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La VOCE ANNO XXVI N°2

ottobre 2021

PAGINA 4         - 24

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segue da pag.23: sulla strada per knin, dopo la tempesta. come già ho detto, in quei tre anni a plavno ci siamo occupati di rintracciare i familiari fuggiti. l’operazione di ricerca non era semplice, perché chi era scappato non aveva lasciato molti riferimenti e le linee telefoniche, così come le strade verso la serbia, erano interrotte. per cui in alcuni casi siamo partiti in auto, con solo alcuni indirizzi o indicazioni in tasca, alla ricerca di qualsiasi traccia. non dimenticherò mai la signora milica di 86 anni, sempre di plavno. l’abbiamo trovata nella sua casetta, sola, taciturna e con lo sguardo impaurito. dopo parecchio siamo riusciti a rintracciare uno dei tre figli di cui non si sapeva più nulla. li abbiamo trovati e solo dopo due anni siamo riusciti a portare milica ad incontrarli in un paesino vicino a belgrado. quando ha visto i figli è stata la prima volta che ho sentito la voce di milica: urla di gioia, liberazione, disperazione, sopite e conservate per anni. il giorno dopo è partita per il montenegro per andare a vivere con uno dei tre figli. ho saputo che due settimane dopo è morta, come se avesse aspettato e resistito tutto quel tempo per morire felice… i giovani che hai conosciuto sono poi tornati a vivere in krajina? pochi. quelli che erano ragazzini o bambini nel ‘95, non sono tornati prima di tutto perché dopo anni vissuti altrove si sono ricostruiti una vita. poi, anche perché il ritorno dei serbi in croazia è stato tutto fuorché semplice, sia perché è stato reso loro difficile riottenere le proprietà e gli aiuti per ricostruire le abitazioni, sia perché per tanto tempo non sono stati benvenuti o addirittura hanno subito intimidazioni e minacce. poi si deve considerare che la vita nelle campagne di knin o nelle valli di plavno è dura, richiede una grande resistenza alla fatica dovuta all’asprezza del territorio. ma di sicuro, in tutte le persone che ho conosciuto in quegli anni, ho sempre percepito un grande attaccamento alla terra di origine da cui sono stati sradicati. --- la campagna storm in the haag. il 4 agosto è stata lanciata da sense - transitional justice centar una campagna social di sei giorni per commemorare i civili morti durante e dopo l’operazione oluja (tempesta) dell’esercito croato, dal titolo “storm in the haag”. la campagna, basata sui video estratti dalla narrativa interattiva "storm in the hague" prodotta da sense, è gestita da sense, consiglio nazionale serbo, documenta - center for dealing with the past (croazia) e humanitarian law center (serbia) accanto ad altre organizzazioni della società civile della regione. si veda il sito della campagna . secondo i dati in possesso del centro di zagabria documenta, ad oggi negli uffici del procuratore di stato croato sono state registrate 6.390 accuse penali per crimini commessi durante e dopo l'operazione tempesta, di cui 439 relative a membri delle forze armate. secondo quelle statistiche, sono state condannate 2.380 persone, ma l'opinione pubblica croata non è mai stata messa a conoscenza dei loro nomi e degli atti per i quali sono state condannate.
Segue da Pag.23: Sulla strada per Knin, dopo la Tempesta

Come già ho detto, in quei tre anni a Plavno ci siamo occupati di rintracciare i familiari fuggiti. L’operazione di ricerca non era semplice, perché chi era scappato non aveva lasciato molti riferimenti e le linee telefoniche, così come le strade verso la Serbia, erano interrotte. Per cui in alcuni casi siamo partiti in auto, con solo alcuni indirizzi o indicazioni in tasca, alla ricerca di qualsiasi traccia.

Non dimenticherò mai la signora Milica di 86 anni, sempre di Plavno. L’abbiamo trovata nella sua casetta, sola, taciturna e con lo sguardo impaurito. Dopo parecchio siamo riusciti a rintracciare uno dei tre figli di cui non si sapeva più nulla. Li abbiamo trovati e solo dopo due anni siamo riusciti a portare Milica ad incontrarli in un paesino vicino a Belgrado. Quando ha visto i figli è stata la prima volta che ho sentito la voce di Milica: urla di gioia, liberazione, disperazione, sopite e conservate per anni. Il giorno dopo è partita per il Montenegro per andare a vivere con uno dei tre figli. Ho saputo che due settimane dopo è morta, come se avesse aspettato e resistito tutto quel tempo per morire felice…

 

I giovani che hai conosciuto sono poi tornati a vivere in Krajina?

Pochi. Quelli che erano ragazzini o bambini nel ‘95, non sono tornati prima di tutto perché dopo anni vissuti altrove si sono ricostruiti una vita. Poi, anche perché il ritorno dei serbi in Croazia è stato tutto fuorché semplice, sia perché è stato reso loro difficile riottenere le proprietà e gli aiuti per ricostruire le abitazioni, sia perché per tanto tempo non sono stati benvenuti o addirittura hanno subito intimidazioni e minacce.

Poi si deve considerare che la vita nelle campagne di Knin o nelle valli di Plavno è dura, richiede una grande resistenza alla fatica dovuta all’asprezza del territorio. Ma di sicuro, in tutte le persone che ho conosciuto in quegli anni, ho sempre percepito un grande attaccamento alla terra di origine da cui sono stati sradicati.

 

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La campagna Storm in The Haag

 

Il 4 agosto è stata lanciata da SENSE - Transitional Justice Centar una campagna social di sei giorni per commemorare i civili morti durante e dopo l’Operazione Oluja (Tempesta) dell’esercito croato, dal titolo “Storm in The Haag”. La campagna, basata sui video estratti dalla narrativa interattiva "Storm in The Hague" prodotta da SENSE, è gestita da SENSE, Consiglio nazionale serbo, Documenta  - Center for Dealing with the Past (Croazia) e Humanitarian Law Center (Serbia) accanto ad altre organizzazioni della società civile della regione. Si veda il sito della campagna 

Secondo i dati  in possesso del centro di Zagabria Documenta, ad oggi negli uffici del procuratore di Stato croato sono state registrate 6.390 accuse penali per crimini commessi durante e dopo l'operazione Tempesta, di cui 439 relative a membri delle forze armate. Secondo quelle statistiche, sono state condannate 2.380 persone, ma l'opinione pubblica croata non è mai stata messa a conoscenza dei loro nomi e degli atti per i quali sono state condannate.


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