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11 ANNI DOPO LA AGGRESSIONE DELL'ITALIA E DELLA N.A.T.O. CONTRO     LA 
JUGOSLAVIA

(commento a cura della Redazione)

"Il tempo corre e non si arresta un'ora" diceva qualche poeta: e così,  senza quasi essercene accorti, un altro anno è passato dagli infami  bombardamenti del 1999. Il 24 marzo 2010 cade infatti l'undicesimo  anniversario di quell'attacco che infrangeva le leggi fondamentali  dell'Italia - a partire dalla Costituzione della Repubblica, umiliata  nel suo centro nevralgico, e cioè il ripudio della guerra - e le  regole della Comunità internazionale - per la prima volta una  coalizione di paesi ne aggrediva un altro, senza nemmeno la foglia di  fico di un mandato dell'ONU.Si rompeva così da una parte uno dei principali vincoli morali che ci  legano insieme in quanto cittadini italiani, e dall'altra si  calpestava il patto fondamentale che era stato stipulato tra le  nazioni dopo la tragedia della II Guerra Mondiale. D'altronde, le  stesse motivazioni per cui si scatenò quella guerra - al di là della  propaganda -, e cioè la volontà di espandere la zona di influenza  della NATO imponendo con la violenza militare che un'altra regione  della Jugoslavia (il Kosovo) si staccasse sulla base di un principio  "etnico" (cioè razzista), e ricostituendo lo "zoo" balcanico dei  "piccoli popoli" che già esisteva sotto il nazifascismo, erano esse  stesse eversive dei valori fondamentali di pace e fratellanza fra i  popoli.

Questa rottura del 1999 ha avuto delle implicazioni devastanti. Sul  piano globale, la guerra è diventata pane quotidiano delle relazioni  internazionali; ed alla guerra si accompagnano oramai costantemente  operazioni di disinformazione strategica effettuate in grande stile,  veri e propri raggiri dell'opinione pubblica atti a presentare le  aggressioni militari come cose buone e giuste. Sul piano interno, dopo  il ripudio della guerra altri valori costituenti fondamentali sono  stati via via calpestati: se l'Italia è oggi un paese razzista, governato da una classe dirigente fascista e secessionista  (somigliante quindi in tutto e per tutto alle nuove classi dirigenti  che abbiamo imposto ai paesi balcanici!), se i diritti collettivi sono  progressivamente aboliti, se una fetta sempre crescente del denaro  pubblico viene impiegata per missioni di guerra e assoggettamento  imperialista di paesi lontani... beh, la aggressione del 1999 contro  la Repubblica Federale di Jugoslavia è stata un momento topico di  questo imbarbarimento e di questa involuzione reazionaria. Ancora nel  1999, la stragrande maggioranza dei nostri cittadini istintivamente si  opponeva all'uso delle armi, storceva il naso e scuoteva la testa  davanti alle telecamere che chiedevano la loro opinione; ma adesso è  stata fatta "scivolare" sulle nostre teste tanta di quella melma  guerrafondaia, nazionalista e razzista, che quel genuino spirito  pacifista che ancora ereditavamo dalla Resistenza è stato ridotto al  silenzio, se non spazzato via.

A fare da vero e proprio "spazzaneve" contro gli ideali di pace e  rispetto tra i popoli su cui si fondava anche il patto costituente tra  gli italiani è stato, in primo luogo, Massimo D'Alema; e dietro a lui  tutti i ministri, i vice ministri, i funzionari ed i politicanti di  questa classe dirigente della "Seconda Repubblica": gente priva di  valori, priva di memoria, carica di opportunismo, saccente, con  atteggiamenti di superiorità verso gli altri popoli e verso le altre  culture. Questa classe dirigente che sta traghettando l'Italia dalla  Repubblica democratica e fondata sul lavoro verso altre forme-Stato,  di carattere autoritario e imperialista. Non è fuori tema, infatti,  ricordare qui che proprio Massimo D'Alema è l'uomo degli "inciuci",  quello che ha impedito la legge contro il conflitto di interessi e  promuove le controriforme istituzionali a forza di "bicamerali".

Per frenare questo profondo degrado bisognerebbe innanzitutto processare quei colpevoli della aggressione del '99, perchè sia  ristabilito un punto fermo - legale e morale - rispetto ai valori ed  ai criteri in base ai quali va informata l'attività politica e  istituzionale del nostro paese. E' un segnale positivo che, ad  esempio, Tony Blair sia sotto processo in questi giorni in Inghilterra  per le grossolane menzogne con cui promosse la guerra in Iraq.  Purtroppo, invece, simili processi in Italia non sono ancora stati  celebrati: viceversa, le numerose denunce presentate all'epoca furono  tutte, via via, regolarmente insabbiate da una magistratura imbelle.

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