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La VOCE ANNO XXII N°6

febbraio 2020

PAGINA b         - 26

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segue da pag.25: un decennio in rassegna: gli avvenimenti che hanno segnato gli ultimi 10 anni in israele / palestina. ampiamente condannata dalla comunità internazionale,compresa l’amministrazione americana, che la considerò una grave battuta d’arresto per la soluzione dei due stati. costruzioni nell’insediamento di ariel in cisgiordania, il 27 settembre 2010. (foto: getty images). la decisione del 2012 aprirà la strada ad anni di costruzione di insediamenti nell’area che, una volta completati, avrebbero isolato completamente la cisgiordania settentrionale dalla parte meridionale del territorio, rendendo impossibile la fattibilità di un futuro stato palestinese contiguo. entro la fine del decennio, l’area e1 sarebbe diventata un punto critico della lotta palestinese contro l’espansione degli insediamenti in cisgiordania. 2013 - john kerry inizia i colloqui di pace guidati dagli stati uniti - agosto 2013. per la prima volta in quasi tre anni, i leader israeliani e palestinesi si incontrano faccia a faccia per negoziati di pace diretti, sotto l’egida dell’allora segretario di stato john kerry. i colloqui iniziarono con concessioni concordate da entrambe le parti: la palestina accettò di interrompere la ricerca del riconoscimento internazionale come stato attraverso le domande alle organizzazioni internazionali, e israele accettò il rilascio di 104 prigionieri palestinesi incarcerati prima degli accordi di oslo del 1993. mahmoud abbas, john kerry e shimon peres si stringono la mano al world economic forum in medio oriente e nord africa 2013, ad amman, in giordania. 26 maggio 2013. (foto: flash90). i colloqui mostrarono presto segni di debolezza, con le parti che non furono neppure in grado di concordare a quali questioni dare priorità. meno di un anno dopo, le trattative fallirono. allora venne riferito che i funzionari americani attribuirono gran parte della colpa a israele, per la continua espansione degli insediamenti durante i negoziati. peace now riferì che durante i nove mesi di colloqui di pace, israele stabilì un nuovo record nell’espansione degli insediamenti, con quasi 14.000 case di coloni approvate. prigionieri pre-oslo rilasciati dalle carceri israeliane. - agosto – dicembre 2013. come parte dei colloqui di pace, israele accettò di rilasciare 104 prigionieri palestinesi – gli stessi prigionieri che avrebbe dovuto rilasciare nel 1999, in occasione del memorandum di sharm el-sheikh. i prigionieri furono rilasciati in quattro fasi, la prima delle quali ebbe luogo il 13 agosto, il primo giorno di negoziati. ventisei prigionieri, tutti con condanne a lungo termine comminate prima degli accordi di oslo, furono rilasciati e accolti come eroi in cisgiordania e nella striscia di gaza. palestinesi nel campo profughi di aida celebrano il rilascio di khaled al-azraq nel 2013, dopo aver trascorso più di 20 anni nelle carceri israeliane (foto: activestills). dopo mesi di instabili negoziati, il secondo gruppo di 26 prigionieri fu rilasciato il 29 ottobre e il terzo il 30 dicembre. mentre il presidente abbas e i palestinesi celebrarono i rilasci come una grande vittoria, molti espressero preoccupazione per il fatto che israele, come spesso accadeva, nel corso degli anni avrebbe tranquillamente arrestato di nuovo i prigionieri rilasciati. il 28 marzo 2014, israele non rilasciò il quarto gruppo composto da 26 prigionieri, fatto che segnò l’inizio della fine dei colloqui di pace. 2014 - l’operazione brother ‘s keeper sconvolge la cisgiordania. - 12 giugno – 30 giugno 2014. soldati israeliani conducono incursioni notturne in cisgiordania durante l’operazione brother’s keeper nel 2014 (foto: wikimedia commons) il 12 giugno, tre adolescenti israeliani vengono rapiti mentre fanno l’autostop vicino all’incrocio di gush etzion, nel distretto di hebron in cisgiordania. il rapimento scatena una caccia all’uomo di due settimane attraverso i territori occupati, la più grande operazione israeliana in cisgiordania dalla seconda intifada. in quello che molti ritennero più un tentativo per schiacciare le attività di hamas in cisgiordania che per trovare gli adolescenti, israele uccise cinque palestinesi, tra cui un ragazzo di 14 anni, fece irruzione in oltre 1.000 case, uffici e scuole palestinesi e arrestò centinaia di palestinesi. quando gli adolescenti furono trovati, uccisi e sepolti in un campo a hebron, il fatto aveva ormai tenuto con il fiato sospeso la nazione e la comunità internazionale, e venne indicata come il punto di partenza di un anno di violenza nella regione. il rapimento e l’uccisione di muhammed abu khdeir - 2 luglio 2014. qualche giorno dopo la fine della caccia all’uomo in cisgiordania, i palestinesi furono scossi fino al midollo dalla notizia che un ragazzo palestinese di 16 anni di gerusalemme est era stato rapito da un gruppo di giovani israeliani. alcune ore dopo, il suo corpo carbonizzato venne rinvenuto gettato vicino a una foresta a gerusalemme. i primi risultati dell’autopsia dimostrarono che l’adolescente, mohammed abu khdeir, era stato bruciato vivo. grandi folle si radunano sulla strada principale di shufat, in attesa dell’arrivo dei resti di abu khdeir. (foto: matthew vickery). l’omicidio fu seguito da una serie di tentativi di rapimento di palestinesi da parte di israeliani e attacchi di “price tag” (movimento vagamente organizzato di israeliani estremisti che protestano per l’evacuazione e la demolizione di insediamenti illegali in cisgiordania ndt) in cisgiordania. i palestinesi organizzarono numerose proteste in tutto il territorio,represse dalle forze israeliane. come è noto, pochi giorni dopo l’omicidio divenne virale un video che mostrava agenti israeliani sotto copertura che picchiavano violentemente il cugino di khdeir, il quindicenne americano tariq khdeir, mentre veniva ammanettato e bloccato a terra. le foto della faccia gonfia e piena di lividi bluastri di khdeir furono riprese dai media internazionali e americani e suscitarono una condanna diffusa da parte della comunità internazionale. tarek abu khdeir (photo provided and published with consent from the abu khdeir family). operazione “margine protettivo” a gaza - 8 luglio – 26 agosto 2014. dopo settimane di tensioni in israele e palestina a seguito delle uccisioni dei tre adolescenti israeliani e di abu khdeir, e dopo giorni di intensi lanci di missili transfrontalieri tra israele e gaza, israele lancia l’”operation protective edge”, che si sarebbe rivelata la più mortale e la più distruttiva delle sue tre offensive su gaza in sette anni. attacchi aerei intensi,
aree con presumibili militanti di hamas bombardate e la successiva invasione di terra, durarono per 50 estenuanti giorni. l’offensiva attirò l’attenzione della comunità internazionale, mentre attraverso i media andavano diffondendosi storie di interi edifici residenziali bombardati e fatti crollare seppellendo sotto le macerie intere famiglie. storie di ragazzi uccisi mentre giocavano a calcio sulla spiaggia e di scuole delle nazioni unite bombardate scatenarono un intenso contraccolpo contro israele e le sue azioni nella striscia. colonne di fumo a seguito di un attacco aereo israeliano nella parte orientale della città di gaza, il 9 agosto 2014, durante l’operazione margine protettivo. (foto: ashraf amra / immagini apa). secondo la documentazione delle nazioni unite, l’operazione causò la morte di 2.251 palestinesi, tra cui almeno 1.462 civili, di cui 551 bambini. più di 11.000 altri abitanti di gaza rimasero feriti, quasi un quarto dei quali bambini. si stima che 1.500 bambini rimasero orfani e 142 famiglie palestinesi ebbero tre o più membri uccisi nello stesso incidente, per un totale di 742 morti. inoltre, 18.000 unità abitative furono distrutte in tutto o in parte, lasciando senza casa più di 100.000 abitanti di gaza. secondo un rapporto del 2019 di b’tselem, quattro anni e mezzo dopo la guerra, il 20% delle case è ancora inutilizzabile e circa 2.300 famiglie – circa 13.000 persone – rimangono senza tetto. 2015 - omicidio della famiglia dawabsheh - 31 luglio . un abitante di duma fa capolino nella camera da letto in cui il bambino ali dawabsheh è stato bruciato a morte. (foto: jen marlowe). violenti attacchi di coloni contro i palestinesi non sono un evento insolito in cisgiordania. ma quando nel 2015 un gruppo di coloni mascherati dà fuoco alla casa della famiglia dawabsheh nel villaggio di duma, i palestinesi dei territori sono terrorizzati. l’incendio uccide ali dawabsheh, 18 mesi, ed entrambi i suoi genitori. ahmed dawabsheh, di quattro anni, fu l’unico sopravvissuto, con gravi ustioni in oltre l’80% del suo corpo. mentre i media e il governo israeliani tentarono di etichettare l’attacco come l’atto di alcuni “lupi solitari” ed “estremisti ebrei”, i palestinesi sostennero che non si trattava di un incidente una tantum, ma piuttosto rappresentava il vero volto del movimento dei coloni in cisgiordania. l’attacco scatenò proteste diffuse tra i palestinesi e si trasformò in in un episodio decisivo del decennio in termini di violenza dei coloni nei territori occupati. inizia la “terza intifada” - 13 settembre 2015-2016. alla vigilia di rosh hashanah, dozzine di israeliani entrano nel complesso di al-aqsa a gerusalemme est sotto la protezione delle autorità armate israeliane. la presenza dei fedeli israeliani provocò proteste tra i palestinesi presenti, violentemente represse dalle forze israeliane. i video delle forze israeliane che sparano granate stordenti e gas lacrimogeni nella moschea di al-aqsa suscitarono numerose proteste. quella stessa notte, un israeliano venne ucciso dopo essere stato attaccato da un gruppo di lanciatori di pietre palestinesi e aver perso il controllo della sua auto. nei giorni successivi, continuarono gli scontri nel complesso di al-aqsa e attraverso gerusalemme e la cisgiordania. gli esperti politici di tutto il mondo, così come i leader israeliani e palestinesi, iniziarono a etichettare l’ondata di proteste come “terza intifada”. hadeel al-hashlamoun poco prima di essere uccisa il 22 settembre 2015. il 22 settembre, le forze israeliane spararono uccidendo una ragazza palestinese di 18 anni, hadeel hashamoun, mentre attraversa un checkpoint a hebron, presumibilmente armata di un coltello. in seguito si scoprì che non rappresentava una minaccia imminente per la vita dei soldati, che avrebbero quindi potuto arrestarla con mezzi non violenti. i palestinesi attribuiscono a questo omicidio l’inizio della successiva ondata di attacchi con il coltello che interessò i territori occupati. nelle settimane e nei mesi seguenti, la violenza sarebbe stata caratterizzata da una serie di attacchi con il coltello su piccola scala, effettuati da “lupi solitari” prevalentemente contro ufficiali israeliani in uniforme. mentre israele ha perpetuato la narrazione che la violenza venne scatenata dall’istigazione contro gli israeliani dei social media palestinesi, i palestinesi hanno indicato come motivo per quella esplosione di violenza l’occupazione più che cinquantennale e la mancanza di progresso verso una giusta soluzione al conflitto. 2016 - elor azaria uccide un palestinese inerme - 14 marzo 2016. il sgt. elor azaria riceve la condanna per omicidio colposo in un tribunale militare israeliano. mentre la cosiddetta “terza intifada” continua ad espandersi, ricordiamo un caso per illustrare la violenza e ciò che molti gruppi di diritti umani criticarono come uso eccessivo della forza da parte di israele contro i palestinesi. le forze israeliane sparano ad abdel fattah al-sharif nel quartiere di tel rumeida a hebron, mentre tenta di pugnalare un gruppo di soldati di stanza nell’area. mentre al-sharif giace insanguinato e inerte a terra, il soldato medico israeliano elor azaria alza la pistola e gli spara in testa, uccidendolo. l’omicidio, registrato dall’attivista palestinese imad abu shamsiyyeh, scatenò la rabbia tra i palestinesi e tra i gruppi per i diritti umani, che lo considerarono una “esecuzione stragiudiziale”. dopo un processo ampiamente seguito dalla stampa, azaria fu condannato a 18 mesi di prigione e a 12 mesi di libertà vigilata. venne rilasciato dopo aver scontato 9 mesi di carcere e accolto come un eroe in israele. ad oggi, abu shamsiyyeh continua a essere vessato dai coloni di hebron per aver denunciato il crimine di azaria. 2017 - trump dichiara gerusalemme capitale di israele - 6 dicembre 2017. forse nel momento più decisivo della seconda metà del decennio, il presidente donald trump annuncia che gli stati uniti avrebbero riconosciuto gerusalemme come la capitale di israele. la città occupata, che secondo i palestinesi dovrebbe diventare la capitale del loro futuro stato, è stata per anni un punto critico nei negoziati di pace, con i reiterati tentativi israeliani di esercitare ulteriormente il suo controllo su di essa. palestinesi bruciano manifesti raffiguranti il ​​presidente degli stati uniti donald trump e il primo ministro israeliano benjamin netanyahu durante una protesta contro l’intenzione degli stati uniti di spostare la propria ambasciata a gerusalemme e di riconoscere la città di gerusalemme come capitale di israele. rafah, striscia meridionale di gaza, il 6 dicembre , 2017. (foto: ashraf amra / apa images). la decisione suscitò proteste diffuse che portarono all’arresto di centinaia di palestinesi e al ferimento di molti altri. anno dopo anno, “gerusalemme è la capitale della palestina” è ancora uno slogan presente in quasi tutte le proteste politiche in palestina. la decisione venne accolta favorevolmente da israele e danneggiò gravemente le relazioni dell’autorità palestinese con l’amministrazione degli stati uniti. ahed tamimi arrestata per aver schiaffeggiato un soldato israeliano - 19 dicembre 2017. tamimi nella corte militare di ofer, 28 dicembre 2017. (foto: mariam barghouti). ahed tamimi approdò sul palcoscenico internazionale dopo essere stata prelevata dalle forze. ..segue ./.
Segue da Pag.25: Un decennio in rassegna: gli avvenimenti che hanno segnato gli ultimi 10 anni in Israele / Palestina

ampiamente condannata dalla comunità internazionale,compresa l’amministrazione americana, che la considerò una grave battuta d’arresto per la soluzione dei due Stati.

Costruzioni nell’insediamento di Ariel in Cisgiordania, il 27 settembre 2010. (Foto: Getty Images)

La decisione del 2012 aprirà la strada ad anni di costruzione di insediamenti nell’area che, una volta completati, avrebbero isolato completamente la Cisgiordania settentrionale dalla parte meridionale del territorio, rendendo impossibile la fattibilità di un futuro stato palestinese contiguo. Entro la fine del decennio, l’area E1 sarebbe diventata un punto critico della lotta palestinese contro l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania.

2013 - John Kerry inizia i colloqui di pace guidati dagli Stati Uniti - Agosto 2013

Per la prima volta in quasi tre anni, i leader israeliani e palestinesi si incontrano faccia a faccia per negoziati di pace diretti, sotto l’egida dell’allora segretario di Stato John Kerry. I colloqui iniziarono con concessioni concordate da entrambe le parti: la Palestina accettò di interrompere la ricerca del riconoscimento internazionale come Stato attraverso le domande alle organizzazioni internazionali, e Israele accettò il rilascio di 104 prigionieri palestinesi incarcerati prima degli Accordi di Oslo del 1993.

Mahmoud Abbas, John Kerry e Shimon Peres si stringono la mano al World Economic Forum in Medio Oriente e Nord Africa 2013, ad Amman, in Giordania. 26 maggio 2013. (Foto: FLASH90)

I colloqui mostrarono presto segni di debolezza, con le parti che non furono neppure in grado di concordare a quali questioni dare priorità. Meno di un anno dopo, le trattative fallirono. Allora venne riferito che i funzionari americani attribuirono gran parte della colpa a Israele, per la continua espansione degli insediamenti durante i negoziati. Peace Now riferì che durante i nove mesi di colloqui di pace, Israele stabilì un nuovo record nell’espansione degli insediamenti, con quasi 14.000 case di coloni approvate.

Prigionieri pre-Oslo rilasciati dalle carceri israeliane. - Agosto – dicembre 2013

Come parte dei colloqui di pace, Israele accettò di rilasciare 104 prigionieri palestinesi – gli stessi prigionieri che avrebbe dovuto rilasciare nel 1999, in occasione del Memorandum di Sharm el-Sheikh. I prigionieri furono rilasciati in quattro fasi, la prima delle quali ebbe luogo il 13 agosto, il primo giorno di negoziati. Ventisei prigionieri, tutti con condanne a lungo termine comminate prima degli Accordi di Oslo, furono rilasciati e accolti come eroi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

Palestinesi nel campo profughi di Aida celebrano il rilascio di Khaled al-Azraq nel 2013, dopo aver trascorso più di 20 anni nelle carceri israeliane (Foto: Activestills)

Dopo mesi di instabili negoziati, il secondo gruppo di 26 prigionieri fu rilasciato il 29 ottobre e il terzo il 30 dicembre. Mentre il presidente Abbas e i palestinesi celebrarono i rilasci come una grande vittoria, molti espressero preoccupazione per il fatto che Israele, come spesso accadeva, nel corso degli anni avrebbe tranquillamente arrestato di nuovo i prigionieri rilasciati. Il 28 marzo 2014, Israele non rilasciò il quarto gruppo composto da 26 prigionieri, fatto che segnò l’inizio della fine dei colloqui di pace.

2014 - L’Operazione Brother ‘s Keeper sconvolge la Cisgiordania. - 12 giugno – 30 giugno 2014

Soldati israeliani conducono incursioni notturne in Cisgiordania durante l’operazione Brother’s Keeper nel 2014 (Foto: Wikimedia commons)

Il 12 giugno, tre adolescenti israeliani vengono rapiti mentre fanno l’autostop vicino all’incrocio di Gush Etzion, nel distretto di Hebron in Cisgiordania. Il rapimento scatena una caccia all’uomo di due settimane attraverso i Territori Occupati, la più grande operazione israeliana in Cisgiordania dalla Seconda Intifada. In quello che molti ritennero più un tentativo per schiacciare le attività di Hamas in Cisgiordania che per trovare gli adolescenti, Israele uccise cinque palestinesi, tra cui un ragazzo di 14 anni, fece irruzione in oltre 1.000 case, uffici e scuole palestinesi e arrestò centinaia di palestinesi. Quando gli adolescenti furono trovati, uccisi e sepolti in un campo a Hebron, il fatto aveva ormai tenuto con il fiato sospeso la nazione e la comunità internazionale, e venne indicata come il punto di partenza di un anno di violenza nella regione.

Il rapimento e l’uccisione di Muhammed Abu Khdeir - 2 luglio 2014

Qualche giorno dopo la fine della caccia all’uomo in Cisgiordania, i palestinesi furono scossi fino al midollo dalla notizia che un ragazzo palestinese di 16 anni di Gerusalemme est era stato rapito da un gruppo di giovani israeliani. Alcune ore dopo, il suo corpo carbonizzato venne rinvenuto gettato vicino a una foresta a Gerusalemme. I primi risultati dell’autopsia dimostrarono che l’adolescente, Mohammed Abu Khdeir, era stato bruciato vivo.

Grandi folle si radunano sulla strada principale di Shufat, in attesa dell’arrivo dei resti di Abu Khdeir. (Foto: Matthew Vickery)

L’omicidio fu seguito da una serie di tentativi di rapimento di palestinesi da parte di israeliani e attacchi di “price tag” (movimento vagamente organizzato di israeliani estremisti che protestano per l’evacuazione e la demolizione di insediamenti illegali in Cisgiordania ndt) in Cisgiordania. I palestinesi organizzarono numerose proteste in tutto il territorio,represse dalle forze israeliane. Come è noto, pochi giorni dopo l’omicidio divenne virale un video che mostrava agenti israeliani sotto copertura che picchiavano violentemente il cugino di Khdeir, il quindicenne americano Tariq Khdeir, mentre veniva ammanettato e bloccato a terra. Le foto della faccia gonfia e piena di lividi bluastri di Khdeir furono riprese dai media internazionali e americani e suscitarono una condanna diffusa da parte della comunità internazionale.

Tarek Abu Khdeir (Photo provided and published with consent from the Abu Khdeir family)

Operazione “Margine Protettivo” a Gaza - 8 luglio – 26 agosto 2014

Dopo settimane di tensioni in Israele e Palestina a seguito delle uccisioni dei tre adolescenti israeliani e di Abu Khdeir, e dopo giorni di intensi lanci di missili transfrontalieri tra Israele e Gaza, Israele lancia l’”Operation Protective Edge”, che si sarebbe rivelata la più mortale e la più distruttiva delle sue tre offensive su Gaza in sette anni. Attacchi aerei intensi,

aree con presumibili militanti di Hamas bombardate e la successiva invasione di terra, durarono per 50 estenuanti giorni. L’offensiva attirò l’attenzione della comunità internazionale, mentre attraverso i media andavano diffondendosi storie di interi edifici residenziali bombardati e fatti crollare seppellendo sotto le macerie intere famiglie. Storie di ragazzi uccisi mentre giocavano a calcio sulla spiaggia e di scuole delle Nazioni Unite bombardate scatenarono un intenso contraccolpo contro Israele e le sue azioni nella Striscia.

Colonne di fumo a seguito di un attacco aereo israeliano nella parte orientale della città di Gaza, il 9 agosto 2014, durante l’Operazione Margine Protettivo. (Foto: Ashraf Amra / Immagini APA)

Secondo la documentazione delle Nazioni Unite, l’operazione causò la morte di 2.251 palestinesi, tra cui almeno 1.462 civili, di cui 551 bambini. Più di 11.000 altri abitanti di Gaza rimasero feriti, quasi un quarto dei quali bambini. Si stima che 1.500 bambini rimasero orfani e 142 famiglie palestinesi ebbero tre o più membri uccisi nello stesso incidente, per un totale di 742 morti. Inoltre, 18.000 unità abitative furono distrutte in tutto o in parte, lasciando senza casa più di 100.000 abitanti di Gaza. Secondo un rapporto del 2019 di B’Tselem, quattro anni e mezzo dopo la guerra, il 20% delle case è ancora inutilizzabile e circa 2.300 famiglie – circa 13.000 persone – rimangono senza tetto.

2015 - Omicidio della famiglia Dawabsheh - 31 luglio 2015

Un abitante di Duma fa capolino nella camera da letto in cui il bambino Ali Dawabsheh è stato bruciato a morte. (Foto: Jen Marlowe)

Violenti attacchi di coloni contro i palestinesi non sono un evento insolito in Cisgiordania. Ma quando nel 2015 un gruppo di coloni mascherati dà fuoco alla casa della famiglia Dawabsheh nel villaggio di Duma, i palestinesi dei Territori sono terrorizzati. L’incendio uccide Ali Dawabsheh, 18 mesi, ed entrambi i suoi genitori. Ahmed Dawabsheh, di quattro anni, fu l’unico sopravvissuto, con gravi ustioni in oltre l’80% del suo corpo. Mentre i media e il governo israeliani tentarono di etichettare l’attacco come l’atto di alcuni “lupi solitari” ed “estremisti ebrei”, i palestinesi sostennero che non si trattava di un incidente una tantum, ma piuttosto rappresentava il vero volto del movimento dei coloni in Cisgiordania. L’attacco scatenò proteste diffuse tra i palestinesi e si trasformò in in un episodio decisivo del decennio in termini di violenza dei coloni nei Territori Occupati.

Inizia la “Terza Intifada” - 13 settembre 2015-2016

Alla vigilia di Rosh Hashanah, dozzine di israeliani entrano nel complesso di Al-Aqsa a Gerusalemme est sotto la protezione delle autorità armate israeliane. La presenza dei fedeli israeliani provocò proteste tra i palestinesi presenti, violentemente represse dalle forze israeliane. I video delle forze israeliane che sparano granate stordenti e gas lacrimogeni nella moschea di Al-Aqsa suscitarono numerose proteste. Quella stessa notte, un israeliano venne ucciso dopo essere stato attaccato da un gruppo di lanciatori di pietre palestinesi e aver perso il controllo della sua auto. Nei giorni successivi, continuarono gli scontri nel complesso di Al-Aqsa e attraverso Gerusalemme e la Cisgiordania. Gli esperti politici di tutto il mondo, così come i leader israeliani e palestinesi, iniziarono a etichettare l’ondata di proteste come “Terza Intifada”.

Hadeel al-Hashlamoun poco prima di essere uccisa il 22 settembre 2015.

Il 22 settembre, le forze israeliane spararono uccidendo una ragazza palestinese di 18 anni, Hadeel Hashamoun, mentre attraversa un checkpoint a Hebron, presumibilmente armata di un coltello. In seguito si scoprì che non rappresentava una minaccia imminente per la vita dei soldati, che avrebbero quindi potuto arrestarla con mezzi non violenti. I palestinesi attribuiscono a questo omicidio l’inizio della successiva ondata di attacchi con il coltello che interessò i Territori Occupati.

Nelle settimane e nei mesi seguenti, la violenza sarebbe stata caratterizzata da una serie di attacchi con il coltello su piccola scala, effettuati da “lupi solitari” prevalentemente contro ufficiali israeliani in uniforme. Mentre Israele ha perpetuato la narrazione che la violenza venne scatenata dall’istigazione contro gli israeliani dei social media palestinesi, i palestinesi hanno indicato come motivo per quella esplosione di violenza l’occupazione più che cinquantennale e la mancanza di progresso verso una giusta soluzione al conflitto.

2016 - Elor Azaria uccide un palestinese inerme - 14 marzo 2016

Il Sgt. Elor Azaria riceve la condanna per omicidio colposo in un tribunale militare israeliano.

Mentre la cosiddetta “Terza Intifada” continua ad espandersi, ricordiamo un caso per illustrare la violenza e ciò che molti gruppi di diritti umani criticarono come uso eccessivo della forza da parte di Israele contro i Palestinesi. Le forze israeliane sparano ad Abdel Fattah al-Sharif nel quartiere di Tel Rumeida a Hebron, mentre tenta di pugnalare un gruppo di soldati di stanza nell’area. Mentre al-Sharif giace insanguinato e inerte a terra, il soldato medico israeliano Elor Azaria alza la pistola e gli spara in testa, uccidendolo. L’omicidio, registrato dall’attivista palestinese Imad Abu Shamsiyyeh, scatenò la rabbia tra i palestinesi e tra i gruppi per i diritti umani, che lo considerarono una “esecuzione stragiudiziale”. Dopo un processo ampiamente seguito dalla stampa, Azaria fu condannato a 18 mesi di prigione e a 12 mesi di libertà vigilata. Venne rilasciato dopo aver scontato 9 mesi di carcere e accolto come un eroe in Israele. Ad oggi, Abu Shamsiyyeh continua a essere vessato dai coloni di Hebron per aver denunciato il crimine di Azaria.

2017 - Trump dichiara Gerusalemme capitale di Israele - 6 dicembre 2017

Forse nel momento più decisivo della seconda metà del decennio, il presidente Donald Trump annuncia che gli Stati Uniti avrebbero riconosciuto Gerusalemme come la capitale di Israele. La città occupata, che secondo i palestinesi dovrebbe diventare la capitale del loro futuro stato, è stata per anni un punto critico nei negoziati di pace, con i reiterati tentativi israeliani di esercitare ulteriormente il suo controllo su di essa.

Palestinesi bruciano manifesti raffiguranti il ​​presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante una protesta contro l’intenzione degli Stati Uniti di spostare la propria ambasciata a Gerusalemme e di riconoscere la città di Gerusalemme come capitale di Israele. Rafah, Striscia meridionale di Gaza, il 6 dicembre , 2017. (Foto: Ashraf Amra / APA Images)

La decisione suscitò proteste diffuse che portarono all’arresto di centinaia di palestinesi e al ferimento di molti altri. Anno dopo anno, “Gerusalemme è la capitale della Palestina” è ancora uno slogan presente in quasi tutte le proteste politiche in Palestina. La decisione venne accolta favorevolmente da Israele e danneggiò gravemente le relazioni dell’Autorità Palestinese con l’amministrazione degli Stati Uniti.

Ahed Tamimi arrestata per aver schiaffeggiato un soldato israeliano - 19 dicembre 2017

Tamimi nella corte militare di Ofer, 28 dicembre 2017. (Foto: Mariam Barghouti)

Ahed Tamimi approdò sul palcoscenico internazionale dopo essere stata prelevata dalle forze

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