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La VOCE  ANNO XII  N°  7

MARZO    2010

PAGINA II

Infranti i "paletti" istituzionali e politici, rimanevano allora i  soli anticorpi dati dalla coscienza popolare e dall'associazionismo,  di cui noi siamo parte. Viene però da chiedersi se anche su questo versante non siamo colpevoli anche noi, per il crescente disastro di  questi ultimi anni.Personalmente, credo proprio di si: abbiamo delle colpe anche noi, che  pure ci siamo battuti e ci siamo opposti contro la deriva  guerrafondaia. Le nostre colpe consistono in un modo di mobilitarsi e  di fare controinformazione che è troppo individualistico, troppo  autoreferenziale. Tendiamo a fare un uso "privato" delle cose che  sappiamo, dei rapporti che instauriamo, delle iniziative che  organizziamo. Ed in questo modo necessariamente ci sfuggono i nessi  tra vicende che pure sono tutte indissolubilmente legate fra loro, e  non riusciamo a potenziare reciprocamente le attività svolte da  ciascuno di noi.

In questo contesto di generale ignoranza e isolamento, capita che pure  alla trasmissione Anno Zero di Michele Santoro, andata in onda il 28  gennaio 2010, passino messaggi sbagliati rispetto alla situazione in  Serbia. Alessandro Di Meo e Samantha Mengarelli di "Un ponte per..."fanno infatti notare come << è passato il messaggio che la Fiat, investendo in Serbia, ha  permesso che i serbi, entrando in Europa, "rubino" il lavoro agli  italiani. Sappiamo tutti che non è così, sappiamo tutti che la Fiat  non ha ancora investito un centesimo, sappiamo tutti che la prima  conseguenza del suo interesse a Kragujevac è stato il licenziamento di  migliaia di lavoratori. Ora, passa il messaggio che la Fiat, bontà  sua, ha creato 2500 posti alla Zastava. >>

In realtà << la Fiat non ha speso un centesimo di investimento in  Serbia ma ha solo costituito un fondo a suo nome che non è ancora stato toccato.I fondi, finora, sono venuti dal solo governo serbo, mentre gli unici  effetti di questo solo in apparenza filantropico interesse, è stato  quello di veder licenziati in modo definitivo migliaia di lavoratori  che della Zastava sono stati, per anni, i veri finanziatori, con il loro lavoro, soprattutto durante e dopo i bombardamenti del 1999  quando, in modo commovente, fra macerie e fuoriuscite di materiale  tossico cercarono comunque di non abbandonare e di rimettere in sesto  quello che era il loro luogo naturale di lavoro e di sostentamento per  le proprie famiglie. Vedere come nella trasmissione di ieri alcune interviste abbiano fatto  passare il messaggio che questi lavoratori serbi (che molti colleghi  italiani hanno conosciuto e anche aiutato in questi terribili anni di  dopoguerra), stanno di fatto togliendo il lavoro agli operai italiani,  è per noi inaccettabile. Non è alimentando guerre fra poveri che si  battono le politiche liberiste e selvagge del nostro tempo. >>

Infatti, la situazione in cui ci troviamo è proprio il brodo di  coltura ideale per le cosiddette "guerre fra poveri": anzichè  scagliarci contro i guerrafondai, contro i padroni che ci conducono  alla povertà e al disastro, ci azzanniamo tra di noi - italiani contro  serbi, settentrionali contro meridionali, europei contro immigrati,  serbi-kosovari contro albanesi-kosovari... E i "soliti noti"  continuano a fare, indisturbati, i loro porci comodi.

Nel nostro piccolo, un anno fa abbiamo provato a smuovere questa  situazione così bloccata, organizzando a Vicenza una iniziativa di  carattere internazionale nel decimo anniversario dei bombardamenti.  Abbiamo coinvolto nell'iniziativa un ampio spettro di forze, aprendola  il più possibile a tutti i soggetti ancora attivi sulle questioni  jugoslave e nel movimento contro la guerra; abbiamo inoltre fatto il  possibile per collegare l'iniziativa di Vicenza alle altre analoghe  iniziative svolte all'estero sullo stesso tema, soprattutto la grande conferenza di Belgrado, organizzata dal Forum per un mondo di eguali.  Ci sembra di non avere sbagliato, come dimostra la grande  partecipazione e l'ottimo livello dei contenuti che abbiamo espresso  in quella occasione (*). Sicuramente, è stato uno degli ormai rari  momenti di confronto diretto tra tutti i soggetti - associazioni,  sindacati, intellettuali, gruppi e partiti - attivi su questo stesso  versante tematico. Tuttavia, dopo l'iniziativa siamo ritornati tutti a casa, a fare cose  utili ma anche a coltivare i vizi di sempre.

Dal nostro canto, porteremo fino in fondo lo sforzo che abbiamo intrapreso per  raccogliere e rendere disponibili al più vasto pubblico tutti i contributi presentati in quel meeting a Vicenza, così come  quotidianamente lavoriamo - e non smetteremo mai - per rendere  collettiva e popolare la coscienza dei crimini commessi contro la  Jugoslavia. Pensiamo sia infatti impossibile ottenere risultati di  rilievo e duraturi se non andiamo oltre la separatezza degli "esperti"  e dei piccoli gruppi tematici, la cui attività è pure preziosa, e se  non socializziamo il più possibile i frutti del nostro lavoro  militante. Crediamo che non lo richieda solamente la causa jugoslava,  ma proprio la necessità di frenare la deriva reazionaria, autoritaria  e violenta, che è ora in atto in Europa.

(*) Molti materiali, stralci di video e audio di quelle iniziative  sono a disposizione alla pagina:
http://www.cnj.it/24MARZO99/2009/index.htm

Sul meeting di Vicenza, pur tra mille difficoltà, contiamo di  pubblicare tutti i materiali disponibili, ed altri che aiutano a  contestualizzare quelle vicende, in un DVD che è attualmente in  preparazione.


Protesta per la rimozione delle rovine delle case serbe a Zara

Fonte: www.glassrbije.org, 11 gennaio 2010

L'Eparchia dalmata della Chiesa ortodossa serba ha condannato  severamente la decisione delle autorità di Zara, in Croazia, e del  sindaco Zvonimir Vrancic, di rimuovere i resti delle case minate di  proprietà dei serbi, con la giustificazione che sono pericolose per

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