Last name:

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1904

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XXI N°8

aprile 2019

PAGINA 4


           

L'Italia nella nuova Via della Seta: 2 consigli, non richiesti, ai decisori politici del nostro Paese



di Francesco Maringiò - Notizia del: 22/03/2019

Sin dal primo forum sulla Belt and Road Initiative (BRI) nel 2017 l'Italia ha sempre dato una grande valenza politica al progetto, presenziando (unico paese del G7) con l'allora premer Gentiloni ai lavori del grande meeting di Pechino. Non a caso, in Italia amiamo chiamare la BRI col nome evocativo di Nuova Via della Seta proprio per rendere evidente l'approccio politico con cui trattiamo il tema, mettendo in luce come questo progetto altro non sia che la riedizione di una lunga storia che l'Italia ha contribuito a scrivere e mettendo un'ipoteca sul fatto che non possa esserci terminale differente dal belpaese per questo progetto nato in Cina ma che riguarda il mondo intero.

È dunque estraniante, con l'avvicinarsi della visita di Xi Jinping e la firma del MoU tra Italia e Cina, il dibattito che si è scatenato nel nostro Paese, quasi che questo approdo sia un fulmine a ciel sereno. Il memorandum è stato avversato da un chiaro fronte "esterno", guidato da Usa e Ue, oltre che da un non meno bellicoso "fronte interno" ma, mentre le ragioni oggettive del primo sono evidenti (e rendono pertanto chiare le motivazioni dell'Italia ad essere in prima fila nel G7 su questo dossier), sono le argomentazioni del secondo che meritano, invece, un approfondimento.

La prima critica che viene mossa è la natura politica (e geopolitica) della firma. Chi ha lavorato per spingere il governo ad "alleggerire" la sua posizione e la valenza del memorandum, ha nei fatti lavorato contro gli interessi del Paese. Cina ed Italia hanno due approcci antitetici alla negoziazione: qui si appone la firma ad un testo solo dopo aver discusso nei dettagli ogni aspetto ed aver chiuso la contrattazione, a Pechino la firma serve per definire il contorno della negoziazione che deve ancora essere fatta. Pertanto era nelle possibilità del nostro Paese poter chiedere delle "contropartite" adeguate, in cambio della prevedibile reazione dei nostri diretti competitor europei. Ma il polverone sollevato (la tempesta nel bicchiere d'acqua di cui ha parlato il ministro Tria) ha fortemente indebolito la posizione negoziale del governo e quindi del Paese, che già oggi avrebbe potuto ottenere di più (ed avrebbe trovato a Pechino sensibilità e disponibilità), per esempio rispetto alla portualità e le infrastrutture nel Sud Italia. Il fronte interno quindi ha alzato la bandiera degli interessi nazionali, per poi giocare contro di essi.

La seconda critica che viene mossa rimanda al presunto egemonismo di Pechino ed alle mire colonizzatrici cinesi nel nostro paese e nel Vecchio Continente, usando massicci investimenti. Questo aspetto andrebbe privato della sua dimensione propagandistica ed analizzato razionalmente, visto che la retorica dell'invasione cozza con i dati che impietosamente descrivono un crollo degli investimenti cinesi nell'Ue (-40% rispetto al 2017 e del 50% rispetto al 2016, stando allo studio "Chinese FDI in Europe: 2018 trends and impact of new screening policies" del Rhodium Group e Merics). Inoltre si dimentica che questo progetto nasce nel 2013 in primo luogo per far fronte a due esigenze: una di natura economica e l'altra di natura geopolitica. Per la prima, rimandiamo al libro di Justin Yifu Lin, già economista capo della Banca Mondiale tra il 2008 e il 2012 e che nel 2013 ha scritto un libro sulla grande crisi finanziaria (1) in cui illustrava un disegno economico per affrontare la crisi in maniera opposta a quello adottato dall'area euro e dagli Usa, basato su forti investimenti infrastrutturali spinti dai Paesi emergenti. Quindi l'iniziativa Belt and Road ha per background questa visione strategica, con investimenti massicci in infrastrutture e logistica come volano di politiche anticicliche. Il successo cinese si basa in parte su questi massicci investimenti pubblici ed infrastrutturali, pertanto non c'è da meravigliarsi che Pechino punti ad usarli per stabilizzare aree economiche turbolente e stimolare la crescita mondiale.

Per la seconda esigenza rimandiamo a discorso del generale Qiao Liang (2), che è un un intellettuale dell'esercito che si occupa dello sviluppo del pensiero militare e civile.

Egli spiega che la strategia della Via della Seta nasce dopo la politica clintoniana di accerchiamento cinese con il Pivot to Asia ed i tumulti ad Hong Kong ispirati dall'esterno, e si delinea come "strategia securitaria (…) contro il ribilanciamento verso Oriente perseguito dal Pentagono". La prospettiva cinese pertanto è difensiva, proiettandosi strategicamente in Europa per sfuggire alla tanto citata Trappola di Tucidide ed attuando, nel 21° secolo, il principio "del vuoto e del sostanziale" teorizzato da Sun Tzu nell'Arte della Guerra 2000 anni fa.

La terza critica attiene alla presunta violazione della sicurezza nazionale a seguito dell'utilizzo di infrastrutture hardware cinesi nelle reti 5G di internet. Eppure, un'alternativa americana o europea a questa tecnologia non esiste ancora, né esistono condizioni di salvaguardia di questo settore strategico nel nostro Paese, dove anche gli operatori che gestiscono il traffico dati non sono né solo aziende italiane, né strutture pubbliche. La domanda vera, pertanto, è dove sia stata la politica negli ultimi 20 anni quando andavano prese le decisioni strategiche per tutelare la sicurezza e l'interesse del Paese, più che lanciare allarmi, che rischiano di riportare alla mente il fatto che il furto di dati sensibili e lo spionaggio dei politici europei sia stato portato avanti dagli alleati, più che dai competitor.

Due consigli, non richiesti, ai decisori politici del nostro Paese.

Il primo scaturisce da un aneddoto ricordato recentemente da Sergio Romano (3): nel 1984 gli Usa imposero agli alleati di non finanziare il gasdotto transiberiano per portare il gas russo in Europa, minacciando l'embargo sull'export di tecnologia americana. Gli europei andarono avanti lo stesso e alla fine gli Usa di Reagan cambiarono atteggiamento e la loro politica verso l'URSS, senza attuare alcuna ritorsione sui partner. Questa è una piccola lezione di storia, valida per il presente, che ci ricorda la forza trasformatrice delle idee e delle azioni coerenti.

Il secondo ci viene dal Cardinale Pietro Parolin (4), Segretario di Stato vaticano, che in recente intervento ha ricordato come il lavoro della Chiesa cattolica in Cina "non può essere separato da una posizione di rispetto, stima e fiducia nei confronti del popolo cinese e delle sue legittime autorità statali". In questo intervento, non vengono sottaciute differenze, difficoltà o resistenze che vengono frapposte a questo dialogo, ma si riconosce l'interlocutore senza la pretesa di delegittimarlo, come la gran parte dei media e politici contrari all'accordo tra Italia e Cina hanno provato a fare in questi giorni, ricorrendo anche ai vecchi arnesi della propaganda anticinese. La diplomazia vaticana indica la strada del riconoscimento e del rispetto per "una delle più grandi civiltà del pianeta" e "delle sue legittime autorità statali". E questa è una grande lezione di

diplomazia e dialogo interculturale a cui il nostro Paese ha tutto l'interesse di guardare in vista della visita del Presidente cinese a Roma.

(1) "Against the Consensus. Reflections on the Great Recession", Cambridge, Cambridge University Press, 2013.
(2) "La grande strategia cinese", Qiao Liang, Limes online, https://bit.ly/2u8V7Kp.
(3) "L'Italia investe sul futuro della Cina. Non deve chiedere il permesso Usa", Sergio Romano, Corriere della Sera, 17 marzo 2019, p. 15.
(4) "Il futuro della Chiesa in Cina. Scriviamo una pagina nuova", Pietro Parolin, Corriere della Sera, 17 marzo 2019, p. 26.

L'Italia e la Nuova Via della seta.
6 fatti che dovete conoscere


di Pierluigi Fagan

LA SOCIETA' DELL'OPINIONE. Prima di farvi una opinione su i rapporti tra noi ed i cinesi sarebbe il caso conosciate alcuni fatti. Una volta il giornalismo aveva questa missione, dare i fatti (e scegliere quali fatti è già una opinione) ed accanto esprimere un punto di vista. Ora mettono solo i punti di vista e menomale che siamo la società dell' informazione, sarebbe più corretto dirci "società dell'opinione".

I fatti dei rapporti che i cinesi stanno tessendo con varie parti del mondo sono innumerevoli. Faremo quindi una selezione:

1) La BRI è finanziata da una banca, la AIIB, lanciata dai cinesi a fine 2015 ed oggi finanziata da 70 paesi. Il primo paese occidentale ad aderire prendendo tutti gli altri in contropiede fu la Gran Bretagna. I diritti di voto del suo Consiglio, per dimensioni, vedono la Germania 4°, l'Australia 6°, la Francia 7°, l'UK 9° e l'Italia 11°. Ci sono tutti gli alleati degli USA (incluso Canada ed Israele), tranne gli USA.

2) I cinesi hanno partecipazioni o controllo nei porti di Pireo-Atene, Anversa, Bruges, Rotterdam, Bilbao, Valencia e Marsiglia che è il maggior investimento europeo dopo Pireo. I cinesi hanno acquisito licenza di 25 anni per gestire il principale porto israeliano (Haifa) in cui ci sono moli dedicati e riservati per la Marina degli Stati Uniti d'America (che non hanno gradito), ma ha anche vinto la gara d'appalto per la costruzione di quello che sarà il nuovo più grande porto israeliano, Ashod.

3) Negli ultimi 10 anni la Cina ha fatto 227 acquisizioni in Gran Bretagna, 225 in Germania, 89 in Francia, 85 in Italia. In Israele ha creato un fondo il Sino Israeal Technology Fund con 16 miliardi di dollari, che finanzierà le start up israeliane.

4) Duisburg in Germania è il terminale della Via della Seta ferroviaria, circa 30 treni a settimana arrivano dalla Cina (80% di quelli che arrivano in Europa).

La Germania sta trattando l'inclusione di Huawei nella gara sul 5G che curerà in esclusiva l'upgrade di Gelsenkirken a rango di smart city.

5) L'interscambio (2017) con la Cina vede con 179 mld US$ prima la Germania, 54,6 la Francia e solo 42 l'Italia. Nel gennaio 2018 Macron si è recato in Cina, dove ha siglato 20 accordi economici, commerciali e infrastrutturali su settori strategici come l'aviazione e l'energia nucleare. Coi francesi, i cinesi stanno costruendo centrali nucleari in Gran Bretagna con i quali hanno accordi per 325 mio £/sterline nel solo comprato creativo-high tech.

6) Verso la Germania, gli USA hanno lanciato alte urla di rabbia, non solo per l'articolata partnership strategica con la Cina. Si ricorda che i tedeschi si stanno legando mani e piedi coi russi in un settore strategico quale quello dell'energia, nella costruzione del raddoppio del North Stream con società a capitale misto a cui capo c'è l'ex cancelliere G. Schroeder. Quel flusso di gas, in realtà, doveva passare qui da noi col South Stream ma l'UE ha invalidato la gara d'appalto.

Bene, ora potete abbandonarvi alla piacevole lettura del vostro commentatore di fiducia ma fate attenzione a cosa commenta. Il mondo è troppo complesso per esser approcciato a sensazioni, in fondo non è poi così difficile farsi una "opinione propria", no? O forse è proprio questo che non piace alla società dell'opinione?

[Fonti: Wiki, Affari Italiani, True Numbers, the Guardian, The Indipendent, A. Negri, P. Khanna] -Notizia del: 21/03/2019

GUARDO LA CINA!

In questi giorni si parla di Cina, di questo immenso paese da una lunga storia millenaria. Senza soffermarci a ricordare il grande Mao Tse Tung la cui rivoluzione giusta, civile, umana, ha fortemente influenzato anche i popoli di tutto il mondo, noi daremo uno sguardo al 1975 quando fu varata la costituzione in vigore ancora oggi e sancita dalla quarta assemblea popolare.
Al numero uno si afferma: la Repubblica popolare cinese è uno stato socialista a dittatura del proletariato, diretto dalla classe operaia e basato sull'alleanza degli operai e contadini.
All'articolo tre si afferma: la RPC appartiene al popolo.......all'articolo ventinove si afferma: la RPC concede diritto di residenza a ogni straniero perseguitato per aver difeso una causa giusta per la sua parte, in relazione ad un movimento rivoluzionario o per la sua attività scientifica.
Io trovo molto positivo questo sentire e questo applicare. Un paese come questo non ha bisogno di usare metodi infami tipo USA, tanto apprezzati dai nostri squallidi governi.
Io penso sia un bene anche per l'Europa che esista la Cina paese di lavoro creativo e di pace.
Negli anni di Mao sono stata funzionario di Italia-Cina e ricordo le cene a casa mia con i giornalisti cinesi della TASS e con studenti che perfezionavano il canto in conservatorio romano.
Le nostre corali cantate dell' internazionale! E ricordo i neo tenori cantare "O Sole mio!" con quel calore tanto parallelo a quello nostro napoletano!
Io sono fortemente ottimista e mi vergogno del coro italiano carico di odio e disprezzo verso un paese tanto tanto civile!

Miriam Pellegrini Ferri

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1809

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.