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La VOCE 1809

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La VOCE ANNO XXI N°1

settembre 2018

PAGINA b         - 26

Segue da Pag.25: Lo Stato di Israele, ora etnocratico (eufemismo di razzista) anche per legge.

L’Alta corte di giustizia da anni aveva preparato il terreno. Due sentenze del 2013 sono particolarmente significative a conclusione di un lunghissimo iter giudiziario: una causa è stata promossa dalla associazione Ani Israeli ( Io sono israeliano) rappresentata da 21 membri tra cui il presidente Uzzi Ornan, professore emerito di lingua ebraica ; l’altra dal professor Uzzi Ornan personalmente. I ricorrenti chiedevano di essere registrati come cittadini israeliani in base alla residenza e non come ebrei in virtù del diritto di ritorno ai sensi dell’articolo 2 della legge sulla cittadinanza del 1952. La corte ha dato loro torto. Si legge in sentenza: “ Il concetto che l’ebraismo non è solo religioso ma anche una appartenenza nazionale è elemento fondamentale del sionismo”. In un altro caso, quello dei beduini del Negev, la corte giunge a parlare esplicitamente di razza: gli insediamenti beduini devono essere sradicati per fare posto a “ insediamenti di coloni ebrei etnicamente puri” ( ethnically pure Jewish settlers ).

Vediamola, allora, questa legge.

Israele è definito Stato nazione del popolo ebraico e, all’articolo 1, la legge stabilisce che “ il diritto di esercitare l’autodeterminazione nazionale nello Stato di Israele è esclusivamente per il popolo ebraico”.

L’articolo 3 sancisce che Gerusalemme, integra e unita, è la capitale di Israele.

L’articolo 4 declassa la lingua araba da lingua ufficiale a lingua a statuto speciale.

L’articolo 5 afferma che lo Stato è aperto alla immigrazione ebraica e al ritorno degli esuli.

L’articolo 6 sancisce lo speciale rapporto tra lo Stato e gli ebrei nel mondo di cui Israele si proclama difensore e garante.

L’articolo 7 afferma che lo sviluppo di insediamenti ebraici è un valore nazionale e Israele lo incoraggia e promuove.

Il contrasto totale con il diritto internazionale è messo nero su bianco; si sancisce la legittimità della conquista territoriale con la forza; si proclama e, di fatto, si rivendica la extra legalità dello Stato ebraico.

Gli ebrei sono non solo un popolo ( con buona pace di Shlomo Sand e il suo “L’invenzione del popolo ebraico”) ma anche una nazione senza limiti territoriali. A proposito: non un cenno nella legge ai confini dello Stato; non un cenno alla Costituzione in attesa di promulgazione dal 1948. Del resto, tante volte notabili israeliani hanno affermato che la Costituzione non serve quando ci sono già Talmud e Torah , testi di cui però Israel Shahak offre una lettura preoccupante, si vedano i passi sulla superiorità dell’ebreo rispetto al gentile in “Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni”.

La Repubblica islamica dell’Iran, l’acerrimo nemico, ha una Costituzione ispirata sì all’Islam ma che sancisce il rispetto dei diritti dei non musulmani (art.14), conferisce libertà religiosa alle minoranze riconosciute: ebrei, cristiani e zoroastriani (art.13) e, all’art.3 punto 5, rigetta il colonialismo.

La diversa religione dei cristiani e dei musulmani con cittadinanza israeliana ( il 20% degli israeliani) li priva della autodeterminazione riservata, ex articolo 1, ai soli ebrei. Il discrimine non è la cittadinanza ma la religione professata o, meglio ancora, l’essere ebreo e il non esserlo!

Potrebbe prestarsi a dubbi interpretativi (ma solo per gli ingenui) il testo sul ritorno degli esuli di cui non è precisata la religione: “Lo Stato è aperto alla immigrazione ebraica e al ritorno degli esuli”. Un giurista pignolo potrebbe validamente sostenere che se per esuli il legislatore avesse voluto riferirsi ai soli ebrei, si tratterebbe di una inutile ripetizione a fronte della già citata immigrazione ebraica. L’apertura al ritorno degli esuli potrebbe allora riguardare i palestinesi della diaspora, cacciati nel 1948 e nel 1967. Perché un ebreo di Manhattan mai stato in Israele è esule più di un palestinese di Jenin cacciato dalla casa ove la sua famiglia è vissuta per secoli? Il giurista pignolo dimostrerebbe con questa interpretazione una sottile capacità ermeneutica ma anche una grande ingenuità: gli esuli sono sempre e solo gli ebrei.

La legge in esame si pone in contrasto non solo con il diritto internazionale ma anche con la Dichiarazione di fondazione dello Stato di Israele e con alcune affermazioni di illustri statisti israeliani tra cui uno dei padri fondatori della patria, Ben Gurion. La Dichiarazione di fondazione dello Stato di Israele del 14 maggio 1948 recita: “ lo Stato d’Israele sarà aperto per l’immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia, sulla pace come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà la libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite”.

Sul diritto all’autodeterminazione Ben Gurion è stato esplicito: “ Il diritto all’autodeterminazione è un principio universale. Siamo stati, sempre e dovunque, tra i più ferventi sostenitori di questo principio. Siamo radicalmente per il diritto all’autodeterminazione di ogni popolo, di ogni individuo, di ogni gruppo umano e va da sé che il popolo arabo di Palestina ha il diritto di autodeterminarsi. Questo diritto non è limitato e non potrà essere condizionato dai nostri interessi… È possibile che la realizzazione delle aspirazioni dei palestinesi ci crei gran difficoltà ma questa non è una ragione per negare i loro diritti “. (Cristina Tani, I palestinesi e l’occupazione israeliana, p.260)

È il caso di segnalare che un tentativo del partito arabo Balad ed altri di far definire Israele come lo Stato di tutti i suoi cittadini è caduto nel vuoto perché in contrasto con la decisione di renderlo Stato solo del popolo ebraico. Qualche ottimista ha messo in evidenza che la legge è passata ma molti sono stati i voti contrari ( 55 contro 62 favorevoli). Prima di valutare positivamente questo dato penso che si dovrebbero conoscere le motivazioni dei voti contrari che potrebbero riguardare non il merito ma aspetti secondari del testo oppure la scelta dei tempi oppure l’ opportunità politica ( in tal senso il presidente Rivlin e il Procuratore generale, come riferito da Gideon Levy su Internazionale del 19 luglio 2018).

In conclusione si può esclamare: il re è nudo!

Già Gideon Levy ha messo in evidenza come la legge non fa altro che codificare la realtà; e questo è scioccante, dice Levy, per i progressisti che non vedevano l’apartheid solo perché non codificata come in Sudafrica; che ritenevano Israele democratico perché gli arabi israeliani avevano diritto di voto ( anche se mai un arabo è andato e mai potrà andare al governo, ndr) ; che non vedevano la contraddizione nella definizione di Israele Stato ebraico e democratico.

Quali conseguenze ora? La legge potrebbe aprire scenari interessanti.

L’articolo che promuove la colonizzazione mette la parola fine alla soluzione “due popoli due Stati”. La legge nel suo complesso mette la parola fine allo “stato unico binazionale laico democratico”. Tertium non datur. La storia e la resistenza palestinese diranno.

Qualcosa però si potrebbe fare nel frattempo: espellere Israele dall’Onu. Ora la violazione del diritto internazionale non è solo nei fatti e sul campo ma è scritta, sancita e rivendicata: sulla base di questi principi ora codificati coerentemente Israele ha disatteso tutte le risoluzioni dell’ONU. Coerentemente Lapid ed altri hanno definito il Consiglio dei diritti umani covo di terroristi antisemiti.

Ma se questo è il rapporto tra Israele e l’ONU di cui Israele fa parte come la mettiamo con la risoluzione n.273 dell’11 maggio 1949? Con questa risoluzione l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ammette lo Stato d’Israele ( definito “peace-loving State” !!) a far parte delle Nazioni Unite a condizione che Israele metta in opera le risoluzioni Onu sul Piano di partizione della Palestina (risoluzione 181 del 29 novembre 1947) e sul diritto al ritorno dei profughi (risoluzione 194 dell’11 dicembre 1948). Si legge nella risoluzione n. 273 a pagina 62 “ Prendendo atto, inoltre, della dichiarazione con la quale lo Stato di Israele accetta senza riserva alcuna gli obblighi che derivano dalla Carta delle Nazioni Unite e si impegna a osservarli dal giorno in cui esso diventerà membro delle Nazioni Unite. Richiamando le sue risoluzioni del 29 novembre 1947 e spiegazioni fornite davanti alla commissione politica speciale dai rappresentanti del governo di Israele per quanto concerne la messa in opera delle suddette risoluzioni dell’Assemblea Generale… Decide di ammettere Israele all’organizzazione delle Nazioni Unite.”

L’ammissione di Israele nel consesso Onu è quindi sottoposta a condizione e Israele ha accettato la condizione “senza riserva”; la condizione non è mai stata rispettata. Israele non ha titolo per sedere all’Onu e non lo ha mai avuto, ora più che mai essendo legge fondamentale di Stato la volontà di non adempiere agli obblighi assunti. Ricorrono i presupposti di cui all’art.6 dello Statuto ONU per la “persistente violazione dei principi” della Carta. La decisione spetta alla Assemblea generale su proposta del Consiglio di sicurezza, lo stesso di cui è stata ignorata la risoluzione n.2334 del Dicembre 2016.

Come sempre, ovviamente, il problema non è giuridico ma politico; sul piano politico, però, sembrano più che mai mature le condizioni per una azione di contrasto di Israele analoga a quella esercitata a suo tempo contro il Sudafrica.

Salvo voler discriminare i palestinesi anche rispetto ai neri.


28/07/2018 DI INVICTA PALESTINA

La “legge dello stato-nazione” di Israele è parallela alle leggi naziste di Norimberga

La nuova legge “stato-nazione” di Israele segue le orme di Jim Crow, dell’Indian Removal Act e delle leggi di Norimberga.

26 luglio 2018 Susan Abulhawa

A più di 80 anni dalla promulgazione nella Germania nazista di quelle che vennero conosciute come le Leggi Razziali di Norimberga, i legislatori israeliani hanno votato a favore della cosiddetta “legge dello stato-nazione”. In tal modo, hanno sostanzialmente codificato la “supremazia ebraica”, approvando una legge che rispecchia efficacemente la legge nazista della stratificazione etnoreligiosa della società tedesca.

La “legge dello stato-nazione” di Israele stabilisce nel suo primo articolo che “l’applicazione del diritto all’autodeterminazione nazionale nello stato di Israele è esclusiva per il popolo ebraico”. In altre parole, gli 1,7 milioni di cittadini palestinesi di Israele, gli abitanti nativi che sono riusciti a rimanere nelle loro case quando gli ebrei europei hanno conquistato parti della Palestina storica nel 1948, saranno senza sovranità o rappresentanza, vivendo per sempre alla mercé degli ebrei israeliani.

Allo stesso modo, la prima delle leggi di Norimberga, la legge sulla Cittadinanza del Reich, considerava la cittadinanza un privilegio esclusivo per le persone di “sangue tedesco o affine”. Le altre venivano classificate come soggetti statali, senza diritto di cittadinanza.

Dal momento che non esisteva un modo scientificamente valido per distinguere i tedeschi ebrei dal resto della società tedesca, i legislatori esaminavano l’albero genealogico delle persone per determinare la loro ebraicità. Chiunque avesse tre o quattro nonni ebrei era definito ebreo, indipendentemente dal fatto che quell’individuo si identificasse come ebreo o appartenesse alla comunità religiosa ebraica.

Ciò non sarà necessario per i cittadini palestinesi di Israele perché, dalla sua creazione nel 1948, Israele ha messo in atto dei protocolli per garantire che i non ebrei non si integrino nella società ebraica tradizionale.

Questo ci porta alla seconda legge di Norimberga: la Legge per la Protezione del Sangue Tedesco e dell’Onore Tedesco, che cercava di impedire la mescolanza del sangue ariano, mescolanza definita come “contaminazione della razza”.

La nuova “legge dello stato-nazione” può anche non menzionare ufficialmente “la contaminazione della razza”, ma in Israele sono già in vigore leggi contro i matrimoni misti, mascherate da una legislazione volta a proteggere i valori tradizionali. Il matrimonio può essere celebrato solo da funzionari religiosi e il rabbinato ortodosso ha una competenza esclusiva sui matrimoni ebraici. Il matrimonio interreligioso all’interno di Israele è severamente vietato dalla legge.

La Legge sulla Bandiera del Reich, che stabiliva il nero, il rosso e il bianco come i colori nazionali della Germania, e la bandiera con la svastica come la nuova bandiera nazionale, faceva parte delle leggi di Norimberga.

..segue ./.

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