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LA VOCE 1509 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XVIII N°1 | settembre 2015 | PAGINA 5 |
Il reddito minimo? |
Perfettamente in linea con la teoria degli incentivi, Beveridge aveva capito che, se una persona riceve un sussidio in quanto è povera, tenderà a restare povera, proprio per ricevere il sussidio. Per la stesa ragione i sussidi corporativi tendono ad avere effetti distorcenti. Un esempio evidente è quello della cassa integrazione italiana. L’operaio della grande impresa che può contrattare la cassa integrazione è incentivato a restare in cassa integrazione piuttosto che a trovare un altro lavoro per cui questo beneficio non è previsto. Il welfare per il lavoro deve essere dunque universalistico. Tutti possono usufruirne, inclusi i lavoratori autonomi. Beveridge era talmente radicale in questo assunto anti-ghetto che escludeva una prova di mezzi economici per l’elegibilità del richiedente all’ottenimento del sussidio. In altre parole, secondo il Report di Beveridge, avrebbero avuto diritto al reddito garantito sia i ricchi che i poveri, la sola condizione essendo quella della disoccupazione. Sono stati i Laburisti che hanno introdotto invece una prova dei mezzi, che comunque non individua una situazione di povertà da Caritas. Una volta un politico olandese mi ha detto che senza il welfare le società nord-europee semplicemente si dissolverebbero. Nel Nord Europa si fatica a credere che in Italia non esista un vero welfare per la disoccupazione. In Italia, invece, si è costretti continuamente a spiegare la distinzione tra tra basic income (un reddito dato a tutti, indipendentemente dalla disponibilità al lavoro e dal patrimonio) e welfare del modello sociale europeo, che è una realtà effettuale e quotidiana della totalità dei paesi Europei (Italia e Grecia escluse). L’Irlanda sembra che sia uscita dalla crisi e che sia tornata a crescere. Andrebbe però ricordato che l’Irlanda, pur spendendo meno dell’Italia in percentuale sul Pil in welfare, garantisce un welfare per la disoccupazione generosissimo, che l’austerità si è guardata bene dal cancellare. La base per il singolo disoccupato irlandese ovvero senza considerare gli assegni per la famiglia è di 800 euro al mese. Più l’affitto di un alloggio. Una famiglia può arrivare a superare i 1800 euro, senza che si ci sia un limite di tempo nella garanzia del reddito. Che il reddito minimo garantito sia una misura assistenzialista è dunque un concetto superatissimo. Il welfare non distorcente definisce alcune delle condizioni di possibilità della crescita economica. Questo spiega la correlazione molto stretta che si riscontra tra welfare e dinamismo sociale. A prescindere dall’analisi delle cause dirette che determinano il fenomeno del maggior dinamismo sociale, è facile, infatti, individuare delle ragioni di carattere contestuale che legano il welfare universalistico al maggior dinamismo. Dove manca una forma di garanzia minima del reddito spesso prevale proprio l’assistenzialismo nel senso peggiore: quello corporativo, clientelare, centralista. In Italia sappiamo di che cosa si tratta. C’è un punto essenziale. Quando la redistribuzione della torta è caratterizzata da evidenti squilibri e diseguaglianze, si può supporre che esistano delle rendite di posizione; e le rendite di posizione non sono solo “ingiuste”, sono anche la causa, alla lunga, del fatto che la stessa torta da redistribuire diventi sempre più piccola. Non basta limitarsi a redistribuire la torta, come se essa fosse una realtà della natura, che si crea da sola, e il problema fosse solo che alcuni se ne prendono troppa, altri poca, altri niente. La torta bisogna anche produrla. La ricchezza, in altre parole, va prodotta, non solo redistribuita. Dove la ricchezza è distribuita in modo iniquo (e iniqua è anche quella distribuzione che annienta qualsiasi incentivo a produrre ricchezza), si ha come conseguenza la distruzione stessa della ricchezza di tutti. Ora, nei paesi in cui non c’è un reddito minimo garantito, di solito ci sono diseguaglianze e iniquità, con le relative rendite di posizione: corporazioni, imprese amiche, appaltatori favoriti, sempre-i-soliti. Invece, dove esiste un welfare universalistico, dunque un welfare che non passa per intermediari, il contesto politico ed economico è in partenza molto diverso, insieme più liberale e più socialista . Le forme di garanzia di un reddito minimo sono dunque “di sinistra”? Nell’altra Europa, quella del modello sociale europeo, non sono né di sinistra né di destra: sono oramai l’abc della civiltà minima, quello che nessuno si sognerebbe di toccare. Il reddito minimo garantito, in conclusione, non è incostituzionale, mentre incostituzionale è piuttosto che non ci sia; non è assistenzialistico perché distingue welfare e lavoro, mentre è assistenzialismo trasformare il lavoro in una forma di pseudo-welfare; non è alternativo al “creare lavoro”, anzi nasce storicamente, con Beveridge, come elemento costitutivo della “piena occupazione”; non è un ostacolo alla creazione di ricchezza, perché, al contrario, pone le condizioni di partenza, le condizioni di possibilità, per la creazione di ricchezza. È così poco assistenziale che congiunge la redistribuzione alla produzione di ricchezza, e questo non solo sotto il profilo del sostegno alla domanda, ma anche sotto il profilo delle condizioni libertà, autonomia, e sicurezza che ne sono la base. È insieme liberale e socialista: fa pensare che il liberalsocialismo non sia un ossimoro. E che avesse ragione Norberto Bobbio quando considerava il liberalsocialismo, minoritario in Italia, ma orizzonte comune, orizzonte costituzionale, e vincente, in Europa. (*autore di “Contro la miseria. Viaggio nellEuropa del nuovo welfare”, Laterza 2014) (9 giugno 2015) Ndr: in particolare ricordo in merito i primi 4 articoli della nostra Costituzione e ancora in particolare l'Art.42 |