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La VOCE ANNO XVIII N°8

aprile 2016

PAGINA 1         - 21

DIECI ANNI FA

« Sarebbe meglio se Milosevic morisse in cella, perché se il processo seguisse il suo corso, potrebbe essere condannato solo per delle accuse di poca rilevanza. »
JAMES GOW, « esperto in crimini di guerra » e sostenitore del Tribunale dell’Aja, intervistato a Channel 4, 2004.


L’11 marzo 2006 veniva assassinato nella galera dell’Aia Slobodan Milosevic, socialista serbo, ultimo leader jugoslavo.

Con la sua eliminazione, gli "sponsor" del "Tribunale ad hoc" impedivano tra l’altro che, nel contro-interrogatorio della fase della Difesa, importanti leader politici occidentali potessero chiarire davanti al mondo le proprie responsabilità per il bagno di sangue pianificato e realizzato sui territori della Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia.

Riproponiamo di seguito alcuni documenti importanti per la comprensione della dinamica e delle cause dell’assassinio commesso nel carcere della NATO all’Aia.

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Roma, 6 marzo 2006

S.E. Fausto Pocar
Presidente dell’International Tribunal
for the former Yugoslavia
Churchillplein 1
2517JW The Hague
The Netherlands

Illustre Presidente, caro Pocar,

perdonami se mi rivolgo a Te personalmente per una questione delicata che attiene al Tuo Ufficio. Di questo Ufficio do per scontata e rispetto dunque l’indipendenza, anche se, come penso Tu sappia, mantengo dubbi sul fondamento giuridico del Tribunale che Tu con forte prestigio comunque presiedi e dubbi anche su specifiche decisioni e modi di operare dello stesso Tribunale. Se menziono qui questi particolari, è perché intendo parlarTi con schiettezza e lealtà assolute.

Come componente del Comitato internazionale per la difesa di Slobodan Milosevic e come modesto studioso ho le mie idee sulla personalità di Milosevic e sulla sua complessiva azione nella tragedia balcanica. Ricordo solo il decisivo contributo da parte sua agli accordi di Dayton e la sua battaglia, da lui vinta, perché la Costituzione serba del 1990 e quella jugoslava successiva non fossero ispirate a criteri etnicistici, a differenza di quelle della maggioranza delle Repubbliche secessioniste.

Desidero anche ricordare il modo, non so quanto conforme ai criteri dello stato di diritto, in cui Milosevic è stato "trasferito" da Belgrado all’Aja. Si trattava comunque di un ex Capo di Stato, il modo ancor mi offende. Or volge il quinto anno che questo Capo di Stato, al quale non può disconoscersi grande dignità, è incarcerato, direi ad irrisione della presunzione di innocenza. Si obietterà che questa sorte è comune a quella di altri jugoslavi detenuti all’Aja. Ma forse il suo caso presenta peculiarità tutte proprie: inevitabilmente, attraverso di lui, non si giudicano fatti specifici, ma, al di là di questi, linee politiche generali, la decisione e l’azione per resistere contro la disgregazione della
Jugoslavia e mantenere questa patria non per i Serbi, bensì per tutti coloro che vi si riconoscessero. E in ciò, nel sottoporre quel dirigente a giudizio, risulta implicito lo sgravio di chi, anche all’esterno di quello Stato, ha invece voluto, pianificato, attuato la disgregazione della Jugoslavia.

Un quadro del genere impone a Milosevic un impegno e uno sforzo sovrumani con evidenti ricadute sulla salute. Anche in ragione di tale quadro, e non solo per motivi di principio, sarebbe stato impossibile per Milosevic farsi sostituire da un legale.

In un contesto come quello accennato, la decisione di negare a Slobodan Milosevic la possibilità di farsi curare, in una situazione senza dubbio piuttosto grave della sua salute, da istituti e medici di fiducia, sotto garanzia internazionale e precisamente di uno Stato membro permanente del Consiglio di sicurezza, come la Federazione russa, mi pare non rappresenti un momento felice nell’attività del Tribunale. Certamente, la responsabilità forse non solo storica di quanto potrà accadere a Milosevic ricadrà sugli autori di una decisione che non appare ispirata a principi di giustizia e di umanità. Essa contrasta, senza bisogno qui di entrare in particolari, con evidenti principi dei diritti dell’uomo che tanto ci affanniamo a proclamare. Ricordo solo la dichiarazione di Lisbona sui diritti del paziente, adottata dalla 34° Assemblea medica mondiale del settembre-ottobre 1981, che va proprio nel senso della richiesta di Slobodan Milosevic.

I popoli non dimenticheranno.

Io mi rivolgo a Te, senza nulla chiederTi né attendermi, perché su ciò si rifletta. Un Tribunale che procedesse sulla strada di una "giustizia" unilaterale in un quadro, e come strumento, di doppi standard, oggi fin troppo evidenti sulla scena internazionale, non favorirebbe la pace e la comprensione fra i popoli. Esso, lungi dal pronunciare decisioni con valore esemplare, raggiungerebbe l’esito infausto di fomentare nuovi odi, ostilità e i tragici fenomeni di quelle reazioni della disperazione che il mondo che si proclama civile rigetta, ma di cui esso porta responsabilità chiare ed incancellabili.

Perdonami queste parole, che - ripeto - non attendono risposte ma riflessione serena e umana sulla condizione di Slobodan Milosevic.

Aldo Bernardini

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L’ULTIMA LETTERA DI MILOSEVIC

Gentili signore e signori,

Vi invio i miei ringraziamenti per la solidarietà che avete manifestato dichiarandovi pronti ad accettarmi per una cura medica. Vorrei informarvi della cosa seguente: credo che l’ostinazione con cui mi hanno rifiutato un trattamento in Russia sia motivata, in primo luogo, dal timore che in occasione di esami approfonditi, si scoprirebbe che sono stati effettuati interventi attivi e maliziosi allo scopo di nuocere alla mia salute. Questi interventi non possono restare nascosti a specialisti russi.

Per giustificare le mie accuse, vi presento un semplice esempio che troverete in allegato. Questo documento, che ho ricevuto il 7 marzo, mostra che il 12 gennaio una medicina particolarmente forte fu individuata nel mio sangue e che, come dichiarano loro stessi, essa è

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