La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1810

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XXI N°2

ottobre 2018

PAGINA d         - 28

Segue da Pag.27: CACCIARE I PALESTINESI DALLA LORO TERRA – VERSANDOVI LIQUAMI

Un taboun o forno esterno, appartenente ad una comunità beduina.
Il processo legale era forse troppo lento per coloro che si opponevano al taboun e a novembre del 2013, un gruppo di israeliani provenienti dal Carmelo – scortato, ovviamente, dai soldati israeliani – tentò di spegnere il fuoco del forno. Non riuscirono nel loro intento ma diversi giorni dopo, una persona di cui non si conoscono le generalità, di notte, versò un secchio d’acqua nel taboun.

Ho visitato Umm al-Kheir diverse settimane dopo quell’incidente. Voi stessi potete vedere il taboun – non si tratta proprio di una Torre di Babele. Si tratta di una piccola costruzione di fango e fieno. Ed ecco il punto: non è più lì. L’Amministrazione Civile – il nome politicamente corretto che Israele ha dato a quello che una volta era conosciuto come il Governo Militare – ha provveduto a demolirlo dopo aver ricevuto l’autorizzazione legale, diversi mesi dopo che era stato fotografato.

L’Amministrazione Civile non si è fermata li: per tutto il 2016, i suoi rappresentanti si sono presentati a Umm al-Kheir per ben quattro volte, demolendo in totale 16 strutture. L’ultimo raid, che ha lasciato due strutture demolite, ha avuto luogo nel mese di febbraio.

E tuttavia, i residenti hanno fatto di tutto per difendere la loro terra, e per una ragione molto semplice: non avevano un altro posto dove andare. Anche se vivono in Area C, sotto l’autorità del governo israeliano, e anche se erano lì prima che Israele occupasse la zona, a loro non è stato offerto nulla. Il primo ministro Netanyahu non ha dedicato una sola riunione, per non parlare del 60% del suo tempo (quello dedicato ad Amona, secondo quanto detto dal capo del suo personale), per cercare di risolvere la situazione di 160 esseri umani.

Dal luglio 2016, segnalano gli abitanti del villaggio, i droni hanno iniziato a ronzare sopra Umm al-Kheir, fotografando ogni tentativo da parte degli abitanti del villaggio di costruire qualsiasi cosa. Se qualcosa viene costruita, essa viene rapidamente demolita. Queste demolizioni non interessano i media israeliani, ed è difficile trovare interviste ricolte a persone le cui vite sono state effettivamente distrutte perché qualcun altro brama la loro terra.

Una famiglia palestinese seduta sulle macerie della loro casa demolita nel villaggio cisgiordano di Umm al-Kheir, 6 aprile 2016. (Wissam Hashlamon / Flash90)
Ma non hanno un posto dove andare, per questo rimangono lì. E il Carmelo non li vuole lì. Allora cosa si fa? Dopo le demolizioni, le invasioni, le minacce, le aggressioni e la paura, arriva anche l’inquinamento: le acque reflue del Carmelo vengono semplicemente riversate sulla terra degli abitanti nativi.

Questo non è un incidente. Questa non è una notizia in una serie di eventi non correlati. Questo è l’ultimo tassello di un mosaico che è stato lentamente costruito per oltre 30 anni – un mosaico in cui accaparratori di terra e personale dell’Amministrazione Civile si mescolano tra di loro fino a quando nessuno potrà più tenerli da parte. Un mosaico che, una volta completato, non lascerà alcuna tracci di un villaggio che esisteva qui da 20 anni prima che il Carmelo venisse costruito. L’obiettivo è quello di privare i non ebrei della loro terra, e ogni trucco verrà utilizzato per raggiungere questo obiettivo. Da questo punto di vista, la storia Umm al-Kheir è un microcosmo dell’ occupazione israeliana in Cisgiordania.

Questo caso è particolarmente facile da ignorare, dal momento che le persone che vivono a Umm al-Kheir sono molto diverse da noi. Sono abitanti di villaggi al limite del nomadismo. Tu stai leggendo questo testo su un computer o uno smartphone; loro hanno bisogno di un taboun alimentato con sterco animale per cuocere il loro pane. Siamo tutti cresciuti con la narrativa del progresso inevitabile, sostenendo che questo stile di vita debba lasciare il posto a uno stile di vita occidentale. Stiamo probabilmente assistendo a un processo naturale.

Ma non c’è nulla di naturale: tutto risulta da decisioni prese da esseri umani, decisioni che hanno l’obiettivo di privare dei propri beni un gruppo di esseri umani a vantaggio di altri essere umani. E quando tutto è detto e fatto, se crediamo veramente all’idea estremamente radicale della parità dei diritti, allora non possiamo permettere che i nostri pregiudizi culturali distruggano la vita di 160 persone. Questo significa che non dobbiamo rimanere in silenzio.

Trad. Rossella Tisci

Fonte: https://972mag.com/pushing-palestinians-off-their-land-by-pumping-sewage-onto-it/126307/

Scritto da Yossi Gurvitz blogger per Yesh Din, Volontari per i diritti umani. Una versione di questo post è stato pubblicato sul blog di Yesh Din

il BDS è il nostro strumento più potente per la responsabilità e la giustizia

Palestinesi bloccano i bulldozer che Israele usa per demolire le loro case a Khan Al-Ahmar 10 ottobre 2018

La lotta popolare e la solidarietà internazionale hanno difeso la comunità palestinese di Khan Al-Ahmar dall’espulsione, impedendo ai bulldozer prodotti da società internazionali di demolire le case e una scuola. Fare una campagna BDS efficace è fondamentale poiché la Corte Suprema di Israele ha approvato la demolizione di Khan Al-Ahmar per fare posto a colonie illegali su terra palestinese occupata. Ciò include indicare e svergognare le società che
producono i bulldozer complici nelle demolizioni di Israele: JCB (Regno Unito), Caterpillar (US), Volvo (Svezia), Hyundai (Corea del sud), Hitachi (Giappone) e LiuGong (Cina).

La ininterrotta pulizia etnica di Israele continua con la decisione delle corti israeliane del 5 ottobre a favore della imminente distruzione di Khan Al-Ahmar, la comunità beduina palestinese situata ad est di Gerusalemme occupata. La fermezza della piccola comunità di 200 persone a Khan Al-Ahmar è diventata un simbolo della nostra lotta contro l’espulsione e l’espropriazione.

La comunità era già stata cacciata dalle proprie terre ancestrali durante la Nakba, la pulizia etnica su grande scala sulla quale Israele si è costituita. Dalla fine degli anni 90, Israele ha intrapreso tentativi di cancellare le 18 comunità beduine nella zona ad est di Gerusalemme per costruire un corridoio di colonie da Gerusalemme al Mar Morto, dividendo la Cisgiordania occupata in due parti.

La resistenza popolare e l’opposizione diplomatica finora hanno ritardato i tentativi di distruggere queste comunità.

Fino ad oggi la lotta popolare e la solidarietà internazionale hanno difeso la comunità palestinese di Khan Al-Ahmar dall’espulsione e hanno impedito ai bulldozer prodotti dalle società internazionali di portare avanti la distruzione.

Oggi, la persone sul terreno mantengono una presenza continua a Khan Al-Ahmar e raccolgono prove della complicità delle imprese nella continua politica di pulizia etnica dei palestinesi da parte di Israele. Il ruolo del movimento BDS è di mobilitare una pressione globale contro l’impunità di Israele nel perpetrare crimini di guerra e crimini contro umanità e contro la complicità delle imprese in questi crimini.

Niente trasmette un messaggio chiaro a Israele quanto fare una campagna BDS efficace.

Mentre vi unite allo sforzo di salvare Khan Al-Ahmar e di influenzare i vostri governi perché esercitino una pressione concreta su Israele per arrestare la demolizione, ricordate che gli attacchi di Israele ai palestinesi e ai nostri diritti umani non potrebbero accadere senza le molte società che sostengono e traggono profitto dalle politiche israeliane di occupazione, colonialismo e apartheid.

Molte delle demolizioni di Israele sono realizzate da bulldozer prodotti dalle seguenti sei compagnie: JCB (Regno Unito), Caterpillar (US), Volvo (Svezia), Hyundai (Corea del sud), Hitachi (Giappone) e LiuGong (Cina).

Queste compagnie devono essere rese consapevoli che perderanno contratti in seguito al fatto che prestano il loro servizio e traggono profitto dalle politiche di Israele di demolizione delle case e delle comunità palestinesi per fare spazio alle sue colonie illegali su terra palestinese occupata.

Il comitato nazionale palestinese per il BDS fa appello per uno sforzo della società civile globale per impedire la distruzione imminente di Khan Al-Ahmar. Nel fare una campagna per Khan Al-Ahmar ed altre comunità palestinesi a rischio di distruzione e di trasferimento forzato, sollecitiamo tutti a:

Indicare e svergognare le compagnie complici nel crimine: smascherarle e denunciarle nei mezzi di informazione tradizionali e nei social media. Le loro attrezzature e servizi sono cruciali per permettere la politica di pulizia etnica di Israele.
Organizzare proteste agli uffici di JCB, Caterpillar, Volvo, Hyundai, Hitachi e LiuGong. Chiedere loro di rescindere i loro contratti con le forze di occupazione di Israele e di impegnarsi a fermare la consegna di ulteriori attrezzature o servizi che possano essere usati da Israele in attività che violano i diritti umani fondamentali del popolo palestinese.
Organizzare campagne per il disinvestimento e l’esclusione da appalti contro queste aziende nei vostri sindacati, chiese, università - o includere queste aziende nelle campagne già esistenti - per aumentare il prezzo della loro complicità nelle vergognose violazioni dei diritti umani.
Il comitato nazionale palestinese per il BDS (BNC) è la più grande coalizione nella società civile palestinese. Guida e sostiene il movimento globale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti dei palestinesi.

Fonte : BNC Traduzione di BDS Italia

I nostri obiettivi

Alcuni di noi s’interrogano su cos’è oggi, o cos’è diventato, l’attivismo, specie internazionalista. Non solo sul versante delle strategie guida della macro-politica che ci trovano orfani di partiti e movimenti di riferimento, e di linee applicative in tante analisi, che comunque non mancano, però scarseggiano di possibilità applicative in diverse aree di crisi.

Il discorso s’approssima a quel genere di attivismo con cui taluni “cavalieri solitari” ritengono di agire per una causa seguendo schemi individuali. Una scelta che un tempo aveva radici ideologiche, ad esempio, nell’anarchia e vedeva su fronti paralleli e alternativi altri pensieri e progetti segnati da intenti collettivi.
Quelle gesta che segnano la storia di classi e popoli come Gramsci ricordava dal carcere al figlio Delio “… tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano a migliorare se stessi” (da “Lettere dal carcere”). Si sorvoli sul termine “uomini” inteso dal pensatore come umanità, senza esclusione per gli altri generi.

Insomma, l’impegno costruttivo per creare e lottare cerca voci, braccia, menti, cuori al plurale, fuori da ogni soggettivismo. Cosa, indubbiamente, difficile a farsi, ma per un secolo e oltre quest’approccio ha girato nella prassi militante. Chi ne fa tuttora una bandiera, o perlomeno un percorso imprescindibile, stenta a comprendere la figurae l’operato dell’attivista unico, che schiva collaborazioni e si mostra, e quasi esibisce, in un assolo che ben più forza riceverebbe compartecipando a percorsi con tutti coloro impegnati in cause comuni.

Sappiamo che le strade talvolta possono prendere indirizzi differenti, e sia. Ma è sul principio che ci piace riflettere. Sul diverso orizzonte di coloro che prima di se stessi vedono un fine, lo condividono e ragionano per stabilire comuni e migliori strategie; per convertire l’io in noi; per vivere il dono dell’azione (o dell’agitazione) non alla maniera d’una personale sfida, ma come progetto pianificato di trasformazione comune.
Nel quale anche il singolo nutre l’anima e gli ideali, perché combatte l’egoismo che vive in natura.

Il gruppo di Invictapalestina.



  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1809

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.