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La VOCE ANNO XVIII N°7

marzo 2016

PAGINA 2

IN QUESTO NUMERO:

Venti di guerra sempre più forti


Roberto Gessi

Il Canada vende armi ad uno stato che sostiene il terrorismo

Azione legale collettiva contro Ottawa per una fornitura da 15 miliardi all’esercito saudita.

Michel Chossudovsky | globalresearch.ca
Traduzione per Resistenze.org, a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

10/02/2016

Il governo canadese del Primo Ministro Justine Trudeau è oggetto di un’azione legale collettiva presso la Corte Superiore del Quebec per la vendita di 15 miliardi di dollari all’Arabia Saudita. E’ previsto anche un ricorso alla Corte Federale.

Secondo il Toronto’s Globe and Mail: "Gli oppositori alla fornitura canadese di 15 milioni di dollari in armi all’Arabia Saudita stanno citando il Governo di Ottawa in giudizio per cercare di bloccare le spedizioni dei carri armati, una mossa che potrebbe costringere i liberali al governo a spiegare come possano giustificare la fornitura ad aguzzini dei diritti umani, mentre vigono le restrizioni all’esportazioni di armi."

L’azione collettiva è guidata dal Professor Daniel Turp dell’Università di Giurisprudenza di Montreal, realizzata insieme ai suoi studenti.

Il Professore annuncerà l’azione legale questo sabato e la farà seguire da un ricorso alla Corte Federale entro le prossime tre settimane.

Turp e il suo gruppo stanno invitando tutti coloro che in tutto il paese si oppongono a questo accordo di fornitura, ad aggregarsi a questa azione, che hanno denominato "operazione diritti armati", evidenziando il modo miserevole con cui l’Arabia Saudita tratta i suoi cittadini ed il massacro dei civili provocato dalla campagna di bombardamento dello Yemen, guidata dai sauditi.(Globe and Mail)

E’ ampiamente e documentalmente provato che l’Arabia saudita è lo stato che sponsorizza i "gruppi di opposizione" affiliati ad Al Qaeda in Siria, incluso lo Stato Islamico (ISIS). Riyadh - agendo insieme e per conto di Washington - gioca un ruolo centrale nel finanziamento dello Stato Islamico (ISIS), così come nel reclutamento, nell’addestramento e nell’indottrinamento religioso delle forze mercenarie del terrorismo schierate in Siria e Iraq. Ciò significa che il Canada sta vendendo armi ad un paese che sta supportando e finanziando organizzazioni terroristiche. Oltretutto, l’Arabia Saudita è attualmente coinvolta in una guerra di aggressione contro lo Yemen, in flagrante violazione del diritto internazionale.

I legami dell’Arabia Saudita con i terroristi sono ampiamente documentati e saranno senza dubbio mostrati nelle udienze che seguiranno tale azione collettiva presso la Corte adita.

Secondo il London’s Daily Express "Essi [i terroristi dell’ISIS] ricevono denaro ed armi dal Qatar e dall’Arabia Saudita. … La più importante risorsa di finanziamento per l’ISIS fino ad oggi è stata il sostegno proveniente dagli Stati del Golfo, principalmente dall’Arabia Saudita ma anche dal Qatar, dal Kuwait e dagli Emirati Arabi Uniti" (Secondo il Dr. Günter Meyer, Direttore del Centro Ricerche sul Mondo Arabo dell’Università di Mainz, Germania Deutsche Welle)

Secondo Robert Fisk, il progetto di Califfato dello Stato Islamico (IS): "… costituisce l’ultimo mostruoso contributo dell’Arabia saudita alla storia mondiale: il califfato sunnita dell’Iraq e del levante, conquistatori di Tikrit - e Raqqa in Siria - e forse Baghdad e l’ultima vergogna di Bush ed Obama.

Da Aleppo nel Nord della Siria, fin quasi al confine Iracheno-iraniano, i jihadisti dell’Isis e vari altri gruppuscoli pagati dai wahabiti sauditi _ e dagli oligarchi del Kuwait - oggi dominano migliaia di miglia quadrate." (Robert Fisk, The Independent,12 giugno 2014)

Oltretutto, nel 2013, nello sforzo di reclutare terroristi, l’Arabia Saudita prese l’iniziativa di scarcerare i prigionieri del braccio della morte nelle carceri saudite. Un memorandum segreto ha rivelato che i prigionieri sono stati "arruolati" per congiungersi alle milizie jihadiste (inclusi Al Nusra e l’ISIS) e combattere contro le forze governative in Siria.

Come è stato riferito, ai prigionieri è stato presentato un aut- aut: restare e subire l’esecuzione capitale oppure combattere in Siria contro Assad. Come parte dell’accordo, è stato offerto ai prigionieri "il perdono ed uno stipendio mensile per le loro famiglie, alle quali veniva consentito di restare nel regno arabo sunnita."

I funzionari sauditi apparentemente hanno offerto una scelta: decapitazione o jihad? La gran parte dei detenuti provenienti da Yemen, Palestina, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Giordania, Somalia, Afghanistan, Egitto, Pakistan, Iraq e Kuwait hanno scelto di andare a combattere in Siria. (Vedi Global Research, 11 settembre 2013).

Armi "Made in Canada"

L’accordo di Ottawa con l’Arabia Saudita è coordinato con Washington. E’ essenzialmente al servizio dell’agenda militare del Pentagono nel medio oriente, incanala miliardi di dollari americani al complesso militare-industriale USA.

Le armi sono "made in Canada", prodotte dalla General Dynamics, sistemi di terra, a London, Ontario, una filiale del fornitore della difesa USA General Dynamics.

General Dynamics ha filiali in 43 paesi, incluso il Canada. (1)

La posizione ufficiale di Ottawa è che tali armi che includono "veicoli da combattimento con mitragliatrici e cannoni anticarro" saranno utilizzate dall’Arabia Saudita per la difesa nazionale. Non saranno utilizzate contro i civili.

NdT:
(1) La General Dynamics Land Systems, Canada - letteralmente la divisione dei sistemi d’arma terrestri della General Dynamics in Canada - è una branca della General Dynamics Land System, a sua volta parte del gruppo di commercializzazione dei sistemi d’arma della General Dynamics corp. Informazioni provenienti dall’impresa la definiscono come leader nella produzione di veicoli ad armamento leggero, piattaforme e sottosistemi di integrazione. Si propongono altresì come manutentori, sviluppatori e riparatori e supporto tecnico integrale delle flotte di veicoli.

Raid Usa a Sabratha anticipa nuova operazione militare in Libia

L’attacco aereo ha preso di mira un presunto campo di addestramento per jihadisti. Almeno 41 i morti, tra questi, forse, anche Noureddine Chouchane, "mente" delle stragi al Museo del Pardo di Tunisi e sulla spiaggia di Sousse. Nel documento dell’ammiraglio italiano Credendino rivelato da Wikileaks le prossime fasi dell’Operazione Sophia per azioni sulla costa libica

Michele Giorgio, Il Manifesto | nena-news.it

20/02/2016

Quello di ieri è stato un raid contro presunti jihadisti e allo stesso tempo un segnale molto preciso delle intenzioni americane di intervenire in Libia sebbene l’Amministrazione Obama ripeta che muoverà le sue forze militari solo su richiesta di un governo libico di unità nazionale. L’attacco aereo accresce inoltre il peso del documento reso pubblico da Wikileaks, redatto dall’ammiraglio italiano Enrico Credendino, sull’invio di truppe in Libia nel quadro dell’Operazione Sophia avviata dall’Unione europea nel giugno dello scorso anno. Tra 41 morti del bombardamento americano scattato ieri alle 3.30 contro un «campo di addestramento dell’Isis» nella zona di Sabratha, nell’ovest della Libia, oltre a diverse vittime civili ci sarebbe anche Noureddine Chouchane, noto come la mente delle stragi dello scorso marzo al museo Bardo a Tunisi (24 morti tra i quali quattro italiani) e, tre mesi dopo, sulla spiaggia di Sousse (38 morti, in gran parte turisti britannici).

Washington ha ammesso subito di essere dietro al raid, compiuto con cacciabombadieri F-15E decollati da una base in Europa. Il Pentagono ha fatto sapere che nel campo di addestramento erano presenti al momento del lancio dei missili almeno 60 militanti dello Stato islamico. Un portavoce ha affermato che la distruzione del campo e l’uccisione (non confermata) di Chouchane eliminerà un organizzatore esperto e avrà un impatto immediato sulle attività dell’Isis in Libia e nei Paesi vicini. Chouchane, ha aggiunto, si occupava del reclutamento di nuovi miliziani e della creazione di basi per la progettazione di attacchi contro gli interessi degli Stati Uniti nella regione. Da parte sua Jamal Naji Zubia, responsabile per i media stranieri del governo di Tripoli, ha precisato che il raid americano ha centrato una casa a diversi chilometri da Sabratha e che i jihadisti uccisi sono soprattutto di nazionalità tunisina. Un testimone ha raccontato all’agenzia americana AP di aver sentito due esplosioni provenienti dal villaggio di Qasr Talel. Ha aggiunto che l’edificio centrato dai missili appartiene ad Abdel Hakim al Mashawat, conosciuto nella zona come un militante dell’Isis. Sabratha è uno dei principali punti di partenza per le imbarcazioni dei trafficanti di migranti e profughi dirette verso l’Europa, nonchè un punto di transito per i jihadisti diretti alle loro roccaforti a Sirte e Bengasi.

A cinque anni esatti dall’inizio della guerra civile in Libia e del successivo intervento di occidentali e arabi contro Muamar Ghaddafi, si accorciano i tempi di una nuova ampia operazione militare. Barack Obama e i suoi alleati europei attendono il via libera del governo libico di unità nazionale che stenta a formarsi. Domenica scorsa è stato annunciato un nuovo esecutivo (18 ministri) in sostituzione di quello presentato nelle settimane passate che non ha ottenuto l’approvazione del Parlamento di Tobruk riconosciuto dall’Occidente. Fonti libiche però ripetono che gli Usa e l’Europa in realtà sono già in azione, con forze speciali e di intelligence, anche italiane, che operano in diverse città, tra cui Bengasi e Zintan.

Che si stia andando rapidamente verso l’inizio della nuova operazione militare è indicato anche dalla convocazione il 25 febbraio del Consiglio Supremo di Difesa da parte del presidente Mattarella. In cima all’ordine del giorno sarà l’esame della situazione internazionale e dei principali scenari di conflittualità e di crisi nel Nord Africa, con particolare riferimento proprio alla Libia, e nel Vicino Oriente. Si discuterà inoltre della partecipazione delle Forze Armate italiane alle quelle che sono descritte come «missioni di stabilizzazione e di contrasto del terrorismo». Il documento reso pubblico da Wikileaks descrive le fasi successive dell’Operazione Sophia, cominciando dall’intesa raggiunta a dicembre dai due parlamenti rivali di Tripoli e Tobruk per arrivare alla costituzione di un governo unitario libico che inviti i militari europei a intervenire nelle acque territoriali del Paese nordafricano e autorizzi l’estensione delle operazioni lungo la costa. L’ammiraglio Credendino riferisce nel suo rapporto che da quando sono cominciati i pattugliamenti navali europei, le rotte seguite dai trafficanti sono cambiate a causa dei maggiori controlli e che dalla Libia si parte molto meno per l’Italia. L’ammiraglio quindi esorta a passare ad andare oltre, ossia ad agire a ridosso delle coste libiche per prendere di mira i trafficanti nei porti di partenza. Da qui il passo è breve verso un nuovo massico intervento militare occidentale – a maggior ragione se a chiederlo sarà "autonomamente" il futuro governo libico – volto anche a mettere in sicurezza i giacimenti di greggio tanto importanti per le compagnie petrolifere di Italia e di altri Paesi.

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