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LA VOCE 1311

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La VOCE ANNO XVI N°3

novembre 2013

PAGINA c         - 27

L’articolo che segue è già apparso sul numero di aprile 2007 di questo inserto scientifico. Lo riproponiamo visto che, purtroppo, qualcuno ha pensato di riproporre l’introduzione di un reato di "negazionismo" (si veda in proposito l’ulteriore materiale raccolto nell’inserto Jugoslavia di questo numero)

La ricerca storica è ricerca scientifica

A. Martocchia
La comunicazione di massa nella società contemporanea assume un carattere strategico: essa è in grado di determinare tendenze ed equilibri politici, e persino di influenzare avvenimenti di carattere militare. Il tipo di informazioni e di valori che vengono dati "in pasto" alle masse, infatti, determinano alla fin fine i comportamenti di queste in una maniera così diretta e pervasiva da inquietare profondamente. Alcuni anni fa i redattori della rivista "Le Monde Diplomatique" coniavano l’espressione "Pensiero Unico", a significare proprio la cristallizzazione del discorso collettivo attorno ad alcune idee- guida, riflesso della egemonia economica - e quindi ideologica e culturale - del capitalismo neoliberista. Particolarmente interessante di quella teoria del "Pensiero Unico" era l’intreccio tra l’analisi economica-sociale ("ideologica" in senso marxiano), l’analisi geopolitica-militare ("Le Monde Diplomatique", come rivela lo stesso nome della rivista, si occupa innanzitutto di questioni internazionali!), e l’analisi - per l’appunto - dei mass-media, della comunicazione e dell’informazione di massa. Questo intreccio non era casuale, perchè le tre questioni sono effettivalente legate tra loro. È un peccato che la rivista francese si sia poi un po’ "persa" assorbendo essa stessa buona parte dei luoghi comuni e delle disinformazioni grossolane che purtroppo dominano il sistema dell’informazione globalizzata. Ad esemplificare benissimo questa commistione perversa di ideologia dominante, "grande" politica, e disinformazione strategica, è l’uso mediatico della Storia. Il motivo è semplice: "Chi controlla il passato, controlla il futuro", come scriveva George Orwell nel suo "1984".
 
Il vero 1984 è passato da ventitre anni, e purtroppo molte delle immaginazioni di Orwell da allora si sono avverate. Il controllo delle coscienze degli individui, nella società in cui viviamo, è di carattere sostanzialmente totalitario. Per realizzare obiettivi politici, "piccoli" (es. smantellamento dello stato sociale e riforme varie) o "grandi" (distruzioni di interi paesi, guerre di aggressione, occupazioni militari, eccetera) si usa la Storia, si manipola la Storia in maniera sempre più sfacciata. Di questo abbiamo tanti esempi. Basti pensare a come i libri di testo delle scuole dell’obbligo vengano riscritti, in maniera profondamente e genuinamente "orwelliana", in tanti paesi "in transizione", compresa l’Italia. La narrazione della Storia di un popolo è infatti fondamentale per determinare atteggiamenti e scelte che riguardano quel popolo. Possiamo fare in questa sede tre esempi, tutti riguardanti questioni molto serie e preoccupanti: 1) la Storia dell’Olocausto e dello Stato di Israele; 2) la Storia, più o meno recente, dei Balcani; 3) nell’ambito di quest’ultima, la Storia delle fasi finali della II Guerra Mondiale al confine orientale dell’Italia. Si noti che per tutte e tre queste "Storie" si tenta di imporre per legge una "verità ufficiale". Nel caso dell’Olocausto, esistono già molte leggi in molti paesi che puniscono i cosiddetti "negazionisti". Recentemente, si è provato ad introdurre una legge simile anche in Italia. Per fortuna, la levata di scudi da parte di molti ricercatori e professori di Storia è stata immediata: un appello (1) ha ricordato che non si può scrivere la Storia "per legge", ed è molto più efficace combattere i negazionisti sul piano, appunto, della ricerca storica, cioè dei fatti, dei nomi, dei dati e delle cifre. Per mezzo della scienza storica, insomma. La legge che alla fine è passata ("Legge Mastella") (2) punisce chi genericamente esprime approvazione per genocidi e persecuzioni razziali, il che è sicuramente giusto; sarebbe invece inaccettabile introdurre nuovi "reati di opinione" rivolti contro chi ad esempio esprimesse tesi specifiche sui lager o sulla nascita dello Stato di Israele.
Nel caso dei Balcani, l’uso politico della Storia e della cronaca è persistente e sfacciato. Una recente proposta di legge del Parlamento Europeo (3) vorrebbe sanzionare chi osasse negare quei "genocidi" che, veri o presunti, sono l’ingrediente fondamentale del "Pensiero Unico" sulle guerre di distruzione della Jugoslavia. Una parolina- chiave è: Srebrenica. Se la legge passasse in sede europea, chi volesse mettere in dubbio - anche sulla scorta di dati - che a Srebrenica c’è stato un "genocidio", rischierebbe fino a tre anni di carcere. Condanne analoghe verrebbero comminate a chi "negasse" il "genocidio" dei Tutsi ruandesi, e così via. In tutti questi casi, a "definire" i "genocidi" sarebbero le sentenze dei "tribunali ad hoc" internazionali, cioè quei grandi baracconi creati dagli imperialisti per assolvere se stessi dei propri crimini e fornire versioni di comodo, "orwelliane", della Storia recente.
L’ultimo esempio è quello delle "foibe". Di questa questione si è tanto parlato e non è il caso di entrare per l’ennesima volta nel merito delle diatribe. L’iniziativa di proclamare il 10 Febbraio, anniversario del Trattato di Pace tra Italia e Jugoslavia (1945), quale "Giornata del Ricordo", è essa stessa un atto mirato ad imporre in maniera normativa una certa visione - criminalizzatrice e bugiarda ma "politicamente corretta" - della Resistenza Partigiana al confine orientale dell’Italia. In occasione della ultima "Giornata del Ricordo", alcune iniziative critiche e "controcorrente", alle quali dovevano partecipare ricercatrici di Storia quali Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi, sono state impedite per intervento addirittura di prefetti e/o a seguito di intimidazioni fasciste (4). A Roma, il sindaco anti-antifascista Walter Veltroni ha fatto staccare i manifesti del "Progetto Memoria" del PRC (5) che ricordavano i crimini fascisti in Istria e Dalmazia e ridimensionavano l’entità e contestualizzavano il significato delle "violenze slavocomuniste". Ripetutamente, dai fascisti e dagli opportunisti arriva la richiesta di punire attraverso apposite leggi chi loro accusano di "negazionismo".
Tutto questo prelude a scenari gravissimi. L’opportunismo politico ed accademico purtroppo ha raggiunto un livello tale che la "blindatura" e la falsificazione della Storia passano inosservate e senza opposizioni efficaci. In realtà, l’unico modo per impedire una "scrittura per legge" della Storia è mobilitarci facendo, noi stessi, ricerca storica: andando a verificare tutto ciò che ci viene raccontato, con la comparazione delle fonti e la pluralità delle "narrazioni". Perchè è solo verificando, sperimentando, "provando e riprovando", galileianamente, empiricamente, s-c-i-e-n-t-i-f-i-c-a-m- e-n-t-e, che possiamo costruire conoscenza, e regolarci e difenderci nelle sfide che questo mondo disastrato sempre più pressanti ci pone dinanzi.
Note dell’autore, successive alla redazione dell’articolo:
(1)   l’Unità" del 23 gennaio 2007 / http://www.proteofaresapere.it/ contributi.asp?id=1256
(2)   In realtà, mentre scriviamo (8/3/07) la "legge Mastella" deve ancora terminare l’iter parlamentare.
(3)   The Telegraph / http://www.telegraph.co.uk/news/ main.jhtml;jsessionid=XUR4E3QGTWCCBQFIQMFCFFWAVCBQYIV0?xml=/news/ 2007/02/02/weu02.xml
(4)   http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5330
(5)   http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5335 

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