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La VOCE ANNO XXII N°6

febbraio 2020

PAGINA 2         - 22

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segue da pag.21: arretramento dell'anpi sui temi del confine orientale. giorno del ricordo: dove sta il problema? . in effetti, di iniziative controcorrente importanti, anche dirompenti e di alto livello, ne sono state organizzate molte fino ad oggi. su questi temi hanno lavorato egregiamente i ricercatori del gruppo resistenza storica formatosi attorno alla editrice kappavu. esistono comitati antifascisti, come quello di parma, che ogni anno promuovono iniziative pubbliche di controinformazione nel giorno dei ricordo. sono state iniziate campagne, come quella su “magazzino 18” di simone cristicchi, che hanno fortemente disturbato i manovratori in alcuni frangenti. abbiamo creato siti internet come diecifebbraio.info dove si può trovare tutta la documentazione rilevante su questi temi, per contrastare la propaganda dominante. ogni approccio ovviamente va bene: ogni iniziativa è opportuna soprattutto se accresce la conoscenza e se permette di rifuggire dalla sterile dimensione dello scambio di insulti via facebook. tuttavia non basta! non basta, perché il problema principale che dobbiamo affrontare quando arriva il giorno del ricordo è proprio… il giorno del ricordo! cioè questa ricorrenza che è stata introdotta per legge nel calendario civile, con il suo significato e le sue conseguenze. l’anpi e il “giorno del ricordo”. per spiegarmi faccio l’esempio della posizione ufficiale dell’anpi, che appare mirata a “limitare il danno” derivante dalla istituzione del giorno del ricordo. all’origine l’anpi non espresse una contrarietà netta, evidentemente risentendo dell’influenza del partito democratico i cui esponenti avevano partecipato al processo istitutivo (sin dall’incontro fini-violante a trieste nel 1998) fino ad approvare il testo della legge n.92/2004 contentandosi del fatto che esso contiene un accenno alla contestualizzazione nella “più complessa vicenda del confine orientale”. perciò, già nel primo decennio della legge le sezioni anpi sono andate in ordine sparso, talvolta promuovendo iniziative fortemente critiche, talaltra partecipando a incontri con esponenti dell’associazionismo revanscista istriano-dalmata nella logica della “memoria condivisa”. quest’ultimo spirito è quello che sottende anche alla “pacificazione” promossa in friuli attorno alla questione di porzûs, per cui reduci partigiani garibaldini si sono incontrati con reduci combattenti “osovani”. solo nel 2015, a seguito dello scandalo scoppiato sul caso del repubblichino paride mori e quindi alla scoperta di centinaia di riconoscimenti assegnati a caduti che “facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’italia” – riconoscimenti di cui ci dirà in dettaglio sandi volk – l’anpi ha chiesto di sospendere gli effetti della legge sul giorno del ricordo. viceversa, però, i termini per i suddetti riconoscimenti sono stati prorogati per ulteriori 10 anni: di qui nel 2016 una lettera dell’allora presidente nazionale anpi carlo smuraglia con richiesta di chiarimenti, in particolare, agli esponenti pd del rio e serracchiani, lettera cui non è stata data alcuna risposta pubblica. a dicembre 2016 il comitato nazionale anpi approvava il documento “il confine italo-sloveno. analisi e riflessioni”, sintesi di un seminario interno, nel quale però non si affronta la questione dei “premiati” né si contesta l’istituzione del giorno del ricordo. nel 2018 la neo-presidente nazionale carla nespolo salutava il convegno di torino “giorno del ricordo. un bilancio”, oggetto di un attacco politico-giornalistico e del divieto di celebrazione in una sala comunale. tuttavia nel 2019, con una svolta di 180°, la stessa carla nespolo ha criticato come “non condivisibile” il convegno di parma “foibe e fascismo”, quattordicesimo di una serie che per lunghi anni aveva sempre avuto la partecipazione dell’anpi. allarme rosso per l’anpi. con questa presa di posizione della nespolo parrebbe iniziare una fase di aperto distanziamento dell’anpi dalle ricerche storiche che su questi temi hanno realizzato in particolare il gruppo di ricercatori indipendenti di resistenza storica e diecifebbraio.info. questo è ovviamente molto inquietante, ma a ben vedere è difficilmente evitabile se si assume la premessa dell’avversario, cioè che, a prescindere da ogni ricerca scientifica nel merito e da ogni distinguo sulla moralità della resistenza, le “foibe” sono comunque state “una tragedia nazionale” – espressione che quest’anno abbiamo sentito usare identica da due persone: carla nespolo e sergio mattarella. io stesso sono un iscritto all’anpi e credo che l’attività che svolge l’anpi sia lodevole e preziosa e vada tutelata. perciò in questa sede lancio un segnale d’allarme alle istanze dell’anpi a tutti i livelli, dagli iscritti ai dirigenti nazionali passando per le tantissime sezioni: guardate che l’istituzione del giorno del ricordo ha messo l’anpi e l’antifascismo italiano in una trappola mortale. se si accetta che esista per lo stato italiano una celebrazione per i cosiddetti “infoibati” quando non ne esistono di analoghe non dico per le vittime dei bombardamenti angloamericani, ma nemmeno per le vittime delle grandi stragi nazifasciste, da marzabotto a sant’agata sulla majella passando per le fosse ardeatine, allora possiamo chiudere baracca e burattini. istituendo il giorno del ricordo è stata aperta la falla che farà affondare la nave. inoltre, non contestare le conseguenze della legge – cioè l’attribuzione di riconoscimenti di stato a centinaia di fascisti e collaborazionisti del nazismo –, non chiedere la.
sospensione degli effetti della legge, significa lasciare aperto il varco dal quale stanno scappando tutti i buoi. non ci si può allora lamentare se agli antifascisti viene negata la parola nelle scuole. squadrismo storiografico e dissidenza. ho già menzionato il convegno “giorno del ricordo. un bilancio” che abbiamo organizzato a torino un anno fa. con esso volevamo mettere a fuoco le conseguenze devastanti della istituzione di questa ricorrenza. il convegno è stato ovviamente ostacolato dal solito tandem politico-giornalistico, al punto che abbiamo dovuto presentare una denuncia penale per diffamazione contro la giornalista lucia bellaspiga, organica alla lobby degli esuli, denuncia della quale ancora aspettiamo l’esito. ciononostante, quel convegno si è tenuto, con grande clamore e partecipazione di pubblico. eppure non possiamo dirci soddisfatti del suo esito. non siamo soddisfatti perché i quesiti fondamentali e le necessità che il progetto del convegno voleva evidenziare sono stati scarsamente compresi e valorizzati anche da chi era in quel progetto assieme a noi. l’obiettivo, che avremmo dovuto coronare con la pubblicazione degli atti del convegno, era quello di dare a questi temi una nuova dignità pubblicistica, uscendo dal solito giro dei “fissati” delle questioni del confine orientale. come ho già detto, in passato sono state fatte tante iniziative, libri ed anche convegni, e di ottimo livello, su “foibe ed esodo”; ma nonostante la gravità di quanto accaduto con l’istituzione del giorno del ricordo siamo oggettivamente intrappolati in una dimensione autoreferenziale, per cui la polemica è troppo spesso condotta con toni e strumenti più consoni alla lite di condominio che non alla storiografia o all’analisi delle relazioni internazionali. una delle poche strade forse ancora percorribili per il necessario salto di qualità poteva allora essere la presa di responsabilità da parte di un pezzo di mondo scientifico-accademico, che avrebbe dovuto rendere “oggetto scientifico” ad es. il dato di fatto che il numero degli “infoibati” onorati dallo stato italiano è prossimo a trecentocinquanta, e tra questi la maggiorparte sono nazifascisti e loro collaboratori, mentre degli altri nemmeno uno è vittima di “pulizia etnica titina” – come spiegherà sandi nel seguito. però tale assunzione di responsabilità non c’è stata, e così noi rimaniamo confinati nel solito angolino di protesta minoritaria, con le solite coazioni a ripetere tipiche dei minuscoli ambienti della dissidenza nelle società totalitarie – per usare due categorie, quelle di “dissidenza” e “totalitarismo”, che a me non piacciono ma che dovrebbero far riflettere chi è abituato ad usarle. quanto ci costa. per concludere voglio dunque richiamare i temi di quel convegno di torino, elencando le voci di tale necessario “bilancio” di 15 anni di esistenza del “giorno del ricordo”. innanzitutto, quanto ci è costato il giorno del ricordo finanziariamente? quanto incide sulle tasche dei contribuenti. per rispondere dovremmo innanzitutto andare a vedere le spese per le realizzazioni in termini di monumenti e di toponomastica.poi fare la somma dei costi delle cerimonie di stato, o organizzate da enti locali a tutti i livelli, o da enti terzi (non esclusi gli istituti di storia). si dovrebbero quantificare i costi delle produzioni di telefilm (come il “cuore nel pozzo”), film (come “red land”), o spettacoli come quelli di cristicchi.nota bene: renzo codarin presidente della anvgd ha affermato che per «red land» hanno «compiuto un enorme sforzo economico» e nemmeno con i fondi del giorno per ricordo bensì con quelli «della legge dello stato 72 del 2001 che finanzia le attività che noi svolgiamo per divulgare la nostra storia.»quantifichiamole allora tutte, le elargizioni alle singole associazioni degli «esuli» ed alla loro federazione. ricordiamoci che già nel 2010 la trasmissione report di rai3 aveva sollevato lo scandalo dei milioni di euro elargiti ogni anno all’associazionismo revanscista in virtù della legge istitutiva del giorno del ricordo. ed oltre alle elargizioni in denaro, ricordiamo le cessioni di beni immobili, come ad esempio qui a roma, a s. giorgio al velabro.e che dire dei finanziamenti mirati agli ismli, alle deputazioni di storia patria, alle università, per orientare le attività di ricerca e celebrative? e quanto sono costate le iniziative «didattiche» del miur, i corsi di formazione annuali, i viaggi degli studenti a basovizza? parlando dunque delle scuole, veniamo a quanto ci è costato il giorno del ricordo dal punto di vista culturale. parliamo della aperta violazione della libertà di insegnamento, prevista dall’art.33 della costituzione, esemplificata dalla azione squadristica di ieri all’istituto giordano bruno di roma. i provvedimenti di censura derivano direttamente dalle risoluzioni votate all’unanimità dalle commissioni cultura del parlamento e non colpiscono più solamente gli storici non-allineati ed i ricercatori più coraggiosi, ma anche direttamente l’anpi; e la teppa di blocco studentesco, casapound, forza nuova ed affini possono presentarsi come i più consequenziali garanti del “nuovo ordine” storiografico.veti e censure sono operanti da anni, specialmente con il diniego sistematico di sale comunali per le iniziative .ma la involuzione culturale la misuriamo anche nelle intitolazioni (toponomastica, sale pubbliche, ecc.) in onore di personaggi compromessi con il. ..segue ./.
Segue da Pag.21: ARRETRAMENTO DELL'ANPI SUI TEMI DEL CONFINE ORIENTALE. GIORNO DEL RICORDO: DOVE STA IL PROBLEMA? .

In effetti, di iniziative controcorrente importanti, anche dirompenti e di alto livello, ne sono state organizzate molte fino ad oggi. Su questi temi hanno lavorato egregiamente i ricercatori del gruppo Resistenza Storica formatosi attorno alla editrice KappaVu. Esistono comitati antifascisti, come quello di Parma, che ogni anno promuovono iniziative pubbliche di controinformazione nel Giorno dei Ricordo. Sono state iniziate campagne, come quella su “Magazzino 18” di Simone Cristicchi, che hanno fortemente disturbato i manovratori in alcuni frangenti. Abbiamo creato siti internet come Diecifebbraio.info dove si può trovare tutta la documentazione rilevante su questi temi, per contrastare la propaganda dominante.

Ogni approccio ovviamente va bene: ogni iniziativa è opportuna soprattutto se accresce la conoscenza e se permette di rifuggire dalla sterile dimensione dello scambio di insulti via Facebook. Tuttavia non basta! Non basta, perché il problema principale che dobbiamo affrontare quando arriva il Giorno del Ricordo è proprio… il Giorno del Ricordo! Cioè questa ricorrenza che è stata introdotta per legge nel calendario civile, con il suo significato e le sue conseguenze.

L’ANPI E IL “GIORNO DEL RICORDO”

Per spiegarmi faccio l’esempio della posizione ufficiale dell’ANPI, che appare mirata a “limitare il danno” derivante dalla istituzione del Giorno del Ricordo. All’origine l’ANPI non espresse una contrarietà netta, evidentemente risentendo dell’influenza del Partito Democratico i cui esponenti avevano partecipato al processo istitutivo (sin dall’incontro Fini-Violante a Trieste nel 1998) fino ad approvare il testo della Legge n.92/2004 contentandosi del fatto che esso contiene un accenno alla contestualizzazione nella “più complessa vicenda del confine orientale”.

Perciò, già nel primo decennio della Legge le sezioni ANPI sono andate in ordine sparso, talvolta promuovendo iniziative fortemente critiche, talaltra partecipando a incontri con esponenti dell’associazionismo revanscista istriano-dalmata nella logica della “memoria condivisa”. Quest’ultimo spirito è quello che sottende anche alla “pacificazione” promossa in Friuli attorno alla questione di Porzûs, per cui reduci partigiani garibaldini si sono incontrati con reduci combattenti “osovani”.
Solo nel 2015, a seguito dello scandalo scoppiato sul caso del repubblichino 
Paride Mori e quindi alla scoperta di centinaia di riconoscimenti assegnati a caduti che “facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia” – riconoscimenti di cui ci dirà in dettaglio Sandi Volk – l’ANPI ha chiesto di sospendere gli effetti della Legge sul Giorno del Ricordo. Viceversa, però, i termini per i suddetti riconoscimenti sono stati prorogati per ulteriori 10 anni: di qui nel 2016 una lettera dell’allora presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia con richiesta di chiarimenti, in particolare, agli esponenti PD Del Rio e Serracchiani, lettera cui non è stata data alcuna risposta pubblica.
A dicembre 2016 il Comitato Nazionale ANPI approvava il documento 
“Il confine italo-sloveno. Analisi e riflessioni”, sintesi di un seminario interno, nel quale però non si affronta la questione dei “premiati” né si contesta l’istituzione del Giorno del Ricordo.
Nel 2018 la neo-presidente nazionale Carla Nespolo salutava il convegno di Torino 
“Giorno del Ricordo. Un bilancio”, oggetto di un attacco politico-giornalistico e del divieto di celebrazione in una sala comunale. Tuttavia nel 2019, con una svolta di 180°, la stessa Carla Nespolo ha criticato come “non condivisibile” il convegno di Parma “Foibe e Fascismo”, quattordicesimo di una serie che per lunghi anni aveva sempre avuto la partecipazione dell’ANPI. 

ALLARME ROSSO PER L’ANPI

Con questa presa di posizione della Nespolo parrebbe iniziare una fase di aperto distanziamento dell’ANPI dalle ricerche storiche che su questi temi hanno realizzato in particolare il gruppo di ricercatori indipendenti di Resistenza Storica e Diecifebbraio.info. Questo è ovviamente molto inquietante, ma a ben vedere è difficilmente evitabile se si assume la premessa dell’avversario, cioè che, a prescindere da ogni ricerca scientifica nel merito e da ogni distinguo sulla moralità della Resistenza, le “foibe” sono comunque state “una tragedia nazionale” – espressione che quest’anno abbiamo sentito usare identica da due persone: Carla Nespolo e Sergio Mattarella.

Io stesso sono un iscritto all’ANPI e credo che l’attività che svolge l’ANPI sia lodevole e preziosa e vada tutelata. Perciò in questa sede lancio un segnale d’allarme alle istanze dell’ANPI a tutti i livelli, dagli iscritti ai dirigenti nazionali passando per le tantissime sezioni: guardate che l’istituzione del Giorno del Ricordo ha messo l’ANPI e l’antifascismo italiano in una trappola mortale. Se si accetta che esista per lo Stato italiano una celebrazione per i cosiddetti “infoibati” quando non ne esistono di analoghe non dico per le vittime dei bombardamenti angloamericani, ma nemmeno per le vittime delle grandi stragi nazifasciste, da Marzabotto a Sant’Agata sulla Majella passando per le Fosse Ardeatine, allora possiamo chiudere baracca e burattini. Istituendo il Giorno del Ricordo è stata aperta la falla che farà affondare la nave. Inoltre, non contestare le conseguenze della Legge – cioè l’attribuzione di riconoscimenti di Stato a centinaia di fascisti e collaborazionisti del nazismo –, non chiedere la

sospensione degli effetti della Legge, significa lasciare aperto il varco dal quale stanno scappando tutti i buoi.

Non ci si può allora lamentare se agli antifascisti viene negata la parola nelle scuole.

SQUADRISMO STORIOGRAFICO E DISSIDENZA

Ho già menzionato il convegno “Giorno del Ricordo. Un bilancio” che abbiamo organizzato a Torino un anno fa. Con esso volevamo mettere a fuoco le conseguenze devastanti della istituzione di questa ricorrenza. Il convegno è stato ovviamente ostacolato dal solito tandem politico-giornalistico, al punto che abbiamo dovuto presentare una denuncia penale per diffamazione contro la giornalista Lucia Bellaspiga, organica alla lobby degli esuli, denuncia della quale ancora aspettiamo l’esito. Ciononostante, quel convegno si è tenuto, con grande clamore e partecipazione di pubblico. Eppure non possiamo dirci soddisfatti del suo esito. Non siamo soddisfatti perché i quesiti fondamentali e le necessità che il progetto del convegno voleva evidenziare sono stati scarsamente compresi e valorizzati anche da chi era in quel progetto assieme a noi. L’obiettivo, che avremmo dovuto coronare con la pubblicazione degli Atti del convegno, era quello di dare a questi temi una nuova dignità pubblicistica, uscendo dal solito giro dei “fissati” delle questioni del Confine Orientale. Come ho già detto, in passato sono state fatte tante iniziative, libri ed anche convegni, e di ottimo livello, su “foibe ed esodo”; ma nonostante la gravità di quanto accaduto con l’istituzione del Giorno del Ricordo siamo oggettivamente intrappolati in una dimensione autoreferenziale, per cui la polemica è troppo spesso condotta con toni e strumenti più consoni alla lite di condominio che non alla storiografia o all’analisi delle relazioni internazionali. 
Una delle poche strade forse ancora percorribili per il necessario salto di qualità poteva allora essere la presa di responsabilità da parte di un pezzo di mondo scientifico-accademico, che avrebbe dovuto rendere “oggetto scientifico” ad es. il dato di fatto che 
il numero degli “infoibati” onorati dallo Stato italiano è prossimo a trecentocinquanta, e tra questi la maggiorparte sono nazifascisti e loro collaboratori, mentre degli altri nemmeno uno è vittima di “pulizia etnica titina” – come spiegherà Sandi nel seguito

Però tale assunzione di responsabilità non c’è stata, e così noi rimaniamo confinati nel solito angolino di protesta minoritaria, con le solite coazioni a ripetere tipiche dei minuscoli ambienti della dissidenza nelle società totalitarie – per usare due categorie, quelle di “dissidenza” e “totalitarismo”, che a me non piacciono ma che dovrebbero far riflettere chi è abituato ad usarle.

QUANTO CI COSTA

Per concludere voglio dunque richiamare i temi di quel convegno di Torino, elencando le voci di tale necessario “bilancio” di 15 anni di esistenza del “Giorno del Ricordo”.

Innanzitutto, quanto ci è costato il Giorno del Ricordo finanziariamente? Quanto incide sulle tasche dei contribuenti.

Per rispondere dovremmo innanzitutto andare a vedere le spese per le realizzazioni in termini di Monumenti e di Toponomastica.Poi fare la somma dei costi delle Cerimonie di Stato, o organizzate da Enti Locali a tutti i livelli, o da enti terzi (non esclusi gli Istituti di Storia).
Si dovrebbero quantificare i costi delle produzioni di telefilm (come il “Cuore nel Pozzo”), film (come “Red Land”), o spettacoli come quelli di Cristicchi.Nota bene: 
Renzo Codarin presidente della ANVGD ha affermato che per «Red Land» hanno «compiuto un enorme sforzo economico» e nemmeno con i fondi del Giorno per Ricordo bensì con quelli «della legge dello Stato 72 del 2001 che finanzia le attività che noi svolgiamo per divulgare la nostra storia.»Quantifichiamole allora tutte, le elargizioni alle singole associazioni degli «esuli» ed alla loro Federazione. Ricordiamoci che già nel 2010 la trasmissione Report di RAI3 aveva sollevato lo scandalo dei milioni di euro elargiti ogni anno all’associazionismo revanscista in virtù della Legge istitutiva del Giorno del Ricordo. Ed oltre alle elargizioni in denaro, ricordiamo le cessioni di beni immobili, come ad esempio qui a Roma, a S. Giorgio al Velabro.E che dire dei finanziamenti mirati agli ISMLI, alle Deputazioni di Storia Patria, alle Università, per orientare le attività di ricerca e celebrative?
E quanto sono costate le iniziative «didattiche» del MIUR, i corsi di formazione annuali, i viaggi degli studenti a Basovizza?

Parlando dunque delle scuole, veniamo a quanto ci è costato il Giorno del Ricordo dal punto di vista culturale.

Parliamo della aperta violazione della libertà di insegnamento, prevista dall’Art.33 della Costituzione, esemplificata dalla azione squadristica di ieri all’Istituto Giordano Bruno di Roma. I provvedimenti di censura derivano direttamente dalle Risoluzioni votate all’unanimità dalle Commissioni Cultura del Parlamento e non colpiscono più solamente gli storici non-allineati ed i ricercatori più coraggiosi, ma anche direttamente l’ANPI; e la teppa di Blocco Studentesco, Casapound, Forza Nuova ed affini possono presentarsi come i più consequenziali garanti del “nuovo ordine” storiografico.Veti e censure sono operanti da anni, specialmente con il diniego sistematico di sale comunali per le iniziative .Ma la involuzione culturale la misuriamo anche nelle intitolazioni (toponomastica, sale pubbliche, ecc.) in onore di personaggi compromessi con il

..segue ./.

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

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