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La VOCE 2006

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La VOCE ANNO XXII N°10

giugno 2020

PAGINA 7

Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
ricordando falcone. di rossella guadagnini con un testo di giovanni falcone - (23 maggio 2020). è una storia che conosciamo, che tutti conoscono. da quel fatidico 23 maggio del 1992 sono trascorsi 28 anni e ogni anno, in maggio, l’abbiamo ricordata: nella strage di capaci, sull’autostrada a29, nel tratto che collega l’aeroporto alla città di palermo, persero la vita il magistrato giovanni falcone con la moglie francesca morvillo, anche lei magistrato, e i tre agenti della scorta vito schifani, rocco di cillo e antonio montinaro. questa volta il coronavirus ha cambiato le modalità delle celebrazioni, le lenzuola bianche ai balconi hanno preso il posto degli incontri e dei cortei. ma la sostanza non cambia e i problemi rimangono. nel giorno dell’anniversario, il presidente della repubblica sergio mattarella, ricordando falcone e borsellino (che verrà ucciso meno di due mesi dopo), parla dei due magistrati come di “luci nelle tenebre”. da allora le luci sono state poche, in effetti, molte invece le tenebre. ma perché dobbiamo ricordare e ricordare ancora? non abbiamo fatto già abbastanza? inchieste, processi, condanne, articoli, libri, film, documentari, spettacoli, dibattiti che in questi anni si sono moltiplicati ovunque. le immagini, tragiche, le abbiamo tutte negli occhi. e poi la retorica che ci prende alla gola. eppure… eppure no, non possiamo dimenticare, metterci tutto alle spalle, le stragi, i lutti, la minaccia alla democrazia. tacere non si può, il silenzio è il pericolo. per i giovani prima di tutto, che non c’erano, che non sempre sanno; e per noi stessi, per ricordarci dove eravamo e chi siamo. nel silenzio gli eventi si attenuano fino a sparire, con gli anni i contorni sfumano, la memoria vacilla, l’indignazione si spegne. per questo anche oggi vogliamo ricordare giovanni falcone per com’era, con le sue parole vive e presaghe. proponiamo di seguito il brano “la mafia non è un’emergenza” tratto da un intervento che fece a palermo, il 17 dicembre 1984, in occasione di un incontro organizzato da unità per la costituzione (unicost), corrente dell’associazione nazionale magistrati. è un breve testo che riassume con lucidità profetica le annose questioni a venire e ci traghetta direttamente nel presente. sono parole che falcone potrebbe avere pronunciato ieri, il mese scorso, lo scorso anno. in pochi punti ecco delinearsi, con estrema chiarezza, tutta la storia: l’origine del fenomeno criminale anteriore alla nascita della repubblica, che ha resistito alle commissioni antimafia, divenendo un fattore sempre più destabilizzante per la democrazia. il fatalistico ed erroneo convincimento che la mafia difficilmente potrà essere debellata, un preconcetto duro a morire e un alibi sempre valido per non fare nulla. lo “sparuto drappello di magistrati” che combatte in prima fila. la realtà che scopre le “enormi dimensioni” di un fenomeno solo intuito in passato. la necessità di “indagini molto difficili e di ampio respiro”, quella di non lasciarsi scoraggiare da “difficoltà e indifferenza”. i primi risultati con la positiva verifica dibattimentale di istruttorie particolarmente complesse. esiti che “hanno sconvolto molti equilibri in una società che per lungo tempo ha ritenuto, a tutti i livelli, che con la mafia si dovesse convivere”. e, di conseguenza, il sorgere – neppure troppo inaspettato – degli interrogativi sulla correttezza istituzionale e repressiva della magistratura. infine le valutazioni sulla “posta in gioco”, considerata la gravità del fenomeno, e la possibilità di qualche strappo all’ortodossia giuridica. sembra di essere tornati ai giorni delle indagini sulla trattativa stato-mafia, del conseguente processo e della sentenza o quantomeno a una sua precisa descrizione. ancora una volta falcone ci parla e parla di noi. oggi. * * * la mafia non è un’emergenza. di giovanni falcone*. attualmente, la criminalità organizzata – e mafiosa in particolare – viene ritenuta una delle più gravi emergenze del nostro paese, ma dico subito che non mi sembra corretto trattare il fenomeno mafioso come un’emergenza. mi domando, infatti, sulla base di quali presupposti può essere considerato emergenza un fenomeno criminale che ha origine anteriore alla nascita dello stato unitario, che ha resistito alle commissioni antimafia e che è divenuto, negli anni, un fattore sempre più destabilizzante della democrazia. certamente, i fatti più eclatanti della criminalità mafiosa sono avvenuti soprattutto negli ultimi anni, e soltanto di recente si è cominciato a comprendere quanto profonde e complesse ne siano le radici; ma questa non mi sembra una buona ragione per ritenere che vi siano fondate speranze di poter venire a capo del problema in breve termine. l’attuale considerazione del fenomeno mafioso come emergenza è espressione, a mio avviso, di inadeguatezza di approccio al fenomeno stesso; e ciò comporta errori strategici e tattici nello studio e nell’attuazione delle misure più adatte per la sua repressione. e la situazione è aggravata tuttora dal generalizzato e fatalistico convincimento che la mafia e il costume mafioso molto difficilmente potranno essere cancellati dalla vita delle popolazioni meridionali. spesso vengono ripetuti concetti del seguente tenore: “il terrorismo è un fenomeno esterno alla società, mentre la mafia vive all’interno delle istituzioni; la mafia non sarà mai debellata perché gli stessi governanti spesso si avvalgono della mafia per fini di potere; la mafia è un fenomeno economico-sociale riguardante vasti strati della popolazione del mezzogiorno, per cui qualunque attività repressiva sarà sempre perdente in mancanza di contestuali interventi del potere politico diretti a elevare le condizioni di vita delle popolazioni meridionali”. se e fino a che punto questi concetti siano fondati non è facile stabilire, ma va sottolineato che, purtroppo, spesso sono utilizzati come alibi, per giustificare, cioè, le carenze dei poteri statuali nella repressione della criminalità mafiosa. negli ultimi anni, uno sparuto drappello di magistrati e di appartenenti alle forze di polizia ha cominciato, in più parti di italia, a impostare le indagini in modo finalmente adeguato alla complessità del fenomeno, e i risultati non si sono fatti attendere. è cominciata a emergere una realtà di enormi dimensioni e inquietante, solo intuita nel passato, e si è compreso che, per proseguire le indagini, occorrevano strutture umane e materiali più adeguate e bisognava coinvolgere gli altri poteri dello stato in indagini molto difficili e di ampio respiro. non ci si è lasciati scoraggiare dalle difficoltà e, l’indifferenza e lo scetticismo generale, si è proseguita la via intrapresa ottenendo i primi importanti risultati: la positiva verifica dibattimentale di istruttorie, particolarmente complesse, riguardanti organizzazioni mafiose ed efferati delitti di stampo mafioso. tale inversione di tendenza circa i risultati, ritenuti scontati, dei processi di mafia ha indubbiamente sconvolto molti equilibri in una società che per lungo tempo ha ritenuto, a tutti i livelli, che si potesse convivere con la mafia. una delle prime conseguenze è stata – fatto che non deve sorprendere anche se apparentemente singolare – che sono cominciati gli interrogativi sulla correttezza istituzionale dell’attività repressiva della magistratura, sia pure accompagnati dalla considerazione che, tutto sommato, data la gravità del fenomeno, qualche “strappo” all’ortodossia giuridica si poteva e si può perdonare, data la posta in gioco. * il testo è stato pubblicato nel volume “giovanni falcone. l’uomo, il giudice, il testimone” delle edizioni santa caterina, pavia (2019), curato da enzo ciconte e giovanna torre, promosso dal collegio universitario s. caterina da siena.
parma “capitale” anche nel 2021. pizzarotti: “la cultura sarà aiutata dalla tecnologia, non sostituita”. il sindaco di parma, federico pizzarotti, racconta a micromega come la città ducale si sta preparando per la “nuova” edizione della kermesse. sarà un evento diffuso sul territorio in cui la cultura incontrerà la tecnologia. paura? «no, è il momento di guardare avanti senza sottovalutare i rischi. nelle settimane di lockdown i cittadini hanno mostrato alla politica che cambiare modello di vita si può. ma serve coraggio». intervista a federico pizzarotti di daniele nalbone - (22 maggio 2020). «costruiremo spazi e tempi di incontro e di dialogo, riconoscendo la ricchezza multiculturale della nostra storia trasformando con essa il nostro sguardo sull’oggi. avremo il compito di suscitare cultura nei quartieri, di creare pensiero e benessere insieme a tutte le istituzioni e le associazioni della città, arrivando, con ogni sforzo, a coinvolgere ogni singolo cittadino. lo faremo senza dimenticare che stiamo parlando all’italia, che dobbiamo guardare sempre fuori dai nostri confini, perché italia significa europa e, di nuovo, il grande tempo che ci ha portati fino a questo traguardo». il messaggio, firmato dal sindaco di parma federico pizzarotti e dall’assessore alla cultura, michele guerra, è ancora lì, sulla homepage del sito parma2020.it. ora, però, è tutto da rifare. e non è una notizia negativa. parma sarà infatti capitale della cultura anche nel 2021 grazie a una norma inserita nel decreto rilancio dopo lo stop imposto dall'emergenza sanitaria agli eventi in programma quest'anno. ma le cose dovranno, per forza di cose, essere fatte in maniera diversa: lo impone il covid-19. per federico pizzarotti non è ancora il momento di svelare il messaggio che parma 2021 vuole mandare ai cittadini. «lo faremo al momento della presentazione per la ripartenza, anzi, per la nuova partenza» spiega a micromega. «se il primo claim era “la cultura batte il tempo”, per questa opportunità abbiamo scelto un messaggio diverso, che parte dalla consapevolezza di vivere in un mondo cambiato dal covid-19. ma lasciatemi tenere ancora un po’ nascosta la sorpresa». una cosa, però, il sindaco la anticipa: «al centro ci sarà proprio l’importanza della cultura che in questa emergenza è stata, insieme ai servizi educativi, la più bistrattata, dimenticata. fin dall’inizio il presidente conte non ha dedicato una sola parola, nelle sue tante conferenze stampa, al mondo della cultura. nella presentazione della “fase due” ha invece ridotto il tutto a “gli attori che ci fanno divertire”. passatemi una battuta: è evidente che il premier non si è mai occupato di cultura». avevate lavorato per un 2020 che vedesse al centro un modo diverso di «usufruire» della cultura. era un evento diffuso su tutto il territorio. questa linea sarà comunque mantenuta per parma 2021? stiamo già rifacendo il palinsesto perché parma 2021 non sarà un semplice spostamento in avanti, a livello temporale, di quello che era previsto per quest’anno. a cambiare saranno soprattutto i tanti eventi, grandi e piccoli, proposti e organizzati dalle associazioni culturali e dalla cittadinanza. sarà un palinsesto in gran parte nuovo ma una cosa è certa: continuerà a essere diffuso su tutto il territorio. il “grande evento” a livello numerico che già non ci interessava prima ora è anche difficile da immaginare. la kermesse di parma 2021 sarà caratterizzata da tante iniziative sparse per la città e oltre. guarderemo ovviamente ai turisti, ma soprattutto ai parmigiani affinché possano riappropriarsi della città. come sarà la convivenza tra parma 2021 e il covid-19? in molti continuano a sostenere che, vista la necessità di mantenere la distanza fisica tra le persone, i luoghi tradizionali della cultura come il cinema, il teatro, i concerti dovranno “trasferirsi” sul digitale. sarebbe un errore madornale e, soprattutto, non potrà mai essere così. dobbiamo sfruttare le nuove tecnologie ma senza abbandonare la parte empatica della cultura, che non può prescindere dalla presenza fisica. per questo dovremo essere bravi a sfruttare le occasioni che la tecnologia ci ha dato: il nostro obiettivo è che il digitale “contamini” il reale. e viceversa. è evidente che la fruibilità degli spazi dovrà cambiare – più di mille persone nel teatro regio non posso entrare – ma dobbiamo trovare delle strategie di affiancamento al pubblico tradizionale per una fruizione digitale di contenuti ed eventi pensati ad hoc. la nostra parola d’ordine è affiancare, non sostituire. può farci qualche esempio concreto? lanceremo il nuovo palinsesto a giugno e in quell’occasione vogliamo presentare la nuova piattaforma digitale e la nuova app che avevamo creato per parma 2020 nelle quali inseriremo una funzione “anti-covid19” relativa alla gestione delle code. in tempo reale sarà possibile sapere quanta gente c’è non solo in un museo o in un teatro ma anche in biblioteca: tutto ciò che riguarderà parma 2021 dovrà servire, dal 2022, per i servizi tradizionali. sarà possibile prenotare quando andare al museo, in questo caso per ridurre l’affollamento, ma anche quando l’emergenza sanitaria sarà alle spalle il servizio servirà per gestire meglio il proprio tempo. questo grande evento è ovviamente atteso da parma anche per provare a superare la crisi economica che la pandemia ha innescato. a riguardo voglio sottoporle una considerazione: in questa emergenza i comuni sono stati relegati a una sorta di “front office”, a uno sportello al quale presentare la modulistica, mentre le decisioni che contano sono state centralizzate dallo stato e dalle regioni. lei è stato sempre critico rispetto a questo modello, chiedendo invece un ruolo da protagonista per le amministrazioni comunali. in questa situazione, qual è la posizione del comune di parma? non credo che ci sia stato un disegno per penalizzare i comuni, ma da roma non hanno colto quanto è grande la distanza tra la capitale e i cittadini e, a cascata, la distanza tra una regione e i cittadini. il comune vive, invece, la pressione e la responsabilità, le esigenze, le grida d’aiuto della gente. faccio un esempio: chi meglio, chi peggio, in due settimane i comuni hanno gestito il tema dei “buoni spesa” per le famiglie in difficoltà introducendo il sistema delle carte elettroniche, che saranno usate anche dopo la fine dell’emergenza. un costo, oggi, che va letto come un investimento futuro: abbiamo usato l’emergenza per imparare qualcosa e metterla a frutto. dall’altra parte, a livello centrale, guardate cosa è successo con la cassa integrazione: il fallimento totale, con la grande maggioranza dei cittadini che non ha ricevuto un solo euro. ecco, questo dimostra quanto l’inps e il governo siano “lontani” dalle persone. e lo stesso vale per il ruolo assunto dalle regioni: non si può delegare tutto all’efficienza o meno di un’amministrazione. ogni giorno tantissimi cittadini mi scrivono per sapere cosa succederà “dopo”. è assurdo che la mia unica risposta sia: “non lo so”. un sindaco per sapere cosa accadrà è costretto a seguire le conferenze stampa o i messaggi facebook del premier. ..segue ./.

Ricordando Falcone



di Rossella Guadagnini con un testo di Giovanni Falcone - (23 maggio 2020)

È una storia che conosciamo, che tutti conoscono. Da quel fatidico 23 maggio del 1992 sono trascorsi 28 anni e ogni anno, in maggio, l’abbiamo ricordata: nella strage di Capaci, sull’autostrada A29, nel tratto che collega l’aeroporto alla città di Palermo, persero la vita il magistrato Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e i tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro.

Questa volta il Coronavirus ha cambiato le modalità delle celebrazioni, le lenzuola bianche ai balconi hanno preso il posto degli incontri e dei cortei. Ma la sostanza non cambia e i problemi rimangono. Nel giorno dell’anniversario, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ricordando Falcone e Borsellino (che verrà ucciso meno di due mesi dopo), parla dei due magistrati come di “luci nelle tenebre”. Da allora le luci sono state poche, in effetti, molte invece le tenebre.

Ma perché dobbiamo ricordare e ricordare ancora? Non abbiamo fatto già abbastanza? Inchieste, processi, condanne, articoli, libri, film, documentari, spettacoli, dibattiti che in questi anni si sono moltiplicati ovunque. Le immagini, tragiche, le abbiamo tutte negli occhi. E poi la retorica che ci prende alla gola. Eppure… eppure no, non possiamo dimenticare, metterci tutto alle spalle, le stragi, i lutti, la minaccia alla democrazia.

Tacere non si può, il silenzio è il pericolo. Per i giovani prima di tutto, che non c’erano, che non sempre sanno; e per noi stessi, per ricordarci dove eravamo e chi siamo. Nel silenzio gli eventi si attenuano fino a sparire, con gli anni i contorni sfumano, la memoria vacilla, l’indignazione si spegne. Per questo anche oggi vogliamo ricordare Giovanni Falcone per com’era, con le sue parole vive e presaghe.

Proponiamo di seguito il brano “La mafia non è un’emergenza” tratto da un intervento che fece a Palermo, il 17 dicembre 1984, in occasione di un incontro organizzato da Unità per la Costituzione (Unicost), corrente dell’Associazione Nazionale Magistrati. È un breve testo che riassume con lucidità profetica le annose questioni a venire e ci traghetta direttamente nel presente. Sono parole che Falcone potrebbe avere pronunciato ieri, il mese scorso, lo scorso anno.

In pochi punti ecco delinearsi, con estrema chiarezza, tutta la storia: l’origine del fenomeno criminale anteriore alla nascita della Repubblica, che ha resistito alle Commissioni Antimafia, divenendo un fattore sempre più destabilizzante per la democrazia. Il fatalistico ed erroneo convincimento che la mafia difficilmente potrà essere debellata, un preconcetto duro a morire e un alibi sempre valido per non fare nulla. Lo “sparuto drappello di magistrati” che combatte in prima fila. La realtà che scopre le “enormi dimensioni” di un fenomeno solo intuito in passato. La necessità di “indagini molto difficili e di ampio respiro”, quella di non lasciarsi scoraggiare da “difficoltà e indifferenza”.

I primi risultati con la positiva verifica dibattimentale di istruttorie particolarmente complesse. Esiti che “hanno sconvolto molti equilibri in una società che per lungo tempo ha ritenuto, a tutti i livelli, che con la mafia si dovesse convivere”. E, di conseguenza, il sorgere – neppure troppo inaspettato – degli interrogativi sulla correttezza istituzionale e repressiva della magistratura. Infine le valutazioni sulla “posta in gioco”, considerata la gravità del fenomeno, e la possibilità di qualche strappo all’ortodossia giuridica.

Sembra di essere tornati ai giorni delle indagini sulla Trattativa Stato-mafia, del conseguente processo e della sentenza o quantomeno a una sua precisa descrizione. Ancora una volta Falcone ci parla e parla di noi. Oggi.

* * *

La mafia non è un’emergenza

di Giovanni Falcone*

Attualmente, la criminalità organizzata – e mafiosa in particolare – viene ritenuta una delle più gravi emergenze del nostro Paese, ma dico subito che non mi sembra corretto trattare il fenomeno mafioso come un’emergenza. Mi domando, infatti, sulla base di quali presupposti può essere considerato emergenza un fenomeno criminale che ha origine anteriore alla nascita dello Stato unitario, che ha resistito alle Commissioni Antimafia e che è divenuto, negli anni, un fattore sempre più destabilizzante della democrazia.

Certamente, i fatti più eclatanti della criminalità mafiosa sono avvenuti soprattutto negli ultimi anni, e soltanto di recente si è cominciato a comprendere quanto profonde e complesse ne siano le radici; ma questa non mi sembra una buona ragione per ritenere che vi siano fondate speranze di poter venire a capo del problema in breve termine. L’attuale considerazione del fenomeno mafioso come emergenza è espressione, a mio avviso, di inadeguatezza di approccio al fenomeno stesso; e ciò comporta errori strategici e tattici nello studio e nell’attuazione delle misure più adatte per la sua repressione. E la situazione è aggravata tuttora dal generalizzato e fatalistico convincimento che la mafia e il costume mafioso molto difficilmente potranno essere cancellati dalla vita delle popolazioni meridionali.

Spesso vengono ripetuti concetti del seguente tenore: “Il terrorismo è un fenomeno esterno alla società, mentre la mafia vive all’interno delle istituzioni; la mafia non sarà mai debellata perché gli stessi governanti spesso si avvalgono della mafia per fini di potere; la mafia è un fenomeno economico-sociale riguardante vasti strati della popolazione del Mezzogiorno, per cui qualunque attività repressiva sarà sempre perdente in mancanza di contestuali interventi del potere politico diretti a elevare le condizioni di vita delle popolazioni meridionali”.

Se e fino a che punto questi concetti siano fondati non è facile stabilire, ma va sottolineato che, purtroppo, spesso sono utilizzati come alibi, per giustificare, cioè, le carenze dei poteri statuali nella repressione della criminalità mafiosa.

Negli ultimi anni, uno sparuto drappello di magistrati e di appartenenti alle forze di polizia ha cominciato, in più parti di Italia, a impostare le indagini in modo finalmente adeguato alla complessità del fenomeno, e i risultati non si sono fatti attendere. È cominciata a emergere una realtà di enormi dimensioni e inquietante, solo intuita nel passato, e si è compreso che, per proseguire le indagini, occorrevano strutture umane e materiali più adeguate e bisognava coinvolgere gli altri poteri dello Stato in indagini molto difficili e di ampio respiro. Non ci si è lasciati scoraggiare dalle difficoltà e, l’indifferenza e lo scetticismo generale, si è proseguita la via intrapresa ottenendo i primi importanti risultati: la positiva verifica dibattimentale di istruttorie, particolarmente complesse, riguardanti organizzazioni mafiose ed efferati delitti di stampo mafioso.

Tale inversione di tendenza circa i risultati, ritenuti scontati, dei processi di mafia ha indubbiamente sconvolto molti equilibri in una società che per lungo tempo ha ritenuto, a tutti i livelli, che si potesse convivere con la mafia. Una delle prime conseguenze è stata – fatto che non deve sorprendere anche se apparentemente singolare – che sono cominciati gli interrogativi sulla correttezza istituzionale dell’attività repressiva della magistratura, sia pure accompagnati dalla considerazione che, tutto sommato, data la gravità del fenomeno, qualche “strappo” all’ortodossia giuridica si poteva e si può perdonare, data la posta in gioco.

* Il testo è stato pubblicato nel volume “Giovanni Falcone. L’uomo, il giudice, il testimone” delle Edizioni Santa Caterina, Pavia (2019), curato da Enzo Ciconte e Giovanna Torre, promosso dal Collegio Universitario S. Caterina da Siena.

Parma “capitale” anche nel 2021. Pizzarotti: “La cultura sarà aiutata dalla tecnologia, non sostituita”



Il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, racconta a MicroMega come la città ducale si sta preparando per la “nuova” edizione della kermesse. Sarà un evento diffuso sul territorio in cui la cultura incontrerà la tecnologia. Paura? «No, è il momento di guardare avanti senza sottovalutare i rischi. Nelle settimane di lockdown i cittadini hanno mostrato alla politica che cambiare modello di vita si può. Ma serve coraggio».

intervista a Federico Pizzarotti di Daniele Nalbone - (22 maggio 2020)

«Costruiremo spazi e tempi di incontro e di dialogo, riconoscendo la ricchezza multiculturale della nostra storia trasformando con essa il nostro sguardo sull’oggi. Avremo il compito di suscitare cultura nei quartieri, di creare pensiero e benessere insieme a tutte le istituzioni e le associazioni della città, arrivando, con ogni sforzo, a coinvolgere ogni singolo cittadino. Lo faremo senza dimenticare che stiamo parlando all’Italia, che dobbiamo guardare sempre fuori dai nostri confini, perché Italia significa Europa e, di nuovo, il grande Tempo che ci ha portati fino a questo traguardo». Il messaggio, firmato dal sindaco di Parma Federico Pizzarotti e dall’assessore alla Cultura, Michele Guerra, è ancora lì, sulla homepage del sito parma2020.it. Ora, però, è tutto da rifare. E non è una notizia negativa. Parma sarà infatti Capitale della Cultura anche nel 2021 grazie a una norma inserita nel decreto Rilancio dopo lo stop imposto dall'emergenza sanitaria agli eventi in programma quest'anno. Ma le cose dovranno, per forza di cose, essere fatte in maniera diversa: lo impone il Covid-19.

Per Federico Pizzarotti non è ancora il momento di svelare il messaggio che Parma 2021 vuole mandare ai cittadini. «Lo faremo al momento della presentazione per la ripartenza, anzi, per la nuova partenza» spiega a MicroMega. «Se il primo claim era “La cultura batte il tempo”, per questa opportunità abbiamo scelto un messaggio diverso, che parte dalla consapevolezza di vivere in un mondo cambiato dal Covid-19. Ma lasciatemi tenere ancora un po’ nascosta la sorpresa».

Una cosa, però, il sindaco la anticipa: «Al centro ci sarà proprio l’importanza della cultura che in questa emergenza è stata, insieme ai servizi educativi, la più bistrattata, dimenticata. Fin dall’inizio il presidente Conte non ha dedicato una sola parola, nelle sue tante conferenze stampa, al mondo della cultura. Nella presentazione della “fase due” ha invece ridotto il tutto a “gli attori che ci fanno divertire”. Passatemi una battuta: è evidente che il premier non si è mai occupato di cultura».

Avevate lavorato per un 2020 che vedesse al centro un modo diverso di «usufruire» della cultura. Era un evento diffuso su tutto il territorio. Questa linea sarà comunque mantenuta per Parma 2021?

Stiamo già rifacendo il palinsesto perché Parma 2021 non sarà un semplice spostamento in avanti, a livello temporale, di quello che era previsto per quest’anno. A cambiare saranno soprattutto i tanti eventi, grandi e piccoli, proposti e organizzati dalle associazioni culturali e dalla cittadinanza. Sarà un palinsesto in gran parte nuovo ma una cosa è certa: continuerà a essere diffuso su tutto il territorio. Il “grande evento” a livello numerico che già non ci interessava prima ora è anche difficile da immaginare. La kermesse di Parma 2021 sarà caratterizzata da tante iniziative sparse per la città e oltre. Guarderemo ovviamente ai turisti, ma soprattutto ai parmigiani affinché possano riappropriarsi della città.

Come sarà la convivenza tra Parma 2021 e il Covid-19?

In molti continuano a sostenere che, vista la necessità di mantenere la distanza fisica tra le persone, i luoghi tradizionali della cultura come il cinema, il teatro, i concerti dovranno “trasferirsi” sul digitale. Sarebbe un errore madornale e, soprattutto, non potrà mai essere così. Dobbiamo sfruttare le nuove tecnologie ma senza abbandonare la parte empatica della cultura, che non può prescindere dalla presenza fisica. Per questo dovremo essere bravi a sfruttare le occasioni che la tecnologia ci ha dato: il nostro obiettivo è che il digitale “contamini” il reale. E viceversa. È evidente che la fruibilità degli spazi dovrà cambiare – più di mille persone nel teatro Regio non posso entrare – ma dobbiamo trovare delle strategie di affiancamento al pubblico tradizionale per una fruizione digitale di contenuti ed eventi pensati ad hoc. La nostra parola d’ordine è affiancare, non sostituire.

Può farci qualche esempio concreto?

Lanceremo il nuovo palinsesto a giugno e in quell’occasione vogliamo presentare la nuova piattaforma digitale e la nuova app che avevamo creato per Parma 2020 nelle quali inseriremo una funzione “anti-Covid19” relativa alla gestione delle code. In tempo reale sarà possibile sapere quanta gente c’è non solo in un museo o in un teatro ma anche in biblioteca: tutto ciò che riguarderà Parma 2021 dovrà servire, dal 2022, per i servizi tradizionali. Sarà possibile prenotare quando andare al museo, in questo caso per ridurre l’affollamento, ma anche quando l’emergenza sanitaria sarà alle spalle il servizio servirà per gestire meglio il proprio tempo.

Questo grande evento è ovviamente atteso da Parma anche per provare a superare la crisi economica che la pandemia ha innescato. A riguardo voglio sottoporle una considerazione: in questa emergenza i comuni sono stati relegati a una sorta di “front office”, a uno sportello al quale presentare la modulistica, mentre le decisioni che contano sono state centralizzate dallo Stato e dalle Regioni. Lei è stato sempre critico rispetto a questo modello, chiedendo invece un ruolo da protagonista per le amministrazioni comunali. In questa situazione, qual è la posizione del Comune di Parma?

Non credo che ci sia stato un disegno per penalizzare i comuni, ma da Roma non hanno colto quanto è grande la distanza tra la Capitale e i cittadini e, a cascata, la distanza tra una regione e i cittadini. Il comune vive, invece, la pressione e la responsabilità, le esigenze, le grida d’aiuto della gente. Faccio un esempio: chi meglio, chi peggio, in due settimane i comuni hanno gestito il tema dei “buoni spesa” per le famiglie in difficoltà introducendo il sistema delle carte elettroniche, che saranno usate anche dopo la fine dell’emergenza. Un costo, oggi, che va letto come un investimento futuro: abbiamo usato l’emergenza per imparare qualcosa e metterla a frutto. Dall’altra parte, a livello centrale, guardate cosa è successo con la cassa integrazione: il fallimento totale, con la grande maggioranza dei cittadini che non ha ricevuto un solo euro. Ecco, questo dimostra quanto l’Inps e il governo siano “lontani” dalle persone. E lo stesso vale per il ruolo assunto dalle regioni: non si può delegare tutto all’efficienza o meno di un’amministrazione. Ogni giorno tantissimi cittadini mi scrivono per sapere cosa succederà “dopo”. È assurdo che la mia unica risposta sia: “Non lo so”. Un sindaco per sapere cosa accadrà è costretto a seguire le conferenze stampa o i messaggi Facebook del premier.

..segue ./.

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