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Breve storia dell'antifascismo sul Litorale sloveno (Venezia Giulia)

(riproduzione dell'opuscolo della sezione ANPI-VZPI del Coro 
Partigiano Triestino intitolata ai quattro caduti antifascisti:
BIDOVEC - MARUSIC - MILOS - VALENCIC
Trieste, 24 aprile 1988)


SECONDA PARTE


Le autorita italiane erano giunte nel Litorale completamente impreparate: non avevano previsto l'incontro con un'altra comunita' nazionale ed avevano affrontato il problema con il ricorso alle misure di polizia, con l'intento di eliminare tutto cio' che avrebbe potuto in qualsiasi maniera minacciare i cosiddetti «interessi nazionali» dello stato italiano.

I1 13 luglio 1920 i fascisti bruciarono la Casa di cultura Balkan a Trieste, sede di tutte le principali organizzazioni politiche, economiche e culturali, il segnale era chiaro: agli sloveni ed ai croati che vivevano in Italia non si doveva permettere alcuna forma di sviluppo nazionale.
Due mesi dopo il criminale incendio del Balkan fu proclamato nella Venezia Giulia uno sciopero generale; gli operai chiedevano l'abolizione  delle leggi speciali e volevano impedire la crescita del movimento fascista, che aveva gia' iniziato ad attaccare ed a distruggere le sedi operaie. L'insuccesso dello sciopero rafforzo'
il movimento nazionalista, i fascisti si posero alla testa di tutte le forze conservatrici.

La violenza fascista si estese rapidamente ed assunse nel 1921 il carattere di una vera e propria offensiva che duro' fino all'ascesa dei fascisti al potere nell'ottobre del 1922. Il movimento fascista - con l'appoggio finanziario della borghesia - si era rafforzato numericamente ed era in grado di sviluppare la violenza e di terrorizzare la popolazione. Le squadre di azione fascista, formate da 30 - 50 uomini armati iniziarono delle vere e proprie spedizioni punitive contro gli sloveni ed i croati, sia nelle citta' che nei paesi.

Il terrore raggiunse il culmine durante la campagna elettorale nell'aprile e maggio del 1921. Secondo i dati degli storici italiani sino alla fine del 1921 vennero bruciati o distrutti nella Venezia Giulia 134 edifici, tra i quali 100 sedi delle associazioni culturali slovene, del partito comunista o del movimento operaio, oltre a 21 case operaie e tre cooperative. Tutte le autorita' costituite, comprese il commissariato civile, l'esercito, la polizia ed i carabinieri appoggiavano i fascisti, che potevano cosi liberamente svolgere le proprie azioni criminose. La violenza e la sopraffazione fascista, ormai generalizzate in tutta la penisola, raggiunsero dei toni particolarmente aspri nella Venezia Giulia, dove due erano gli avversari da colpire: il movimento operaio e gli sloveni ed i croati. La crescita del fascismo fu favorita da vari fattori: soprattutto dalla mentalita' antidemocratica e nazionalista della classe borghese, dall'incapacita' operativa delle forze progressiste e del movimento operaio, della profonda crisi economica, dall'atteggiamento permissivo e di fatto fiancheggiatore

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