SCIENZA FORUM.

Appello ai Ricercatori Scientifici.
Per saperne di più.
Istruzioni per l’uso.
Raccolta dei suggerimenti per restituire alla scienza una libera epistemologia.
Ogni valido commento sull'argomento è gradito!



Data: 17/12/2009
Commento di: Andrea Martocchia
Città: Bologna C.A.P.:
Sua Email:
Sito: https://www.gamadilavoce.it/lavoce/2010/gennaio/Madre/1.html
Università:
Suo Commento: Note in merito all’Appello agli addetti alla ricerca scientifica (A. Martocchia - articolo apparso sul numero di gennaio 2010 de LA VOCE del GAMADI)

Gli interventi che ho ricevuto via email in questi giorni in merito ai contenuti dell’Appello dimostrano che con la sua proposta Roberto Gessi ha colto nel segno. Ho ricevuto tra l’altro dimostrazioni di interesse e richieste da parte di noti intellettuali marxisti che ricevono le comunicazioni email del GAMADI pur senza essere soci. L’Appello scoperchia infatti un pentolone di questioni poderose, perciò c’è bisogno di tutto il tempo e la pazienza possibili per chiarire tali questioni, innanzitutto a noi stessi, e per concretizzare le nostre deduzioni con iniziative nel medio e lungo termine. La stessa proposta di creare "un forum di discussione" va ragionata attentamente, perchè si possono creare tanti tipi diversi di "forum" e le "discussioni" da iniziare sono molteplici.

Entro nel merito dell’Appello per alcune considerazioni.
Sul carattere "liberatorio" o addirittura "libero" della scienza esistono "a sinistra" idee molto diverse - e confuse. Con il riflusso, dominato dalle tendenze "neomarxiste" e da un certo tipo di ambientalismo, si sono affermate posizioni antiscientifiche e "luddiste". Per quanto possa sembrare paradossale, tali posizioni sono molto diffuse anche nell’ambito accademico e dei ricercatori scientifici, e moltissimo nel movimento studentesco che purtroppo subisce la nefasta influenza di correnti di pensiero "debole", di fatto antimarxiste e reazionarie. Purtroppo lo stesso Comitato Scienziati/e contro la guerra - una esperienza molto interessante, sorta nel corso dei bombardamenti sulla Jugoslavia del 1999 - è naufragato, tra l’altro, a causa della diversissima concezione della "scienza" tra i suoi componenti: alcuni negavano non solo il carattere potenzialmente emancipatorio e progressivo dello sviluppo scientifico-tecnologico (tanto da assumere anche esplicitamente le posizioni anti-sviluppo di certi pensatori che vanno ancora abbastanza di moda), ma negavano persino la specificità emancipatoria e critica, "rivoluzionaria", della epistemologia "galileiana", cioè del metodo scientifico contemporaneo (qualora esso fosse correttamente e pienamente applicato). Dobbiamo quindi essere coscienti che su questo terreno della difesa della scienza - come su molti altri, purtroppo - troviamo e troveremo molti oppositori e incomprensione.

Per quanto riguarda l’autonomia dello scienziato di fronte al potere, questo è un tema enorme, esemplificato di solito con la notissima vicenda di Galileo Galilei. Andare alla ricerca di tale autonomia oggi non significa certo ritornare a inesistenti "bei tempi che furono", quanto piuttosto riconoscere il passaggio che c’è stato dalla figura di scienziato come artigiano di bottega, inventore, dunque lui stesso "imprenditore", e l’attuale scienziato come parte, minuscola ed iperspecializzata, della divisione del lavoro capitalistica, non più lavoratore autonomo quindi ma lavoratore salariato, e molto spesso anche lui proletario!

Del tutto particolare era infatti la condizione sociale di Galileo - esponente di una nuova classe sociale in piena ascesa, ben diversa da quelle dominanti fino ad allora (clero e aristocrazia) e non ancora parte di una "catena di montaggio capitalistica" del lavoro scientifico. Scrivevo su questa stessa rubrica, nel numero di Ottobre 2009:

"Con Galileo è finalmente la borghesia ad assumere il ruolo di avanguardia nella produzione di conoscenza.
Il padre di Galileo era un musicista, che si guadagnava da vivere anche con il commercio della lana; sua madre vantava invece lontani legami con famiglie della nobiltà « papalina » romana, e si lamentava in continuazione per la mancanza di un tenore di vita più elevato, adeguato al suo « lignaggio ». (...) In Galileo riconosciamo perciò quella aspirazione alla affermazione di sè che è tipica della borghesia moderna e dello spirito di cui essa è portatrice.
(...) La scelta di usare la "lingua volgare" non fu casuale ma ebbe anch’essa un significato sociale e politico: denota la precisa volontà di rivolgersi non solo ai dotti astronomi ed intellettuali, ma anche alle classi meno colte, a quelli che non conoscevano il latino ma che potevano comunque comprendere queste teorie. L’uso del volgare quindi, coerente con l’intento divulgativo dell’opera, delinea una forte rottura con la tradizione precedente.
Galilei fu dunque promotore del suo stesso lavoro, sia sotto lÂ’aspetto della notorietà che sotto lÂ’aspetto economico. Inoltre, il suo carattere spregiudicato gli rese particolarmente difficile il suo rapporto con le autorità costituite."

Anche rispetto alla questione strettamente epistemologica, l’esempio di Galileo è quello più importante e fecondo. La scienza moderna è quella "galileiana", definita cioè dal suo metodo - quello sperimentale. Questa scienza per sua stessa natura deve essere critica, cioè deve essere libera di mettere in discussione qualsiasi principio di autorità. Le teorie ed i modelli devono rispondere sempre e soltanto alla "prova dei fatti" - l’esperimento e l’osservazione. Così almeno dovrebbe essere, e così in gran parte è stato perlomeno laddove la scienza moderna ha veramente consentito enormi passi in avanti del sapere umano e della condizione umana.

Su quest’ultimo punto rimando anche al mio intervento "La Rivoluzione Galileiana" all’interno del nostro libro "Materialismo dialettico e conoscenza della Natura".
Sulla natura del metodo galileiano possiamo d’altronde richiamarci ad altri teorici importanti, al di là delle concezioni di Marx: ad esempio al grande Ludovico Geymonat. Certamente, Marx aveva una concezione assolutamente positiva della scienza moderna, ma ne vide subito anche il carattere "alienato" nel contesto del sistema capitalistico. D’altronde il marxismo - per essere precisi: il materialismo storico e dialettico di Marx e di Engels - nacque come "scienza tra le scienze" poichè Marx ed Engels condividevano l’ottimismo verso scienza e tecnologia che era diffuso nel periodo del Positivismo. E tuttavia, Marx si dedicò essenzialmente allo studio -scientifico- dei rapporti nella società umana, cioè all’economia, mentre fu Engels a tentare la più compiuta elaborazione di una teoria scientifica complessiva quale è il Materialismo Dialettico, che vuole interpretare non solo la società umana ed i rapporti tra le classi, ma la Natura intera.

Per concludere, credo che la prima finalità dell’Appello debba essere quella di invitare ad una riflessione sulla condizione sociale della scienza e degli scienziati oggi. Questa riflessione è urgentissima e sarebbe indispensabile per fornire "gambe" al movimento che, non solo in Italia, si batte contro gli attacchi e contro la privatizzazione delle Università e degli Enti di Ricerca. Se riusciremo a trovare un certo numero di "addetti ai lavori" - che siano ricercatori, accademici o semplici studenti non credo che importi - disposti a condividere queste nostre esigenze si potrà fare una lunga ed importante strada insieme a loro.


Data: 17/12/2009
Commento di: Roberto Gessi
Città: Bologna C.A.P.: 40139
Sua Email: r.gessi@tiscali.it
Sito: https://www.gamadilavoce.it/scienza/forum.html
Università:
Suo Commento: Risposta alla 17/12/2009 di Andrea Martocchia.
Ho molto apprezzato in tuo commento.
In primo luogo apprezzo le tue osservazioni riguardo il "contenitore" che abbiamo pubblicato e quindi propongo che sia sufficiente che una persona interessata invii una email motivata (a uno di noi, vedremo poi come) per avere la possibilità di aprire un nuovo argomento del forum o della discussione.
Inoltre, considero validissime le tue osservazioni riguardo i rischi di ricadere nel pensiero debole, nell’ecologismo verde, nei riflussi bucolici, o in altre amenità simili più o meno di moda. Di ben altro vogliamo trattare noi qui e siccome siamo noi a condurre il forum, sarà bene che si crei un comitato ristretto responsabile del forum, che decida quali interventi lasciare e quali togliere.
Ho apprezzato anche i bei riferimenti che hai citato riguardo il lavoro di Galileo, ma secondo me qui non ci possiamo mettere a discutere tra sostenitori e denigratori del metodo scientifico galileiano, in quanto noi ne siamo tutti sostenitori e non ci interessa neppure conoscere opinioni mistificanti.
Anche la questione del linguaggio è estremamente interessante e significativa; io stesso ne faccio un accenno alla prefazione de "L’origine della famiglia della proprietà privata e dello stato", dove dico che Marx e Engels, con illustri precursori e altrettanto validi posteri, hanno svolto un’operazione di ricostruzione epistemologica della scienza rendendola più idonea a descrivere la realtà, ma appunto questo nostro appello non vuole occuparsi del metodo della ricerca, ma piuttosto, a mio avviso della finalità, ossia della progressiva perdita della finalità rivoluzionaria della scienza. Voglio chiarire meglio questo pensiero che era centrale nel mio appello: siamo ormai abituati a considerare rivoluzionarie le scoperte scientifiche che fanno fare giganteschi passi in avanti alla conoscenza, quando invece anche le più grandi scoperte scientifiche possono non avere proprio niente di rivoluzionario in quanto lasciano tali e quali le classi sociali o addirittura ampliano il divario tra i Paesi più poveri e i Paesi più ricchi (sia un esempio per tutti la scoperta di farmaci che ritardano le sintomatologie dell’AIDS e l’impossibilità del Continente africano di poterli utilizzare), mentre potrebbero esserci anche ricerche e scoperte di minor rilievo, diciamo scientifico, che siano invece rivoluzionarie in tale accezione: questo è il primo punto attorno al quale sarebbero a mio avviso da centrare le discussioni che vuole sollevare il nostro appello.
L’altro punto, che hai giustamente sollevato anche tu, è quello della situazione dello scienziato attuale riguardo il potere, oggi rappresentato dalla politica o più precisamente del capitalismo multinazionale. Cioè io credo che il secondo tema della discussione da sollevare con questo appello debba riguardare le forme o le modalità per contrastare anche in minima parte la dipendenza dell’orientamento scientifico dagli interessi delle multinazionali e un avvicinamento agli interessi delle persone, cioè come dicevo nell’appello, l'auspicio di riappropriarsi di una scienza destinata ad una gestione polverizzata (due esempi potrebbero essere l'algebra del persiano Muhammad, o il teorema di Carnot). Questo è il solo percorso individuato nel mio appello che potrebbe consentire ai ricercatori di rendersi un poco più indipendenti dai poteri forti di questo capitalismo esasperato.


Data: 19/12/2009
Commento di: Miriam
Città: Ciampino C.A.P.: 00043
Sua Email: gamadilavoce@aliceposta.it
Sito:
Università:
Suo Commento: In veste di presidente del G.A.MA.DI. e di fondatrice insieme a Spartaco Ferri,di questa prestigiosa organizzazione, mi congratulo con Andrea Martocchia e con Roberto Gessi per i loro rispettivi interventi. Nei vostri testi si coglie l’ essenza stessa del G.A.Ma.DI.: diffondere i principi della scienza dimostrata, vera affermazione della volontà e della capacità dell’ uomo di migliorare le proprie condizioni di vita tenendo sempre presente che l’ uomo é parte integrante della natura e che quindi egli ha il dovere morale e sociale di muoversi, ricercare, sperimentare oltre al servizio di TUTTA l’ umanità, anche in armonia con essa, pur laddove deve dominarne talune sporadiche o periodiche manifestazioni avverse alla nostra vita. E’ nostro parere che il dibattito da Roberto proposto sia di grande valore etico, scientifico e culturale. Proponiamo che la conoscenza di questo appello venga riproposta in migliaia di volantini da far pervenire a tutti gli atenei e a tutti i Centri di ricerca scientifica. Forse Internet non é sufficiente. Pensiamo sia giusto creare una commissione apposita per il filtro di interventi che fossero dispersivi o non idonei al nostro proponimento. Non crediamo sia giusto inserire i nostri nomi nella Commissione, come propone gentilmente Roberto, ma se proprio ritenete nedessario coinvolgerci in qualche modo, potremmo Spartaco ed io essere i garanti dell’ avvenimento. Ricordando che anni orsono in un concorso da noi indetto sulla "Dialettica della natura " di Engels, il primo premio é stato dato ad u allievo di terza liceo scientifico "Democrito" di Casal Palocco Roma, proponiamo che il volantino venga inviato anche ai docenti e alle ultime classi dei licei. Concordando come già detto sulle voste analisi, per ora ci fermiamo qui in attesa di altri interventi.


Data: 02/02/2010
Commento di: Vincenzo Brandi
Città: Roma C.A.P.: 00189
Sua Email: brandienzo@libero.it
Sito:
Università: ex ricercatore ENEA in pensione
Suo Commento: Non vi possono essere dubbi sugli effetti potenzialmente e tendenzialmente positivi della ricerca scientifica, sia con riferimento ad una conoscenza sempre più approfondita della realtà che ci circonda, con la rimozione di dogmi e pregiudizi, sia con riguardo ad un possibile aumento generalizzato della qualità della vita per mezzo delle ricadute tecnologiche delle conoscenze scientifiche: cioè, innanzitutto, la liberazione definitiva dell’umanità dalla fatica, la fame e la malattia.
Tuttavia è sempre presente il pericolo del determinarsi di condizioni storiche sfavorevoli ad uno sviluppo del sapere scientifico e di un uso corretto dei suoi risultati. Nè è testimonianza la crisi della grande stagione della scienza ellenistica (fiorita soprattutto tra il III° ed il I° secolo A.C.), le cui basi filosofiche erano state gettate dalla filosofia razionalista della Grecia classica, con i suoi spiccati interessi per i fenomeni naturalistici.
Le notevoli conquiste teoriche e tecnologiche degli scienziati ellenistici non potevano però interessare una società basata sul lavoro degli schiavi e caratterizzata dall’aggressivo imperialismo militarista romano. La società antica rifluì quindi verso culti irrazionalistici, falsamente salvifici, quali quelli di Iside o Mitra, fino allo stesso Cristianesimo.
La spettacolare ripresa della scienza moderna, da Copernico e Galilei fino a Darwin, Einstein e la fisica quantistica, con il suo rigoroso ricorso alla verifica sperimentale, ed all’uso sistematico di schemi logici e modelli logico-matematici, ha coinciso con l’affacciarsi alla ribalta della storia di una nuova classe rivoluzionaria. la moderna borghesia capitalista ha saputo utilizzare magistralmente le risorse teoriche e pratiche della scienza, frantumando sia i dogmi medioevali che le vecchie strutture aristocratico-feudali.
Oggi, però, la progressiva privatizzazione della ricerca, la diminuzione sostanziale dei finanziamenti alla ricerca pubblica, la precarizzazione e parcellizzazione degli addetti alla ricerca, sono il sintomo ed insieme una concausa di un nuovo vicolo cieco in cui la ricerca rischia di finire. Il fatto è che l’addetto alla ricerca, ricattato anche dalla necessità di finanziamenti che obbediscono a particolari interessi, è sempre più prigioniero della contraddizione di base dell’economia capitalista matura, in cui diviene sempre più pressante la richiesta di prodotti culturali o tecnologici che abbiano un alto \"valore di scambio\" (per usare una sempre attuale espressione di Marx). In altre parole, i prodotti della ricerca dovrebbero possedere un alto valore di mercato per assicurare che i tassi di profitto si mantengano alti.
Questa finalità, indispensabile alla crescita del capitale ed agli apparati statali al suo servizio, spingono il ricercatore ad indirizzare la ricerca verso ricadute costose e di dubbia utilità sociale, se non addirittura dannose (nuovi brevetti OGM e medicinali costosi ed esclusivi, apparecchiature elettroniche costose ma di dubbia utilità, tecnologie energetiche inquinanti, nuove armi sofisticate, ecc.).
Ma, con l’entrata del ciclo capitalistico in una crisi strutturale di sovrapproduzione (nel senso che i prodotti tecnologici permettono tassi di profitto sempre meno allettanti, determinando cali drammatici nel tasso di profitto medio del settore), si è determinta una situazione ancora più preoccupante per un sano sviluppo scientifico. Ormai da anni i capitali vengono sempre più indirizzati verso la speculazione finanziaria, e non più verso l’innovazione come nella fase di ascesa della borghesia capitalista. Possiamo assistere a spettacoli indecenti di valenti matematici che dedicano il loro talento alla creazione di prodotti-spazzatura da immettere sui mercati finanziari, fino all’esplosione della prossima bolla.
E’ possibile o utopistico che in questa fase singoli gruppi o settori di addetti alla ricerca, nell’ambito di una corretta etica scientifica, riescano a puntare su conoscenze e tecnologie dotate di alto \"valore d’uso\" (sempre per usare una nota espressione di Marx), ovvero caratterizzate da un’alta utilità sociale, e immediatamente fruibili dall’umanità?
Su questa indicazione, che sembra emergere tra le righe dell’appello del Comitato Scientifico del GAMADI, mi permetto di fornire un parere ispirato al realismo: il moderno lavoratore della ricerca precarizzato e parcellizato potrà dare il proprio contributo specifico e qualitativamente elevato per un rilancio della ricerca e della scienza nell’ambito di un nuovo auspicabile processo di radicale trasformazione sociale, in cui possa contare sulla collaborazione dell’intero mondo del lavoro.
Roma 1.2.2010




Data: 04/02/2010
Commento di: Roberto Gessi
Città: Bologna C.A.P.: 40139
Sua Email: r.gessi@tiscali.it
Sito: https://www.gamadilavoce.it/scienza/forum.html
Università:
Suo Commento: Caro Brandi, innanzitutto dal tuo intervento non si capisce che tu sei il Direttore del Comitato Scientifico del nostro periodico LA VOCE (forse non lo dovevi dire tu) e ci tengo che chi ti legge, lo sappia.
Non è perché io mi senta la responsabilità, come promotore dell’appello, di rispondere ad ogni osservazione che compaia sul forum, ma anche come semplice commentatore (e semplice lo sono rispetto ad interventi invece scientificamente autorevoli), per stimolare il ragionamento (anche al nostro interno come giustamente, a mio avviso, auspica Andrea), nel condividere l’impianto generale della tua analisi, trovo un poco sbrigativa la conclusione.
Ti avvali di questa categoria del realismo, peraltro spesso erroneamente accusata di pessimismo strisciante, ma che comunque risale alla Scolastica (anni luce da Mark e Helgels), che non ha avuto poi migliori epigoni nel tardo medioevo, quando invero si contrappone all’idealismo, ma nella linea della tradizione platonica, oppure si divide in moderato, di ispirazione opposta, aristotelica (Tommaso d’Aquino), e realismo estremo, che molti considerano addirittura del tutto equivalente all’idealismo. Nella filosofia contemporanea poi gli epigoni del realismo si sono di molto assottigliati, se escludiamo Popper, che però è borderline rispetto a tutte le correnti del realismo precedente, in quanto arriva ad affermare che la realtà è ipotetica e che quindi il nostro approccio nei confronti della realtà deve essere costantemente critico. Neppure il neo risorto pragmatismo si può considerare un vero epigono del realismo, ed a pensarci è anche meglio se si pensa alla contrapposizione con Wittgenstein e quindi con Russel, Peano e Frege. Insomma, a mio modesto avviso, appellarsi al realismo per avvalorare una propria sintesi di giudizio non solo è molto rischioso e in fondo ambiguo per tutti i significati, anche contrapposti, che ha storicamente assunti il realismo, ma anche per la sua accezione moderna o contemporanea, in cui oltre alle varie correnti già conosciute, si è ora risvegliata anche una corrente di realismo chiamato ingenuo, detto anche diretto, o naif o naturale, lontano anch’esso anni luce da Marx e Engels.
Al contrario, del tuo giudizio tranchant alla luce del realismo, che sembra voler porre una pesante pietra tombale sul nostro appello agli uomini di scienza riproponendo la questione dell’uovo e della gallina, ma rovesciato (senza una radicale trasformazione sociale, niente fruibilità polverizzata della scienza, e allo stesso tempo un attuale orientamento della scienza che diventa sempre più quanto di meno vicino a produrre una radicale trasformazione sociale si possa immaginare), mi permetto riprodurre una tua precedente affermazione, basata sul materialismo dialettico (non sul realismo):<<*Un secondo aspetto è quello strettamente \"epistemologico\" della scienza. Nell’ambito delle attività intellettuali umane, con la nascita del metodo scientifico, ovvero della ricerca razionale e critica della realtà, basata sul riscontro sperimentale, è nato un potente strumento eversivo delle concezioni arcaiche e sbagliate, uno strumento che ha caratteristiche e potenzialità realmente rivoluzionarie, anche in campo sociale. >>; infatti così esprimendoti mostravi di concordare perfettamente con la mia analisi, peraltro documentata dagli specifici passi del Capitale, riguardo quella sorta di speranza riposta da Marx nella coscienza dello scienziato per l’uscita, che non passi attraverso la rivoluzione delle masse lavoratrici, dal sistema di una società capitalistica; con ciò inoltre soprattutto si ripropone il dilemma di cui sopra, ma con doppia soluzione, invece che con doppia negazione: che ci sia prima l’uovo o la gallina, ci saranno sicuramente altre uova e altre galline. Infine, per aggiungere una ulteriore nota di auspici favorevoli non posso che aggiungere che anche il marxismo, oltre che rappresentare l’ultima parola di un qualche interesse nella filosofia sociale, è una scienza.

*LA VOCE, Gennaio 2010, Inserto scienza, Pag.1, secondo capoverso.






Data: 04/06/2020
Commento di: alexander castro
Città: vieanna C.A.P.: 1210
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Università:
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Data: 17/06/2023
Commento di: Recovery Intel
Città: Arkansas C.A.P.:
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