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La VOCE ANNO XVIII N°8

aprile 2016

PAGINA a         - 25

“Abbiamo sprecato 40 anni parlando di niente, facendo niente.”Pappé demolisce il processo di pace


Medio Oriente, Philip Weiss, 4 Marzo 2016

La notte scorsa Ilan Pappé ha tenuto una brillante conferenza sulla crudele illusione di processo di pace in una sala della New York University stipata con circa 200 persone di ogni età.

Questo pomeriggio parlerà alla Columbia e, se siete nei paraggi, ci dovreste andare. Non riesco a pensare ad una più convincente spiegazione degli schemi politici del conflitto in questo momento. Qualcuno potrebbe discostarsi da parti delle tesi di Pappé ma la sua analisi del supporto del processo di pace fino alla colonizzazione predatoria è indiscutibile. Ed il suo discorso era illuminato dall’empatia verso gli israeliani; quindi questo non è un programma di violenza ma di pacifica trasformazione.

Cosa ha detto il professore anglo-israeliano?


Per decenni gli intellettuali hanno provato ed hanno fallito nello spiegare il conflitto come un progetto coloniale. Attualmente questo paradigma va di moda negli ambienti accademici, è acuto e potente ed aiuta a spiegare la rilevanza della Palestina per il Medio Oriente a tutto il mondo.

L’analisi del processo di colonizzazione prende il posto dell’analisi della situazione di Israele e Palestina come conflitto egemonico tra due movimenti nazionali, un problema di “affari” più che un problema “umano”.

In quest’ottica, i negoziatori potrebbero gestire il conflitto e presupporre di offrire una congrua divisione dell’immobile, squilibrata da un lato perché è quello più forte, ma il risultato di questo modello fallito è quello che possiamo osservare nella mappa della Palestina che va rimpicciolendosi, riducendosi a poco più di briciole per la popolazione indigena.

Il modello coloniale è accurato perché cattura lo spirito del sionismo dal 1882 ad oggi: il progetto di colonizzare una terra e fare i conti con una popolazione indigena attraverso un processo di “eliminazione e deumanizzazione”.
Come i colonizzatori del Nord America, i colonizzatori sionisti stavano spesso scappando dalla discriminazione in Europa. “Se ne sono andati perché erano perseguitati, perché non si sentivano al sicuro, infatti erano sotto una minaccia reale e stavano cercando un porto sicuro .”- ha detto Pappé -“Hanno lasciato il continente con un biglietto di sola andata e la consapevolezza che non sarebbero tornati indietro.”

I fondatori non si sono fatti illusioni su quello che stavano per fare. Pappé ha raccontato che i piani per la pulizia etnica della Palestina hanno origine dall’inizio del 1940, quando i funzionari sionisti compilarono la lista dei villaggi palestinesi e delle loro popolazioni.

La cosa stupefacente del progetto sionista era che la Seconda Guerra Mondiale aveva inteso segnare la fine del colonialismo, ma in Palestina il colonialismo subì una promozione.
Gli ufficiali americani sul territorio pressarono per il ritorno dei profughi del 1948 (come ci fu riferito) ed oltre, ma la Casa Bianca ripiegò.
Il Dipartimento di Stato ed i funzionari ed emissari della CIA di Harry Truman dissero che non importava il modo in cui i rifugiati erano andati via (qui Pappé accredita quanto raccontato da Irene Gendzier); avevano il diritto di tornare, ma la Casa Bianca adottò le motivazioni israeliane. Così, la politica di garantire ai rifugiati il loro diritto al ritorno, un diritto onorato di routine in Europa, venne nullificato in Israele e Palestina.

Mentre il messaggio che veniva non solo dagli Stati Uniti ma anche dalle comunità internazionali era che in qualunque altro posto il colonialismo apparteneva al passato, il genocidio, l’eliminazione di popolazioni, il prendere possesso della terra altrui con la forza, erano qualcosa che apparteneva al periodo precedente alla Seconda Guerra Mondiale e non a quello successivo (questo è il periodo della decolonizzazione, questo è il periodo in cui, almeno dal punto di vista etico, questo modo di fare non faceva parte del discorso normativo), ciò nonostante quanto recepito da israele è che non fosse inclusa nel discorso.
E molti grandi filosofi della morale a quei tempi, negli anni ’50 e ’60, avrebbero potuto fare l’impossibile, quello che altri stanno facendo oggi. Puoi adottare principi universali in ogni posto del mondo, ma non in Israele. Nessuno spiega questo eccezionalismo. Nessuno costruisce alcuna infrastruttura logica per questo eccezionalismo. Questo eccezionalismo è considerato dovuto.

E l’eccezionalismo ha fatto un ottimo lavoro per Israele. La pulizia etnica di circa 500 villaggi nel 1948 fu seguita dalla pulizia etnica di 36 villaggi all’interno di Israele tra il 1948 ed il 1956 e la creazione della Striscia di Gaza come campo di rifugiati per palestinesi espulsi. Dall’inizio degli anni ’60 in poi, una lobby di generali e politici israeliani ha avanzato la richiesta che Israele potesse colonizzare anche la West Bank. David Ben-Gurion si mise di traverso ma nel 1964 fu espulso dal governo e la lobby accrebbe il suo potere. Nel 1967 conquistarono la West Bank.

E virtualmente dal 1967 Israele iniziò un discorso di pace che ha abbindolato il mondo. Questo è stato l’elemento più disturbante del discorso di Pappé. Puoi raccontare di essere sul terreno di pace ed i leaders vincono addirittura premi Nobel per la Pace per un piano allo scopo di “contenere la popolazione indigena in enclavi che non hanno alcun peso ” sulla maggioranza della società. La popolazione partecipa al processo di pace per sentire che sta facendo qualcosa di buono ma non fa che prolungare il disastro per i palestinesi. Questi perdono sempre più terra ogni giorno. Gaza è un luogo di “disumanità, barbarie ed inedia”. Gli ebrei americani, che negli anni hanno visitato la West Bank cinque volte, ricevono la sensazione di star facendo qualcosa per alleviare le tremende condizioni.

Perché se una logica di deumanizzazione e di eliminazione del popolo palestinese è sviluppata in nome della pace, in nome della riconciliazione, in nome della coesistenza, essa riceve una immunità e questa immunità non è guadagnata perché si tratta di un discorso particolarmente geniale ma perché riesce persino a convincere i palestinesi a parteciparvi, riesce persino a convincere le persone di coscienza nel mondo a parteciparvi, con la convinzione che in questo momento si parli di pace.
Israele cerca la legittimazione per le azioni dei suoi coloni attraverso “incredibili progetti umanitari” ma nella realtà i due modi di fare non possono escludersi reciprocamente.
Durante la prima fase del sionismo “si trattava di costruire le infrustrutture dello stato dal nulla, la creazione di una nuova cultura, l’integrazione di un centinaio di differenti culture sociali da cui venivano gli immigrati e la loro fusione in un’unica società. La costruzione della tecnologia e via dicendo. ” Nella seconda e terza fase “le comunità cominciano ad emergere attraverso l’arte moderna, la letteratura moderna una discreta quantità di libertà individuali, ben rappresentate nella città di Tel Aviv.”

Tutte queste conquiste possono essere tollerate all’interno del contesto di un progetto coloniale. Vale a dire che puoi continuare a deumanizzare, puoi continuare ad eliminare la popolazione nativa e contemporaneamente eccellere in altri aspetti della vita a beneficio della società coloniale.
La legittimazione internazionale alle azioni di Israele ha fornito un imprimatur alla brutalità ed alle carneficine portate a termine dai vicini di Israele. Yemen, Siria ed Iraq erano società oppressive in qualche misura a causa dell’anacronistica influenza del sionismo, sebbene non tutte le colpe siano di Israele (tutto ciò combacia con la visione secondo la quale l’Egitto si sarebbe cementato sotto una dittatura su un popolo di 80 milioni di persone per 30 anni, a causa di questo processo di pace benedetto da tutti).

Tante brave persone sono state manipolate dal processo di pace e portate a pensare che le espropriazioni di Israele fossero temporanee.

Le persone ci cascano perché hanno bisogno di risolvere le proprie contraddizioni cognitive, ma di certo 50 anni ti devono avere dimostrato che forse, nel 1967, dopo 19 anni, Israele era un fatto temporaneo ma Israele nella West Bank è definitivamente non temporanea. Le cose stanno così. Questo è lo stato d’Israele, dal fiume Giordano fino al Mediterraneo. C’è un solo stato e ci sarà sempre un solo stato e questo stato è lo stato d’Israele.
Così abbiamo avuto tanta energia, energia diplomatica, energia accademica, buona volontà se volete, investita in un processo presupposto come un genuino processo di pace basato sulla versione più sofisticata del sionismo, che non ha portato da nessuna parte. Tutto ciò non è certo andato sprecato per Israele ma noi abbiamo sprecato tempo, se davvero eravamo alla ricerca di pace e riconciliazione. Abbiamo davvero sprecato tempo, stiamo ancora sprecando tempo.

Assomiglia alla vecchia barzelletta dell’ubriaco che cerca le chiavi smarrite sotto ad un lampione stradale, sebbene quello non sia il

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