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LA VOCE 1509 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
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La VOCE ANNO XVIII N°1 | settembre 2015 | PAGINA e - 29 |
Risultati delle guerre “umanitarie”: l’Iraq nel baratroLe bande dell’ISIS sono le stesse che nella vicina Siria – foraggiate da USA, Arabia saudita, Qatar e Turchia - hanno occupato l’intera provincia di Raqqa, e le stesse che hanno rapito e probabilmente ucciso il gesuita Padre Dall’Oglio, vittima anche delle sue illusioni (nei suoi periodi di permanenza in Italia e durante i viaggi negli USA aveva sempre esaltato i jahadisti paragonandoli ai partigiani italiani!). Anche i Kurdi della Siria, che hanno creato una loro zona autonoma nel Nord, sono sotto attacco da parte dell’ISIS. Questo drammatico sviluppo è certamente l’ultimo frutto avvelenato della politica aggressiva e delle manovre nascoste degli USA e dei suoi alleati (NATO, UE, Turchia, Arabia Saudita, Qatar) nel Vicino Oriente e in Africa Settentrionale, finalizzate ad abbattere i regimi laici-nazionalisti e socialisti, come quello di Saddam in Iraq, di Assad in Siria e di Gheddafi in Libia. Già con la Prima Guerra del Golfo (1990-91) l’Iraq, che sotto la direzione del partito laico- nazionalista e socialista Baath, aveva raggiunto un notevole grado di sviluppo e di indipendenza economica, aveva ricevuto un colpo durissimo. Tuttavia nei 12 anni seguenti il governo baathista di Saddam Hussein, certamente autoritario, ma anche capace di attuare un’attenta distribuzione delle risorse tra la popolazione nonostante il feroce embargo imposto dagli Statunitensi, era riuscito a mantenere la difficile unità di un paese diviso tra musulmani Sunniti e Sciiti e minoranza Kurda, ed inoltre frazionato in tribù e clan locali. Con la Seconda Guerra del Golfo del 2003, scatenata dagli USA e dai loro alleati - gli Inglesi di Tony Blair - sulla base di evidenti menzogne (la presunta presenza delle famose “armi di distruzione di massa”), l’Iraq è stato definitivamente fatto a pezzi sfruttando anche l’ostilità nei confronti del regime Bahatista degli Sciiti appartenenti ai partiti oscurantisti di ispirazione religiosa (SCIRI e Dawa) e dei Kurdi nel Nord, sfruttando il vecchio adagio “divide et impera”. La distruzione del paese ricorda quella poi operata in Libia nel 2011 e quella che si sta tentando – per procura - in Siria, dove però il governo e l’esercito nazionale stanno opponendo una fiera ed ammirevole resistenza. |
Dopo la caduta di Saddam gli occupanti hanno tentato di imporre alla presidenza delle loro creature: prima l’imprenditore Chalabi, coinvolto in uno scandalo finanziario in Giordania, poi lo sciita Lyad Allawi, vissuto per anni in esilio come oppositore, infine nel 2006 Al-Maliki già vice-presidente di una Commissione, il cui compito era di epurare tutti i funzionari civili dello stato e gli ufficiali dell’esercito sostenitori del partito Baath e appartenenti soprattutto alla comunità Sunnita, ma anche alla parte più laica della comunità Sciita. E’ stata così completamente smantellata l’intera struttura statuale irachena e l’esercito che era uno dei più efficienti del Vicino Oriente, con conseguenze che oggi si rivelano disastrose. Mentre, a partire dal 2004, nelle province Sunnite si scatenava la rivolta contro gli occupanti, condotta dallo stesso Baath, e i due clan Kurdi del Nord (quello legato alla famiglia Barzani nella provincia di Irbil e quello legato a Talabani nella provincia di Suleymaniyya) formavano in pratica uno stato autonomo nel Nord, a Bagdad e nel Sud dominavano i partiti confessionali sciiti (SCIRI e Dawa) e le relative spietate milizie. Per vincere la resistenza armata del Baath veniva adottata dagli USA una nuova strategia attuata dal Generale Petraeus (successivamente divenuto capo della CIA e poi travolto da uno scandalo nel 2011) che consisteva nel creare ulteriori divisioni nella comunità Sunnita, favorendo la crescita di formazioni religiose estremiste (da cui discende lo stesso ISIS) per isolare i combattenti laici. L’attuale inarrestabile avanzata dei fanatici religiosi nelle province Sunnite del Nord e del Centro-Ovest è, da un lato, il frutto dello sfascio del vecchio solido apparato statale e militare del Baath e delle insanabili divisioni etnico-confessionali che oggi dividono l’Iraq, ma, dall’altro lato, anche dell’azione dei servizi segreti USA, turchi, qatarioti e Sauditi, che hanno creato il mostro ISIS all’insegna del “divide et impera”. Lo stesso capo dell’ISIS, Al-Baghdadi, è un ex-prigioniero di Guantanamo riciclato nel 2009 dagli USA per fare il “lavoro sporco” in Iraq, così come era stato riciclato il libico Belaghj per fare il lavoro sporco in Libia contro il governo Gheddafi. Le comunità Sunnite, decaduto il ruolo ideologico e politico unificante del Baath, si sono aperte all’influenza estremista e fanatizzante dei gruppi di origine qaedista. Oggi gli USA, dopo aver negato per due mesi ogni aiuto allo stesso governo Al-Maliki, da loro ritenuto ormai inaffidabile per i buoni rapporti mantenuti con Siria, Iran e Cina, fino a determinarne e forzarne la caduta, intervengono (ma in maniera molto tattica e moderata) per contenere l’ISIS che, sfuggito in parte di mano ai suoi stessi creatori e padroni, ha attaccato anche i Kurdi del PDK, ovvero del clan di Massoud Barzani, alleato degli USA, della Turchia e di Israele. Dopo l’Afghanistan, la Somalia, la Libia, la Siria, l’apprendista stregone statunitense continua a portare interi popoli al macello e alla distruzione. Vi allego un articoletto breve sulla situazione in Libano. you stink: una rivoluzione colorata anche in Libano? |