per il diritto internazionale. Deploriamo la sua disponibilità a coronare la conquista militare israeliana di Gerusalemme Est e la sua indifferenza nei confronti dei diritti dei palestinesi.

Come artisti e come cittadini, sfidiamo l’ignoranza e la disumanità di queste politiche e onoriamo la resilienza dei palestinesi che vivono sotto occupazione.

14/12/2017 DI INVICTA PALESTINA

Gerusalemme incatenata

Ecco, dunque, che l’imponente parata turca rischia di essere un pronunciamento d’intenti, una scadenza che non poteva mancare per continuare a non ostacolare nulla. E quindi a incatenare sempre più Gerusalemme ai voleri del sionismo israeliano.

Enrico Campofreda, 14 dicembre 2017

Tutti uniti per Al-Quds capitale della Palestina, o almeno per la conservazione della parte orientale della città, contro l’azzeramento israelo-statunitense d’ogni longitudine, d’ogni identità politica e simbolica. Ma quando il presidente turco Erdoğan, che ha riunito a Istanbul 57 membri dell’Organizzazione della cooperazione islamica, ha invitato “Tutti i Paesi che sostengono la legge internazionale a riconoscere Gerusalemme come capitale occupata della Palestina, non possiamo più trovarci in ritardo” nella testa di più di qualcuno dei presenti sarà balenata qualche perplessità, oltre che difficoltà. Lo stesso sultano, che come ai tempi della Mavi Marmara, rilancia un deciso attacco verbale a Israele, sembra usare nuovamente la questione palestinese per quegli interessi da Risiko geopolitico, gli stessi che l’hanno coinvolto sul panorama siriano, con tanto di giri di valzer e di fronti. Come lui i più decisi difensori di Al-Quds presenti all’assise: l’iraniano Rohani, l’emiro qatariota Al-Thani, il re di Giordania Abdullah II, mostrano un’indignazione teorica cui non fa seguito alcuna iniziativa diplomatica concreta. Almeno nei confronti dell’Unione Europea, che con la rappresentante Mogherini ha rigettato l’idea di assentire alla mossa di una Gerusalemme israeliana.

Al di là di abbracciare un mesto e inamovibile Abu Mazen, l’assenza al vertice di figure di spicco del mondo arabo di alcuni nazioni chiave come Egitto e Arabia Saudita, rappresentati da figure minori della gerarchia interna, indica la china che prende l’iniziativa: un rituale ben poco incisivo, già piegato alle opportunità della politica interna ed estera direttamente correlate al mercato globale.

Su questo fronte Israele incide relativamente, ma la branca della lobby ebraica di economia e finanza, contano eccome. E poi il peso ricattatorio statunitense attraverso l’arma dell’embargo per colpire altrui scelte politiche, contro cui convoglia la rete delle alleanze su ogni terreno, militare ed economico.

Quindi la scarsa incisività ideologica del blocco islamico deve rapportarsi al realismo politico di altri giganti del mondo (Cina, Russia, India) refrattari a qualsiasi richiamo religioso islamico, che ciascuno vede come fumo negli occhi, o dei diritti dei popoli, ancor più inviso alle attuali leadership delle tre potenze per ragioni di opportunità interne e anche per radicate convinzioni autocratiche.

Ecco, dunque, che l’imponente parata turca rischia di essere un pronunciamento d’intenti, una scadenza che non poteva mancare per continuare a non ostacolare nulla. E quindi a incatenare sempre più Gerusalemme ai voleri del sionismo israeliano.

Fonte

Insorgiamo per la dignità di Gerusalemme, per evitare la maledizione della Storia


Bassil alla Lega Araba: Insorgiamo per la dignità di Gerusalemme, per evitare la maledizione della Storia

10 dicembre 2017 - Redazionale del nostro sito

Il ministro degli Esteri libanese Joubrane Bassil ha avuto la parola durante la sessione straordinaria convocata dalla Lega araba in risposta alla decisione degli Stati Uniti di dichiarare la città santa di Gerusalemme capitale di Israele e di trasferirvi la propria ambasciata.

Ha iniziato il suo intervento dicendo:

“Gerusalemme non è una causa qualsiasi, ma la Causa (con la C maiuscola). Perché è la ragione della nostra identità araba. Gerusalemme non può appartenere al dio degli ebrei che espelle il dio dei cristiani o dei musulmani. Non è la casa dei conflitti degli dei sulla terra, perché il nostro Dio è lo stesso per tutti noi. Gerusalemme non può appartenere a uno stato unilaterale e non ci sarà spazio per l’unilateralismo tra noi. Gerusalemme appartiene a ebrei, cristiani e musulmani. Siamo i figli di Ibrahim, Issa (Gesù) e Maometto. Vogliamo tutti pregare a Gerusalemme. E non permetteremo a nessuno di impedircelo”, ha detto sabato 9 dicembre dal Cairo.

Bassil ha lanciato un appello per una riconciliazione inter-araba come unica via per la salvezza della nazione e per un vertice arabo che abbia come motivo Gerusalemme per collocarla nell’alveo arabo “perché senza di essa non c’è arabità”.

“Saremo maledetti se partiamo oggi a mani vuote. Sarà o la rivoluzione o la morte di una nazione già addormentata”, ha avvertito.

“Non sono qui a nome del Libano per condannare un’operazione di saccheggio, né per rammentarci un’identità araba che anche noi ci siamo confezionata, né per indagare su un’appartenenza profonda che alcuni cercano di diluire in conflitti di diversione, nel dividerci in tribù e sette, in clan e famiglie per trasformarci in una nazione smembrata che sia facile umiliare e derubare dei suoi simboli”, ha aggiunto.

E poi: “Siamo qui perché la nostra arabità non può rinunciare a Gerusalemme. Noi in Libano non sfuggiremo alle nostre responsabilità e alla resistenza fino al martirio. Apparteniamo all’identità di Gerusalemme e possiamo solo vivere liberi e ribelli contro gli usurpatori e gli occupanti … Siamo qui per recuperare la nostra perduta arabità tra i sunniti e gli sciiti, sperperata tra l’Oriente e l’Occidente, distratta in un conflitto tra arabi e persiani che esaspera i sospetti bilaterali islamo-cristiani”.

Durante il suo discorso, il capo della diplomazia libanese si è interrogato: “Questo disastro ci unificherà? Ci darà uno schiaffo per svegliarci? Gerusalemme è nostra madre e nostra sorella. Il nostro onore è il suo. Ci chiama in aiuto. La tradiremo o ci mobiliteremo per sostenerla? ”

“La storia non ci perdonerà mai. I nostri figli in futuro non saranno orgogliosi di quello che abbiamo fatto … se oggi usciamo tradendola. È o la rivoluzione o la morte di una nazione addormentata”, ha detto ancora.

Il responsabile libanese ha anche invitato i paesi arabi a diversificare le loro reazioni contro la decisione americana attraverso iniziative diplomatiche, politiche ed economiche.

Ha concluso il suo discorso dicendo: “Insorgiamo per nostra dignità per evitare la maledizione della Storia e le domande che i nostri nipoti porranno sul nostro tradimento. Solo l’intifada preserverà il nostro onore e restituirà i nostri diritti. O agiamo ora oppure Gerusalemme sarà perduta. Nessuna pace senza Gerusalemme”.

Delegazione del Bahrain visita Israele

10 dicembre 2017

Membri del gruppo ” Questo è il Bahrain ” rimarranno in Israele per quattro giorni [Screen Grab: Hadashot TV]

Fra le polemiche in corso per la decisione degli Stati Uniti di spostare la propria ambasciata a Gerusalemme una delegazione del Bahrain è arrivata in Israele per “inviare un messaggio di pace”, secondo i media.
Un servizio del Times of Israel di domenica riporta che la visita ha segnato un miglioramento dei legami tra i due paesi, che non mantengono relazioni diplomatiche.

Composto da due dozzine di membri di un gruppo chiamato ‘Questo è il Bahrain’, la delegazione rimarrà in Israele per quattro giorni per “inviare un messaggio di tolleranza religiosa e di coesistenza”, secondo il Times.

Funzionari del Bahrain avevano già in precedenza suggerito che legami più forti tra Israele e Bahrain potrebbero giovare a entrambi i paesi nel confronto con il loro rivale, l’Iran.

Documenti rilasciati da WikiLeaks nel 2011 hanno messo in luce i contatti del Bahrain con Israele “a livello di intelligence/sicurezza” e indicato che il paese del Golfo era “disposto ad andare avanti in altre aree”.

La visita della delegazione del Bahrain è arrivata mentre le proteste continuano a infuriare nei territori palestinesi occupati e in tutto il mondo per una decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele.

La mossa ha attirato la condanna dei leader mondiali, incluso il ministero degli Esteri del Bahrain, che ha rilasciato una dichiarazione in cui si sottolinea che la mossa “minaccia il processo di pace in Medio Oriente e ostacola ogni iniziativa e negoziato” verso una soluzione duratura.



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