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La VOCE 2111

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La VOCE ANNO XXVI N°3

novembre 2021

PAGINA C        - 35

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questioni della scienza. a cura di a. martocchia. gli articoli del prof. andrea martocchia sono sospesi per impegni straordinari sopraggiunti. posted by andrea martocchia. suggerisco la pubblicazione di questo testo come contributo alla discussione sul tema indicato nel suo titolo: materialismo dialettico e questione ecologica di eleonora fiorani* il testo che segue è tratto da una intervista radiofonica realizzata il 27 febbraio 1988 nel corso della trasmissione “a voce – rivista parlata per una cultura antagonista” da radio città 103 di bologna, venne pubblicato sulla rivista “la contraddizione” nel numero 12, del maggio-giugno 1989. ringraziamo roberto sassi per averlo recuperato e rimesso in circolazione. ****** la “sparizione del marxismo” e le forze produttive. ormai non si parla nemmeno più di “crisi del marxismo”, il marxismo è un pensiero “dimenticato” ed è un pensiero dimenticato nella misura in cui, oggi, è in crisi il concetto stesso di “modernità”. il marxismo è pensiero della modernità, è la teoria che analizza gli elementi fondamentali della realtà, dal punto di vista della produzione e del modo col quale l’uomo vive la cosiddetta “seconda grande rivoluzione” che è quella industriale. oggi, che viene messa in discussione la stessa rivoluzione industriale, vengono messi in discussione i contenuti della modernità, oggi il marxismo sembra sparito. in realtà non c’è nei media, in realtà è un momento di assenza dovuto a una serie di cause estremamente complesse. una delle cause più interessanti è l’emergere, drammaticamente oggi, della polemica sulle “forze produttive”. contrariamente a tutta l’analisi che è stata fatta nel momento “caldo”, quando le forze produttive sono state incorporate direttamente nel capitale (sia nell’organizzazione del lavoro che nel modo di produzione) e che ha interpretato questo processo come “salto” diverso del capitalismo, marx sosteneva che c’è una contraddizione fondamentale tra mezzi e modi di produzione, tra forze produttive e rapporti di produzione. sosteneva che un sistema “crolla”, ma anche che ci vuole sempre il “becchino”, perché niente crolla da solo. ed è questo il grande contributo di lenin che ha esaminato questo becchino fino in fondo. oggi non è casuale che il problema delle forze produttive sia all’ordine del giorno. il concetto di forze produttive non si riduce semplicemente alla tecnologia: all’interno del problema delle forze produttive sta quello che viene chiamato “problema dell’eccesso di popolazione”. quindi il modo col quale tecnologicamente si interviene sulla terra, nella natura, col quale si manipolano i materiali, il modo in cui si organizza il lavoro e si affronta il problema, della popolazione, in poche parole quelli che sono i temi centrali oggi nel dibattito, sono appunto i problemi delle forze produttive ed è su questi che il pensiero di marx si mostra ancora vivo ed attuale. se si considerano le forze produttive come l’elemento determinante e non come l’elemento della contraddizione, così come faceva marx, si ritiene di dover modificare le forze produttive anziché il modo di produzione; si ritiene che il problema sia quello di mutare, o di imputare alla scienza e alla tecnica, quelli che sono, in realtà, i risultati di un incorporamento di questi elementi nel modo di produzione capitalistico. si tratta di un ottica estremamente corta, cieca, rispetto alla tecnologia, al sapere scientifico, alla capacità manipolatrice dell’uomo; è per questo che il modo col quale oggi occorre reinterrogare il marxismo non è soltanto sul piano categoriale. è necessario, altresì, andare a vedere cos’è questa “crosta tecnologica” che il modo di produzione capitalistico ha costruito e come, in realtà, il rapporto
dell’uomo con la natura, dell’uo­mo con il suo ambiente, possa ridarsi “in esplorazione”, in una riesplorazione del territorio in modi differenziati. a questo livello le categorie del marxismo risultano estremamente utili, proprio per leggere questa realtà e per focalizzare questa contraddizione fra modo di produzione e forze produttive. oggi che il capitalismo è in una fase estremamente “matura”, come direbbe marx, il problema delle forze produttive è al centro dell’attenzione, ma non sono le forze produttive l’antagonista o il nemico, il nemico sta altrove. il problema delle forze produttive, se impostato in modo errato, ci impedisce di vedere quali siano i centri del potere, dove avviene realmente la strutturazione del sistema. il rischio della attuale “crisi del marxismo”, o meglio della “sparizione del marxismo”, è che non si riesce più a vedere quello che è l’artefice del nostro modo – non esattamente soddisfacente – di vivere e di produrre. lotta di classe e lotta di specie. è peculiare del marxismo che lotta di classe e lotta di specie siano la stessa cosa, naturalmente per quanto riguarda il proletariato. sono la stessa cosa perché il marxismo è anche progettualità di una società diversa che ricompone quella lacerazione profonda fra uomo e natura che ha origini precedenti al capitalismo. per questo il comunismo deve essere pensato come una realtà nuova, che riconcilia l’uomo con la natura. nel marxismo quindi c’è un discorso di specie che, però, non è mai un discorso semplicemente di “natura umana”. la antropologia marxista è una antropologia di tipo materialistico: c’è questo “pensiero a margine” nel marxismo, pensiero a margine nel senso che è stato sviluppato da marx e da engels solo entro certi limiti e nella misura in cui è prevalsa l’analisi del modo di produzione capitalistico. tuttavia, il marxismo si definisce materialismo dialettico e marx, non solo negli scritti giovanili ma anche nel capitale, elabora un concetto di materia, un concetto del materiale concreto che si basa sulla definizione dell’uomo come “essere del bisogno”: gli uomini sono coloro che esprimono determinati bisogni, il sistema produttivo risponde a questi bisogni. ora, nel marxismo si articola una antropologia che analizza ad esempio tutte le condizioni della vita quotidiana: è tradizione del movimento operaio, e peculiare del marxismo, l’indagine e l’analisi delle condizioni della vita materiale e la lettura di queste in relazione al sistema produttivo. oggi questo tipo di analisi deve essere fatta reinterrogando il marxismo e utilizzando tutta una serie di strumenti culturali che non esistono nella nostra cultura o che esistono a margine. a esempio la “nuova geografia” che è una geografia sociale, politica, che si interroga sui contenuti e sui problemi delle varie civiltà: dagli studi sulle civiltà orientali, agli studi sulla “crosta tecnologica”, a quelli che riguardano il manto vegetale e la sua trasformazione, alla ridefinizione del paesaggio attuale e alla sua identificazione come paesaggio urbano. ad esempio gli studi storici, della “nuova storia”, che analizzano il problema della “lunga durata” o studi ancora più estranei alla nostra cultura che sono quelli dell’“etnobotanica” o anche della “nuova preistoria”. non è casuale che proprio oggi ci si interroghi sulla preistoria, e non ad esempio sulla società medioevale, andando a monte della prima grande rivoluzione, quella neolitica, a cogliere tutta una serie di elementi che abbiamo perso nel nostro percorso. ci si interroga sul destino dell’uomo nel futuro guardando sempre al­l’indietro, con una stranissima ottica che è tipica, del modo col quale l’uomo progetta il presente e il futuro. sono questi strumenti che ci permettono di vedere, per esempio, come la nostra cultura sia una cultura eurocentrica che legge ad esempio il passaggio dalla società dei raccoglitori a quella degli agricoltori come passaggio obbligato alla agricoltura. mentre quando studiamo le civiltà orientali, ci accorgiamo che esiste una possibilità di essere sedentari senza essere necessariamente agricoltori: a monte di queste civiltà c’è quel rapporto che è stato definito come “l’amicizia rispettosa” tra la pianta e l’uomo. amicizia rispettosa che significa equilibrio tra lo sviluppo della società, o della “natura seconda”, e la “natura prima”, una capacità di mantenere gli equilibri naturali, di inserirsi in essi, che oggi abbiamo perso. non si deve però considerare la natura come “armonia”, altrimenti la si divinizza, non si devono ..segue ./.

Questioni della Scienza
a cura di A. Martocchia
Gli articoli del Prof. Andrea Martocchia sono sospesi per impegni straordinari sopraggiunti.


Posted by Andrea Martocchia.

Suggerisco la pubblicazione di questo testo come contributo alla discussione sul tema indicato nel suo titolo:

Materialismo dialettico e
questione ecologica

di Eleonora Fiorani*

Il testo che segue è tratto da una intervista radiofonica realizzata il 27 febbraio 1988 nel corso della trasmissione “A VOCE – rivista parlata per una cultura antagonista” da Radio Città 103 di Bologna, venne pubblicato sulla rivista “La Contraddizione” nel numero 12, del maggio-giugno 1989. Ringraziamo Roberto Sassi per averlo recuperato e rimesso in circolazione.

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La “sparizione del marxismo” e le forze produttive

Ormai non si parla nemmeno più di “crisi del marxismo”, il marxismo è un pensiero “dimenticato” ed è un pensiero dimenticato nella misura in cui, oggi, è in crisi il concetto stesso di “modernità”. Il marxismo è pensiero della modernità, è la teoria che analizza gli elementi fondamentali della realtà, dal punto di vista della produzione e del modo col quale l’uomo vive la cosiddetta “seconda grande rivoluzione” che è quella industriale. Oggi, che viene messa in discussione la stessa rivoluzione industriale, vengono messi in discussione i contenuti della modernità, oggi il marxismo sembra sparito. In realtà non c’è nei media, in realtà è un momento di assenza dovuto a una serie di cause estremamente complesse.

Una delle cause più interessanti è l’emergere, drammaticamente oggi, della polemica sulle “forze produttive”. Contrariamente a tutta l’analisi che è stata fatta nel momento “caldo”, quando le forze produttive sono state incorporate direttamente nel capitale (sia nell’organizzazione del lavoro che nel modo di produzione) e che ha interpretato questo processo come “salto” diverso del capitalismo, Marx sosteneva che c’è una contraddizione fondamentale tra mezzi e modi di produzione, tra forze produttive e rapporti di produzione. Sosteneva che un sistema “crolla”, ma anche che ci vuole sempre il “becchino”, perché niente crolla da solo. Ed è questo il grande contributo di Lenin che ha esaminato questo becchino fino in fondo.

Oggi non è casuale che il problema delle forze produttive sia all’ordine del giorno. Il concetto di forze produttive non si riduce semplicemente alla tecnologia: all’interno del problema delle forze produttive sta quello che viene chiamato “problema dell’eccesso di popolazione”. Quindi il modo col quale tecnologicamente si interviene sulla terra, nella natura, col quale si manipolano i materiali, il modo in cui si organizza il lavoro e si affronta il problema, della popolazione, in poche parole quelli che sono i temi centrali oggi nel dibattito, sono appunto i problemi delle forze produttive ed è su questi che il pensiero di Marx si mostra ancora vivo ed attuale. Se si considerano le forze produttive come l’elemento determinante e non come l’elemento della contraddizione, così come faceva Marx, si ritiene di dover modificare le forze produttive anziché il modo di produzione; si ritiene che il problema sia quello di mutare, o di imputare alla scienza e alla tecnica, quelli che sono, in realtà, i risultati di un incorporamento di questi elementi nel modo di produzione capitalistico.

Si tratta di un ottica estremamente corta, cieca, rispetto alla tecnologia, al sapere scientifico, alla capacità manipolatrice dell’uomo; è per questo che il modo col quale oggi occorre reinterrogare il marxismo non è soltanto sul piano categoriale. È necessario, altresì, andare a vedere cos’è questa “crosta tecnologica” che il modo di produzione capitalistico ha costruito e come, in realtà, il rapporto
dell’uomo con la natura, dell’uo­mo con il suo ambiente, possa ridarsi “in esplorazione”, in una riesplorazione del territorio in modi differenziati. A questo livello le categorie del marxismo risultano estremamente utili, proprio per leggere questa realtà e per focalizzare questa contraddizione fra modo di produzione e forze produttive. Oggi che il capitalismo è in una fase estremamente “matura”, come direbbe Marx, il problema delle forze produttive è al centro dell’attenzione, ma non sono le forze produttive l’antagonista o il nemico, il nemico sta altrove. Il problema delle forze produttive, se impostato in modo errato, ci impedisce di vedere quali siano i centri del potere, dove avviene realmente la strutturazione del sistema. Il rischio della attuale “crisi del marxismo”, o meglio della “sparizione del marxismo”, è che non si riesce più a vedere quello che è l’artefice del nostro modo – non esattamente soddisfacente – di vivere e di produrre.

Lotta di classe e lotta di specie

È peculiare del marxismo che lotta di classe e lotta di specie siano la stessa cosa, naturalmente per quanto riguarda il proletariato. Sono la stessa cosa perché il marxismo è anche progettualità di una società diversa che ricompone quella lacerazione profonda fra uomo e natura che ha origini precedenti al capitalismo. Per questo il comunismo deve essere pensato come una realtà nuova, che riconcilia l’uomo con la natura. Nel marxismo quindi c’è un discorso di specie che, però, non è mai un discorso semplicemente di “natura umana”. La antropologia marxista è una antropologia di tipo materialistico: c’è questo “pensiero a margine” nel marxismo, pensiero a margine nel senso che è stato sviluppato da Marx e da Engels solo entro certi limiti e nella misura in cui è prevalsa l’analisi del modo di produzione capitalistico.

Tuttavia, il marxismo si definisce materialismo dialettico e Marx, non solo negli scritti giovanili ma anche nel Capitale, elabora un concetto di materia, un concetto del materiale concreto che si basa sulla definizione dell’uomo come “essere del bisogno”: gli uomini sono coloro che esprimono determinati bisogni, il sistema produttivo risponde a questi bisogni. Ora, nel marxismo si articola una antropologia che analizza ad esempio tutte le condizioni della vita quotidiana: è tradizione del movimento operaio, e peculiare del marxismo, l’indagine e l’analisi delle condizioni della vita materiale e la lettura di queste in relazione al sistema produttivo.

Oggi questo tipo di analisi deve essere fatta reinterrogando il marxismo e utilizzando tutta una serie di strumenti culturali che non esistono nella nostra cultura o che esistono a margine. A esempio la “nuova geografia” che è una geografia sociale, politica, che si interroga sui contenuti e sui problemi delle varie civiltà: dagli studi sulle civiltà orientali, agli studi sulla “crosta tecnologica”, a quelli che riguardano il manto vegetale e la sua trasformazione, alla ridefinizione del paesaggio attuale e alla sua identificazione come paesaggio urbano. Ad esempio gli studi storici, della “nuova storia”, che analizzano il problema della “lunga durata” o studi ancora più estranei alla nostra cultura che sono quelli dell’“etnobotanica” o anche della “nuova preistoria”. Non è casuale che proprio oggi ci si interroghi sulla preistoria, e non ad esempio sulla società medioevale, andando a monte della prima grande rivoluzione, quella neolitica, a cogliere tutta una serie di elementi che abbiamo perso nel nostro percorso. Ci si interroga sul destino dell’uomo nel futuro guardando sempre al­l’indietro, con una stranissima ottica che è tipica, del modo col quale l’uomo progetta il presente e il futuro.

Sono questi strumenti che ci permettono di vedere, per esempio, come la nostra cultura sia una cultura eurocentrica che legge ad esempio il passaggio dalla società dei raccoglitori a quella degli agricoltori come passaggio obbligato alla agricoltura. Mentre quando studiamo le civiltà orientali, ci accorgiamo che esiste una possibilità di essere sedentari senza essere necessariamente agricoltori: a monte di queste civiltà c’è quel rapporto che è stato definito come “l’amicizia rispettosa” tra la pianta e l’uomo. Amicizia rispettosa che significa equilibrio tra lo sviluppo della società, o della “natura seconda”, e la “natura prima”, una capacità di mantenere gli equilibri naturali, di inserirsi in essi, che oggi abbiamo perso. Non si deve però considerare la natura
..segue ./.

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

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