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La VOCE ANNO XX N°5

gennaio 2018

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Gli attivisti di Gerusalemme Est rispondono alla dichiarazione di Trump

Gli attivisti di Gerusalemme Est reagiscono al riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte di Donald Trump. Porterà un cambiamento tangibile? Ci sarà una rivolta? Cosa dovrebbe fare la leadership palestinese?


Di Michael Salisbury-Corech, Alma Biblash e Yael Marom
7 dicembre 2017

L’annuncio di Donald Trump che riconosce Gerusalemme come capitale di Israele e che inizia lo spostamento dell’ambasciata americana è stato accolto con giubilo e applausi dalla leadership israeliana e con minacce e appelli alla protesta dalla leadership palestinese. Assenti erano le voci dei residenti di Gerusalemme Est – centinaia di migliaia di persone trattate come pegni politici, di cui nessuno ha voglia di prendersi la responsabilità; né il presidente americano o il primo ministro israeliano hanno chiesto della loro opinione, della loro volontà, o del loro benessere prima di prendere decisioni.

Mercoledì prima dell’annuncio ufficiale, le strade di Gerusalemme erano vuote. Il freddo, la pioggia, e soprattutto gli avvertimenti dai vari consolati ai loro cittadini di stare lontani dall’area hanno lasciato la città desolata. I tassisti con cui abbiamo parlato ci hanno detto che i turisti erano scomparsi dalle strade. Giornalisti e fotografi inviati in città dai media internazionali velocemente hanno rimpiazzato i turisti – quando il tanfo della violenza è nell’aria.

Questa mattina è stato dichiarato uno sciopero generale a Gerusalemme Est e in altre città palestinesi. I negozi nella Città Vecchia sono rimasti chiusi; le strade vuote. Uno sciopero è stato dichiarato anche nelle scuole della città. Ci sono state proteste nella Cisgiordania come pure a Gerusalemme. Al momento in cui scriviamo, le forze israeliane hanno ferito più o meno due dozzine di palestinesi.

Nei due giorni scorsi, abbiamo chiesto ad attivisti palestinesi nei quartieri di Gerusalemme Est quale fosse il loro pensiero sull’annuncio di Trump. Abbiamo chiesto loro delle loro paure, della vita nella città e delle possibili conseguenze dell’annuncio. Sulle aspettative che hanno o non hanno sull’Autorità Palestinese, e gli sforzi in corso per organizzare proteste.

I negozi nella città vecchia di Gerusalemme chiusi durante lo sciopero generale dichiarato in segno di protesta contro la dichiarazione di Donald Trump su Gerusalemme, 7 dicembre 2017. (Per gentile concessione di Ir Amim)
“Noi gerosolimitani non abbiamo armi, abbiamo le strade “

Mohammed Abu Humus, un attivista del quartiere di Issawiya, non capisce perché gli israeliani stanno festeggiando. “Non so perché questo annuncio è importante per gli israeliani. Occupano già Gerusalemme, quindi perché questo annuncio dovrebbe cambiare qualcosa? Per di più, possono i cittadini israeliani, per non parlare dei ministri del governo e dei membri della Knesset, camminare liberamente a Gerusalemme Est proprio come in Yafo Street a Gerusalemme Ovest? Che razza di città capitale è quella?”

E’ chiaro che la decisione di Trump porterà solo guai. “Credo che scoppierà un’Intifada. Siamo già stati in piedi da soli contro Israele, e continueremo a combattere anche se il mondo intero non riconosce i nostri diritti “.

Come gli altri abitanti di Gerusalemme Est con cui abbiamo parlato, Abu Humus ha ricordato la vittoria ottenuta dalle proteste contro i metal detector che Israele aveva piazzato all’entrata del Monte del Tempio lo scorso luglio. “Quelli erano gerosolimitani che sono andati fuori a protestare e hanno vinto. Là, Israele ha capito che non avrebbe vinto con la forza. Oggi, non sono i leader che hanno il controllo: le persone sul campo hanno preso il comando. Noi gerosolimitani non abbiamo armi ma abbiamo le strade. Tutte le organizzazioni della resistenza porteranno le persone fuori per le strade – non solo a Ramallah ma anche a Gerusalemme, non solo a Gaza ma anche a Hebron “.

Cosa farà la PA?

“Quanto tempo gli è rimasto da vivere, al nostro leader Abu Mazen? Una settimana? Un mese? Un anno? Non avrà mai voglia di chiudere la sua carriera come qualcuno che silenziosamente ha accettato questo annuncio”, Abu Humus continua. “Ha imparato dal suo amico Arafat, che ha detto durante la Seconda Intifada, ‘Starò a Muqata’A [la residenza presidenziale a Ramallah], e se sarò fatto martire, così sia’. Ma ci sono anche risultati ben accetti da questo annuncio. Unifichera’ i palestinesi. A causa di Trump, ora Abu Mazen e Haniyeh [ il leader di Hamas ] stanno lavorando insieme, cercando di trovare il modo con cui rispondere”.

palestinesi in un caffè di Jerusalem est seguono la dichiarazione di Donald Trump che riconosce la città come capitale di Israele, il 6 dicembre 2017. (Oren Ziv / Activestills.org)
“I leader arabi ci hanno svenduti”

Jawad Siyam, che guida il Wadi Hilweh Information Center a Silwan, ha ringraziato Trump per avere gettato la maschera : “Come palestinesi, tutti noi sappiamo che il progetto israeliano non sarebbe mai nato nei passati cento anni se non fosse stato per i leader arabi che si sono piegati alla volontà del colonialismo occidentale, specialmente l’Arabia Saudita, ‘il regno della corruzione ‘. Questi leader non sono mai stati fedeli alla Palestina. Sono quelli che ci hanno svenduto. Trump ha solo collegato i punti”.

Secondo Siyam, questa è la fine del processo di pace mediato dagli USA :” Questa ingiusta decisione politica richiederà al popolo palestinese e alla sua leadership di sentirsi liberi dall’idea dell’amministrazione americana sul processo di pace. Il governo americano ha appoggiato la più lunga occupazione dell’era moderna, un’occupazione che abusa senza scrupoli dei palestinesi. Un’ingiustizia cresce, così come la volontà di ribellione”.

Dell’organizzazione politica a Gerusalemme Est in risposta alla
dichiarazione presidenziale americana, Siyam ha da dire:”Trump ha dimenticato l’ultima umiliazione di Netanyahu ai cancelli di Al-Aqsa. Dimentica che mentre i palestinesi potrebbero non essere d’accordo fra di loro su qualsiasi cosa, c’è una cosa che li unisce : Gerusalemme. Trump e altri, invece, dovranno chiedere aiuto per uscire fuori da questo pasticcio “.

“Perché ora?”

Hoda ( non è il suo vero nome), una giornalista di Beit Hanina, ci ha detto che è alle prese con un profondo senso di incertezza : “Un giorno, un uomo può camminare per Washington e fare dichiarazioni che cambiano tutta la mia vita. Chi è lui per prendere una decisione come questa per tutto il mondo? Sta cercando di far partire un altro ciclo di violenza? Perché ora?”.

Per Hoda, comunque, è più importante parlare ogni giorno, sulla brutalità della polizia contro i residenti del quartiere, sul sentirsi come straniera nella sua stessa città, e sulla mancanza di libertà di movimento: “Ci sono dichiarazioni e poi c’è quello che accade nella nostra vita quotidiana. Che importa che la polizia picchetta il nostro quartiere come una ‘dimostrazione di forza’ come voi, israeliani, la chiamate, e distribuusce biglietti e multe. Che importa che hanno distrutto un’altra casa a Shuafat e le famiglie a Sheikh Jarrah stanno affrontando lo sfratto, che la gente non ha lavoro, che loro possono lasciare questo posto quando vogliono senza permesso, che non c’è nessuno che li sta sorvegliando”.

Hoda ci dice che i gruppi attivisti su WhatsApp stanno messaggiando con rabbia :”C’è una tonnellata di riunioni. È chiaro ad ognuno che dobbiamo fare qualcosa, che dobbiamo andare fuori per le strade a protestare, che dobbiamo essere creativi questa volta. Ma contro chi esattamente dimostreremo? Trump non è qui a prendersi la responsabilità per la sua dichiarazione “.

Mohammed Kareen, un attivista sociale di Silwan, ha detto che la dichiarazione non avrà effetto sulla vita dei palestinesi comuni a Gerusalemme Est. “Viviamo sotto occupazione. Nessuna dichiarazione cambierà questo. Credo che ci saranno proteste nei territori occupati e a Gerusalemme finché non ci saremo abituati, e allora si fermeranno. C’è una differenza tra questo e ciò che è accaduto al Monte del Tempio. I metal detector che avevano messo al Monte del Tempio avevano causato un cambiamento sul terreno, una scossa nell’autorità. Qui, non vedo alcun cambiamento per i palestinesi comuni qualcosa di significativo a livello politico”.

” Non forzeranno questa decisione su di noi”

Jihad Abu Znid, membro del Consiglio Legislativo Palestinese, descrive la decisione di Trump come razzista, notando che “giunge da un paese che pretende di essere una democrazia, tra le prime democrazie di tutto il mondo “.

E’ chiaro che la battaglia è appena cominciata, e ha chiamato per una risposta civile: “Dalla prospettiva dei palestinesi e dei gerosolimitani, questa decisione non passerà. Abbiamo imparato alcune lezioni, la più importante delle quali è che siamo noi quelli che decidono del loro proprio destino, e che non aspetteremo che gli Stati Uniti forzino le loro istruzioni su di noi”.

“La nostra risposta sarà civile. Come cittadina di Gerusalemme, sento forza ed orgoglio perché sono completamente sicura che gli Stati Uniti non imporranno questa decisione su di noi con successo. Abbiamo combattuto contro i metal detector con la protesta popolare e lo faremo ora. Questo annuncio incrementerà la nostra forza. I residenti di Gerusalemme si ribelleranno e rivolteranno la decisione “.

“Nessuna speranza per la pace”

Secondo Bahri Abu Diab, un attivista di Silwan, l’annuncio di Trump è una sorta di risveglio:
“Contraddice la legge internazionale, che riconosce Gerusalemme Est come occupata, e questo significa che gli Stati Uniti vogliono violare la legge internazionale. Invece di dichiarare Gerusalemme la capitale di entrambe le nazioni, Trump è arrivato e ha demolito tutto. Che è come dire che la speranza, la luce alla fine del tunnel, la possibilità che avremo il nostro stato con Gerusalemme come sua capitale – sono sepolte. Abbiamo scoperto che la luce in fondo al tunnel era probabilmente la luce di un bulldozer che è arrivato, di nuovo, a distruggere “.

Così che accadrà ora? Quale sarà il prossimo passo?

“Dico questo con tristezza, che la sola risposta è una escalation. Se non abbiamo niente da perdere, sarà il caos. Se distruggeranno la nostra speranza, ogni cosa cadrà da una parte. Non possiamo insegnare ai nostri figli che la pace e la coesistenza saranno sconfitte da Trump che forza solo i lavori. Quello che abbiamo perso con la forza possiamo riconquistarlo solo con la forza, perché non accetteremo una cosa senza negoziati. Il significato di riconoscere Gerusalemme come la capitale di Israele è che stiamo andando a perdere i nostri luoghi sacri – e su questo, non faremo compromessi. Mi sembra che il futuro sarà molto oscuro, e dico questo con sofferenza. Se i palestinesi decideranno di resistere con la violenza, come possiamo discutere con loro? Noi, i moderati, non abbiamo una risposta per coloro che pensano che la violenza risolverà il problema. Non possiamo dire loro che c’è un’altra via, una via di pace “.

soldati israeliani arrestano un giovane palestinese durante una protesta contro il riconoscimento di Gerusalemme come capitale israeliana, Hebron, West Bank, il 7 dicembre 2017. (Wisam Hashlamoun / Flash90)
“Non ci faranno un danno”

Salah Diab, un attivista di Sheikh Jarrah, è furioso. È arrabbiato con Trump: “Agisce come se questo fosse un gioco per lui, ma non può prendere decisioni sul futuro di questo paese. Non può decidere per i musulmani chi controllerà Gerusalemme. Netanyahu e Trump potrebbero pensare che Gerusalemme e Al-Aqsa sono solo una questione palestinese; stanno dimenticando che ci sono un miliardo di musulmani nel mondo”.

È arrabbiato anche con Abu Mazen. ” A mio parere, Abbas lavora per Israele e l’America, lui e al-Sisi e i sauditi. Ha venduto se stesso e il nostro popolo molto prima della decisione di Trump. Non so come risponderà, ma non ho grandi aspettative “.

“Sono un uomo semplice. Sono nato semplice e voglio morire libero”, Diab continua. “Voglio vivere una buona vita, con sicurezza e benessere, proprio come ogni essere umano sulla faccia della terra. La sensazione è che gli israeliani e gli americani stanno provando a cominciare la terza guerra mondiale. Il mondo intero vuole due stati, ognuno con la sua capitale a Gerusalemme, ma ci hanno avvitato ovunque e nel processo hanno distrutto ogni possibilità di pace. Gerusalemme influenza il mondo intero. La pace parte da Gerusalemme verso il resto del mondo – ma così fa la guerra”.
Fonte - Traduzione

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