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La VOCE 2004

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La VOCE ANNO XXII N°8

aprile 2020

PAGINA C        - 35

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questioni della scienza. a cura di a. martocchia. sull'inserto scientifico de la voce dello scorso mese erano apparsi questi materiali, che ripropongo qui perché la emergenza coronavirus mi sembra ne abbia sottolineato l'importanza, sia in positivo sia in negativo: in positivo, perché abbiamo davanti agli occhi nuovi esempi lampanti della superiorità del sistema sanitario e sociale cubano, per come incentiva la ricerca scientifica-medica; in negativo, perché di fronte al grande bisogno che c'è di conoscenza e di soluzioni scientifiche per la prevenzione e la cura del virus, appare ancor più fuori luogo la persistente polemica di angelo baracca "contro la scienza". a.m. il senso del coronavirus. 0. premesse. per questo numero della rubrica è inevitabile affrontare il tema della pandemia in corso. in merito non si possono nutrire pretese di esaustività: si tratteranno eventualmente solo alcuni dei moltissimi aspetti della vicenda, con la consapevolezza di quali e quanto siano limitate le nostre conoscenze, con la responsabilità che dovrebbe indurre tutti ad evitare, una volta tanto, le esternazioni superficiali. infatti, già siamo tutti letteralmente investiti da un flusso unidirezionale di informazioni da parte del circuito mediatico e da quello politico che sembra non avere fine e che sta alimentando un senso di ansia e di insicurezza diffuse che difficilmente avremmo potuto immaginare soltanto un mese fa. a questo flusso “istituzionale”, che si dirige dall’alto verso il basso, si aggiunge poi la cacofonia delle decine e decine di post, tweet, meme, appelli, video e messaggini whatsapp che quotidianamente ognuno di noi riceve orizzontalmente dai contatti della propria “infosfera” social e che, coerenti con il mood dominante, come in un sistema di forze danno comunque come risultante quello della estrema drammatizzazione della situazione [1] una difficoltà aggiuntiva, nell'affrontare il tema, deriva dalla velocità con cui la situazione evolve, cosicché ogni conclusione tratta un giorno può essere inattuale già il giorno dopo. come hanno notato in molti, la sensazione è quella di trovarsi su una nave mentre il mare è in tempesta, con il conseguente senso di smarrimento. proprio per questo motivo è però necessario individuare alcuni "punti cardinali" che ci orientino nella navigazione... è necessario interpretare, dare un senso, alle molteplici contraddittorie informazioni ed impressioni cui siamo soggetti. bisogna fare anche un'altra premessa, relativa alle peculiari difficoltà interpretative, medico-scientifiche, del fenomeno. citando ancora da un testo del collettivo militant, andrebbero presi con le molle anche i tanti modelli predittivi che ci vengono proposti a ogni piè sospinto, tanto quelli “catastrofisti” che quelli “riduzionisti”, le variabili in campo sono numerose e la conoscenza dei dati è ancora estremamente limitata. pensiamo solo al parametro della “letalità” del virus, di cui pure si fa largo uso per mettere a confronto le strategie messe in atto dai diversi paesi, ovvero del rapporto percentuale tra i deceduti e il numero dei contagiati. sembrerebbe un calcolo relativamente semplice, di quelli che tutti abbiamo imparato a fare alle scuole medie, eppure già nel decidere quale sia il dato da inserire al numeratore subentra un elemento di discrezionalità non irrilevante che cambia, e di molto, la percezione sociale dell’epidemia: ossia se conteggiare solo i malati morti di covid 19 o quelli morti con il covid 19. la differenza della letalità registrata nella corea del sud (...) e quella dell’italia (...), due paesi che hanno una struttura demografica simile, si spiega anche in questo modo. [si veda anche l'incongruenza clamorosa con le percentuali in germania. [2] ] per il dato da inserire al denominatore il livello di indeterminatezza è poi ancora più alto, perché come ci è stato abbondantemente spiegato in.
questi giorni dagli stessi epidemiologi dell’iss, una percentuale non ancora ben definita di “contagiati” non presenta né presenterà mai sintomi, per cui non avrà mai motivo di sottoporsi ad un tampone (sempre che ce ne siano a sufficienza), e la stessa cosa vale per molti di quelli per cui la sintomatologia non andrà oltre quella di una normale influenza. insomma si tratta di una stima per difetto molto approssimativa che ci pone di fronte a scenari estremamente differenti. tanto per fare un esempio: se fossero realistiche le ipotesi della virologa ilaria capua i contagiati non censiti sarebbero 100 volte di più di quelli dichiarati e quindi la letalità sarebbe cento volte più bassa. [3] i dati sulla mortalità del virus – intesa come tasso combinato di contagiosità (numero degli infetti diviso popolazione), morbosità (ammalati diviso infetti) e letalità (deceduti diviso ammalati) – ha indotto inizialmente molti di noi, incluso il sottoscritto, in grande confusione: è possibile infatti che nelle statistiche presentate sui media per paragonare il fenomeno nei diversi paesi si utilizzino grandezze non omogenee e quindi risultati difformi per interi ordini di grandezza, ovviamente non confrontabili tra di loro. leggi l'articolo completo.

Questioni della Scienza
a cura di A. Martocchia


Sull'inserto scientifico de La Voce dello scorso mese erano apparsi questi materiali, che ripropongo qui perché la emergenza coronavirus mi sembra ne abbia sottolineato l'importanza, sia in positivo sia in negativo: in positivo, perché abbiamo davanti agli occhi nuovi esempi lampanti della superiorità del sistema sanitario e sociale cubano, per come incentiva la ricerca scientifica-medica; in negativo, perché di fronte al grande bisogno che c'è di conoscenza e di soluzioni scientifiche per la prevenzione e la cura del virus, appare ancor più fuori luogo la persistente polemica di Angelo Baracca "contro la scienza". A.M.

IL SENSO DEL CORONAVIRUS



0. PREMESSE


Per questo numero della rubrica è inevitabile affrontare il tema della pandemia in corso.

In merito non si possono nutrire pretese di esaustività: si tratteranno eventualmente solo alcuni dei moltissimi aspetti della vicenda, con la consapevolezza di quali e quanto siano limitate le nostre conoscenze, con la responsabilità che dovrebbe indurre tutti ad evitare, una volta tanto, le esternazioni superficiali. Infatti, già


<< siamo tutti letteralmente investiti da un flusso unidirezionale di informazioni da parte del circuito mediatico e da quello politico che sembra non avere fine e che sta alimentando un senso di ansia e di insicurezza diffuse che difficilmente avremmo potuto immaginare soltanto un mese fa. A questo flusso “istituzionale”, che si dirige dall’alto verso il basso, si aggiunge poi la cacofonia delle decine e decine di post, tweet, meme, appelli, video e messaggini WhatsApp che quotidianamente ognuno di noi riceve orizzontalmente dai contatti della propria “infosfera” social e che, coerenti con il mood dominante, come in un sistema di forze danno comunque come risultante quello della estrema drammatizzazione della situazione >> [1]


Una difficoltà aggiuntiva, nell'affrontare il tema, deriva dalla velocità con cui la situazione evolve, cosicché ogni conclusione tratta un giorno può essere inattuale già il giorno dopo. Come hanno notato in molti, la sensazione è quella di trovarsi su una nave mentre il mare è in tempesta, con il conseguente senso di smarrimento. Proprio per questo motivo è però necessario individuare alcuni "punti cardinali" che ci orientino nella navigazione... È necessario interpretare, dare un senso, alle molteplici contraddittorie informazioni ed impressioni cui siamo soggetti. 


Bisogna fare anche un'altra premessa, relativa alle peculiari difficoltà interpretative, medico-scientifiche, del fenomeno.


Citando ancora da un testo del collettivo Militant,


<< andrebbero presi con le molle anche i tanti modelli predittivi che ci vengono proposti a ogni piè sospinto, tanto quelli “catastrofisti” che quelli “riduzionisti”, le variabili in campo sono numerose e la conoscenza dei dati è ancora estremamente limitata. Pensiamo solo al parametro della “letalità” del virus, di cui pure si fa largo uso per mettere a confronto le strategie messe in atto dai diversi paesi, ovvero del rapporto percentuale tra i deceduti e il numero dei contagiati. Sembrerebbe un calcolo relativamente semplice, di quelli che tutti abbiamo imparato a fare alle scuole medie, eppure già nel decidere quale sia il dato da inserire al numeratore subentra un elemento di discrezionalità non irrilevante che cambia, e di molto, la percezione sociale dell’epidemia: ossia se conteggiare solo i malati morti di Covid 19 o quelli morti con il Covid 19. La differenza della letalità registrata nella Corea del Sud (...) e quella dell’Italia (...), due paesi che hanno una struttura demografica simile, si spiega anche in questo modo. [Si veda anche l'incongruenza clamorosa con le percentuali in Germania. [2] ] Per il dato da inserire al denominatore il livello di indeterminatezza è poi ancora più alto, perché come ci è stato abbondantemente spiegato in

questi giorni dagli stessi epidemiologi dell’ISS, una percentuale non ancora ben definita di “contagiati” non presenta né presenterà mai sintomi, per cui non avrà mai motivo di sottoporsi ad un tampone (sempre che ce ne siano a sufficienza), e la stessa cosa vale per molti di quelli per cui la sintomatologia non andrà oltre quella di una normale influenza. Insomma si tratta di una stima per difetto molto approssimativa che ci pone di fronte a scenari estremamente differenti. Tanto per fare un esempio: se fossero realistiche le ipotesi della virologa Ilaria Capua i contagiati non censiti sarebbero 100 volte di più di quelli dichiarati e quindi la letalità sarebbe cento volte più bassa. >> [3]


I dati sulla mortalità del virus – intesa come tasso combinato di contagiosità (numero degli infetti diviso popolazione), morbosità (ammalati diviso infetti) e letalità (deceduti diviso ammalati) – ha indotto inizialmente molti di noi, incluso il sottoscritto, in grande confusione: è possibile infatti che nelle statistiche presentate sui media per paragonare il fenomeno nei diversi paesi si utilizzino grandezze non omogenee e quindi risultati difformi per interi ordini di grandezza, ovviamente non confrontabili tra di loro. 



PTV News Speciale - Cuba aiuta l’Italia

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Una delegazione di 37 medici cubani e 15 infermieri è arrivata all'aeroporto di Milano Malpensa domenica 22 marzo per offrire supporto al sistema sanitario italiano, attualmente sepolto sotto il peso dell'epidemia da coronavirus. All'arrivo, la delegazione è stata accolta dal Vice Presidente della Regione Lombardia, Fabrizio Sala e dall'ambasciatore cubano in Italia, Jose Carlos Rodriguez Ruiz, che ha salutato i suoi concittadini con queste parole: "Sono qui per lavorare a fianco dei bravi dottori e infermieri italiani per combattere il Covid19. Lo faremo con tutta l'umiltà, tutti insieme per condividere ciò che ognuno ha da dare". Carlos Ricardo Perez Diaz, uno dei medici cubani ha precisato: "Siamo qui con una brigata di 52 operatori umanitari, medici e infermieri, che hanno esperienza in situazioni di disastri umanitari. Hanno lavorato nella crisi causata dall'ebola nell'Africa occidentale e alcuni di loro sono stati coinvolti in altri disastri naturali come terremoti. Quanto rimarremo? Il tempo di cui ci sarà bisogno, secondo quanto ci diranno le autorità. Siamo venuti qui con la chiara volontà di aiutare e rimarremo per tutto il tempo necessario", ha continuato Carlos. L'Italia non è l'unico paese che riceverà aiuto dalle autorità sanitarie cubane. Il Ministero della sanità pubblica di Cuba ha reso noto che sta inviando 1.450 unità di personale medico in 36 paesi per aiutare il mondo a combattere l'epidemia di coronavirus.

Coronavirus, Cuba invia 52 medici in Lombardia: "Come...

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Lavoreranno insieme al personale sanitario italiano

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