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La VOCE 1809 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXI N°1 | settembre 2018 | PAGINA d - 28 |
Segue da Pag.27: ISRAELE, DOV’E’ LA TUA RABBIA PER LA LEGALIZZAZIONE DELL’APARTHEID? Forse è questo il motivo per cui queste società hanno sostenuto in modo così evidente il diritto dei gay alla maternità surrogata. Forse pensavano che se si fossero uniti a questa lotta relativamente più marginale, la loro coscienza un giorno li avrebbe disturbati di meno. O forse speravano di purificare la macchia dei loro crimini. Ma questa è un’illusione, ovviamente. L’incredibile fuga dalla realtà, la negazione e la repressione di Israele sono visibili ovunque: nell’apatia per l’occupazione, nell’ignoranza, nelle menzogne ​​che la gente racconta a sè stessa e nell’indifferenza per ciò che sta accadendo, e ora anche nelle proteste. Questo è un fenomeno nuovo e affascinante: l’evasione dalla realtà. Questo è quello che è successo questa settimana in Israele. Immaginate cosa avremmo pensato se in Sud Africa durante l’era dell’apartheid i bianchi fossero scesi in piazza per difendere il diritto degli uomini di diventare genitori attraverso la maternità surrogata, mentre la popolazione nera continuava a vivere sotto un regime orrendo. È proprio quello che è successo in Israele questa settimana. I veri oppressi possono aspettare. Israele sta marciando nel gay pride. Trad. Grazia Parolari – Invictapalestina.org: Fonte. ![]() 20/07/2018 DI INVICTA PALESTINA Negato l’ingresso negli Stati Uniti a funzionari palestinesi per poter partecipare alla riunione dell’ONUWASHINGTON, luglio 2018 Mansour ha riferito ai giornalisti che anche Israele “ha complicato la faccenda” rifiutando di permettere a diversi membri della delegazione di viaggiare da Ramallah a Gerusalemme, dove si trova il consolato degli Stati Uniti, per verificare i loro visti. Ha detto che tale misura ha violato l’accordo delle Nazioni Unite con gli Stati Uniti come paese ospitante dell’organizzazione mondiale, che richiede agli Stati Uniti di facilitare il lavoro delle Nazioni Unite e consentire ai delegati di partecipare alle riunioni UN. Mansour ha detto che a tale riguardo invierà una lettera di protesta alla commissione dell’Assemblea Generale che si occupa delle relazioni con i paesi ospitanti. Mentre la commissione degli Stati Uniti ha detto che stava esaminando la denuncia, quella israeliana non ha risposto a una mail che chiedeva un commento. L’incontro ad alto livello ha fatto il punto su ciò che circa 50 paesi stanno facendo per attuare gli obiettivi delle Nazioni Unite per combattere la povertà, promuovere lo sviluppo e l’uguaglianza di genere e preservare l’ambiente entro il 2030. Dal momento che gli esperti palestinesi non hanno partecipato alla riunione, Mansour ha dichiarato che lui e il suo team “sono stati in grado di improvvisare” e martedì hanno presentato il rapporto palestinese. Mansour ha riferito che il rapporto “ha ricevuto un lungo applauso da parte dei partecipanti”. Trad. Invictapalestina.org: Fonte. ![]() 18/07/2018 DI INVICTAPALESTINA Il «caso» di Torino. Ebrei e israeliani sull’orlo di una separazioneMoni Ovadia – il manifesto- 16.7.2018 Lo spunto per questa riflessione, l’incipit di un articolo sul ebraismo di Philip Roth pubblicato sull’ultimo numero del settimanale statunitense The Nation a firma di Eric Alterman. |
Queste le sue parole: «I media hanno avuto recentemente un risveglio riguardo ad un fenomeno spesso argomento di discussione sulle pagine di questa rivista: che la cultura ebraica americana mainstream e la cultura israeliana mainstream sono nel corso di una separazione permanente dei loro cammini…Una recente indagine promossa da un comitato ebraico-americano, secondo quanto riportato da William Galstone sul Wall Street Journal, dice che Israele è uno stato rosso (repubblicano) e l’ebraismo americano è uno stato blu (democratico). Loro odiano Obama e amano Trump; noi il contrario. Loro vogliono mantenere i loro insediamenti e occupare il West Bank per sempre, si fotta la democrazia; noi siamo ancora democratici. Loro non sono per nulla disturbati dagli orrori di ciò che avviene a Gaza; noi ne siamo turbati. Loro permettono a Rabbini fondamentalisti di dire chi possono sposare, chi può essere sepolto e dove e persino chi è e chi non è un vero ebreo. Noi chiamiamo tutto ciò una porcheria!». Mi scuso per questa lunga citazione ma la ritengo necessaria per il lettore italiano che è tendenzialmente disinformato su ciò che si muove nel mondo ebraico e in particolare nella più grande comunità ebraica della diaspora riguardo alla realtà israeliana, al netto della retorica e della propaganda sionista e soi- disant «filo-semita». È bene ricordare almeno che il sostegno delle organizzazioni sioniste e pro governo israeliano a Trump, fingono artatamente di ignorare che il tycoon repubblicano è stato votato da nazisti, suprematisti bianchi, razzisti e antisemiti a vario titolo. Ma per riportare la questione al piccolo e rigido microcosmo delle principali istituzioni ebraiche del nostro paese, esse perseguono con miope accanimento la trasformazione dell’ebraismo italiano organizzato in legazioni diplomatiche del governo di Bibi Netanyahu. I dirigenti delle nostre comunità probabilmente ricevono ordini precisi e li eseguono con zelo. Il primo «comandamento» da seguire è: Il governo e l’esercito di Israele hanno sempre ragione. Il secondo è: gli israeliani sono sempre vittime anche se muoiono i palestinesi. Terzo chi difende i diritti autentici del popolo palestinese è un agente di Hamas. Quarto, chi denuncia ingiustizie, sadismi, stillicidi perversi contro i civili palestinesi è un antisemita e così via. Per servire in modo non rischioso lo scopo di assolvere sempre e comunque il governo israeliano c’è la tecnica del silenzio omertoso o quello di contrastare ogni iniziativa di confronto sul tema dei diritti violati del popolo palestinese da parte dei militari o dei coloni israeliani. E, nel caso che qualche associazione o qualche gruppo riesca egualmente ad organizzare incontri e confronti sul tema, la immancabile reazione delle comunità ebraiche è quella di intervenire sulla stampa o sui media criminalizzando gli organizzatori. Il lettore si domandi se ha mai visto affrontare il tema della ultracinquantennale occupazione e colonizzazione israeliana della Palestina in uno dei principali talk show politici? Impossibile. In questo quadro si inserisce il recentissimo episodio accaduto a Torino dove il consiglio comunale del capoluogo piemontese ha approvato un ordine del giorno in cui si esprime una condanna nei confronti dell’uso spropositato della forza da parte di Israele contro manifestanti disarmati di Gaza che legittimamente manifestavano contro la sciagurata decisione presa da parte del governo Trump in accordo con il plaudente Netanyahu di spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme, in violazione delle risoluzioni dell’Onu. L’ordine del giorno chiedeva anche di chiamare Israele alle sue responsabilità verso i civili come potenza occupante. Subito si è levata la canea della Comunità ebraica torinese al grido di «antisemiti» e di «offesa agli ebrei». Di questo si occupano invece di prendere coscienza della catastrofe incombente sull’ebraismo e sui suoi valori. La decisione dell’Irlanda di avanzare la proposta di boicottaggio potrebbe essere il punto di svolta per la giustizia per la Palestina![]() Kamel Hawwash, 12 luglio 2018 Il popolo palestinese ha bisogno di qualche buona notizia per tirarsi su il morale in un momento estremamente difficile nella sua lotta per libertà, giustizia e uguaglianza. Ci sono state poche buone notizie, in particolare da quando il presidente degli Stati Uniti Trump è entrato in carica, ha riconosciuto Gerusalemme come capitale d’Israele, ha spostato l’ambasciata americana da Tel Aviv a tempi da record, ha tolto fondi all’UNRWA e fatto trapelare il suo “definitivo accordo” per risolvere il conflitto che mostra di non poter essere accettato dal popolo palestinese. I palestinesi a Gaza continuano a marciare verso la recinzione che li separa dai loro occupanti per chiedere che venga loro concesso di tornare pacificamente alle proprie case dall’altra parte. Il loro sforzo pacifico ha incontrato una forza brutale che ha provocato oltre 130 morti, colpiti per lo più da cecchini israeliani, e oltre 10.000 feriti – alcuni dei quali hanno subito ferite orrende mentre altri hanno perso gli arti. Leggi lintero articolo |
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