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LA VOCE 1509

  P R E C E D E N T E   

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La VOCE ANNO XVIII N°1

settembre 2015

PAGINA 2         - 22

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Tra il 4 e l'8 agosto del 1995 si svolse l'operazione militare "Tempesta", coordinata dall'esercito croato. Nel corso di questa operazione più di 2.000 serbi furono uccisi ed altri 250.000 furono costretti ad abbandonare le proprie casedalla regione della Krajina. Fu uno dei grandi esodi del ventesimo secolo. L'"Unione dei Serbi in Italia", formata da dieci associazioni culturali serbe operanti nel Triveneto, di cui quattro in Friuli Venezia Giulia ("Nikola Tesla" e "Unità della diaspora serba" di Udine, "Pontes-Mostovi" e "Vuk Karadzic" di Trieste) ha pubblicato una lettera aperta ai giornalisti, chiedendo obiettività nell’informare i cittadini italiani di tutti gli avvenimenti dolorosi che sono accaduti durante il conflitto nei Balcani e rispettare tutte le vittime. 

(fonte: Martina Seleni)


Lettera ai giornalisti 

Noi cittadini serbi, nella regione Veneto maggiormente presenti (secondo le statistiche sull’immigrazione), emigrammo dalle nostre terre in ex Jugoslavia in cui divampava guerra, pulizie etniche e  povertà, negli anni novanta. Eravamo migliaia, ma per avere un lavoro e una casa dovevamo nasconderci dietro il nome del luogo di provenienza, senza rivelare la nazionalità, tanto era forte la propaganda antiserba, scatenata dai media occidentali, in funzione alle politiche adottate dai loro paesi.

La maggior parte di noi veniva dalla Bosnia e Croazia, cacciati dalle nostre case che dovevamo abbandonare in fretta davanti ai feroci ustascia o mujahidin. La Serbia era diventata stretta per tutti i profughi che arrivarono dalla Slavonia, Krajina, Bosnia e Kosovo. Stremata dalle sanzioni e bombardamenti, quasi metà della sua popolazione emigrò e  tuttora continua ad emigrare. Ma di questo non scrisse la stampa occidentale. Le atrocità venivano attribuite solo ai soldati serbi. Le informazioni giunte agli italiani dai giornali e tv, volevano convincere che solo i politici serbi erano colpevoli del conflitto, solo i soldati serbi furono spietati e solo croati e musulmani erano vittime delle pulizie etniche. Ciononostante la propaganda, basata sulle bugie e semiverità, non è riuscita a convincere gli italiani che i serbi sono un popolo barbaro e crudele. Avevano molte occasioni di conoscere di persona i serbi come amici sinceri, ottimi lavoratori e  gente affidabile…

Con il tempo ci siamo organizzati in diverse associazioni, per far conoscere agli amici italiani la  nostra cultura basata sulle tradizioni della fede cristiana ortodossa. Recentemente si è costituita anche l’Unione dei serbi. Tutto questo nasce dal bisogno di trasmettere la nostra cultura e le nostre tradizioni alle generazioni che nascono e crescono lontano dalla Serbia. Abbiamo una grande ricchezza da trasmettere ai nostri figli, ormai cittadini italiani e non abbiamo niente da nascondere sulla guerra civile in cui era coinvolto il nostro popolo. Solo la verità ci permette di perdonare e farsi perdonare.

La verità sulla guerra in Jugoslavia è che i massacri, pulizie etniche, atrocità e vendette c’erano da parte di tutti tre gli eserciti coinvolti e  tutte le vittime sono ugualmente degne di pietà e commemorazione. Il popolo sebo non è genocida, siamo noi stessi stati vittime di esecuzioni di massa nella Croazia governata dagli ustascia ma anche nell’ultimo conflitto. Fra poco sarà triste anniversario della più grande pulizia etnica, dell’esodo biblico di 20 anni fa dalla Krajina in cui 250 000 serbi furono cacciati dalla regione in Croazia in cui vivevano da secoli, brutalmente ammazzati quelli che non volevano abbandonare i propri focolari. Invece di risoluzione e commemorazione, in Croazia si festeggia. Se solo noi ricordiamo quel triste esodo, mentre i nostri vicini festeggiano, se il nostro primo ministro va a Srebrenica  e viene aspettato con i sassi invece che con la mano tesa,  non ci sarà ne perdono ne conciliazione, ne  pace nei Balcani.

Questa lettera si rivolge ai giornalisti di buona volontà e che hanno voglia di capire davvero cosa è stata quella guerra. Aspettiamo solidarietà, onestà e coraggio di essere obbiettivi nell’ informare i cittadini italiani di tutti gli avvenimenti dolorosi che ricordiamo ogni anno,  rispettare tutte le vittime del recente conflitto nei Balcani e valorizzare l’impegno del nostro governo nel risolvere  i gravi problemi che oggi minacciano la stabilità e pace nei Balcani.

Unione dei Serbi in Italia


On.le Dario Franceschini
Ministro dei Beni e delle Attività Culturali
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali
Via del Collegio Romano, 27 00186 Roma 
Roma, 17 luglio 2015
Gentile Onorevole Ministro Franceschini,
non senza un profondo sconforto abbiamo letto la Sua lettera di risposta e non senza sgomenta perplessità abbiamo appreso le intenzioni del Governo in merito al Memoriale italiano ad Auschwitz.

 Nell’incontro del 15 luglio scorso con il Direttore Generale di Gabinetto il Cons. Daniele Ravenna che gentilmente ha accolto una delegazione dei firmatari dell’Appello internazionale per salvare il Memoriale Italiano nel Blocco 21 del Campo di Auschwitz, alla presenza della Dott.ssa Susanna Boschetti dell’Ufficio del Consigliere Diplomatico, abbiamo espresso le ragioni della nostra insoddisfazione per non aver ricevuto risposta in merito alle questioni poste e alle decisioni prese.

 A fronte della ormai nota complessità della triste e annosa vicenda del Memoriale, ci sembra a dir poco inverosimile la decisione del Governo che, alla luce di presunte crescenti pressioni esercitate dalle autorità polacche, mai rese ufficialmente note, ha ritenuto necessario avviare le procedure per la rimozione del Memoriale e la realizzazione di un nuovo allestimento museale del Blocco 21. Appare tanto inverosimile  quanto inammissibile ridurre il Memoriale Italiano, un’opera di testimonianza e di inestimabile valore culturale ed artistico, ad una questione di carattere museografico, di allestimento, di tecniche e spazi espositivi, come si dice.