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La VOCE ANNO XXII N°8

aprile 2020

PAGINA c         - 27

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per compiacere trump, netanyahu si lava le mani sull’allerta coronavirus. 13/03/2020 di invicta palestina. su richiesta della casa bianca, netanyahu ha ignorato il suo ministero della sanità e ha optato per una politica di quarantena generale per evitare di mettere in imbarazzo il presidente degli stati uniti. english version - natasha roth-rowland – 10 marzo 2020. immagine di copertina: il primo ministro israeliano benjamin netanyahu e il direttore generale del ministero della salute moshe bar siman tov tengono una conferenza stampa sul coronavirus covid-19, presso il ministero della salute di gerusalemme, il 4 marzo 2020. (olivier fitoussi / flash90). lunedì sera, il primo ministro israeliano benjamin netanyahu ha annunciato che tutti coloro che arrivano dall’estero dovranno mettersi in auto-quarantena per un minimo di 14 giorni per cercare di fermare la diffusione del coronavirus nel paese. la misura costituisce un duro colpo per l’industria turistica israeliana, aumentando la tensione economica in un momento già difficoltoso. due compagnie aeree israeliane, israir e arkia, hanno cancellato tutti i loro voli internazionali almeno fino alla fine del mese, con israir che ha effettuato i voli per riportare a casa i turisti israeliani. la compagnia aerea di bandiera israeliana, el al, ha tenuto varie riunioni di emergenza prima di decidere di proseguire, almeno per il momento, con il normale programma. finora, ci sono 50 casi confermati di coronavirus all’interno della linea verde e 26 nella cisgiordania occupata (tutti, tranne uno, a betlemme). il piano originario del governo israeliano era molto più drastico: i consiglieri del ministero della sanità avevano inizialmente proposto di aggiungere gli stati uniti all’elenco di paesi da cui gli israeliani di ritorno dovevano mettersi in auto-quarantena per almeno due settimane, in particolare quelli che sbarcavano da new york, california o seattle, ad oggi i tre centri dell’epidemia negli stati uniti. ma netanyahu e altri ministri si sono opposti a tale raccomandazione. la ragione, che molti avevano già ipotizzato prima che la decisione fosse presa, è stata confermata lunedì dal canale 13 israeliano: netanyahu stava aderendo a una richiesta dell’amministrazione trump, per evitare che il presidente degli stati uniti apparisse in cattiva luce durante l’anno elettorale. il vicepresidente degli stati uniti mike pence – lo scettico verso la scienza che trump ha incaricato di supervisionare la risposta del governo al coronavirus – domenica ha personalmente chiesto a netanyahu di non includere gli stati uniti nell’elenco dei paesi soggetti alla quarantena, ma di stabilire invece una politica generale. il primo ministro ha obbedito. il ministro del turismo yaron levin ha anche ribadito che israele non avrebbe fatto “passi unilaterali” senza un “coordinamento” con washington. il primo ministro della benjamin netanyahu e il vicepresidente degli stati uniti mike pence visitano il muro occidentale nella città vecchia di gerusalemme, il 23 gennaio 2020. (shlomi cohen / flash90) nella conferenza stampa di domenica sera netanyahu, prima di annunciare che nessun paese sarebbe stato “scelto” per i requisiti di auto-quarantena, aveva fornito una vaga valutazione sulla risposta della casa bianca al virus. pertanto, il primo ministro aveva lasciato aperte due opzioni per le misure di quarantena: non imporre alcuna quarantena per chi proveniva dagli stati uniti, ignorando così il consiglio del proprio ministero della sanità, o imporre la quarantena a tutti coloro che entravano nel paese, indipendentemente da dove arrivavano e se erano viaggiatori internazionali o israeliani che rientravano. in altre parole, netanyahu doveva decidere tra il mettere i propri cittadini a rischio di esposizione al virus o silurare l’economia turistica di israele mentre i mercati finanziari globali sono in crisi. e alla fine, per stare dalla parte di trump, il primo ministro ha fatto la seconda scelta. da quando il nuovo ceppo del coronavirus, covid-19, ha iniziato a diffondersi a gennaio, il governo israeliano ha messo in atto alcune delle pratiche di contenimento più rigorose al mondo. con l’aumentare del numero di paesi interessati dal virus in piena espansione, probabilmente vedremo più stati imporre misure draconiane alla libertà di movimento per provare a rallentare l’inevitabile diffusione della malattia. ma la decisione di israele – come ha sottolineato chemi shalev ad haaretz – è stata presa a principale beneficio di trump che, a otto mesi dalle elezioni del 2020, sta affrontando una simile crisi completamente impreparato e non attrezzato. da un lato, questa sequenza di eventi non è sorprendente. le relazioni di netanyahu con trump, che ha riportato l’antisemitismo retrogrado nel mainstream americano, sono considerate il risultato principale della sua politica estera, unitamente ai doni pro-annessione con cui il presidente l’ha contraccambiato. non sorprende quindi che netanyahu acconsentirebbe a dargli una mano con un occhio alle imminenti elezioni statunitensi, proprio come ha fatto trump rilasciando il suo cosiddetto “affare.
del secolo” poco più di un mese prima delle recenti elezioni israeliane. il primo ministro benjamin netanyahu tiene una videoconferenza con i leader europei al fine di discutere le sfide e la cooperazione tra i paesi nel trattare il coronavirus covid-19, presso il ministero degli esteri a gerusalemme, il 9 marzo 2020. (yonatan sindel / flash90) tuttavia, è inquietante osservare la logica del partito repubblicano nell’influenzare le decisioni del primo ministro israeliano durante una crisi di salute pubblica: rendere felice trump, anche se ciò potrebbe costare la vita ai propri cittadini e / o gettare in rovina l’economia . siamo abituati a vedere netanyahu unirsi a trump in decisioni che determinano ulteriore miseria, uccisioni e abusi sui palestinesi, come con l’ambasciata degli stati uniti trasferita a gerusalemme e come il presunto “piano di pace” di trump. in quei casi, tuttavia, i risultati garantirono un enorme capitale politico al primo ministro. con questa decisione sul coronavirus, è difficile vedere chi ringrazierà netanyahu – a parte il suo benefattore statunitense. questa decisione, ovviamente, non è l’unica misura correlata al coronavirus in cui la politica prevale sulla salute pubblica. come ha sottolineato la mia collega henriette chacar qualche giorno fa, la decisione del ministro della difesa israeliano naftali bennett di blindare militarmente betlemme in risposta allo scoppio del virus in città, è in netto contrasto con le misure di auto-quarantena imposte agli israeliani all’interno della linea verde. tali sono i vantaggi di una dittatura militare, anche in una città che, come parte dell’area a, è apparentemente sotto il pieno controllo dell’autorità palestinese. il vasto divario tra tali misure parallele è il calcolo politico presente in israele-palestina. l’intero apparato statale israeliano è progettato per garantire che ciò che è necessario per i palestinesi non lo sia per gli ebrei, e viceversa, anche quando vivono nella stessa area. tuttavia, con la sua auto-quarantena, netanyahu ora tiene in ostaggio l’intera popolazione, e l’economia con essa. proprio come trump ha trasformato il coronavirus in un problema bipartisan, così netanyahu lo ha trasformato in un problema di alleanza politica – e la gente comune pagherà il prezzo dei loro giochi. natasha roth-rowland è una dottoranda di storia presso l’università della virginia, dove è ricercatrice e scrive sull’estrema destra ebraica in israele-palestina e negli stati uniti. ha trascorso diversi anni come scrittrice, montatrice e traduttrice in israele-palestina e il suo lavoro è apparso su the daily beast, sul london review of books blog, su haaretz, su the forward e su protocols. scrive sotto il cognome della sua famiglia in memoria di suo nonno, kurt, che fu costretto a cambiare il suo cognome in “rowland” mentre cercava asilo nel regno unito durante la seconda guerra mondiale. trad: grazia parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – invictapalestina.org. #rimaniamoacasa. ma non rimaniamo in silenzio. 11/03/2020 di invicta palestina. mentre il governo impone di rimanere in casa e limitare al minimo gli spostamenti in migliaia si rivoltano nelle carceri, nei quartieri le persone sono abbandonate a sé stesse, le misure di prevenzione non vengono applicate per i lavoratori, gli sfratti continuano ad essere eseguiti, chi viene pagato a prestazione (in nero, con la partita iva o con qualsiasi altra forma contrattuale) rimane senza stipendio a tempo indeterminato dovendo continuare a pagare per l’affitto, per i farmaci, per il cibo, per l’amuchina, le mascherine e i guanti. l’emergenza sta funzionando come il letto di procuste: chi è troppo corto o troppo lungo per le misure di prevenzione contro il coronavirus viene stirato o mutilato. una tortura colpevolizzante per chi non entra preciso nel letto del torturatore. stiamo assistendo a una violenza senza precedenti di cui il discorso di ieri sera del primo ministro a reti unificate è la rivendicazione esplicita. nelle parole di conte non esistono le migliaia di detenuti in rivolta nelle carceri italiane, più di dieci morti, le centinaia di feriti. persone a cui tutti i giorni la tv ricorda di non frequentare luoghi affollati costrette in celle sovraffollate, persone che se si ammalano non vengono neanche portate in ospedale ma spostate in isolamento, persone a cui viene chiesto di ammalarsi in silenzio senza poter avere comunicazioni neanche con i propri parenti. persone che stanno venendo massacrate, persone che semplicemente non esistono. di una generazione di baristi, fisioterapisti, guide turistiche, supplenti nelle scuole, pizzaioli, logopedisti, istruttori di palestra rimasti da un giorno all’altro senza stipendio, costretti a pagare affitti, a continuare a curarsi, a continuare a consumare, l’unica descrizione che viene fatta è quella del popolo della movida. le uniche parole che li riguardano sono gli inviti a non fare gli aperitivi. genitori che non possono più affidare i figli ai nonni ma devono continuare a lavorare. anche loro non esistono. dei lavoratori spremuti peggio di prima, senza alcuna misura di prevenzione, che rispettano le regole in casa loro e poi sono esposti al rischio di contagio in magazzino, in fabbrica o in ufficio non c’è traccia. semplicemente non esistono. ieri mattina siamo stati davanti la fabbrica della peroni a tor sapienza gli operai erano in sciopero per chiedere l’applicazione del contratto nazionale di categoria, il padrone ha provato a far assumere crumiri approfittando della limitazione all’attività sindacale imposta dall’emergenza. alla fine gli operai sono riusciti a imporre un accordo ma hanno dovuto mettersi a rischio, adunarsi, organizzare un presidio: prendere in poche parole la drammatica scelta tra rischiare di essere licenziati e rischiare di estendere il contagio. lo sciacallo che gli ha imposto questo probabilmente beneficerà degli sgravi fiscali del governo, lui nel discorso del premier conte è ben rappresentato, è tra quelli che vanno aiutati di quelli per cui il letto di procuste è stato disegnato su misura. ..segue ./.


Per compiacere Trump, Netanyahu si lava le mani sull’allerta coronavirus.

13/03/2020 DI INVICTA PALESTINA

Su richiesta della Casa Bianca, Netanyahu ha ignorato il suo Ministero della Sanità e ha optato per una politica di quarantena generale per evitare di mettere in imbarazzo il presidente degli Stati Uniti.

English version - Natasha Roth-Rowland – 10 marzo 2020

Immagine di copertina: il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il Direttore Generale del Ministero della Salute Moshe Bar Siman Tov tengono una conferenza stampa sul coronavirus COVID-19, presso il Ministero della Salute di Gerusalemme, il 4 marzo 2020. (Olivier Fitoussi / Flash90)

Lunedì sera, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che tutti coloro che arrivano dall’estero dovranno mettersi in auto-quarantena per un minimo di 14 giorni per cercare di fermare la diffusione del coronavirus nel Paese.

La misura costituisce un duro colpo per l’industria turistica israeliana, aumentando la tensione economica in un momento già difficoltoso. Due compagnie aeree israeliane, Israir e Arkia, hanno cancellato tutti i loro voli internazionali almeno fino alla fine del mese, con Israir che ha effettuato i voli per riportare a casa i turisti israeliani. La compagnia aerea di bandiera israeliana, El Al, ha tenuto varie riunioni di emergenza prima di decidere di proseguire, almeno per il momento, con il normale programma.

Finora, ci sono 50 casi confermati di coronavirus all’interno della Linea Verde e 26 nella Cisgiordania occupata (tutti, tranne uno, a Betlemme).

Il piano originario del governo israeliano era molto più drastico: i consiglieri del ministero della Sanità avevano inizialmente proposto di aggiungere gli Stati Uniti all’elenco di Paesi da cui gli israeliani di ritorno dovevano mettersi in auto-quarantena per almeno due settimane, in particolare quelli che sbarcavano da New York, California o Seattle, ad oggi i tre centri dell’epidemia negli Stati Uniti.

Ma Netanyahu e altri ministri si sono opposti a tale raccomandazione. La ragione, che molti avevano già ipotizzato prima che la decisione fosse presa, è stata confermata lunedì dal Canale 13 israeliano: Netanyahu stava aderendo a una richiesta dell’amministrazione Trump, per evitare che il presidente degli Stati Uniti apparisse in cattiva luce durante l’anno elettorale.

Il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence – lo scettico verso la scienza che Trump ha incaricato di supervisionare la risposta del governo al coronavirus – domenica ha personalmente chiesto a Netanyahu di non includere gli Stati Uniti nell’elenco dei Paesi soggetti alla quarantena, ma di stabilire invece una politica generale. Il primo ministro ha obbedito. Il ministro del Turismo Yaron Levin ha anche ribadito che Israele non avrebbe fatto “passi unilaterali” senza un “coordinamento” con Washington.





Il primo ministro della Benjamin Netanyahu e il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence visitano il muro occidentale nella città vecchia di Gerusalemme, il 23 gennaio 2020. (Shlomi Cohen / Flash90) Nella conferenza stampa di domenica sera Netanyahu, prima di annunciare che nessun Paese sarebbe stato “scelto” per i requisiti di auto-quarantena, aveva fornito una vaga valutazione sulla risposta della Casa Bianca al virus. Pertanto, il primo ministro aveva lasciato aperte due opzioni per le misure di quarantena: non imporre alcuna quarantena per chi proveniva dagli Stati Uniti, ignorando così il consiglio del proprio Ministero della Sanità, o imporre la quarantena a tutti coloro che entravano nel Paese, indipendentemente da dove arrivavano e se erano viaggiatori internazionali o israeliani che rientravano.

In altre parole, Netanyahu doveva decidere tra il mettere i propri cittadini a rischio di esposizione al virus o silurare l’economia turistica di Israele mentre i mercati finanziari globali sono in crisi. E alla fine, per stare dalla parte di Trump, il primo ministro ha fatto la seconda scelta.

Da quando il nuovo ceppo del coronavirus, COVID-19, ha iniziato a diffondersi a gennaio, il governo israeliano ha messo in atto alcune delle pratiche di contenimento più rigorose al mondo. Con l’aumentare del numero di Paesi interessati dal virus in piena espansione, probabilmente vedremo più Stati imporre misure draconiane alla libertà di movimento per provare a rallentare l’inevitabile diffusione della malattia.

Ma la decisione di Israele – come ha sottolineato Chemi Shalev ad Haaretz – è stata presa a principale beneficio di Trump che, a otto mesi dalle elezioni del 2020, sta affrontando una simile crisi completamente impreparato e non attrezzato.

Da un lato, questa sequenza di eventi non è sorprendente. Le relazioni di Netanyahu con Trump, che ha riportato l’antisemitismo retrogrado nel mainstream americano, sono considerate il risultato principale della sua politica estera, unitamente ai doni pro-annessione con cui il presidente l’ha contraccambiato.

Non sorprende quindi che Netanyahu acconsentirebbe a dargli una mano con un occhio alle imminenti elezioni statunitensi, proprio come ha fatto Trump rilasciando il suo cosiddetto “affare
del secolo” poco più di un mese prima delle recenti elezioni israeliane.



Il primo ministro Benjamin Netanyahu tiene una videoconferenza con i leader europei al fine di discutere le sfide e la cooperazione tra i paesi nel trattare il coronavirus COVID-19, presso il Ministero degli Esteri a Gerusalemme, il 9 marzo 2020. (Yonatan Sindel / Flash90) Tuttavia, è inquietante osservare la logica del Partito Repubblicano nell’influenzare le decisioni del primo ministro israeliano durante una crisi di salute pubblica: rendere felice Trump, anche se ciò potrebbe costare la vita ai propri cittadini e / o gettare in rovina l’economia .

Siamo abituati a vedere Netanyahu unirsi a Trump in decisioni che determinano ulteriore miseria, uccisioni e abusi sui palestinesi, come con l’ambasciata degli Stati Uniti trasferita a Gerusalemme e come il presunto “piano di pace” di Trump. In quei casi, tuttavia, i risultati garantirono un enorme capitale politico al primo ministro. Con questa decisione sul coronavirus, è difficile vedere chi ringrazierà Netanyahu – a parte il suo benefattore statunitense.

Questa decisione, ovviamente, non è l’unica misura correlata al coronavirus in cui la politica prevale sulla salute pubblica. Come ha sottolineato la mia collega Henriette Chacar qualche giorno fa, la decisione del ministro della Difesa israeliano Naftali Bennett di blindare militarmente Betlemme in risposta allo scoppio del virus in città, è in netto contrasto con le misure di auto-quarantena imposte agli israeliani all’interno della linea verde. Tali sono i vantaggi di una dittatura militare, anche in una città che, come parte dell’Area A, è apparentemente sotto il pieno controllo dell’Autorità Palestinese.

Il vasto divario tra tali misure parallele è il calcolo politico presente in Israele-Palestina. L’intero apparato statale israeliano è progettato per garantire che ciò che è necessario per i palestinesi non lo sia per gli ebrei, e viceversa, anche quando vivono nella stessa area.

Tuttavia, con la sua auto-quarantena, Netanyahu ora tiene in ostaggio l’intera popolazione, e l’economia con essa. Proprio come Trump ha trasformato il coronavirus in un problema bipartisan, così Netanyahu lo ha trasformato in un problema di alleanza politica – e la gente comune pagherà il prezzo dei loro giochi.

Natasha Roth-Rowland è una dottoranda di storia presso l’Università della Virginia, dove è ricercatrice e scrive sull’estrema destra ebraica in Israele-Palestina e negli Stati Uniti. Ha trascorso diversi anni come scrittrice, montatrice e traduttrice in Israele-Palestina e il suo lavoro è apparso su The Daily Beast, sul London Review of Books Blog, su Haaretz, su The Forward e su Protocols. Scrive sotto il cognome della sua famiglia in memoria di suo nonno, Kurt, che fu costretto a cambiare il suo cognome in “Rowland” mentre cercava asilo nel Regno Unito durante la seconda guerra mondiale.

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org

#Rimaniamoacasa
ma non rimaniamo in silenzio



11/03/2020 DI INVICTA PALESTINA

Mentre il governo impone di rimanere in casa e limitare al minimo gli spostamenti in migliaia si rivoltano nelle carceri, nei quartieri le persone sono abbandonate a sé stesse, le misure di prevenzione non vengono applicate per i lavoratori, gli sfratti continuano ad essere eseguiti, chi viene pagato a prestazione (in nero, con la partita iva o con qualsiasi altra forma contrattuale) rimane senza stipendio a tempo indeterminato dovendo continuare a pagare per l’affitto, per i farmaci, per il cibo, per l’amuchina, le mascherine e i guanti.

L’emergenza sta funzionando come il letto di Procuste: chi è troppo corto o troppo lungo per le misure di prevenzione contro il coronavirus viene stirato o mutilato. Una tortura colpevolizzante per chi non entra preciso nel letto del torturatore. Stiamo assistendo a una violenza senza precedenti di cui il discorso di ieri sera del primo ministro a reti unificate è la rivendicazione esplicita. Nelle parole di Conte non esistono le migliaia di detenuti in rivolta nelle carceri italiane, più di dieci morti, le centinaia di feriti. Persone a cui tutti i giorni la tv ricorda di non frequentare luoghi affollati costrette in celle sovraffollate, persone che se si ammalano non vengono neanche portate in ospedale ma spostate in isolamento, persone a cui viene chiesto di ammalarsi in silenzio senza poter avere comunicazioni neanche con i propri parenti. Persone che stanno venendo massacrate, persone che semplicemente non esistono.

Di una generazione di baristi, fisioterapisti, guide turistiche, supplenti nelle scuole, pizzaioli, logopedisti, istruttori di palestra rimasti da un giorno all’altro senza stipendio, costretti a pagare affitti, a continuare a curarsi, a continuare a consumare, l’unica descrizione che viene fatta è quella del popolo della movida. Le uniche parole che li riguardano sono gli inviti a non fare gli aperitivi. Genitori che non possono più affidare i figli ai nonni ma devono continuare a lavorare. Anche loro non esistono.

Dei lavoratori spremuti peggio di prima, senza alcuna misura di prevenzione, che rispettano le regole in casa loro e poi sono esposti al rischio di contagio in magazzino, in fabbrica o in ufficio non c’è traccia. Semplicemente non esistono. Ieri mattina siamo stati davanti la fabbrica della Peroni a Tor Sapienza gli operai erano in sciopero per chiedere l’applicazione del contratto nazionale di categoria, il padrone ha provato a far assumere crumiri approfittando della limitazione all’attività sindacale imposta dall’emergenza. Alla fine gli operai sono riusciti a imporre un accordo ma hanno dovuto mettersi a rischio, adunarsi, organizzare un presidio: prendere in poche parole la drammatica scelta tra rischiare di essere licenziati e rischiare di estendere il contagio.

Lo sciacallo che gli ha imposto questo probabilmente beneficerà degli sgravi fiscali del governo, lui nel discorso del premier Conte è ben rappresentato, è tra quelli che vanno aiutati di quelli per cui il letto di Procuste è stato disegnato su misura.
..segue ./.

  P R E C E D E N T E   

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