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La VOCE ANNO XVIII N°6

febbraio 2016

PAGINA g         - 31


Quali Archivi nel futuro?


Il caso recente del blackout del sito del noto quotidiano online Contropiano offre l'occasione per sviluppare alcune riflessioni su di un tema poco considerato ma di grande importanza. Quanto "sopravvive" mediamente un documento quando viene messo online, se non è "protetto" istituzionalmente? 
In un mondo in cui la produzione di documentazione cartacea o su altro supporto materiale (celluloide, nastri magnetici) viene gradualmente eliminata, quali garanzie si hanno che la documentazione digitalizzata sopravviva sul lungo termine? Come potranno dunque svolgere il loro lavoro gli storici del futuro? (1)

Nel caso di un sito internet come Contropiano, la sua esistenza online dipende in primis dai suoi autori e poi dal contesto di interessi sociali entro i quali "vive" il sito. Se gli autori trascurassero di effettuare periodicamente il backup (copia elettronica di tutto il sito), in caso di problemi essi non potrebbero ripristinarlo; ma anche altre difficoltà di natura meramente tecnica sono sempre in agguato, a partire da quelle connesse alla continua evoluzione delle tecnologie, che impone un costante aggiornamento degli strumenti informatici con cui il sito è realizzato, pena il suo progressivo "degrado" e fino alla sua eventuale "illeggibilità" o impossibilità di ripristino sul lungo termine. 
Qualora gli autori scomparissero o non fossero più interessati a ottimizzare l'accesso ai contenuti del sito, dovrebbero subentrare altri soggetti che, per un interesse di tipo politico, conoscitivo-culturale o di altro tipo, curino (volontariamente o a pagamento) la accessibilità e finanche la "sopravvivenza" di tutti i contenuti del vecchio Contropiano.

Tanti siti internet, fioriti negli scorsi anni, sono già completamente spariti dagli schermi e dalla Rete. Anche molti siti importanti, che hanno avuto cura di aggiornarsi e adeguarsi alle nuove tecnologie, hanno "perso pezzi" perché in tale processo di aggiornamento hanno trascurato di ripristinare questo o quel pezzo di memoria storica... cosicché capita che gli articoli più vecchi siano comunque, oramai, irrintracciabili.

Tale difficoltà riguarda anche i contenuti prodotti da grandi soggetti pubblici e persino da soggetti istituzionali. Di questo si occupa un articolo uscito recentemente, dal titolo: "Writing History in a Paperless World: Archives of the Future" – Scrivere la Storia in un mondo senza carta. Gli archivi nel futuro (2). Si tratta probabilmente del primo studio scientifico esistente, in assoluto, su questo tema che è evidentemente ancora troppo trascurato benché sia preminente, anzi enorme, dal punto di vista culturale e politico. 

Come sarà scritta la Storia dell'epoca in cui viviamo? Come scrivere la Storia di un periodo in cui la comunicazione viaggia online ed è quindi "costretta" su supporti digitali? Si pongono tre questioni. 

La prima riguarda i meccanismi decisionali. La ricercatrice indiana autrice dello studio di cui sopra, Ravinder Kaur, spiega come alcuni siti internet di taglio giornalistico, sui quali erano stati sviluppati importanti sondaggi di massa ed espresse decine di milioni di opinioni su temi cruciali per il futuro del paese (ricordiamo che l'India conta un miliardo e trecento milioni di abitanti ! ), siano stati cancellati di punto in bianco da internet a seguito di scelte redazionali che i partecipanti ai forum e gruppi online non hanno potuto minimamente condividere. Chi ha "investito" tanto del suo tempo (e non solo) partecipando a tali forum e discussioni si ritrova dunque adesso con un pugno di mosche. A seguito di un fatto del genere, un eventuale storico del futuro non avrà materiali di prima mano a disposizione per ricostruire determinati fenomeni riguardanti la "pubblica opinione".
Però, precise scelte politiche o persino militari potrebbero spazzare via dalla Rete anche altri tipi di documentazione. Facciamo l'esempio di un caso che si è già verificato. Nel marzo 2010 il dominio Internet '.yu' è stato disattivato, dopo 21 anni di esistenza, dall' RNISD, il registro nazionale della Serbia per gli indirizzi URL, a seguito della decisione  dell'ICANN – l'autorità, guarda caso, statunitense che governa la rete. Tale disattivazione non aveva alcuna giustificazione tecnica, visto che esistono molti domìni che non hanno a che fare con alcuno Stato o che fanno riferimento a Stati non più esistenti (ad esempio l'Unione Sovietica: '.su'). L'unica conseguenza concreta di questo atto arbitrario è stata che i siti internet non più "gestiti", che portavano il vecchio suffisso, sono stati cancellati. Con essi, è stata "magicamente" cancellata la documentazione che era stata messa in rete negli anni precedenti dal vecchio governo e da altre istituzioni jugoslave, inclusa la documentazione sulle cause e le dinamiche della guerra e sulle conseguenze dei bombardamenti della NATO del 1999.


La seconda questione attiene alle tecnologie. Kaur non ne tratta. Anche in assenza di volontà precise e scelte politiche determinanti, l'avanzamento tecnologico comporta che materiali digitali registrati su vecchi supporti diventino sempre più difficili da leggere e, alla fine, impossibili da riprodurre. Si pensi ad esempio ai vecchi floppy disk, dapprima sostituiti dai CD: chi non avesse curato di trasferire i propri files sui nuovi supporti sarà oramai impossibilitato a leggerli e utilizzarli; se anche avesse conservato un vecchio computer dotato di lettore per floppy disk, deve affrettarsi perché corre sempre il rischio della smagnetizzazione dei vecchi dischetti. Si noti bene che anche i CD sono stati nel frattempo spesso abbandonati, sostituiti dalle chiavette, dagli hard disk esterni o dalla trasmissione dei dati via web (cloud e simili). A maggior ragione si pensi a tutto quanto è stato registrato su supporti magnetici come le audiocassette e i VHS, di veloce deperibilità (smagnetizzazione).
Anche quando "sopravvive" il supporto (hardware), si trasformano le tecnologie per la sua lettura (software) e quindi il problema si ripresenta sotto altra forma. Ad esempio, documenti scritti con editor di testo oramai in disuso rischiano di essere illeggibili; siti internet realizzati con linguaggi vecchi rischiano di essere incomprensibili con i nuovi browser (navigatori-lettori internet). I modi in cui la memoria digitale può sparire sono infiniti... la lettura del passato, in futuro, sarà dunque riservata a chi si doterà di speciali mezzi tecnici? E quanta parte del passato sarà andata irrimediabilmente perduta, nel frattempo?

Una ultima questione riguarda gli aspetti strettamente archivistici, ovverosia il lavoro dello storico. Se oggi gran parte di tale attività si svolge in sale silenziose, in cui vengono spalancati polverosi faldoni di carte, in futuro ciò che lo storico dovrà consultare saranno forse esclusivamente files elettronici. Per ricostruire ad esempio la biografia di un personaggio, non si andranno più a sfogliare le sue lettere o le lettere che lo riguardano, bensì si dovranno effettuare ricerche con parole-chiave in archivi di posta elettronica e hard disk privati, ammesso e non concesso che questi saranno stati conservati e depositati all'Archivio: la corrispondenza cartacea sta infatti scomparendo – sia quella di carattere privato che quella di carattere istituzionale. Peggio ancora sarebbe, per lo storico del futuro, dover lavorare sulla... corrispondenza via Facebook relativa al personaggio oggetto di studio... I social sono il regno del provvisorio e dell'effimero per eccellenza: già dopo un mese è arduo ritrovare cosa si è scritto, figuriamoci dopo un secolo! C'è da temere che la storiografia fatta in quelle condizioni non sarà più una scienza, bensì il peggiore degli incubi.


Andrea Martocchia


Note:
(1) Nel 2000 alcuni di noi, ponendosi nei "panni" di un ipotetico storico del futuro, analizzavano gli Atti della Camera della Repubblica Italiana, riunitasi in due Sedute nella primavera 1999, durante i bombardamenti sulla Jugoslavia. In entrambi i casi il Presidente del Consiglio Massimo D'Alema aveva introdotto il dibattito con delle lunghe e articolate comunicazioni del governo, zeppe di affermazioni false e tendenziose ma anche viziate da lacune e volontarie omissioni. La nostra analisi si concludeva  sconsolatamente: "Non ci resta dunque che sperare che gli Atti Ufficiali della Camera della Repubblica Italiana non siano l'unica fonte a disposizione degli storici fra cento, duecento, mille anni" (G. Barone, F. Marenco, A. Martocchia e G. Carpi: Disinformazione e guerra. Problemi della ricostruzione storica della guerra nei Balcani, 1991-2000. In: Contro le nuove guerre, Atti del convegno  "Cultura, Scienza e Informazione di fronte alle nuove guerre" tenuto al Politecnico di Torino il 22-23 giugno 2000. A cura di M. Zucchetti. Roma: Odradek, 2000).

Ndr.: non posso che aggiungere una nota amara a questo bell’articolo.
Il passaggio dalla pietra al papiro ha ridotto il tempo di conservazione, con la pergamena invece (diffusa nel VI sec.d.c. in occidente), si era fatto un passo nella direzione giusta, ma l’avvento della carta ha ridotto ulteriormente la possibilità di conservazione, e la conservazione magnetica ha più che decimato il tempo di conservazione rispetto alla carta (quando la carta comincia a deteriorarsi, ma è ancora perfettamente leggibile, circa dopo 100 anni, nessun supporto magnetico può essere recuperato, allo stato attuale delle nostre conoscenze). Secondo dati riportati da Brewster Kahle, fondatore nel 1996 di Internet Archive, nell’articolo Preserving the Internet pubblicato su Scientific American nel 1998, la durata media di una URL era di 44 giorni (anche il compattamento e il backup sono soggetti ad errore). Per questo vengono studiate diverse tecniche, che almeno in periodi più brevi possano far sopravvivere i contenuti ai continui cambiamenti di hardware e software: il refreshing, la migrazione, la duplicazione, l’emulazione, l’utilizzo dei metadati e la certificazione. Per questo sono nati anche diversi standard di conservazione digitale, tra i quali il più noto è forse l’OAIS (Open Archival Information System), e sono nati anche fenomeni encomiabili come l’old web pages , ma comunque è certo che se ci interessa il patrimonio storico e culturale del Mondo, allora ci si deve impegnare politicamente ed essere disposti a pagarne il prezzo.

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