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La VOCE  ANNO XIII  N° 2

   OTTOBRE  2010

PAGINA 2

IL GRANDE FIDEL CASTRO NON PERDE OCCASIONE PER
IMPARTIRCI COERENTI LEZIONI STORICHE, ANALISI

SCIENTIFICHE FUORI DAI CANONI DEI DETTAMI IMPERIALI CHE INQUINANO  L' INFORMAZIONE DI QUASI TUTTO IL MONDO


SONO PRONTO PER CONTINUARE
A DISCUTERE

Due giorni fa osservavo Vanessa Davies durante il suo programma "Contragolpe" del canale 8 della Venezolana de Televisión. Dialogava e moltiplicava le sue domande a Basem Tajeldine, venezuelano intelligente ed onesto, dal cui viso traspirava nobiltà. Nel momento in cui ho acceso il televisore si stava affrontando la mia tesi che solo Obama poteva fermare il disastro.

Immediatamente, nella mente dello storico scaturiva l'idea dell'incommensurabile potere che gli viene attribuito. Ed è così, senza alcun dubbio. Però stiamo pensando a due poteri differenti. 

Negli Stati Uniti il potere politico reale lo possiede la potente oligarchia dei miliardari che governano non solo quel paese, bensì il mondo intero: il gigantesco potere del Club Bilderberg descritto da Daniel Estulin, creato dai Rockefeller e dalla Commissione Trilaterale. 
L'apparato militare degli Stati Uniti con i suoi organismi di sicurezza è molto più potente di Barack Obama, Presidente degli Stati Uniti.

Lui non ha creato quell'apparato, né viceversa l'apparato ha creato lui. Sono state le eccezionali circostanze della crisi economica e la guerra i fattori principali che hanno portato un discendente del settore più discriminato degli Stati Uniti, dotato di cultura ed intelligenza, all'incarico che occupa. 

In che cosa radica il potere di Obama in questo momento? Perché affermo che la guerra o la pace dipenderanno da lui? Magari l'interscambio tra la giornalista e lo storico serva ad illustrare la questione. 

Lo dirò in un altro modo: la famosa valigetta con le chiavi ed il bottone per lanciare una bomba nucleare, nacque dalla terribile decisione che ciò implicava, il carattere devastatore dell'arma e la necessità di non perdere una frazione di minuto. Kennedy e Krusciov provarono quell'esperienza e Cuba fu sul punto d'essere il primo bersaglio di un attacco di massa con tali armi. 

Ancora ricordo l'angoscia riflessa nelle domande che Kennedy indicò al giornalista francese Jean Daniel di propormi quando seppe che sarebbe venuto a Cuba e si sarebbe incontrato con me. "Castro sa quanto siamo stati vicini ad una guerra mondiale?". Gli chiese di ritornare a Washington per conversare con lui. È una storia che si conosce bene. 

Il tema era così interessante che lo invitai ad uscire dall'Avana ed affrontammo il tema

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